Fallimento - Controversia di
lavoro - Interruzione del giudizio - Riassunzione nei confronti del curatore
- Improcedibilità - Vis attractiva ex art. 24 l.f. – Applicabilità Tribunale di Mantova, Sez. II
Civile – Giudice unico Dott. Attilio Dell'Aringa - Sentenza del giorno 17
aprile 2003. SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO Con
ricorso depositato il 22.12.1998 e notificato il 29.3.1999 al Curatore del
Fallimento della ALFA S.p.A. Rossi Ernesto, premettendo che aveva lavorato
come dirigente del commercio dal 15.2.1993 all’agosto ‘96e come dirigente
dell’industria dal settembre alle dipendenze della ALFA maturando un credito
complessivo di £. 158.720.778 per differenze retributive e subendo, a seguito
di un illegittimo demansionamento, un danno alla propria professionalità di
£. 150.000.000 nonché un danno biologico (determinato dalla sua caduta in uno
stato depressivo) di £. 100.000.000, chiedeva al Pretore di Mantova in
funzione di Giudice del lavoro la condanna della ALFA S.p.A. al pagamento in
proprio favore delle somme suddette. Con
ordinanza 4.5.1999 il Pretore dichiarava il processo interrotto per
l’intervenuto fallimento della convenuta assegnando termine di 60 giorni per
la riassunzione davanti al Tribunale fallimentare. Con
comparsa a mente degli artt. 125 disp. att. c.p.c., 303, 409, 414 c.p.c.,
notificata il 27.7.1999 alla Curatela del Fallimento ALFA, il Rossi riassumeva
il giudizio dinanzi al “Tribunale fallimentare” per sentir accogliere le
domande avanti al giudice “a quo”. Il
convenuto si costituiva e resisteva alle avverse pretese replicando che
l’attore, il cui inquadramento in qualità di dipendente del commercio di I°
livello sino al 31.8.1996 e successivamente di impiegato di VII categoria del
comparto metalmeccanico era stato corrispondente alle mansioni effettivamente
svolte, era stato incaricato della produzione e vendita di lift box,
dell’installazione di impianti a fossa e piattaforma nonché della
commercializzazione di isole ecologiche, da lui curata come “responsabile del
prodotto”a far tempo dall’autunno 1998, e dopo aver ricevuto una procura
speciale, conferita per facilitargli le operazioni di vendita, aveva il
17.4.1998 stipulato con il Comune di Nettuno una convenzione difforme dagli
indirizzi aziendali e produttiva di effetti rovinosi per la parte datoriale
tanto da giustificare un provvedimento espulsivo in luogo del demansionamento
da lui lamentato. Espletati
gli incombenti istruttori la controversia è stata assegnata a sentenza sulle
conclusioni epigrafate. MOTIVI
DELLA DECISIONE La vis
attractiva del foro fallimentare, estesa alle cause di lavoro dall’art.
24 L. Fall. – inapplicabile alle sole domande di reintegra del dipendente
illegittimamente licenziato (v. Cass. 22.6.2000 n. 8514) – comporta, a norma
dell’art. 52 comma 2° l.c. – che richiama i successivi artt. 93 e segg. –
l’assoggettabilità dell’accertamento dei crediti del lavoratore al
procedimento di verifica dello stato passivo e la conseguente improcedibilità
della originaria domanda introduttiva del giudizio, che non può essere
riassunto nei confronti del Curatore nelle forme stabilite dall’art. 303
c.p.c., come le S.C. ha statuito con giurisprudenza risalente e costante
avendo riguardo sia al processo ordinario (v. Cass. 24.11.1971 n. 3405 in
motivazione) sia al processo giusiavoristico (v. Cass. 9.3.1999 n. 1893
etc.). L’improcedibilità
in predicato, che può essere rilevata dalle parti o dal giudice oltre il
limite temporale fissato dall’art. 38 comma 1° c.p.c. (v. Cass. 13.6.2000 n.
8018), non è assimilabile all’incompetenza, non preclusiva della translatio
judicii prevista dall’art. 50 c.p.c., sicché l’ordinanza 4.5.1999 del
Pretore non ha sortito in alcun modo effetti suscettivi di essere rimossi
solo attraverso il regolamento ex art. 45 c.p.c., laddove racchiude
l’espressione “riassunzione”, da ritenersi usata nel senso atecnico di
prosecuzione della lite, intesa come contrapposizione di posizioni
contrastanti anziché come continuazione in altra sede del medesimo giudizio. S’impone
pertanto la declaratoria contenuta nel dispositivo. Appare
equo compensare per metà le spese processuali. P. Q.
M. il
Tribunale, definitivamente giudicando, dichiara
improcedibile la domanda proposta da Rossi Ernesto con la comparsa in
riassunzione depositata l’1.7.1999 – condanna
Rossi Ernesto a rifondere al Fallimento della ALFA S.p.A., in persona del
Curatore, metà delle spese del giudizio liquidate per l’intero in € 4.963,00
(oltre IVA e CPA come per legge) di cui € 13,00 per esborsi, € 2.000,00 per
diritti, € 2.500,00 per onorari, € 450,00 per rimborsi forfetari. Mantova, lì 17.4.2003 |