Revocatoria fallimentare ex at. 67, II co. l.f. – Prova della conoscenza dello stato di insolvenza – Clausola di pagamento anticipato “ad avviso di merce pronta” – Conoscenza dell’insolvenza da parte del gruppo di società.

 

Tribunale di Mantova, Sez. II – Giudice Unico Dott. Laura De Simone - Sentenza del  giorno 30 agosto 2004.

 

La massima:

La clausola che preveda il pagamento con “bonifico bancario ad avviso di merce pronta” denota, nell’ambito dei rapporti commerciali tra le parti, una palese sfiducia in ordine alle capacità del proprio cliente e consente al fornitore di non dar corso alla consegna dei beni ordinati in mancanza del pagamento del corrispettivo.

Tale circostanza, valutata unitamente ad altre, quali la presenza di imprese collegate che erano a conoscenza dell’insolvenza della fallita, l’esistenza di una pluralità di iscrizioni ipotecarie nonchè la diffusione di allarmanti notizie stampa anche a livello nazionale, consentono di ritenere provata la scientia decoctionis.

 

il testo integrale:

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 26.09.2002 il Fallimento Belleli S.p.A. in liquidazione, in persona del curatore fallimentare, conveniva in giudizio la Lancini S.p.A., con sede in Verona,  rilevando che la fallita aveva corrisposto alla società convenuta il 2.10.1995, a mezzo di bonifico bancario, l’importo di € 7.611,00 (già £.14.736.960) e chiedendo che fosse revocato, ai sensi dell’art. 67 comma II L.F., detto  pagamento per la somma di € 7.436,59, nonché condannata la convenuta a restituire il residuo importo di € 174,42 corrisposto dalla fallita  in eccedenza rispetto a quanto richiesto dalla Lancini S.r.l. con la fattura n. 1259/1 del 14.10.1995.

Esponeva il Fallimento attore che il pagamento indicato era stato eseguito nell’anno anteriore alla data di ammissione della fallita alla procedura di amministrazione controllata e che la società convenuta conosceva lo stato di insolvenza della Belleli S.p.A. in liquidazione, in quanto soggetto imprenditoriale operativo in una provincia contigua a quella della fallita, che meglio di altri poteva valutare i segnali del dissesto della Belleli S.p.A., quali i dati negativi emergenti dal bilancio al 31.12.1994, le molteplici iniziative giudiziarie promosse dai fornitori, l’elaborazione di piani di salvataggio del Gruppo Belleli da parte di consulenti esterni incaricati dalla società su iniziativa degli Istituti di Credito, la sospensione dei pagamenti degli stipendi dei dipendenti, la copiosa ed allarmante rassegna stampa che evidenziava lo stato di crisi della società.

       Si costituiva ritualmente in giudizio la Lancini S.r.l. mettendo a disposizione della curatela la somma di € 174,42 versata in eccesso dalla fallita, ma eccependo che i termini per l’esperimento delle azioni revocatore erano decorsi e che comunque la convenuta  non conosceva all’epoca lo stato di insolvenza della Belleli S.p.A., non avendo con la stessa rapporti abituali ed avendo ricevuto un unico regolare pagamento a mezzo di bonifico bancario alla scadenza pattuita.

       Nel corso del procedimento erano rigettate le istanze di prove orali formulate da parte convenuta.

 Sulle conclusioni come sopra riportate, la causa veniva trattenuta per la decisione all’udienza del 11.5.2004, ove era concesso alle parti il termine di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La documentazione prodotta dal Fallimento attore consente, in primo luogo, di ritenere provata l’azione di ripetizione di indebito esperita. Con bonifico in data 2.10.1995 la Belleli S.p.A. ha versato alla convenuta € 174,42 in eccesso rispetto a quanto dovuto e risultante dalla fattura n. 1259/1 del 14.10.1995 emessa Lancini S.r.l..

Poiché sul punto vi è specifica ammissione da parte della società convenuta, trattandosi di pagamento privo di causa, a mente dell’art. 2033 c.c., la Lancini S.r.l. deve essere condannata a restituire al Fallimento attore la somma indicata, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, dovendo presumersi la buona fede dell’accipiens e nulla essendo emerso in contrario nel corso del procedimento.

 In ordine all’azione  promossa ex art. 67 II co. L.F. per il residuo importo, emerge dalle produzioni effettuate dalla curatela – e comunque non è contestato dalla convenuta - il presupposto oggettivo della revocatoria,  e quindi l'avvenuto pagamento da parte della società fallita alla Lancini S.p.A , a mezzo di bonifico bancario, di un debito liquido ed esigibile, per  € 7.436,59 in data 2.10.1995.

Deve senz’altro affermarsi che il pagamento indicato è stato eseguito nel termine annuale di cui all’art. 67 L.F., atteso che, nel caso di consecuzione di procedure concorsuali, per giurisprudenza consolidata e condivisibile, il termine a ritroso per la revoca dei pagamenti compiuti dall’imprenditore decorre dalla data del provvedimento di ammissione alla prima procedura -nel caso di specie l’amministrazione controllata a cui la Belleli S.p.A. è stata ammessa con decreto del 16.11.1995 - (Cass. 2.9.1996 n. 7994, Cass. 6.6.1997 n.5071- nello stesso senso Corte Costituzionale nella sentenza n. 110/1995 e nelle ordinanze n. 224/1995 e n. 12/1997).

Quanto al requisito soggettivo dell’azione proposta, va preliminarmente osservato che non riveste alcuna rilevanza, ai fini che qui interessano, la prognosi favorevole circa il risanamento dell’imprenditore espressa dal Tribunale in sede di ammissione della Belleli S.p.A. alla procedura di amministrazione controllata in data 16.11.1995, quand’anche conosciuta o condivisa dalla società convenuta. Sia la Corte di Cassazione (Cass. 29.9.1999 n. 10792, Cass. 21.2.1997 n. 1612) che  la stessa Corte Costituzionale (Corte cost. 110 del 1995, confermata nelle ordinanze n. 224/1995 e n. 12/1997) hanno più volte sottolineato che l’amministrazione controllata ed il fallimento si distinguono tra loro principalmente nel giudizio prognostico in ordine alla possibile reversibilità della crisi in cui versa l’impresa. Questo in quanto “insolvenza” e “temporanea difficoltà” sono nozioni che divergono solo per l’aspetto quantitativo, dovendo qualitativamente anche la “temporanea difficoltà” valutarsi “insolvenza”, in quanto coincidente con l’incapacità dell’impresa di far fronte regolarmente alla proprie obbligazioni.

E’ peraltro evidente che non si discute oggi della fondatezza della previsione di risanamento, essendo sopravvenuto fallimento e dovendo pertanto ritenersi acclarata sia l’insolvenza che la non reversibilità della crisi a quell’epoca evidenziatasi. Qui ci si occupa  del diverso profilo della consapevolezza in cui il creditore beneficiario dell’atto revocando versava circa lo stato patologico in cui si trovava l’impresa, a prescindere  che fosse sanabile o non l’insolvenza.

 Occorre, pertanto, unicamente  riscontrare se il creditore, sulla base degli elementi conosciuti o conoscibili a sua disposizione, non poteva non rendersi conto dello stato di dissesto economico in cui versava il debitore.

Nel caso di specie parte attrice ha  documentato che  nella stipula del contratto di fornitura, da cui ha tratto origine il pagamento di cui si discute (doc. 14 di parte attrice), le parti hanno convenuto, quale modalità di pagamento, un “bonifico bancario anticipato all’avviso di merce pronta”.

Anche da una lettura superficiale della clausola negoziale è emerge chiaramente che, nell’ambito dei rapporti commerciali instaurati tra le parti,  essa  denota una palese sfiducia in ordine alla capacità del proprio cliente di adempiere all’obbligazione di pagamento assunta, consentendo al fornitore di non dar corso alla consegna dei beni ordinati in assenza dell’effettivo versamento del corrispettivo.

 Non appartiene certamente alla prassi del commercio che il pagamento venga addirittura anticipato all’esecuzione della fornitura, tuttavia tale pattuizione, valutata singolarmente, non può che considerarsi equivoca, potendo essere giustificata anche da ragioni diverse dalla consapevolezza della grave crisi economica e finanziaria dell’altro contraente (quali ad esempio la semplice mancata conoscenza o diffidenza nei confronti della controparte contrattuale, o le impellenti necessità economiche della stessa impresa fornitrice).

Nella specie, tuttavia, è possibile superare l’ambiguità della clausola contrattuale esaminando gli ulteriori elementi indiziari offerti dalla curatela a rappresentazione del contesto in cui i rapporti tra le parti sono sorti e le obbligazioni sono state eseguite.

Dai  docc. 20, 22, 35, 36, 37, 38, 39  di parte attrice si evince che la Lancini S.r.l. è società del Gruppo Manni, collegata alla Manni Siderurgica S.p.A., avente come questa, sede in Verona - via Righi n. 7, con stessi numeri telefonici e di fax,  che lo stesso amministratore unico della società convenuta è  membro del Consiglio di Amministrazione della Manni Siderurgica S.p.A., e che le due società si avvalgono almeno in parte dei medesimi procuratori speciali e dei medesimi componenti del Collegio sindacale.

Diversamente dalla Lancini S.r.l., la Manni Siderurgica S.p.A. era fornitrice abituale di Belleli S.p.A. ed aveva maturato un credito nei confronti della fallita per forniture eseguite dall’ottobre del 1994 al febbraio 1995 di circa £. 570.000.000. Già nel maggio del 1995 la Manni Siderurgica S.p.A. aveva promosso due procedure monitorie nei confronti dell’odierna fallita per £. 549.193.171 (D.I. emesso dal Presidente del Tribunale di Verona n. 1839/95) e per £. 83.668.040 (D.I. emesso dal Presidente del Tribunale di Verona n. 1840/95 con condanna al pagamento in via solidale anche di Interklim Sistemi S.r.l.., la quale aveva ceduto un proprio debito verso la Manni Siderurgica S.p.A. a Belleli S.p.A. ma nessuna delle due società del Gruppo Belleli aveva poi eseguito il pagamento). In seguito all’ottenimento dei provvedimenti di ingiunzione del maggio 1995, la Manni Siderurgica S.p.A. aveva recuperato parte del proprio credito, avendo la Belleli S.p.A. versato diversi acconti, ma aveva poi dovuto ricorrere nuovamente - essendo ritornate insolute le ricevute bancarie di cui la Belleli aveva autorizzato l’emissione -  ad ingiunzione di pagamento nel settembre del 1995 per £. 124.639.865 (D.I. emesso dal Presidente del Tribunale di Verona n. 2321/95) (doc. 19 e 40 del Fallimento).

Alla luce di queste circostanze, di per sé indicative della conoscenza che la Lancini S.r.l. poteva avere nell’ottobre del 1995 del dissesto in cui versava Belleli S.p.A., acquista ora particolare significatività anche la modalità di pagamento convenuta per la fornitura per cui è causa. Il Gruppo Manni vantava, all’epoca dell’ordinativo, ingenti crediti nei confronti della fallita, che non era riuscita a recuperare neppure in seguito ad attività giudiziale, e la Lancini S.r.l., consapevole di questo, ha acconsentito ad evadere alla richiesta del 6.9.1995, che proveniva pur sempre da un importante azienda del settore, cautelandosi al meglio, imponendo il pagamento – nonostante l’esiguità dell’importo - prima ancora dell’esecuzione della fornitura, al semplice avviso di merce pronta, e provvedendo in concreto alla consegna solo dopo l’effettuazione del bonifico.

Un tale comportamento, inserito nel contesto di conoscenza commerciale sopradescritta,  esplicita in maniera inequivoca la percezione da parte del creditore dell’inaffidabilità del proprio contraente e la consapevolezza della sua precarietà economica.

       Il Fallimento attore ha peraltro anche posto in luce diversi ulteriori elementi, tra i quali alcuni indicatori oggettivi dai quali è possibile desumere che la situazione di insolvenza della società fallita era, non solo conosciuta da chi aveva rapporti diretti con la Belleli S.p.A., come i fornitori abituali e  le imprese del settore, ma addirittura di pubblico dominio, all’epoca dei pagamenti revocandi, come si evince dalla pluralità di ipoteche iscritte sui beni della fallita e  dalle allarmanti notizie di stampa - anche a livello nazionale - (si vedano in particolare gli articoli in atti del Sole 24 Ore e Milano e Finanza  precedenti ai pagamenti per cui è causa) (per la rilevanza presuntiva delle circostanze indicate Cass. 23.1.1997 n. 699, Cass. 14.4.1983 n. 2607, Trib.Roma 31.1.1987, Trib.Cagliari 26.2.1998).

Pure gli ulteriori elementi evidenziati e documentati dalla curatela, quali la revoca dei fidi da parte delle banche e le numerose procedure esecutive promosse contro la Belleli S.p.A., rivestono importanza per la valutazione da compiersi in questa sede, in quanto, seppure non può presumersi che fossero vicende note nello specifico alla Lancini S.r.l. per la mancanza di pubblicità che le caratterizza, esse comprovano ulteriormente che effettivamente l’insolvenza della fallita all’epoca del pagamento oggetto di revocatoria era stata avvertita da un numero significativo di operatori commerciali, che appunto avevano assunto le iniziative descritte, per cui è ragionevole ritenere che anche la società convenuta, avente sede in una provincia limitrofa a quella della fallita, considerata l’importanza della Belleli S.p.A. nel suo settore e le proporzioni della crisi, non potesse ignorare la condizione in cui versava.

Poichè la pluralità delle circostanze esposte costituiscono indizi gravi, precisi e concordanti della scientia decoctionis in capo alla società convenuta, deve ritenersi fondata l'azione revocatoria proposta ex art. 67 II co. L.F..

Conseguentemente deve essere revocato il pagamento di   € 7.436,59 eseguito in data 2.10.1995 dalla Belleli S.p.A. alla società Lancini S.r.l. e condannata parte convenuta alla restituzione dell’importo indicato, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Nulla compete a titolo di rivalutazione monetaria,  atteso che il  negozio  oggetto di  azione revocatoria fallimentare e' dotato di causa  lecita   e  la   sua  inefficacia   sorge  solo   per  effetto dell'accoglimento dell'azione, che  ha  natura  costitutiva, per cui quando quest'ultima ha ad oggetto una somma liquida di denaro,  il  relativo  debito  restitutorio ha  natura  di  debito di valuta, da maggiorarsi dei soli interessi al saggio legale a far data dalla  domanda giudiziale,  salva la prova del maggior danno ai sensi dell'art. 1224 c.c. (Cassazione civile sez. I, 24 gennaio 1998, n. 690), non fornita in questa sede, non potendo riconoscersi alcun valore probatorio al prospetto riassuntivo dei rendimenti della procedura verosimilmente dalla stessa redatto e neppure sottoscritto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

 

Il Tribunale, in persona del giudice dott. Laura De Simone, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così giudica:

 

condanna la Lancini S.r.l. a restituire al Fallimento Belleli S.p.A. in liquidazione, per le causali di cui in motivazione, l’importo di € 174,42, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

revoca il pagamento eseguito dalla Belleli S.p.A. alla Lancini S.r.l. di  € 7.436,59 in data 2.10.1995, e condanna la Lancini S.r.l. alla restituzione al Fallimento Belleli S.p.A. dell’importo di  € 7.436,59, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

condanna la Lancini S.r.l. alla rifusione delle spese di lite sostenute dal Fallimento Belleli S.p.A. e liquidate in € 2.938,56 di cui  € 238,56 per spese, € 2.400,00 per diritti e onorari, €300,00 per spese generali, oltre IVA e CPA come per legge.