Sentenze di primo grado -
Provvisoria esecutività dei capi di condanna – Autonomia del capo di condanna
rispetto alla domanda principale - Sussistenza. Corte Suprema Cassazione, Sez. III –
Sentenza del giorno 7 luglio – 10 novembre 2004. La
massima: Deve essere affermato il principio di diritto secondo il quale, ai sensi del novellato articolo 282 del codice di procedura civile, deve ritenersi oggi legittimamente predicabile la provvisoria esecutività di tutti i capi delle sentenze di primo grado aventi portata condannatoria (quale quello relativo alle spese di giudizio), trattandosi di un meccanismo del tutto automatico e non subordinato all'accoglimento o meno della domanda (qual che essa sia) introdotta dalle parti. Art. 282 c.p.c. il testo integrale: Alessandro
D. convenne in giudizio Emanuele U. dinanzi al tribunale di Udine per sentir
accogliere l'appello da lui proposto avverso una sentenza resa dal pretore
della stessa città con la quale, il 6 agosto 1998, era stata rigettata la sua
opposizione ad un precetto di pagamento notificatogli, ad istanza
dell'appellato, il precedente 13 novembre 1997. A
sostegno dell'impugnazione, il D. lamenterà che il primo giudice aveva, in
sentenza, del tutto infondatamente predicata la esistenza, nei suoi
confronti, ed in favore dell'U., di un valido titolo esecutivo per procedere
ad esecuzione forzata, nonostante la relativa vicenda processuale avesse
preso spunto da una domanda originariamente proposta da lui stesso nei confronti
dell'U., domanda il cui rigetto aveva comportato la sua condanna al pagamento
delle spese del processo, senza che tale condanna potesse, peraltro,
risultare idoneo a fondare un'azione in executiviis (trattandosi, appunto, di
pronuncia di rigetto di domanda e non di condanna). Nè poteva, all'uopo,
spiegare influenza la circostanza per la quale la sentenza era stata - del
tutto erroneamente - munita di formula esecutiva: il capo relativo alle spese
processuali - sosterrà, difatti, l'appellante - era in tal caso idoneo a
costituire titolo esecutivo solo a seguito del passaggio in giudicato della
sentenza stessa (ciò che, al momento della notifica del precetto, non si era
ancora verificato). Il
giudice di appello, dopo aver premesso di condividere il principio di diritto
secondo il quale soltanto la sentenza di condanna può, per sua natura,
costituire titolo esecutivo - sicchè soltanto per essa può concepirsi
l'esecuzione provvisoria ex art. 282 c.p.c. (da escludersi, per converso, per
le sentenze di accertamento o costitutive) -, rigetterà l'appello, sostenendo
che - diversamente da quanto predicabile per le sentenze relative a giudizi
iniziati prima del 1^ gennaio 1993 e pubblicate anteriormente al 19.4.1995
(per le quali, in applicazione del previgente art. 282 c.p.c., l'esecutività
del capo della sentenza relativo alle spese del giudizio era limitata ai soli
casi in cui esso fosse accessorio ad una pronuncia di condanna a sua volta
esecutiva) - a seguito dell'entrata in vigore del novellato art. 282 del
codice di rito "non vi è motivo alcuno per non applicare l'esecutività
provvisoria delle sentenze di primo grado a tutti i capi aventi portata
condannatoria, ivi compreso quello relativo alla rifusione delle spese processuali". Ricorre
avverso questa pronuncia il D., sulla base di un unico, articolato motivo. Resiste
con contro-ricorso, e presenta altresì ricorso incidentale condizionato
Emanuele U.. Il
ricorrente principale resiste, a sua volta, con contro-ricorso al ricorso
incidentale. Il
resistente - ricorrente incidentale ha depositato tempestiva memoria, ex art.
378 c.p.c.. Motivi
della decisione Il
ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. A tale
rigetto consegue l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato. La
questione di diritto dibattuta nel presente giudizio - questione già
affrontata, in passato, da questa Corte e risolta in senso conforme alla
soluzione auspicata dal ricorrente principale, soluzione che, peraltro,
questa collegio ritiene di non poter condividere - è quella se una pronuncia
(dichiarativa) di rigetto della domanda principale, sprovvista di efficacia
esecutiva, comporti la conseguente inidoneità a dispiegare tale efficacia
anche con riguardo alla statuizione accessoria di condanna alle spese del
giudizio, alla luce di quanto oggi disposto dal novellato art. 282 c.p.c.. Come
accennato in premessa, e come analiticamente esposto dal ricorrente
principale, questa Corte ha già avuto modo di occuparsi ex professo del
problema, predicando, in linea generale, il principio secondo il quale (Cass.
sez. 1^, 6.2.1999, n. 1037) l'anticipazione dell'efficacia della sentenza
rispetto al suo passaggio in giudicato ha riguardo soltanto al momento della
esecutività della pronuncia, con la conseguenza (atteso il nesso di
correlazione necessaria tra condanna ed esecuzione forzata) che la disciplina
dell'esecuzione provvisoria di cui all'art. 282 cod. proc. civ. trova
legittima attuazione soltanto con riferimento alle sentenze di condanna, le
unione idonee, per loro natura, a costituire titolo esecutivo, postulando il
concetto stesso di esecuzione un'esigenza di adeguamento della realtà al
decisum che, evidentemente, manca sia nelle pronunce di natura costitutiva
che in quelle di accertamento (il principio è stato affermato dalla S.C. per
negare, nella specie, che la provvisoria esecuzione della sentenza di primo
grado resa in sede di accoglimento di un'azione ex art. 2932 proposta dal
promissario acquirente di un immobile potesse risultare ostativa
all'esercizio, da parte del curatore del fallimento del promittente
venditore, della facoltà di recedere dal contratto preliminare, giusta
disposto dell'art. 72 legge fall.;. Tale regula iuris è stata, ancora di recente,
ribadita e ulteriormente precisata da altra pronuncia (Cass. sez. 2^,
12.7.2000, n. 9236), a mente della quale la condanna alle spese di giudizio
contenuta nella sentenza di primo grado può costituire titolo esecutivo, a
norma dell'art. 414 cod. proc. civ., soltanto nel caso in cui essa risulti
accessoria ad una sentenza di condanna dichiarata provvisoriamente esecutiva
ex art. 282 stesso codice (ovvero ad una sentenza esecutiva per espressa
previsione di legge), ma non quando consegua alla decisione di rigetto della
domanda oggetto del giudizio (nei medesimi sensi, in passato, si era ancora
espressa Cass. 25 maggio 1993, n. 5837). Pare opportuno,
per addivenire ad una soddisfacente soluzione della questione, prendere le
mosse proprio dalla motivazione della sentenza 9236/2000, che si occupa
funditus del problema della condanna alle spese. Questi
i punti salienti dei relativi passaggi motivazionali: 1.
L'art. 282 c.p.c., nella sua nuova formulazione, stabilisce che "la
sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti"
(mentre, simmetricamente, il nuovo testo dell'art. 337 c.p.c. sancisce che
"l'esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell'impugnazione"),
laddove la norma abrogata prevedeva, quale facoltà per il giudice, la
concessione, su espressa richiesta della parte, della "clausola" di
provvisoria esecuzione, eventualmente subordinata a cauzione, qualora la domanda
fosse fondata su atto pubblico o scrittura privata, ovvero se, con
riferimento alla parte vittoriosa, il ritardo nell'esecuzione creasse una
situazione di "pericolo". La concessione della clausola era,
purtuttavia, sempre prevista nel caso di sentenza di condanna al pagamento di
provvisionali o di prestazioni alimentari (salvo "gravi motivi
contrari"), mentre l'esecutività ex lege delle decisioni di primo grado
era già stata introdotta, tra l'altro, nell'ambito del rito del lavoro, per
le condanne al pagamento di crediti in favore del lavoratore secondo il
sistema di cui all'art. 431, nonchè estesa ai "riti speciali" collegati,
relativi alle controversie in materia di locazione e a quelle di competenza
delle sezioni specializzate agrarie. 2. Il
riferimento, in tali ipotesi, alle sentenze di condanna, ha fatto sorgere il
problema se la provvisoria esecuzione secondo il disposto dell'art. 282
novellato, privo di alcuna specificazione in parte qua, andasse riferita alle
sentenze di primo grado pronunciative di condanna. 3. In
dottrina come in giurisprudenza, si discute da tempo se la provvisoria
esecutività si riferisca solo alla anticipazione della efficacia esecutiva
della sentenza rispetto al momento del suo passaggio in giudicato, od anche
ad altri tipi di sentenza, ed in particolare alle pronunce inibitorie e di
accertamento costitutivo. 4. Il
riferimento tout court della norma alla sentenza di primo grado parrebbe
frutto indiscutibile di una scelta di rifiutare un più circoscritto e
qualificato riferimento, tanto più che, in sede di lavori preparatori,
l'emendamento volto a puntualizzare il riferimento alle sole sentenze di
condanna venne criticato e respinto soprattutto con la considerazione che si
sarebbe svuotata di molto l'utilità che era lecito ripromettersi dalla nuova
soluzione a favore della generalizzata esecutività, applicabile anche a
talune sentenze dichiarative o costitutive, specie in tema di diritto di
famiglia. 5.
Nonostante tali indicazioni dei lavori preparatori, la soluzione di segno
restrittivo merita ancor oggi adesione: affinchè vi sia una anticipazione
della efficacia di accertamento e/o costitutiva della sentenza rispetto al
momento della formazione del giudicato formale è necessario che vi sia una
specifica previsione normativa (come ad es. quella dell'art. 421 c.c.), la
quale, invece, nel testo novellato dell'art. 282 c.p.c., al pari di quello
precedente, manca del tutto, essendo irrilevanti le aspirazioni manifestate
in sede di lavori preparatori di un più tempestivo dispiegarsi della tutela
di accertamento e/o costitutiva (nè va sottaciuto che, a conferma della
soluzione restrittiva, si rinvengono precisi riscontri testuali: gli artt.
431 e 447 bis c.p.c. si riferiscono univocamente alla sola ipotesi di
sentenza di condanna, mentre l'art. 283 c.p.c., dettato per regolare la
sospensione dell'esecuzione provvisoria generalizzata sancita appunto
dall'art. 282 c.p.c., prevede che l'inibitoria attenga proprio (e solo) alla
"efficacia esecutiva" della sentenza di primo grado. 6.
Queste considerazioni trovano puntuale riscontro nella giurisprudenza di
questa Corte (Cass. 6 febbraio 1999 n. 10379) secondo la quale (come si è già
avuto modo di sottolineare in precedenza) l'anticipazione dell'efficacia
della sentenza rispetto al suo passaggio in giudicato riguarda soltanto il
momento della esecutività della pronuncia, con la conseguenza, per la
necessaria correlazione tra condanna ed esecuzione forzata, che la disciplina
dell'esecuzione provvisoria ex art. 282 c.p.c. trova legittima attuazione
solo con riferimento alla sentenza di condanna, poichè è l'unica che possa,
per sua natura, costituire titolo esecutivo. 7. Nel
sistema processuale vigente si deve pertanto ritenere che il "capo"
della sentenza relativo alle spese del giudizio sia senz'altro accessorio
rispetto a quello con il quale è stato definito il giudizio (secondo la
giurisprudenza di questa Corte, la decisione sulle spese del giudizio
costituisce un accessorio della decisione sul merito e deve, quindi, seguire
la stessa sorte di quest'ultima: Cass.
24 maggio 1993 n. 5837; 13 luglio 1971 n. 229), di talchè, ai fini
dell'esecutorietà del "capo" della sentenza relativo alla condanna
alle spese del giudizio, occorre risalire al regime di esecutorietà della
sentenza che definisce il giudizio, necessaria appalesandosi l'ulteriore
circostanza che la sentenza sul "capo" principale sia
provvisoriamente esecutiva ai sensi dell'art. 282 c.p.c., oppure sia
esecutiva per esplicita disposizione di legge (come ad esempio nell'ipotesi
indicata dall'art. 431 dello stesso codice). 8. Nel
caso specifico, la sentenza contenente la condanna alle spese - e fatta
valere come titolo esecutivo - è costituita da una decisione del giudice di
merito che, sul capo principale, non è sentenza di condanna, ma di rigetto
della domanda oggetto del giudizio, alla quale si aggiunge la decisione di
condanna dell'attore al pagamento delle spese processuali, sicchè, in base ai
principi indicati in tema di accessorietà della condanna alle spese del
giudizio, tale statuizione non è titolo che da "luogo" (come si
esprime l'art. 474 c.p.c.) all'esecuzione, in quanto non accede ad una
decisione di condanna provvisoriamente esecutiva in base all'art. 282 c.p.c.,
essendo la decisione sul capo principale non di condanna ma di semplice
rigetto della domanda. L'approfondito
excursus circa la portata innovativa della novella dell'art. 282 c.p.c. in
ordine alla provvisoria esecutorietà delle sentenze di primo grado contenuto
nella sentenza della 2^ sezione di questa Corte consente, in limine, di
ignorare le indicazioni (sicuramente fuorvianti) dei relativi lavori
preparatori, e di prestare adesione, assieme alla giurisprudenza di legittimità
pressochè unanime e ad una significativa parte della dottrina,
all'orientamento di segno restrittivo che ricollega alle sole sentenze di
condanna la immediata esecutorietà, continuando ad escluderla per quelle di
accertamento e costitutive (per le quali, conseguentemente, non basterà,
all'uopo, nè una sentenza di primo grado, nè una di appello, fino a che non
sopravvenga il momento del passaggio in giudicato, a tutt'oggi decisivo ai
fini de quibus, giusta disposto degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. - norma,
quest'ultima, sulla quale, in ipotesi, il legislatore potrà determinarsi ad
intervenire onde legittimamente perseguire il fine anticipatorio di cui si
discorre). Sul tema generale della natura della sentenza, dunque, l'arco
della evoluzione giurisprudenziale, nel periodo 1993 - 2000, non conosce
oscillazioni - mentre parte non marginale della dottrina processual
civilistica ha, viceversa, proposto non pochi e non superficiali spunti di
riflessione maggiormente "elastici", in parte qua -. Il
dissenso del collegio rispetto a quanto in passato sostenuto da questa Corte
investe, piuttosto, la disciplina relativa al capo accessorio delle spese, ad
un decisum parziale, cioè, suscettibile di valere, nella sua generalità, per
tutti i casi in cui la sentenza accolga azioni non di condanna, ovvero
rigetti qualsi-voglia tipo di azione (e il problema potrebbe del tutto legittimamente
prospettarsi, in termini analoghi, con riferimento alle stesse sentenze di
appello di analoga portata prima del loro passaggio in giudicato, sentenze
che, ove non assistite dalla mancata interposizione del ricorso per
Cassazione o dal suo rigetto, non producono, a loro volta, effetti di
accertamento o costitutivi). Orbene,
a fronte di pronunce reputate ex lege efficaci in executiviis quanto alle
loro statuizioni (principali) di condanna, non pare legittimamente
predicabile (nè sembra legittimamente rinvenibile un relativo fondamento
normativo ad excludendum) il principio per cui, se i capi di accertamento o
costitutivi non possono godere di anticipazioni dell'efficacia ex artt. 2909
e 2908 c.c. ad un momento anteriore al passaggio in giudicato, in ordine ai
capi di condanna accessori debba valere la medesima disciplina, senza che,
per converso, possa invece predicarsene la provvisoria esecutorietà, in virtù
dell'immediata efficacia endoprocessuale di qualsiasi pronuncia di condanna
(tale essendo, inconfutabilmente, quella alle spese). Condurre
alle estreme (ma non fisiologiche) conseguenze il principio di diritto
meramente sostanziale accessorium sequitur principale, così assecondando
un'operazione di acritica traslazione di tale regula iuris in seno
all'ordinamento processuale, si risolve nel compimento di un'attività
esegetica oggi non fondata su alcuna norma di diritto positivo, di
un'operazione ermeneutica che, tra l'altro, parrebbe risentire non poco del
condizionamento di argomentazioni sicuramente legittime vigente il vecchio
testo dell'art. 282 (ritenendosi, all'epoca, che la clausola di provvisoria
esecuzione ivi prevista andasse concessa se accordata anche per il merito,
salva esplicita esclusione - così già Cass. 8 marzo 1952, n. 1302; 13 luglio
1971, n. 2291 -: la stessa dottrina, quando la sentenza di merito fosse stata
di mero accertamento e/o costitutiva, negava in larga maggioranza la
possibilità di munire la consequenziale condanna alle spese della clausola de
qua), ma oggi non confortata da alcuna esplicita conferma di diritto
positivo. Va,
pertanto, affermato il diverso principio di diritto secondo il quale, ai
sensi del novellato articolo 282 del codice di procedura civile, deve
ritenersi oggi legittimamente predicabile la provvisoria esecutività di tutti
i capi delle sentenze di primo grado aventi portata condannatoria (quale
quello relativo alle spese di giudizio), trattandosi di un meccanismo del
tutto automatico e non subordinato all'accoglimento o meno della domanda (qual
che essa sia) introdotta dalle parti. P.Q.M. La
Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale
condizionato. Così
deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della
Corte di Cassazione, il 7 luglio 2004. Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2004. |