Rete autostradale - Danni a veicoli e conducenti causati
dall'attraversamento di animali selvatici - Dovere della società
concessionaria di predisporre idonea recinzione - Responsabilità -
Sussistenza. Tribunale di Torino, Sez. III
civile – Sentenza del Giudice Unico Dott. Rosanna Zappasodi 30 maggio 2003. Breve nota: La vicenda riguarda il noto argomento dell’attraversamento della carreggiata da parte di animali selvatici lungo la rete autostradale e della responsabilità per i danni conseguentemente arrecati a veicoli e conducenti, questione già affrontata dalla Suprema Corte di Cassazione e da questa risolta in termini di certo poco favorevoli per l’automobilista che, per vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento del danno subito, doveva necessariamente provare la negligenza della società concessionaria della tratta autostradale. Ebbene, il giudice di Torino ha sancito un importante principio a tutela della posizione del danneggiato, avendo stabilito, in capo alla concessionaria, uno “specifico dovere di sistemare lungo la strada una rete di recinzione idonea a contrastare penetrazioni dall’esterno (specie da parte di animali selvatici …), nonché di effettuare la manutenzione ordinaria e, in ipotesi di rottura di essa, di segnalare la situazione di pericolo, ponendovi sollecito riparo”. Con questa sentenza si è dunque affermato la colpa della società concessionaria nella manutenzione della tratta di sua competenza, pur dovendo essere provata da parte dell’automobilista, è nei fatti presunta, poiché discende dal solo fatto dell’avvenuto sinistro. In caso di incidenti in autostrada derivanti dall’attraversamento di animali selvatici, quindi, da oggi l’automobilista, per ottenere il risarcimento del suo danno, è sostanzialmente esonerato dall’onere di provare la negligenza della società concessionaria, anche se, precisa il Giudice, la responsabilità di quest’ultima resta pur sempre responsabilità da illecito civile e non derivante da obbligo contrattuale di custodia. (avv. Enrico Ancillotti, Firenze) Il testo integrale della
sentenza Nella
causa civile iscritta al n.7614/01 R.G. Avente
per oggetto: Contratti atipici. Promossa
da: MERCHANT
LEASING & FACTORING S.p.A. e BALDASSINI TOGNOZZI COSTRUZIONI GENERALI
S.p.A., elettivamente domiciliate in Trini, presso lo studio dell’Avv. Guido
Bianchetti che le rappresenta e difende unitamente all’Avv. Enrico Ancillotti
del foro di Firenze, per procura in atti. - PARTE
ATTRICE - contro A.T.I.V.A. S.p.A., selettivamente domiciliata in Torino, presso
lo studio dell’Avv. Carlo Vaira che larappresenta e difende per procura in
atti. - PARTE CONVENUTA - Udienza di precisazione delle conclusioni: 14 marzo 2003 CONCLUSIONI DELLE PARTI PER PARTE ATTRICE “Piaccia all’Ecc.mo Giudice del Tribunale di Torino: nel merito: condannare la convenuta al pagamento della cifra
complessiva di £ 20.556.600/€ 10.616,60; in via istruttoria, in caso di necessità
e di bisogno ci si riporta alle già precisate conclusioni; con vittoria di
spese e onorari”. PER PARTE CONVENUTA “Ferme restando le richieste istruttorie in atti, nel merito in
via principale assolvere la conchiudente da ogni pretesa attorea. In via subordinata,
limitare la condanna della convenuta al grado di colpa accertando e statuendo
in corso di causa. In ogni caso, con il pieno favore di spese e competenze del
giudizio, oltre maggiorazioni di legge, CPA ed IVA nelle previste misure ed
oltre le spese di CTU”. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato il 13.7.01, MERCHANT LEASING
& FACTORING S.p.A. e BALDASSINI TOGNOZZI COSTRUZIONI GENERALI S.p.A.
convenivano in giudizio A.T.I.V.A. S.p.A., per ottenere il pagamento della
somma di £.20.556.600, a titolo di risarcimento dei danno patiti in seguito
al sinistro, verificatosi il 21.1.2000, sul tratto autostrade gestito dalla
convenuta a causa dell’improvviso attraversamento della carreggiata da parte
di un cinghiale. Si costituiva in giudizio la A.T.I.V.A. S.p.A., contestando la
pretesa attorea e sostenendo in particolare: che non erano state segnalate
specifiche violazioni di norme di diligenza e/o di sicurezza a suo carico;
che non erano stati rilevati varchi nella rete di recinzione nelle vicinanze
del sinistro; che era applicabile il disposto dell’art. 2043 c.c. e pertanto
era onere attoreo quello di indicare la specifica violazione di norme di
diligenza; che la visibilità era ottima, le condizioni climatiche buone e sul
tratto in esame era stata regolarmente posizionata la segnaletica stradale
corretta; che non si opponeva alla quantificazione dei danni come esposta
dalle attrici. Chiedeva il rigetto della domanda attorea, con il favore delle
spese del giudizio. Con ordinanza riservata del 20.9.2002, il GI rigettava le
istanze di istruttoria orale e riteneva la causa matura per la decisione. All’udienza del 14.3.2003 le parti precisavano le rispettive
conclusioni come riportate in epigrafe e la causa veniva trattenuta a
decisione previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito
delle comparse conclusionali e delle eventuali repliche. MOTIVI DELLA DECISIONE In via preliminare, va osservato che parte attrice ha genericamente
richiesto il risarcimento dei danni patiti a seguito dell’impatto con il
cinghiale che le aveva tagliato la strada, così mostrando di volere esperire
in via alternativa sia l’azione contrattuale che quella extra contrattuale. Nell’ipotesi qui in esame non è configurabile una responsabilità
di natura contrattuale: come più volte statuito dalla Suprema Corte che “la
responsabilità del proprietario o concessionario di un’autostrada nei
confronti del conducente di un autoveicolo è extracontrattuale perché
il pagamento del pedaggio non determina la nascita di un rapporto
contrattuale ma si risolve in una prestazione pecuniaria (tassa)
imposta all’utente per poter usufruire di un pubblico servizio” (Cass. 9
febbraio 1981 n. 800 e 18 marzo 1971 n. 779). Passando al merito della causa va innanzitutto premesso che “Con
riguardo a danni subiti da utenti di autostrade non trova applicazione la
responsabilità per danni cagionati da cose in custodia ex art. 2051 c.c. nei
confornti della P.A. proprietaria dell’autostrada ovvero del concessionario
della medesima, trattandosi di beni la cui estensione non consente una
vigilanza ed un controllo idonei ad evitare l’insorgenza di situazioni di
pericolo. Di conseguenza il danneggiato può agire per il risarcimento soltanto
in base al diverso principio del “neminem laedere” ex art. 2043 c.c., alla
cui stregua l’ente proprietario della strada aperta al pubblico transito è
tenuto a far sì che essa non presenti per l’utente una situazione di
pericolo occulto (cosiddetta insidia o trabocchetto), caratterizzata
congiuntamente dall’elemento obiettivo della non visibilità e da quello
subiettivo della non prevedibilità dell’evento” (Cass. 4.12.1998
n.12314). Pare a questo decidente che nel caso in esame la responsabilità
attribuita alla ATIVA non muova da considerazioni inerenti alla titolarità e
proprietà della fauna selvatica, bensì proprio alla responsabilità inerente
agli obblighi di manutenzione della autostrada in oggetto e in particolare a
quegli obblighi che discendono dall’art. 2 n. 3 lett. A del d.lg. 30 aprile
1992 n. 285, il quale prescrive che l’autostrada sia “dotata di recinzione”.
In tal modo si è costituita, da un lato, una legittima aspettativa degli
utenti dell’autostrada di non trovarsi “presenze estranee” alla circolazione
ordinaria e dall’altro, uno specifico dovere di sistematre lungo la strada
una rete di recinzione idonea a contrastare penetrazioni dall’esterno (specie
da parte degli animali selvatici notoriamente numerosi nella zona), nonché di
effettuare la manutenzione ordinaria e, in ipotesi di rottura di essa, di
segnalare la situazione di pericolo, ponendovi sollecito riparo. Atteso tale insieme di doveri costituito in capo a parte
convenuta, a fronte della pacifica dinamica del sinistro, risulta sufficientemente
provato che la ATIVA non aveva correttamente adempiuto a tali obblighi. Ed infatti, secondo l’indicazione fornita da parte dellaSuprema
Corte in molteplici occasioni e con riferimento a casi del tutto analoghi al
presente (cfr. in particolare Cass. 13.5.2002 n. 6807 in tema di
attraversamento della sede autostradale da parte di una volpe) gli
accertamenti da effettuare riguardano: “a) se sussiste a carico dell’ente
convenuto, la violazione dell’obbligo di manutenzione della esistente rete di
recinzione dell’autostrada e se a tale violazione, qualora ritenuta
esistente, sia imputabile la presenza dell’animale sull’autostrada; b)
nell’ipotesi di risposta negativa sui punti sub a), se nella presenza
sull’autostrada della volpe (contro cui ha urtato l’autovettura) sussistevano
le caratteristiche oggettive e soggettive dell’insidia, con conseguente onere
probatorio a carico dell’ente convenuto di provare che l’urto poteva essere
evitato da una diversa condotta di guida”. Ora, posto che il sinistro è pacificamente avvenuto all’interno
della rete autostradale di competenza della ATIVA, l’attraversamento
dell’animale costituiva un fatto sicuramente non facilmente percepibile (era
notte e l’animale era di colore scuro) e del tutto non prevedibile da parte
dell’automobilista, il quale correttamente confidava nelle caratteristiche
proprie dell’autostrada che, come si è detto, deve garantire l’assenza di
attraversamenti, di intersezioni a raso, accessi privati e deve essere dotata
di recinzione lungo tutto il suo percorso. In particolare va osservato che il fenomeno dei cinghiali in
Piemonte è assai noto e frequente e quindi era ben prevedibile, al momento
della costruzione della rete, che la stessa avrebbe dovuto avere caratteristiche
tali da poter efficacemente contrastare i sicuri tentativi di penetrazione da
parte di tali animali selvatici: la presenza nel caso in esame di un
cinghiale all’interno della sede autostradale [è la conseguenza del] non aver
predisposto una recinzione di adeguata resistenza. Al di là di arbitrarie congetture, infatti, l’ipotesi più ovvia
e naturale, secondo il principio della regolarità causale e dell’id quod
plerumque accidit, della presenza del cinghiale in autostrada, è che
l’animale abbia approfittato di uno squarcio nella recinzione, rinvenuto “in
loco” o da esso stesso provocato o opportunamente ampliato. Non appare
significativo che di tale squarcio non se ne sia rinvenuta positiva prova di
esistenza, posto che non risulta sia stata effettuata una seria ricognizione
da parte della P.G. intervenuta e ben potendo tale varco essere presente a
distanza anche considerevole dal luogo del sinistro ad un’altezza non
esaminata dai dipedenti della stessa società convenuta (la quale peraltro non
ha alcun interesse a comunciare l’esito di una attenta disamina dello stato
dei luoghi, se effettuata diligentemente). In ogni caso non può ragionevolmente escludersi che la presenza
del cinghiale sia stata determinata dalla sua elusione della recinzione e
che, in qualsiasi modo si sia attuata, è logicamente imputabile alla società
convenuta che aveva l’obbligo di predisporre idonee barriere a tale
prevedibile evento. Come sostenuto in analoga fattispecie, infatti “la recinzione
deve avere in ogni caso doti di robustezza adeguate alle circostanze, anche
sopravvenute, e specie al tipo di fauna presente nella zona, della quale è
principalmente destinata a impedire l’ingresso” (Cass. 4 dicembre 1998 n.
12314). In virtù di tali considerazioni, pertanto, l’onere probatorio attoreo
deve essere considerato pienamente assolto e la domanda risarcitoria, nella
misura richiesta e non contestata da parte convenuto, è accoglibile. Trattandosi di una forma di risarcimento per equivalente. Il
Tribunale, secondo il proprio attuale indirizzo conforme all’orientamento
della giurisprudenza di legittimità (Cass. 1712/95), in assenza di specifica
prova sull’entità del pregiudizio sofferto dalla parte creditrice, ritiene di
poter liquidare il danno emergente in via equitativa attraverso la rivalutazione
del capitale secondo gli indici I.S.T.A.T. (così da reintegrarne il valore
iniziale, compensando la sucessiva perdita del potere d’acquisto della
moneta) ed il lucro cessante, anch’esso in via equitativa, attraverso
l’attribuizione degli interessi nella misura del tasso legale (corrispondente
alla redditività media delle ordinarie forme di investimento nel periodo
considerato), i quali, al fine di evitare l’ingiustificata locupletazione
della parte creditrice, vengono calcolati sul capitale originario rivalutato
anno per anno anziché, come precedentemente affermato in giurisprudenza, sul
capitale già integralmente rivalutato. In base a tali parametri, pertanto, i danni sono liquidabili
anche in via equitativa, alla data della presente sentenza, in €12.532,83, di
cui €10.616,60 per capitale, €787,84 per rivalutazione e €1.128,39 per
interessi. Su tale somma decorrono gli ulteriori interessi legali dalla data
della presente sentenza fino al saldo. Alla soccombenza segue l’obbligo della parte convenuta al
rimborso delle spese del giudizio, che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale. respinta ogni contraria istanza eccezione o deduzione, - condanna A.T.I.V.A. S.p.A. al pagamento in favore di
MERCHANT LEASING & FACTORING S.p.A. e BALDASSINI TOGNOZZI COSTRUZIONI
GENERALI S.p.A. della somma di € 12.532,83, oltre interessi legali dalla data
della presente sentenza al saldo; - condanna
A.T.I.V.A. S.p.A. a rimborsare a MERCHANT LEASING & FACTORING S.p.A. e
BALDASSINI TOGNOZZI COSTRUZIONI GENERALI S.p.A. le spese del giudizio che
liquida in euro 306,31 per esposti, euro 1.284,45 per diritti ed euro
1.285,97 per onorari, oltre rimborso forfetario, IVA e CPA come per legge,
nonché le spese di registrazione della presente sentenza e le successive occorrende. |