Fallimento
– Insinuazione al passivo – Risarcimento del danno biologico e del danno
morale conseguenti a malattia contratta a causa delle condizioni di lavoro –
Privilegio ex art. 1751bis n. 1 c.c. – Spettanza. Tribunale di Mantova, Sez. II – Dr.
Giovanni Scaglioni, Presidente; Dr. Mauro Bernardi, Giudice Estensore; Dr.
Luigi Bettini, Giudice – Sentenza del giorno 26 agosto 2004. La massima: Va
collocato al passivo in via privilegiata ex art. 2751bis n. 1 c.c. il credito
del lavoratore per il risarcimento del danno biologico e di quello morale
conseguenti a malattia della cui insorgenza sia responsabile il datore di
lavoro. Il
testo integrale: Svolgimento del processoCon
ricorso ex art. 101 l.f. notificato in data 16-1-2001 X Y sosteneva di avere
proposto ricorso al Pretore del Lavoro di Taranto deducendo a) di avere lavorato
presso la Belleli Industrie Meccaniche s.r.l.-stabilimento di Taranto dal
6-3-1974 con qualifica di operaio di IV livello svolgendo mansioni di
saldatore; b) di avere contratto, a causa del malsano ambiente di lavoro, una
epatite cronica e che tale infermità lo aveva costretto ad un lungo periodo
di malattia al rientro dalla quale era stato adibito a lavori di pulizia nei
locali igienici e negli spogliatoi; c) che, ciò nondimeno, egli era stato adibito
a lavori che comportavano l'esposizione a vapori di acidi ed altre sostanze
il che aveva determinato l'aggravamento delle sue condizioni di salute tanto
che egli non era più in grado di svolgere le mansioni affidategli; d) che la
società aveva erogato la retribuzione in suo favore sino al luglio 1990
omettendo successivamente ogni pagamento; e) che, alla luce di ciò, aveva
diritto al risarcimento del danno in misura pari al trattamento economico non
goduto sino al luglio 90 ed al danno biologico; f) che la Belleli,
costituitasi in giudizio, aveva chiesto il rigetto della domanda, giudizio poi
dichiarato interrotto a seguito della dichiarazione di fallimento della
Belleli; g) che egli aveva quindi proposto istanza di insinuazione al passivo
riproponendo le domande già formulate avanti al Pretore del Lavoro. La
Belleli s.p.a., costituitasi in giudizio, si opponeva all'accoglimento del
ricorso negando che la patologia del lavoratore fosse insorta a causa delle
condizioni di lavoro ed affermando che il lavoratore non aveva percepito la
retribuzione dal 16-1-1991 per superamento del periodo di comporto, che dal
20-7-1989 al 19-10-1990 egli era stato retribuito e che tra il 20-1-1990 ed
il 15-1-1991 era stato retribuito al 50% in conformità della disciplina
legale e contrattuale in vigore: in via subordinata eccepiva l'intervenuta
prescrizione quanto alla domanda di risarcimento del danno. Esperita
l'istruttoria orale la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione
sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate. MotiviL'opposizione
è parzialmente fondata e va accolta nei limiti che seguono. In
primo luogo va rilevato che la Curatela, solo successivamente all'udienza ex
art. 183 c.p.c., ha eccepito il difetto di legittimazione passiva assumendo
che il rapporto di lavoro del X era insorto con la Belleli Industrie
Meccaniche e non con la Belleli s.p.a., eccezione di cui la difesa del ricorrente
ha rilevato la tardività rifiutando il contraddittorio. In
proposito va osservato che, quando il convenuto eccepisce la propria estraneità
al rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, viene a discutersi non
di una condizione per la trattazione del merito della causa quale è la legitimatio
ad causam, ma dell'effettiva titolarità passiva del rapporto controverso,
cioè dell'identificabilità o meno nel convenuto del soggetto tenuto alla prestazione
richiesta dall'attore e mentre il controllo circa la legitimatio ad causam è
esercitabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, l'eccezione circa
l'effettiva titolarità del diritto
fatto valere comporta una decisione attinente al merito della controversia ed
il suo difetto deve essere dedotto nei modi e nei tempi previsti per le
eccezioni di parte (in tal senso vedasi Cass. 21-6-2001 n. 8476; Cass.
7-12-2000 n. 15537; Cass. 17-5-2000 n. 6420; Cass. 17-6-1997 n. 5407): ne
deriva pertanto che l'eccezione in questione non può essere esaminata perché
tardivamente sollevata. Nel
merito va osservato che la pretesa volta ad ottenere il pagamento di retribuzioni
non percepite non è fondata dovendosi osservare che il lavoratore era stato
licenziato nel 1992 per superamento del periodo di comporto, licenziamento
mai impugnato. Va poi
aggiunto che dalla relazione medica in atti, assunta nel giudizio svoltosi
avanti al Pretore del Lavoro di Taranto ed utilizzabile nel presente
procedimento (cfr. Cass. 16-5-2000 n. 6347) anche perché non oggetto di
contestazioni specifiche (sicché appare superfluo disporre, come richiesto dalla
difesa del ricorrente, una nuova indagine), emerge che la patologia di cui il
X era affetto (di origine virale) non era stata contratta a causa delle
mansioni svolte: non è quindi provata la sussistenza di un nesso di causalità
fra la malattia professionale ed il superamento del periodo di comporto,
onere probatorio questo gravante sul lavoratore (per l'applicazione del
principio in termini generali vedasi Cass. 15-12-1994 n. 10769). In
ordine alla domanda di risarcimento danni in relazione alle lesioni permanenti
derivate va osservato che i testi Pompigna
e Pastano hanno dichiarato che il X aveva lavorato in un primo tempo
come saldatore mentre, successivamente, egli era stato adibito a lavorazioni
(di pulizia) che lo avevano esposto ai vapori degli acidi utilizzati per le
stesse (e ciò sebbene la direzione dell’impresa fosse a conoscenza delle
precarie condizioni fisiche del dipendente: vedasi sul punto le dichiarazioni
rese dal teste Bianchi) ed inoltre che il c.t.u. ha riconosciuto esistente un
nesso di causalità fra le patologie riscontrate al X e le mansioni
esercitate: ne deriva pertanto che, in relazione alla percentuale di invalidità
riconosciuta dal medico-legale, sussiste la responsabilità del datore di
lavoro nè la presunzione di colpa posta a suo carico ai sensi dell’art. 1218
c.c. (cfr. Cass. 26-10-2002 n. 15133; Cass. 16-9-1998 n. 9247) può ritenersi
che sia stata superata. Quanto
all'eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa del fallimento va evidenziato
che la responsabilità derivante dalla violazione del disposto di cui all'art.
2087 c.c. ha natura contrattuale sicché il termine prescrizionale è quello
decennale ex art. 2946 c.c. (cfr. Cass. 5-4-1993 n. 4085; Cass. 23-3-1991 n.
3115) ed esso decorre dal momento in cui il lavoratore ha potuto avere piena
consapevolezza della malattia con danno alla salute apprezzabile e della sua
eziologia professionale (cfr. Cass. 29-9-1997 n. 4774): tenuto conto del
fatto che il danno biologico si è determinato per effetto della progressiva
esposizione del lavoratore alle esalazioni pericolose delle lavorazioni cui
era adibito, deve ritenersi che il termine di decorrenza, alla luce delle
considerazioni sopra svolte, vada individuato nel momento di proposizione dell'originario
ricorso avanti al Giudice del Lavoro (il 5-11-1991) sicché tenuto conto che
tale ricorso è stato poi notificato il 6-12-1991 e che, in data 16-1-2001, è
avvenuta la notifica di quello proposto ex art. 101 l.f., ne deriva che il
diritto al risarcimento non si è prescritto. Va
quindi accolta la domanda diretta ad ottenere il risarcimento del danno biologico
atteso che il c.t.u., con adeguata motivazione, ha accertato che il X è affetto
da epatite cronica attiva in soggetto con polineuropatia demielinizzante
cronica e che va riconosciuta una percentuale del 2% a causa dell'incidenza
sulla epatite dell'esposizione dell'organismo ai fumi ed ai gas tossici di
saldatura e che l'altra patologia è di origine professionale e parimenti
derivata dalla prolungata esposizione ai gas di saldatura, infermità questa
valutata nella misura del 3%. Tenuto
conto dell’orientamento seguito dal Tribunale di Mantova in tema di liquidazione
di micropermanenti, alla stregua del quale vengono ritenuti applicabili i
criteri di cui alla legge 57/2001, anche in relazione a fatti verificatisi
prima dell’entrata in vigore della legge atteso che, dovendosi procedere ad
una liquidazione in via equitativa, appare preferibile fare riferimento ai
criteri dettati dal legislatore piuttosto che optare per quelli empirici
elaborati dalla giurisprudenza e non essendovi ragione per riconoscere un
trattamento differenziato a causa della diversa origine delle lesioni patite,
il danno subito viene così determinato in valori al momento del fatto: euro
2.920,38 per danno biologico (460,79 -valore a punto- x 1,5 = 691,18 x 5 =
3.455,9 - 15,5% = 2.920,38) ed euro
1.460,19 per danno morale (pari alla metà dell’importo liquidato per danno
biologico). Il
totale di euro 4.380,57 rivalutato sino al 10-11-1999 (data di esecutività dello
stato passivo: cfr. Cass. 19-5-2000 n. 6529; Corte Cost. 20-4-1989 n. 204)
corrisponde ad euro 5.964,59 cui debbono aggiungersi gli interessi al tasso legale
via via vigente sulla somma di euro 4.380,57 rivalutata annualmente (fino al
10-11-1999 mentre dopo tale data gli interessi legali andranno calcolati sull'importo
fisso di euro 5.964,59) secondo gli indici Istat (cfr. Cass. 2-10-2002 n. 14143;
Cass. 29-1-2001 n. 38) dal 5-11-1991 sino alla data di liquidazione dei beni
mobili (cfr. Cass. 26-11-1984 n. 6112; Cass. 1-8-1984 n. 4583; Cass.
15-12-1983 n. 7396; Cass. S.U. 15-3-1982 n. 1670). Va poi
precisato che l'importo sopra riconosciuto va collocato al passivo in via
privilegiata ex art. 2751 bis n. 1 c.c.: quanto al danno morale la Corte
Costituzionale con pronuncia n. 326/83 ha infatti ravvisato la necessità di
trattare in modo uniforme pretese aventi tutte carattere risarcitorio (in tal
senso vedasi Cass. 18-6-2002 n. 8765) mentre, in ordine al danno biologico,
la sentenza della Corte Costituzionale 29-5-2002 n. 220 ha stabilito che
spetta il privilegio generale al credito del lavoratore per danni conseguenti
a malattia professionale della quale sia responsabile (come nel caso di
specie) il datore di lavoro. Stante
la reciproca parziale soccombenza le spese sono compensate per la metà e
liquidate come da dispositivo. P.Q.M. il
Tribunale di Mantova, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando,
ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede: in
parziale accoglimento del ricorso ammette X Y al passivo del fallimento Belleli
s.p.a. in liquidazione, in via privilegiata ex art. 2751 bis n. 1 c.c., per
l’importo di euro 5.964,59 oltre agli interessi legali sulla somma di euro
4.380,57 (rivalutata annualmente fino al 10-11-1999 mentre dopo tale data gli
interessi legali andranno calcolati sull'importo fisso di euro 5.964,59)
secondo gli indici Istat ex art. 429 c.p.c. a far data dal 5-11-1991 sino
all’ultimazione della liquidazione dei beni mobili ed ordina la conseguente
modificazione dello stato passivo; condanna
il fallimento resistente a rifondere al ricorrente le spese di lite,
compensandole per la metà e, per l'effetto, liquidandole in complessivi euro
2.175,00 di cui € 25,00 per spese, € 650,0 per diritti ed € 1.500,00 per onorari,
oltre al rimborso forfetario delle spese ex art. 15 T.P., ed oltre ad I.V.A.
e C.P.A. come per legge. Così
deciso in Mantova, lì 26/08/2004. |