Contratti
di swap - Offerta di strumenti finanziari fuori sede - Operatore qualificato
- Nozione - Inapplicabilità della disciplina di cui agli artt. 30 e segg. d.
lgs. 58/98 - Domanda cautelare volta ad ottenere una anticipazione della
pronuncia di merito - Inammissibilità. Tribunale
di Milano, Sez. VI Civile – Giudice unico Dott. Raineri - Provvedimento del girono
2 aprile 2004. La
massima: Dottrina
e giurisprudenza (cfr. App. Milano, 26/01/99, in Contratti 2000, II, 255;
Trib. Torino, 10/04/98 in Giur. It. 1988, 1882) sono concordi nel ritenere
che anche i contratti swap meramente speculativi esulano dalla previsione di
cui all’art. 1933 c.c. e lo stesso legislatore ha posto fine ad ogni dubbio
interpretativo statuendo espressamente, con l’art. 23 5° comma del Testo
Unico della Intermediazione Finanziaria che “agli strumenti finanziari derivanti,
nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell’art. 18 comma 5° lett. a)
non si applica l’art. 1933 c.c. E'
evidente il limite della disposizione normativa di cui all'art. 31 reg. Consob
n. 11522/98 nella parte in cui affida ad una dichiarazione autoreferenziale
la individuazione di un “operatore qualificato”, soprattutto ove si consideri
che da tale qualificazione discendono conseguenze rilevantissime sul piano
delle norme di protezione dell’investitore. Agli
operatori qualificati non si applicano le norme più rigorose dettate per le
offerte fuori sede, norme che, come è noto, richiedono la presenza di un
promotore finanziario, né gli obblighi informativi fissati in capo alle banche
nella presentazione dei servizi di investimento (cfr. artt. 30 del Testo
Unico della Intermediazione Finanziaria, nonché artt. 31 e 36 n. 3 del regolamento
Consob citato). Tende
ad ottenere una anticipazione tout court della pronuncia di merito e non un
provvedimento strumentale idoneo ad assicurarne provvisoriamente gli effetti
la domanda cautelare che ha ad oggetto l’ordine alla banca “di astenersi da
ogni ulteriore ed eventuale utilizzo dei contatti di swaps in pregiudizio
della ricorrente e, segnatamente, di non addebitare alcuna ulteriore rata sul
conto corrente intestato alla stessa, né promuovere alcun atto o azione nei
suoi confronti, finalizzati al recupero degli importi dovuti in forza dei
contratti swaps di cui in normativa (……). Il
testo integrale: IL
G.D. A
scioglimento della riserva che precede osserva: 1.Dal
contesto complessivo degli atti e delle deduzioni del procedimento appare in
primo luogo lecito desumere come i contratti di specie non fossero improntati
a finalità meramente speculative, bensì correlati alle esigenze connesse alla
attività svolta dalla società ricorrente, particolarmente esposta nei
confronti del sistema creditizio, operante sui mercati internazionali, e
dunque sensibile sia alle possibili variazioni dei tassi di interesse sia
alle fluttuazioni dei cambi delle valute; 2.In
ogni caso per costante dottrina e giurisprudenza (cfr. App. Milano, 26/01/99,
in Contratti 2000, II, 255; Trib. Torino, 10/04/98 in Giur. It. 1988, 1882)
anche i contratti swap meramente speculativi esulano dalla previsione di cui
all’art. 1933 c.c. e lo stesso legislatore ha posto fine ad ogni dubbio
interpretativo statuendo espressamente, con l’art. 23 5° comma del Testo
Unico della Intermediazione Finanziaria che “agli strumenti finanziari derivanti,
nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell’art. 18 comma 5° lett. a)
non si applica l’art. 1933 c.c.”; 3.Risulta
poi rispettata nella specie la previsione di cui all’art. 31 del regolamento
Consob approvato con delibera n. 11522/98 atteso che sia nell’accordo quadro,
sia nei singoli contratti il legale rappresentante della Strano S.p.A.,
espressamente dichiara e per iscritto che “la società è in possesso di una
specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari”; 4.Sul
punto può sottacersi l’indubbio limite di una siffatta disposizione normativa
nella parte in cui affida ad una dichiarazione autoreferenziale la
individuazione di un “operatore qualificato”, soprattutto ove si consideri
che da tale qualificazione discendono conseguenze rilevantissime sul piano
delle norme di protezione dell’investitore; nondimeno non appare ragionevole
ipotizzare che l’accertamento in concreto di un requisito dai così incerti
confini (essere la controparte contrattuale “in possesso di una specifica
competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari”)
debba essere rimesso alla Banca piuttosto che al prudente apprezzamento del
legale rappresentante della società (soggetto che, in quanto investito del potere
di rappresentanza della persona giuridica è, per legge, idoneo ad impegnarne
la volontà) il quale potrà essere chiamato a rispondere nei confronti della
società da lui amministrata ove abbia reso dichiarazioni false ovvero
negligentemente stimato sussistenti requisiti di professionalità e competenza
in capo all’ente che rappresenta. 5.Giova
comunque osservare che il progetto di riforma dell’art. 31 del regolamento
Consob n. 11522/98, che condivisibilmente introduce criteri oggettivi in
luogo della attuale ed improbabile “dichiarazione di competenza”, prevede che
per operatori qualificati debbano intendersi “(……) le società ed enti che
soddisfano almeno due dei seguenti requisiti: -totale
bilancio non inferiore a venti milioni di euro -fatturato
netto non inferiore a venti milioni di euro -patrimonio
netto non inferiore a due milioni di euro La
parte ricorrente, su espresso invito di questo Giudice, ha fornito,
relativamente all’anno di riferimento, i dati sopra citati (cfr. verbale di
udienza 24/03/2004) ed è emerso che risultano soddisfatte due delle
condizioni richieste, cosicché la Strano S.p.A. può essere considerata un
operatore qualificato anche con riferimento ai parametri oggettivi voluti
dalla riforma. 6.Le
considerazioni che precedono destituiscono di fondamento il ricorso, in
radice, atteso che agli operatori qualificati non si applicano le norme più
rigorose dettate per le offerte fuori sede, norme che, come è noto,
richiedono la presenza di un promotore finanziario, né gli obblighi informativi
fissati in capo alle banche nella presentazione dei servizi di investimento
(cfr. artt. 30 del Testo Unico della Intermediazione Finanziaria, nonché
artt. 31 e 36 n. 3 del regolamento Consob citato) 7.
Va poi considerato che la domanda cautelare ha ad oggetto l’ordine alla
Unicredit Banca S.p.A. “di astenersi da ogni ulteriore ed eventuale utilizzo
dei contatti in oggetto in pregiudizio della Strano S.p.A. e, segnatamente,
di non addebitare alcuna ulteriore rata sul conto corrente intestato alla stessa,
né promuovere alcun atto o azione nei suoi confronti, finalizzati al recupero
degli importi dovuti in forza dei contratti swaps di cui in normativa (……)”e
ciò nella prospettiva di un’azione di merito volta alla declaratoria di
nullità / annullamento di tutti i contratti swaps intercorsi fra le parti. Appare
evidente che la ricorrente, con la prima domanda, ha chiesto una
anticipazione tout court della pronuncia di merito e non un provvedimento
strumentale idoneo ad assicurarne provvisoriamente gli effetti. Ed
invero, solo a seguito della declaratoria di nullità / annullamento dei
contratti di cui trattasi la Banca non potrebbe legittimamente addebitare i
flussi di denaro provenienti dalla esecuzione dei contratti swaps ovvero
dovrebbe restituire quanto percepito in forza di contratti dichiarati nulli
(e nel caso in cui la Strano dovesse risultare vittoriosa nella causa di
merito certamente non avrà difficoltà a recuperare i propri crediti posto che
la Banca è soggetto per definizione solvibile). In
ogni caso il pregiudizio imminente ed irreparabile non è certamente connesso
al fatto che la Banca continui ad annotare nel conto corrente di riferimento
le poste debitorie, poiché tale attività risponde alla imprescindibile
esigenza di documentare l’andamento dei rapporti di dare – avere dipendenti
dalla esecuzione dei contratti swaps; il pregiudizio paventabile è semmai
quello correlato alle possibili conseguenze dello “sconfinamento” del limite
del fido concesso, alla possibile segnalazione della Strano S.p.A. alla
Centrale Rischi con gli inevitabili effetti “a cascata” che deriverebbero
alla società, così pesantemente esposta nei confronti dell’intero sistema
creditizio. Ma
sul punto non c’è domanda perché la ricorrente non ha chiesto l’inibitoria alla
segnalazione del rischio, né altro provvedimento atipico finalizzato a
scongiurare tale evenienza. L’inibitoria
all’esperimento di azioni giudiziali volte al recupero dei crediti si
configura per converso inammissibile perché lesiva di diritti costituzionalmente
protetti (art. 24 I comma della
Costituzione). Non
senza rilevare che, anche laddove l’Istituto Bancario dovesse agire
monitoriamente nei confronti della Strano per il recupero del saldo passivo
del conto corrente, la odierna ricorrente potrà adeguatamente svolgere in
quella sede le proprie difese, proponendo opposizione, chiedendo la
sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, ove emesso ai sensi
dell’art. 642 c.p.c., ovvero contrastando la istanza di provvisoria
esecuzione dello stesso ove richiesta ai sensi dell’art. 648 c.p.c. 8.
Giova da ultimo osservare che i primi tre contratti hanno già esaurito la
loro efficacia nella assoluta indifferenza di Unicredit la quale, alle pagg.
32 e 33 della propria memoria difensiva, espressamente dichiara di non aver
affatto revocato gli affidamenti, ma unicamente chiesto il rientro nei limiti
del fido concesso; di non avere preceduto ad alcuna segnalazione di sofferenza,
né di essere intenzionata a farlo, per la ritenuta insussistenza dei presupposti
secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale che la prevede solo nel
caso in cui la società versi in stato di insolvenza, ancorché non accertata
giudizialmente, ovvero in situazioni equiparabili. P.
Q. M. Rigetta
il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del
procedimento liquidate in € 226,70 per esborsi, € 965,64 per diritti, €
2,200,00 per onorari, oltre agli accessori di legge. Milano,
2/4/2004. |