Consecuzione di procedure - Decorrenza del termine a ritroso di cui all'art. 67, II° co. l.f. - Questione di costituzionalità - Manifesta infondatezza.

 

Scientia decoctionis - Temporanea difficoltà e reversibilità della crisi dell'impresa quale presupposto per l'ammissione alla procedura di amministrazione controllata - Distinzione tra insolvenza e temporanea difficoltà - Irrilevanza.

 

Scientia decoctionis - Indicatori soggettivi quali ingiunzione di pagamento, restituzione di merce e dilazione di pagamento - Indicatori oggettivi quali molteplici iscrizioni ipotecarie, allarmanti notizie stampa a livello nazionale - Rilevanza - Sussistenza.

 

Compensazione di crediti sorti prima della procedura di amministrazione controllata con crediti della massa derivanti da azione revocatoria - Art. 56 l.f. - Inapplicabilità.

 

Compensazione di crediti sorti durante la procedura di amministrazione controllata con crediti della massa derivanti da azione revocatoria - Riferibilità dei crediti ad atti di gestione dell'azienda finalizzati al risanamento dell'impresa - Ammissibilità - Limiti.

 

 

Tribunale di Mantova, Sez. II – Sentenza del Giudice Unico Dott. Laura De Simone 2 luglio 2003.

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con atto di citazione notificato in data 14.6.2001 il Fallimento Belleli S.p.A. in liquidazione, in persona del curatore fallimentare, conveniva in giudizio la ALFA S.p.A. affinché fosse revocato, ai sensi dell’art. 67 comma 2 L.F., il pagamento della somma di £. 523.217.255 (pari € 270.219,16) eseguito dalla società fallita in favore della convenuta a mezzo di tre bonifici bancari, per £. 400.325.543 in data 22.5.1995, per £. 1.667.964 in data 22.5.1995 e per £. 121.223.748 in data 31.5.1995.

 

Esponeva il Fallimento attore che il pagamento indicato era stato eseguito nell’anno anteriore alla data di ammissione della fallita alla procedura di amministrazione controllata e che la società convenuta conosceva lo stato di insolvenza della Belleli S.p.A. in liquidazione, come poteva evincersi tanto da dati oggettivi, quali le molteplici iscrizioni di ipoteche e di privilegi speciali risultanti dai pubblici registri, e la copiosa ed allarmante rassegna stampa che evidenziava lo stato di crisi della società, quanto soprattutto dal comportamento tenuto dalla stessa ALFA S.p.A. che aveva ricevuto il pagamento per cui è causa solo dopo la notificazione di un decreto ingiuntivo alla società fallita, ed aveva specificato in sede di ricorso monitorio sia l’inadempimento della Belleli S.p.A. risalente ancora al 1994, sia la restituzione di merce concordata per ridurre il debito, sia le dilazioni di pagamento convenute e non onorate dalla fallita.

 

Si costituiva ritualmente in giudizio la ALFA S.p.A. insistendo per il rigetto della domanda proposta, formulata in assenza dei presupposti di legge. Osservava in primo luogo la società convenuta che i pagamenti dedotti dal fallimento erano stati effettuati in epoca precedente all’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento ed il termine previsto dall’art. 67  II comma L.F. non poteva farsi decorrere dall’ammissione alla procedura concorsuale minore, poiché così interpretata la norma, la medesima doveva ritenersi viziata di incostituzionalità per contrasto con gli artt. 3, 24, 41 cost. – Osservava, inoltre, la convenuta di non aver conosciuto lo stato di insolvenza della Belleli S.p.A., avendo lo stesso Tribunale, in sede di ammissione all’amministrazione concordata, ritenuto temporanea la crisi economica dell’impresa, valutando comprovate le possibilità di risanamento. Eccepiva, infine, la compensabilità, almeno parziale, del credito dell’attrice con il credito vantato dalla fallita, per £. 306.257.185 a titolo di canone d’affitto e forniture merce.

 

Il procedimento veniva adeguatamente istruito mediante le produzioni documentali effettuate dalle parti.

 

Sulle conclusioni come sopra riportate, la causa veniva trattenuta per la decisione all’udienza del 21.1.2003, ove era concesso alle parti il termine di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

  

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

In primo luogo con riguardo all’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata relativamente all’art. 67 R.D. 16.3.1942 n. 267 in riferimento agli artt. 3, 24 e 41 della Costituzione, nella parte in cui tale norma, secondo la consolidata interpretazione della Corte di Cassazione, fa decorrere il periodo di revocabilità degli atti compiuti dal fallito a ritroso dalla data di ammissione all’amministrazione controllata invece che dalla data di dichiarazione del fallimento, devono in questa sede essere ribadite le considerazioni svolte nell’ordinanza pronunciata all’udienza del 29 ottobre 2002 e valutata la questione manifestamente infondata.

 

I medesimi profili di incostituzionalità prospettati da parte convenuta sono già stati esaminati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 110/1995 e nelle ordinanze n. 224/1995 e n. 12/1997 che hanno dichiarato infondata la questione e le cui motivazioni si ritengono condivisibili.

 

In particolare si osserva che il disposto dell’art. 67 L.F. non viola l’art. 3 della Cost. qualora, in caso di consecuzione di procedure concorsuali, si faccia decorrere il termine a quo per l’esercizio dell’azione revocatoria della data di ammissione alla procedura minore, atteso che non risulta irragionevole l’equiparazione del fallimento e dell’amministrazione controllata sfociata nel fallimento agli effetti dell’azione revocatoria, avendo le due procedure un presupposto comune costituito dalla crisi patologica dell’impresa. Per altro verso si consideri che l’adesione all’opposta soluzione interpretativa, che esclude la retrodatazione del termine dell’esercizio della revocatoria in caso di consecuzione delle procedure renderebbe, di fatto, mai esperibili le azioni revocatorie, vista la durata biennale dell’amministrazione controllata.

 

Neppure sussiste violazione dell’art. 24 Cost., operando la presunzione di insolvenza (iniziale) conseguente alla (successiva) declaratoria di fallimento solo sul piano oggettivo mentre sul piano soggettivo è pacifico, e più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, che deve essere fornita al giudice la prova della consapevolezza del creditore circa lo stato di insolvenza del debitore poi fallito al momento dell’atto oggetto di revocatoria, senza che sussistano presunzioni di sorta, nell’una o nell’altra direzione, da ricollegarsi al giudizio prognostico espresso dal tribunale nel decreto di ammissione all’amministrazione controllata.

 

Analogamente non pare sussistere violazione dell’art. 41 Cost., posto che l’incidenza negativa sul mercato della retrodatazione alla data di apertura dell’amministrazione controllata del termine per le azioni revocatorie trova adeguato e ragionevole bilanciamento nell’esigenza di trattare in maniera paritaria tutti i creditori qualora si verifichi una situazione di crisi in capo all’impresa debitrice.

 

Questo osservato con riguardo alla questione pregiudiziale sollevata, nel merito deve ritenersi provato il presupposto oggettivo dell’azione proposta, non avendo parte convenuta contestato l’avvenuto pagamento di un debito liquido ed esigibile effettuato a mezzo di bonifici bancari dalla società fallita alla ALFA S.p.A. per l’importo complessivo di £. 523.217.255 (pari ad € 270.219,16) di cui £. 400.325.543 con valuta 22.5.1995, £. 1.667.964 con valuta 22.5.1995 e £. 121.223.748 con valuta 31.5.1995, peraltro provato documentalmente, mediante la produzione delle disposizioni dei bonifici effettuati (doc. 5, 6 e 7 di parte attrice).

 

Per le considerazioni sopra espresse esaminando la questione di legittimità costituzionale sollevata deve, altresì, ribadirsi che i pagamenti indicati sono stati eseguiti nel termine annuale di cui all’art. 67 L.F., decorrendo il termine a ritroso per la revoca dei pagamenti compiuti dall’imprenditore dalla data del provvedimento di ammissione alla prima procedura – nel caso di specie l’amministrazione controllata a cui la Belleli S.p.A. è stata ammessa con decreto del 16.11.1995 – (Cass. 2.9.1996 n. 7994, Cass. 6.6.1997 n. 5071).

 

Quanto al requisito soggettivo dell’azione proposta va preliminarmente rilevato che, contrariamente all’assunto di parte convenuta, nessun argomento deve trarsi dal fatto che il Tribunale di Mantova in data 16.11.1995 ammettendo la Belleli S.p.A. alla procedura di amministrazione controllata abbia evidenziato la possibile soluzione positiva della crisi dell’impresa, definendola in temporanea difficoltà.

 

Sia la Corte di Cassazione (Cass. 29.9.1999 n. 10792, Cass. 21.2.1997 n. 1612) che la stessa Corte Costituzionale già sopra richiamata (Corte Cost. n. 110 del 1995, confermata nelle ordinanze n. 224/1995 e n. 12/1997) hanno più volte sottolineato che l’amministrazione controllata ed il fallimento si distinguono tra di loro principalmente nel giudizio prognostico in ordine alla possibile reversibilità della crisi in cui versa l’impresa.

 

Questo in quanto “insolvenza” e “temporanea difficoltà” sono nozioni che divergono solo per l’aspetto quantitativo, dovendo qualitativamente anche la “temporanea difficoltà” valutarsi “insolvenza”, in quanto coincidente con l’incapacità dell’impresa di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni.

 

A nulla rileva, pertanto, in questa sede la valutazione compiuta a suo tempo dal Tribunale, quand’anche fosse conosciuta e condivisa dallo stesso creditore, poiché non si discute oggi della fondatezza della previsione di risarcimento, essendo sopravvenuto il fallimento e dovendo pertanto ritenersi acclarata sia l’insolvenza che la non reversibilità della crisi e quell’epoca evidenziatasi.

 

Qui ci si occupa unicamente del diverso profilo della consapevolezza in cui il creditore beneficiario dell’atto revocando versava circa lo stato patologico in cui si trovava l’impresa, a prescindere che fosse sanabile o non l’insolvenza.

 

Occorre pertanto unicamente riscontrare se il creditore, sulla base degli elementi conosciuti o conoscibili a sua disposizione, non poteva non rendersi conto dello stato di dissesto economico in cui versava il debitore.

 

Nel caso di specie parte attrice ha documentato che la società ALFA S.p.A., la quale aveva in corso un rapporto continuativo di fornitura con la società fallita, per riscuotere almeno una parte del suo ingente credito (di oltre € 450.000,000), scaduto da diversi mesi, ha dovuto ricorrere alla procedura monitoria, esponendo in ricorso che l’inadempimento della Belleli S.p.A. risaliva all’anno precedente, che la debitrice aveva ridotto il proprio debito restituendo merce fornita e che le dilazioni di pagamento concordate con la società poi fallita non erano state rispettate, malgrado numerosi solleciti.

 

Una tale rappresentazione dei fatti, compiuta dal creditore in un ricorso per ingiunzione di pagamento, considerata la lunga conoscenza commerciale che vi era tra le parti, esplicita in maniera significativa la percezione da parte dell’istante di un’evoluzione negativa dell’affidabilità del proprio contraente e la consapevolezza di una sua sempre più precaria situazione economica.

 

Secondariamente va rilevato che il Fallimento attore ha evidenziato alcuni indicatori oggettivi dai quali è possibile desumere che la situazione di insolvenza della società fallita era non solo conosciuta da chi aveva rapporti diretti con la Belleli S.p.A., come i fornitori abituali, ma addirittura di pubblico dominio, all’epoca del pagamento, documentando la pluralità di ipoteche iscritte sui beni della fallita e le allarmanti notizie di stampa – anche a livello nazionale (si vedano in particolare gli articoli in atti del Sole 24 Ore e Milano e Finanza di poco precedenti al pagamento per cui è causa) (per la rilevanza presuntiva delle circostanze indicate Cass. 23.1.1997 n. 699, Cass. 14.4.1983 n. 2607, Trib. Roma 31.1.1987, Trib. Cagliari 26.2.1998).

 

Poiché la pluralità delle circostanze esposte costituiscono indizi gravi, precisi e concordanti della scientia decoctionis in capo alla società convenuta, deve ritenersi fondata l’azione revocatoria proposta.

La società convenuta ha, tuttavia, altresì eccepito la compensazione tra il credito del fallimento e il credito vantato nei confronti dello stesso e portato dalla fattura N. 16D90043 del 13.2.1996, nonché dalle fatture n. 16701827 del 18.10.1995, n. 16701829 del 19.10.1995, n. 16142534 e n. 16142535 del 9.4.1996.

 

Sul punto, osserva il giudicante che essendo il diritto azionato dal fallimento il diritto alla restituzione conseguente all’esercizio dell’azione revocatoria, e quindi un diritto della massa, appare opportuno distinguere i crediti sorti in favore dell’ALFA S.p.A. nei confronti della Belleli S.p.A. prima dell’ammissione alla procedura di amministrazione controllata e quelli sorti successivamente.

 

In ordine ai crediti sorti precedentemente (di cui alle fatture n. 16701827 del 18.10.1995 e n. 16701829 del 19.10.1995), contrariamente all’assunto della società convenuta, non può trovare applicazione l’art. 56 L.F. – secondo cui i creditori hanno diritto di compensare i loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento -, essendo distinti i soggetti in capo a cui i rispettivi diritti sono sorti, essendovi da un lato un credito del revocato verso il fallito e dall’altro un debito per restituzione derivante da azione revocatoria che è debito verso la massa.

 

Se è vero, pertanto, che il disposto dell’art. 56 L.F. si applica anche nel caso in cui la dichiarazione di fallimento segua senza soluzione di continuità alla cessazione della procedura di amministrazione controllata, alla quale l’imprenditore sia stato precedentemente ammesso, ciò si verifica solo nel caso in cui le contrapposte posizioni di debito – credito, compensabili per effetto della predetta norma, siano sorte e coesistano anteriormente all’inizio dell’amministrazione controllata (Cassazione Civile sez. I, 9 gennaio 1997, n. 123; Cassazione Civile sez. I, n. 3722), il che non è nella fattispecie in esame.

 

Quanto, viceversa, ai crediti sorti successivamente all’ammissione alla procedura di amministrazione controllata (di cui alle fatture n. 16D90043 DEL 13.2.1996, N. 16142534 e n. 16142535 del 9.4.1996), essi possono astrattamente essere considerati debiti della massa, quand’anche non autorizzati dal giudice, se rientrano tra i debiti contratti per assicurare la continuazione dell’esercizio dell’impresa (Cass. 15.7.1992 n. 8590, Cass. S.U. 14.10.1977 n. 4370).

 

L’ammissione all’amministrazione controllata, infatti, non sospende i rapporti in corso, salva la motivata contraria valutazione degli organi di controllo, dovendo la procedura promuovere le condizioni per il ritorno alla normalità della gestione dell’impresa, per cui i contratti non ancora eseguiti, in tutto o in parte, da entrambi i contraenti all’atto della ammissione alla procedura esigono l’adempimento. Peraltro la ripresa dell’azienda in crisi di liquidità non contrasta con le aspettative dei creditori concorsuali, fiduciosi di allontanare in tal modo la falcidia liquidatoria.

 

Tuttavia, affinché i crediti sorti nella pendenza della procedura siano opponibili ai creditori concorsuali, in quanto debiti della massa ex art. 111 n. 1 L.F., in assenza di autorizzazione scritta del giudice delegato ex art. 167 ul.co. L.F., è necessario che trovino la loro fonte in atti di comune gestione dell’azienda, compiuti nello svolgimento di attività strettamente aderenti alle finalità d’impresa ed alle dimensioni del suo patrimonio, e che siano finalizzati al risanamento dell’impresa.

 

Ma nel caso di specie nulla sul punto ha dedotto e tanto meno provato l’opponente, sul quale necessariamente ricadeva l’onere della prova a mente del II comma dell’art. 2697 c.c.

 

Le considerazioni che precedono importano il rigetto dell’eccezione di compensazione e rendono superfluo l’esame di ogni altra questione proposta.

 

In conclusione, in accoglimento della domanda revocatoria formulata, devono essere revocati i pagamenti eseguiti dalla Belleli S.p.A. alla ALFA S.p.A. di £. 400.325.543 (pari ad € 206.750,89) con valuta 22.5.1995, di £. 1.667.964 (pari ad € 861,43) con valuta 22.5.1995 e di £. 121.223.748 (pari ad € 62.606,84) con valuta 31.5.1995, e condannata la società convenuta alla restituzione al fallimento attore dell’importo complessivo di € 270.219,16, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

 

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale, in persona del giudice Dott.ssa Laura De Simone, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così giudica:

 

     rigetta la questione di costituzionalità sollevata in quanto manifestamente infondata;

 

     revoca i pagamenti eseguiti dalla Belleli S.p.A. alla ALFA di £. 400.325.543 (pari ad e 206.750,89) con valuta 22.5.1995, di £. 1.667.964 (pari ad € 861,43) con valuta 22.5.1995 e di £. 121.223,748 (pari ad € 62.606,84)con valuta 31.5.1995, e condanna l’ALFA S.p.A. alla restituzione al fallimento attore dell’importo complessivo di € 270.219,16, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

 

     condanna l’ALFA S.p.A. alla rifusione delle spese di lite sostenute dal Fallimento Belleli S.p.A. in liquidazione e liquidate in complessivi € 10.441,19 di cui € 415,37 per spese,   € 2.675,82 per diritti, € 7.350,00 per onorari, oltre IVA e CPA come per legge.