Ricorso ex art. 700 c.p.c. – Richiesta di interdizione della attivazione della procedura esecutiva a fronte della notifica di atto di precetto prima della proposizione della opposizione – Ammissibilità. Provvisoria esecutorietà del capo di condanna alle spese del giudizio accessorio a rigetto della domanda principale.

 

Tribunale di Mantova, Sez. I – Giudice designato Dr. Andrea Gibelli - Sentenza del  giorno 26 febbraio 2005.

 

La massima:

Secondo l’orientamento ormai consolidato della Suprema Corte, il carattere residuale proprio del procedimento cautelare atipico giustifica la richiesta d’interdizione dell’attivazione della procedura esecutiva quando, come nel caso in cui manchi il pignoramento, il risultato non possa essere conseguito con gli strumenti dell’opposizione all’esecuzione.

Artt. 700, 615 c.p.c.

 

Deve essere condiviso il principio da ultimo affermato dalla Suprema Corte con la sentenza del 10 novembre 2004, n. 21367, la quale non ha fatto altro che recepire quanto già sostenuto sul punto da parte della giurisprudenza di merito (oltre che da autorevole dottrina) secondo il cui il contrario orientamento, partendo da una premessa fondata (la non esecutorietà delle statuizioni d’accertamento), perviene ad una conseguenza non condivisibile (la non esecutorietà del capo sulle spese).

Art. 282 c.p.c.

 

 

 

il testo integrale:

 

IL GIUDICE DESIGNATO DAL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

A scioglimento della riserva osserva quanto segue.

 

Secondo l’orientamento ormai consolidato della Suprema Corte, il carattere residuale proprio del procedimento cautelare atipico giustifica la richiesta d’interdizione dell’attivazione della procedura esecutiva quando, come nel caso in cui manchi il pignoramento, il risultato non può essere conseguito con gli strumenti dell’opposizione all’esecuzione (oltre alle sentenze citate dal ricorrente si veda Cass. Civ. sez. I 23/2/2000 n. 2051).

Ciò premesso si osserva ulteriormente quanto segue.

Il ricorrente ha dedotto anzitutto la carenza di valido titolo esecutivo; in particolare ha rilevato che la sentenza n. 407/04 della Corte di Appello di Brescia non potrebbe in alcun modo e in nessuna parte essere ritenuta esecutiva.

Il ricorrente si rifà all’orientamento di cui a Cass. Civ. II 2/7/2000 n. 9236.

Se non che l’impostazione di tale sentenza, come è stato osservato, risente forse del tipo di argomentazione e di dibattito che si svolgeva nei riguardi del vecchio testo dell’art. 282 c.p.c.

Il Giudicante ritiene che vada condiviso il principio da ultimo affermato dalla Suprema Corte con la sentenza cui fanno riferimento le parti resistenti (Cass. Civ. Sez. III 10/11/04 n. 21367).

Invero la Suprema Corte non ha fatto altro che recepire quanto già sostenuto sul punto da parte della giurisprudenza di merito (oltre che da autorevole dottrina) secondo il cui il contrario orientamento, partendo da una premessa fondata (la non esecutorietà delle statuizioni d’accertamento), perviene ad una conseguenza non condivisibile (la non esecutorietà del capo sulle spese).

Come pure è stato osservato, del resto, il principio di cui alla massima della citata Cass. Civ. Sez. II 12/7/2000 n. 9236 era in contrasto con quanto la stessa giurisprudenza della Cassazione riteneva, precedentemente alla riforma e proprio con riferimento al capo di decisione sulle spese, in merito alla esecutività delle sentenze d’appello (v. Civ. Sez. III 26/10/1960 n. 2903 in Foro It. 1961,I,643); con la precisazione ulteriore che proprio la giurisprudenza sull’esecutività delle sentenze d’appello è l’unica dell’epoca anteriore alla riforma che ancora oggi può essere richiamata in modo pertinente perché, prima della riforma, nel rito ordinario, erano soltanto le sentenze d’appello ad essere esecutive ex lege come sono oggi anche quelle di primo grado.

La citata decisione della Corte Costituzionale (n. 232/2004) non è vincolante atteso che trattasi si sentenza interpretativa di rigetto.

In via subordinata il ricorrente ha evidenziato che l’importo di € 25.669,11, asseritamente dovuto a titolo di restituzione delle somme corrisposte dagli intimanti al Baraldi a titolo di spese del primo grado di giudizio, sarebbe stata illegittimamente inserito nell’atto di precetto “non trovando detta voce né il relativo presunto obbligo restitutorio alcun fondamento nella sentenza n. 407/2004 della Corte di Brescia.

La questione è da ritenere superata atteso che le parti resistenti hanno dichiarato espressamente di ridurre “la somma di cui si è intimato il pagamento ad € 26.389,26 oltre 2% CPA ed IVA sui diritti e gli onorari, alle spese di notifica del precetto ed alle successive spese e competenze conseguenti all’azione esecutiva che verrà promossa”.

Non vi è quindi luogo a provvedere sulla richiesta subordinata del ricorrente.

Premesso quanto sopra non può ritenersi sussistente il fumus boni juris richiesto per l’accoglimento del ricorso.

Sussistono giusti motivi per la compensazione integrale delle spese.

P.Q.M.

Visti gli artt. 669 septies e 700 c.p.c. rigetta i ricorso.

Spese compensate.

Mantova 26/2/2005.