Opposizione a sentenza
dichiarativa di fallimento - Litisconsorzio necessario - Estensione del
fallimento di società di fatto ad un familiare - Elementi estrinsecativi del rapporto
societario - Rilevanza dell'affectio familiaris -Affidamento dei terzi -
Allevamento di bestiame - Collegamento funzionale con il fondo. Tribunale di Mantova, Sez. II –
Dott. Attilio dell'Aringa, Presidente relatore; Dott. Mauro Bernardi, Giudice;
Dott. Laura De Simone, Giudice - Sentenza del giorno 3 aprile 2003. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 46/99 del
17.9.98 il Tribunale di Mantova dichiarava il fallimento della società di
fatto tra Bianchi Terenzio, Bianchi Aldo e Verdi Paola nonché dei soci in
proprio osservando: - che i
debitori erano dediti ad un’attività commerciale e non agricola come si
desumeva a)dal veloce ricambio degli animali, tenuti in stalla dopo il loro acquisto
per il tempo strettamente necessario al raggiungimento di un determinato peso
ed immediatamente destinati poi alla rivendita, b)dal passivo accumulato in
un ammontare ragguardevole e giustificabile solo per un’attività di
intermediazione nella vendita del bestiame, c)dall’assenza di un collegamento
funzionale con il fondo per essere il bestiame alimentato con latte fornito
da terzi - che la
natura commerciale dell’azienda di Bianchi Terenzio era dimostrata anche
dalla sua qualità di soccidario - che il
rapporto societario era palesato dall’abituale scambio di personale fra le
tre aziende individuali e la Bianchi s.r.l., dall’accentramento presso
quest’ultima delle contabilità delle altre imprese del gruppo familiare, dai
poteri gestori esercitati da Bianchi Terenzio il quale anche per le aziende
intestate ai suoi congiunti provvedeva alle contrattazioni con clienti e
fornitori ed intratteneva i rapporti con le banche. Con
sentenza n. 11/00 del 23.3.2000 il Tribunale di Mantova dichiarava altresì il
fallimento in estensione di Bianchi Anna rimarcando che quest’ultima aveva
concesso garanzie a favore di Bianchi Aldo e Verdi Paola per oltre 4 miliardi
di lire, aveva garantito anche per ulteriori aziende collegate a costoro, era
titolare di immobili di notevole valore acquistati per sua ammissione con
denaro del padre Bianchi Terenzio ed ipotecati per oltre £. 11.500.000.000
per debiti contratti nello svolgimento dell’attività della società di fatto. Con atto
4.10.1999 Bianchi Terenzio, Verdi Paola e Bianchi Aldo citavano dinanzi al
locale Tribunale i creditori istanti Zoogarden S.p.A. e Fallimento della
Bianchi s.r.l., proponendo opposizione avverso la sentenza 17.9.98
contestando di essere stati soci di fatto, di aver perseguito un intento
speculativo con il “ricambio di animali” definito “veloce” dal Tribunale, ma
in realtà normale per gli allevamenti come i loro, nei quali venivano
alimentati vitelli a carne bianca, comprati venti giorni dopo la nascita e
venduti in età di circa quattro mesi, di essersi indebitati in misura
compatibile con l’esercizio dell’agricoltura ed in particolare
dell’allevamento del bestiame, pacificamente soggetto al rischio economico,
di avere acquistato presso terzi mangime in ragguardevole qualità, ma anche
dimostrato di aver asservito alle necessità dell’allevamento ampie superfici
di terreni agricoli. Con
citazione 21.4.2000 Bianchi Anna radicava a sua volta l’opposizione contro la
sentenza 23.3.2000 negando che fosse intercorso l’asserito rapporto sociale
interfamiliare e sostenendo di aver prestato le fideiussioni in un breve arco
di tempo per evitare il fallimento dei propri congiunti, allorché le loro
imprese individuali erano già in fase preagonica. ü
che l’opposizione era inammissibile siccome non proposta anche nei confronti
del proprio Curatore e in dipendenza da un vizio non sanabile a mente
dell’art. 102 com. 2° c.p.c. per l’omessa citazione del contraddittore
principale - che i
falliti, anche se avessero allevato solo vitelli a carne bianca, avrebbero
svolto un’attività commerciale, avendo venduto gli animali dopo un periodo di
ingrasso di breve durata, trascorso senza curarne la riproduzione e senza
porre in essere le tecniche necessarie per lo sviluppo quantitativo e
qualitativo dei capi - che la
coltivazione dei campi non aveva in alcun modo concorso a soddisfare il
fabbisogno degli allevamenti - che il
rapporto sociale era ampiamente provato dalle circostanze richiamate nella
sentenza gravata nonché dalle sistematiche prestazioni di garanzie reciproche
ed incrociate per ingenti importi tra Bianchi Terenzio, Verdi Paola e Bianchi
Aldo e dalla loro facoltà di operare disgiuntamente su tutti i conti bancari
della famiglia, comunque intestati. Si
costituiva anche la Zoogarden spiegando difese analoghe a quelle svolte dalla
Curatela. Il
Fallimento della s.d.f. Bianchi e dei soci nel costituirsi contro Bianchi
Anna chiedeva la declaratoria dell’inammissibilità o il rigetto delle sue
istanze sulla premessa che costei non aveva notificato l’atto introduttivo
del giudizio oppositorio al Curatore del suo fallimento in proprio e tra il
24.12.1992 e il 2.2.1999 aveva prestato a favore di imprese del gruppo
garanzie in forma di fideiussioni o di avvalli anche per oltre il miliardo di
lire. Il G.I.
ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Curatore
nell’opposizione alla sentenza n. 11/00 faceva precisare le conclusioni ed
assegnava le cause a sentenza. MOTIVI DELLA DECISIONE L’opposizione
al primo fallimento, della quale è stata eccepita l’inammissibilità (sul
presupposto che l’omessa citazione del Curatore nel termine fissato dall’art.
18 com. 1° l. fall., non sia sanata dalla successiva integrazione del
contraddittorio nei suoi confronti, trattandosi del principale legittimato
passivo rispetto alla domanda dell’opponente) è stata utilmente instaurata
con la tempestiva notifica dell’atto introduttivo ai soli creditori istanti
atteso che la qualità di litisconsorte ex art. 102 c.p.c. non è
concettualmente suscettiva di distinzioni al suo interno tra litisconsorti
più e meno necessari e che l’art. 331 c.p.c. ha codificato una regola di
carattere generale alla quale soggiacciono oltre alle impugnazioni in senso
tecnico anche la riassunzione del giudizio interrotto (v. Cass. 20.6.1989 n.
2938) e – come nel caso specifico – le opposizioni alle sentenze dichiarative
di fallimento (v. Trib. Venezia 11.3.1981 – Trib. Napoli 8.6.1971). Bianchi
Anna ha evocato in giudizio anche il proprio fallimento, avendo citato
l’Amministrazione fallimentare della società di fatto Bianchi Terenzio,
Bianchi Aldo, Verdi Paola e soci (tra i quali la sentenza da
lei opposta l’aveva ricompresa), e ha eseguito una rituale notifica mediante
la consegna di una sola copia dell’atto al Curatore quale unico legale
rappresentante dei più fallimenti riuniti (v. Cass. 29.10.1983 n. 6430), né
rileva, sul piano pratico, che non abbia chiamato a contraddire anche i
richiedenti il fallimento della società poiché era sì obbligata a proporre
anche nei loro confronti l’opposizione al fallimento in estensione dal
combinato disposto degli artt. 147 com. 3°, 18 com. 3° l. fall., il quale non
poteva far riferimento altrimenti che ai creditori istanti rispetto al
fallimento della società prima di essere dichiarato parzialmente illegittimo
dalla sentenza 16.7.1970 n. 142 della Corte Costituzionale (v. Cass.
10.7.2001 n. 9359), tuttavia la Zoogarden e il Fall. Bianchi s.r.l. hanno
svolto le proprie difese in entrambe le opposizioni, a seguito della riunione
di esse, acquisendo veste di parte anche nella seconda e rendendo superfluo
l’ordine di integrarne il contraddittorio (v. Cass. 21.4.1998 n. 4032). L’istituto,
di creazione dottrinaria e giurisprudenziale, della società apparente
(configurabile in presenza di comportamenti dei soci atti ad ingenerare nei terzi
l’incolpevole convincimento dell’esistenza del vincolo sociale, pur se idonei
a dimostrare il concorso degli ulteriori elementi della comunione dei
conferimenti e della condivisione dell’alea) ha legittimato, sotto il profilo
in esame, la pronuncia del fallimento della s.d.f. Bianchi e dei suoi
componenti, risultando dalla copiosa documentazione dimessa dalla Curatela (e
recante anche le disinteressate attestazioni di persone a diretta conoscenza
dei fatti come la rag. Capitani Albertina ed il rag. Aldo Arioli) una serie
di circostanze inequivocabilmente estrinsecative del rapporto societario in
quanto: I.
le tre imprese individuali si scambiavano il personale tra esse e con la
Bianchi s.r.l., che tramite suoi dipendenti teneva la contabilità civilistica
e fiscale di tutte le imprese gestite dalla famiglia II.
i poteri decisionali facevano capo a Bianchi Terenzio, il quale concordava
anche per le aziende di Bianchi Aldo e di Verdi Paola i prezzi, le altre
condizioni di contratto, la qualità e quantità degli animali III.
Bianchi Terenzio, Bianchi Aldo e Verdi Paola si sono vicendevolmente forniti
sostegno economico in forma di sistematica prestazione di garanzie reciproche
ed incrociate ed hanno promiscuamente operato sui conti correnti bancari di
ciascuno di loro. Meno
numerosi ma ugualmente probanti sono gli indizi della partecipazione alla
società di Bianchi Anna, che è titolare di immobili di ingente valore
acquistati per sua ammissione con denaro del padre Bianchi Terenzio (v. sent.
n. 11/00) ed ha sottoscritto nel periodo dal 24.12.1992 al 2.2.1999 nove
fideiussioni o avvalli a favore di società base familiare (come la Bianchi
s.r.l. e la Coop. Agric. Stalla Sociale Fabbrico s.c.a.r.l.) o dei famigliari
falliti, tra cui Bianchi Aldo, per il quale ha garantito il 18.9.950 e il
2.2.1999 sino alla concorrenza rispettivamente di £. 1.200.000.000 e di £.
1.274.000.000, sicchè la di lei qualità di socia di fatto può ritenersi
accertata in sintonia con la giurisprudenza secondo cui le prestazioni di
garanzia per debiti di stretti consanguinei assurgono ad esteriorizzazione
del rapporto sociale quando per la sistematicità e per il cospicuo ammontare
delle obbligazioni garantite eccedono i limiti di quelle giustificabili come
espressione dell’affectio familiaris, nella quale possono trovare
sufficiente spiegazione se sono state occasionali, ma non se hanno attuato un
regolare coinvolgimento nelle operazioni dirette a procacciare fondi
all’impresa del congiunto, così da indurre i terzi a ragionevolmente
confidare nell’esistenza della società (v. Cass. 14.2.2001 n. 2095), mentre
l’epoca delle prime fideiussioni, risalenti agli anni dal 1992 al 1995, in
cui lo stato di insolvenza delle imprese poi fallite non si era ancora
manifestato, vanifica il tentativo di Bianchi Anna di accreditare come
movente solidaristico dei suoi interventi a favore dei genitori e di Bianchi
Aldo l’intento di sottrarli ai gravi pregiudizi loro arrecati
dal paventato fallimento (riconoscendo, implicitamente, di essere stata consapevole
della riconducibilità delle loro imprese fra quelle commerciali). La
portata innovativa anziché interpretativa della riformulazione dell’art. 2135
c.c. enunciata nell’art. 1 d. lgs. 18.5.2001 n. 228 è indubitabile ed è stata
sottolineata anche dalla S.C. che ne ha individuato i tratti salienti nella
sostituzione della nozione dell’allevamento degli animali a quella più
ristretta di allevamento di bestiame (cioè dei soli animali tradizionalmente
legati alla terra) nonché in una maggiore elasticità dei rapporti tra
l’allevamento e l’utilizzazione del fondo, intesa nel nuovo dettato
normativo, come “possibilità” e non più come “necessità” di tale rapporto (v.
Cass. 5.12.2002 n. 17251); pertanto occorre attenersi, nella controversia
odierna, al testo previgente della disposizione novellata, nel quale anche la
previsione delle attività connesse era più circoscritta, e vagliare se dai
documenti in atti e dalle testimonianze offerte dagli opponenti possa essere
argomentata la natura agricola della loro impresa collettiva procedendo ad
un’analisi che porta ad escludere l’attitudine di siffatte prove a dimostrare
il collegamento funzionale con la terra dell’allevamento praticato dai
Bianchi e tanto più se – come sostengono – questo era composto unicamente o
prevalentemente da vitelli a carne bianca, giunti a maturazione alla fine del
quarto mese di vita. Il
collegamento funzionale in predicato postula infatti che l’alimento
somministrato al bestiame sia costituito non marginalmente dai prodotti
ricavati dalla coltivazione del fondo, ossia dalla sua produzione foraggera,
laddove i vitelli a carne bianca, che non hanno ancora completamente
sviluppato l’apparato ruminante, vengono nutriti con mangimi industriali e/o
con latte (di cui nella specie non è stata dimostrata la provenienza da
vaccine allevate dai Bianchi con vegetali cresciuti nei loro terreni). Per
contrastare la valenza probatoria del “veloce ricambio” dei capi, assunto
nella sentenza n. 46/99 come elemento qualificativo della natura commerciale
dell’impresa decotta (poiché indice di una stabulazione preordinata alla
rivendita anziché a fini produttivi), i falliti non potevano inoltre limitare
l’oggetto dei mezzi di prova da loro proposti alla durata non superiore al
quadrimestre del periodo di ingrasso dei vitelli a carne bianca, per la
ragione che non sarebbe stato per loro economicamente conveniente venderli in
età inferiore ai quattro mesi, considerato che ciò non è sempre vero per
l’allevatore – imprenditore agricolo e soprattutto che non può essere dato
per scontato per il commerciante che professionalmente specula sulle
fluttuazioni dei prezzi di mercato del bestiame ed identifica il momento
propizio per la vendita in quello del massimo livello di quei prezzi e quindi
del differenziale tra i ricavi ottenibili ed i costi di acquisto e di
mantenimento (non protratto) dei capi. La
sentenza dichiarativa del fallimento si regge d’altronde anche sull’accumulo
di passività per un ammontare compatibile solo con lo svolgimento di un’attività
commerciale e di fronte ad un’indebitamento salito ad oltre 12 miliardi di
lire solo nei confronti della Bianchi s.r.l. ed assai elevato anche verso le
banche appare debole l’obiezione che l’attività di allevamento del bestiame è
la più esposta al rischio d’impresa tra quelle elencate nell’art. 2135 c.c.
non potendosi sottacere che nella specie le passività sopra evidenziate hanno
raggiunto proporzioni esorbitanti anche per gli allevamenti intensivi
esercitati in agricoltura. Le tesi
propugnate dagli opponenti sono dunque inaccoglibili ed ovviamente lo
sarebbero “a fortori” ove fosse condivisibile la (pervero minoritaria)
giurisprudenza che include la riproduzione del bestiame tra gli scopi cui
deve necessariamente tendere l’allevamento inquadrabile nel settore agricolo
(v. Cass. 13.6.1990 n. 5773). Le spese
di lite seguono la soccombenza. P.Q.M. il Tribunale, definitivamente giudicando, respinge le opposizioni proposte
da Bianchi Terenzio, Bianchi Aldo e Verdi Paola avverso la sentenza n. 46/99
dichiarativa del fallimento della società di fatto da loro costituita e di
loro stessi quali soci illimitatamente responsabili respinge
altresì l’opposizione di Bianchi Anna alla sentenza n. 11/0
dichiarativa del di lei fallimento in estensione quale ulteriore socia
illimitatamente responsabile condanna Bianchi Terenzio,
Bianchi Aldo, Verdi Paola, Bianchi Anna a rifondere in via solidale tra loro
le spese del giudizio ai Fallimenti della Bianchi s.r.l. nonché della s.d.f.
Bianchi Terenzio, Bianchi Aldo, Verdi Paola e soci, in persona del Curatore,
e alla Zoogarden S.p.a. con sede in Verona, in persona del legale
rappresentante, liquidate quelle in favore di detti Fallimenti in € 12.304,57
(oltre IVA e CPA come per legge) di cui 386,90 per esborsi, 2.644,25 per diritti,
8.190,00 per onorari, 1.083,42 per rimborsi forfetari e quelle in favore
della Zoogarden S.p.a. in € 6.224,80 (oltre IVA e CPA come per legge) di cui
857,76 per esborsi, 1.710,50 per esborsi, 3.650,54 per
onorari. |