Danno biologico da morte - Disturbo post-traumatico da stress –
Risarcibilità iure proprio – Ammissibilità. Tribunale di Mantova, Sez. II Civile – Giudice unico
Vittorio Carlo Aliprandi - Sentenza del giorno 19 giugno 2004. La massima: Il danno biologico da morte è
indennizzabile iure proprio quando il trauma per la perdita del prossimo
congiunto non si sia limitato ad un patema d’animo transeunte ma sia
degenerato in una patologia psichica permanente (nel caso di specie disturbo
post-traumatico da stress caratterizzato da tono triste dell’umore, tendenza
al pianto, stato di tensione associato a momenti di angoscia nell’affrontare
i temi legati all’evento luttuoso in presenza di segni critici di patologia
depressiva). Il
testo integrale: SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con
atto di citazione ritualmente notificato in date 29 e 30 settembre e 2
ottobre 2000, Giorgio Bianchi, Maria Rosa Bonacini e Benedetta Bianchi,
nella qualità di eredi di Marco Bianchi, convenivano in giudizio Salvatore
Verdi, Giovanni Rossi e la R.A.S. Assicurazioni s.p.a. per sentir
accolte le conclusioni sopra riportate.
Esponevano gli attori:
- che, in data 8.10.98 alle ore 20.30, il congiunto
Marco Bianchi, alla guida dell’Opel Astra targata TR 306172 di proprietà
del padre Giorgio, stava percorrendo la statale 420 allorquando, giunto in
località Magnacavallo, con direzione di marcia Sabbioneta - Gazzuolo,
nell’affrontare una curva destrorsa entrava in collisione frontale con
l’autovettura Renault tg. PR 501526 di proprietà di Salvatore Verdi e
condotta da Giovanni Rossi, la quale stava effettuando il sorpasso
dell’autotreno DAF tg. PR condotto da Valerio Carlucci;
- che la collisione si verificava nella corsia di
pertinenza della Opel e a seguito dell’urto, Marco Bianchi veniva
trasportato in prognosi riservata presso il presidio ospedaliero di **
e poi di Parma, ove decedeva in data 10.10.98 alle ore 13.10;
- che il Rossi aveva patteggiato la pena per
omicidio colposo con condanna alla pena di mesi otto di reclusione;
- che la R.A.S., dopo numerosi solleciti, aveva
inviato in data 27.12.99 tre assegni circolari dell’importo di £.
230.000.000, trattenuti dai comparenti quale acconto sul maggior danno;
- che a ciascun coerede competeva l’importo di £.
200.000.000 per il danno morale e patrimoniale sofferto, nonché l’ulteriore
risarcimento di £. 200.000.000 per il danno patrimoniale in dipendenza della
mancata contribuzione alle spese familiari, £. 5.000.000 iure hereditatis, £.
13.600.000 per danno all’autovettura, £. 800.000 per spese di
immatricolazione e £.
4.700.000 per spese funerarie;
- che erano infine dovute le spese sostenute dai
deducenti per l’attività professionale svolta dal procuratore prima
dell’instaurazione del giudizio e durante il processo penale, quantificate in
£. 36.000.000.
Si
costituiva con comparsa la sola R.A.S. Assicurazioni s.p.a., la quale
resisteva ed eccepiva:
- che la compagnia deducente non contestava il
proprio dovere risarcitorio e per tale ragione aveva già offerto l’importo di
£. 230.000.000;
- che tuttavia era contestato il quantum e tutte
le voci esposte in citazione, tra cui, in particolare, il lucro cessante,
indicato in £. 200.000.000, sul presupposto che la vittima avrebbe contributo
alle esigenze familiari per circa otto anni;
- che quanto richiesto per ciascun congiunto da
parte attrice non era di gran lunga superiore agli standard di liquidazione
in uso presso il Tribunale di Mantova;
- che la richiesta di danno biologico iure
proprio era legittima solo in caso di positiva dimostrazione di una patologia
insorta a seguito dell’evento luttuoso;
- che, infine, gli attori avrebbero dovuto
dimostrare l’effettivo pagamento di
£. 36.000.000 per spese e competenze legali al loro legale e comunque
l’attività del procuratore andava valutata in termini più adeguati all’opera
effettivamente prestata.
Fallito
il tentativo di conciliazione, erano assegnati i termini per la precisazione
delle domande e per integrazioni istruttorie e la lite era istruita solo con
consulenza tecnica affidata al dott. Gilberto Grossi. La causa era quindi
spedita a sentenza, sulle conclusioni trascritte in epigrafe, previa
assegnazione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e lo scambio
delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda attorea è fondata e va, per quanto di
ragione, accolta.
Preliminarmente va dichiarata la contumacia di
Salvatore Verdi e di Giovanni Rossi, incombente non espletato nel
corso del processo.
In
ordine alla dinamica non vi sono contestazioni. In data 8.10.98, verso le ore
20.30, Marco Bianchi alla guida dell’autovettura Opel Astra tg. TR di proprietà del padre Giorgio, percorreva la statale 420 con direzione Sabbioneta - Gazzuolo, allorquando giunto in località
Magnacavallo,
nell’affrontare una curva destrorsa entrava in collisione con l’autovettura
Renault 25 tg. PR 501526 condotta da Giovani Rossi e di proprietà di Salvatore
Verdi, la quale percorreva la stessa strada in direzione di marcia
opposta e stava sorpassando l’autotreno DAF 410 tg. PR . Per come si
può evincere dal rapporto redatto dai C.C. di Viadana, vi era pioggia e nel
punto dell’impatto vi era la linea continua di mezzeria.
La responsabilità di parte convenuta non è
oggetto di contestazione e comunque, con specifico riguardo ai soggetti
contumaci, è ampiamente suffragata dal rapporto prodotto quale doc. 2 e
relativi allegati dagli attori.
A seguito dell’urto frontale, avvenuto sulla
corsia di pertinenza della vittima, Marco Bianchi nato a Mantova il g.
8.06.1971 decedeva all’Ospedale di Parma in data 10.10.98 alle ore 13.10.
La Compagnia assicuratrice, sul presupposto della
civile del proprio assicurato inoltrava tre assegni circolari agli attori
dell’importo complessivo di £. 230.000.000 per il ristoro del danno,
trattenuti solo a titolo di acconto (doc. 16) e al Rossi era irrogata la
pena patteggiata di mesi otto di reclusione con sentenza 24.03.2000 n.
173/2000 di questo ufficio Giudiziario (doc. 21).
Passando
ora alla quantificazione del danno, va premesso che la Corte di Cassazione,
con le note pronunce del 31.05.2003 n. n. 8827 e n. 8828, ha introdotto un
sistema bipolare nella tutela risarcitoria della persona, distinguendo
l’ambito del danno patrimoniale, soggetto alle ordinarie regole di cui
all’art. 2043 c.c., dal danno non patrimoniale disciplinato dall’art. 2059
c.c. nel quale confluiscono il danno biologico in senso stretto, il danno
morale tradizionale e tutti quei pregiudizi alla persona di rilevanza
costituzionale, non suscettibili di valutazione economica (danno
esistenziale).
Più in dettaglio, la lettura costituzionalmente
orientata dell’art. 2059 c.c. va vista non già come occasione di incremento
generalizzato delle poste di danno (e mai come strumento di duplicazione di
risarcimento degli stessi pregiudizi), ma come mezzo per colmare le lacune nella
tutela risarcitoria della persona, la quale che va ricondotta al sistema
bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, quest’ultimo
comprensivo del danno biologico in senso stretto (configurabile solo quando
vi sia una lesione dell'integrità psico - fisica secondo i canoni fissati
dalla scienza medica), del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso
(il cui ambito resta esclusivamente quello proprio della mera sofferenza psichica
e del patema d’animo) nonché dei pregiudizi, diversi ed ulteriori, purché
costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente
protetto. Ne deriva che, nella liquidazione equitativa dei pregiudizi
ulteriori, il giudice, in relazione alla menzionata funzione unitaria del
risarcimento del danno alla persona, non può non tenere conto di quanto già
eventualmente riconosciuto a titolo di danno morale soggettivo.
Precisato, quindi, l’ambito del danno non
patrimoniale, con riguardo alla liquidazione, si deve tener conto delle
effettive sofferenze patite dall’offeso, della gravità dell’illecito e di tutti
gli elementi della fattispecie concreta, tra i quali assume rilevanza
primaria il patema d’animo, ovvero l’entità oggettiva della sofferenza morale
e si deve rispettare l’esigenza di una razionale correlazione tra l’entità
oggettiva della sofferenza e l’equivalente pecuniario di esso in modo da
rendere adeguato il risarcimento al caso concreto (cfr. Cass. 14.07.2003 n.
11007).
Da ultimo va rammentato, è ormai consolidato
l’orientamento secondo cui per liquidare il danno biologico patito dalla
vittima nell’apprezzabile lasso di tempo tra l’altrui fatto illecito e
l’evento morte, il giudice deve tener conto dell’incidenza della durata
effettiva della vita del danneggiato e si trasmette agli eredi il solo
risarcimento del danno biologico da invalidità permanente, pur tenendo conto
del fatto che alle lesioni è seguita la morte (cfr. Cass. 14.07.2003 n.
11003).
Fatte
tali premesse di ordine metodologico, conviene partire dalle voci di danno
patrimoniale non provate e quindi non riconosciute, tra cui in primis il
danno lamentato dai genitori per la mancata contribuzione alle esigenze
familiari, il danno lamentato dalla sorella per il ritardo nel conseguimento
della laurea, il danno lamentato dal padre per la contrazione di reddito
negli anni successivi alla morte del figlio, l’importo di £. 5.000.000
chiesto iure hereditatis in citazione e gli esborsi per l’attività
professionale del legale nella fase anteriore al giudizio e per l’assistenza
nel processo penale contro il conducente della Renault.
Con riguardo alla prima voce di danno, emerge
dagli atti che Marco Bianchi, deceduto all’età di 27 anni, fosse iscritto
alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Parma (doc. 24
e 25 di parte attrice), al quarto anno fuori corso, e dalla ricevuta di pagamento
delle tasse non risulta che fosse uno studente lavoratore. Non consta
pertanto che il giovane contribuisse alle esigenze familiari, né dal libretto
universitario è possibile evincere che lo stesso fosse prossimo alla laurea,
motivo per cui i conteggi operati dal procuratore di parte attrice nell’atto
introduttivo sono mere ipotesi disgiunte da qualsiasi riscontro fattuale.
Inoltre, ai sensi dell’art. 2697 c.c. il genitore
che chieda il risarcimento del danno patrimoniale per la morte del figlio,
assumendo che, se questi fosse rimasto in vita, avrebbe contribuito in futuro
al sostentamento della famiglia, deve dar la prova, almeno presuntiva, di non
poter disporre di un reddito adeguato per il proprio mantenimento futuro.
Nella fattispecie, va di converso osservato che la vittima aveva già compiuto
27 anni, senza aver terminato il corso di studi, e che il capo famiglia
svolgeva la professione di veterinario alle dipendenze dell’A.S.L., attività
adeguatamente remunerata e tale da consentire la frequentazione
dell’Università ai due figli.
Del pari infondata è la richiesta di Giorgio
Bianchi di risarcimento per la successiva interruzione della propria
attività lavorativa non avendo dimostrato l’interessato il nesso eziologico
tra il grave evento luttuoso e la cessazione dell’attività professionale,
tanto più che l’attore non ha allegato, a differenza della moglie,
l’insorgenza di una patologia propria tale da compromettere la possibilità di
lavoro. Analogamente priva di qualsiasi dimostrazione è l’asserito ritardo di
Benedetta Bianchi per il completamento del ciclo di studi.
Quanto al danno iure hereditatis, l’evento morte
è avvenuto dopo un giorno dall’incidente, motivo per cui la vittima non aveva
maturato alcun diritto al risarcimento del proprio danno biologico e il danno
da invalidità temporanea conseguito è assolutamente trascurabile in relazione
al brevissimo tempo trascorso tra l’illecito e il decesso.
Da ultimo, nelle voci di danno esposte vanno
escluse le competenze maturate dall’avv. Negrini per l’attività professionale
stragiudiziale e per l’assistenza prestata agli attori per la costituzione di
parte civile nel processo penale a carico del Rossi. Con riferimento
all’attività stragiudiziale, va infatti rilevato che dal fascicolo di causa
emergono solo le consuete lettere spedite alla compagnia assicuratrice, poi
sfociate nell’erogazione dell’acconto, e tale prestazioni, preparatorie al
giudizio, trovano già adeguata remunerazione nella tariffa prevista per le
prestazioni giudiziali ex art. 2 T.P. Quanto poi alla costituzione di parte
civile e all’assistenza nel processo penale, terminato con la sentenza di
patteggiamento, l’art. 444 secondo comma c.p.p. dispone: “Se vi è stata
costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda;
l’imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla
parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o
parziale …”. Era quindi onere del procuratore insistere per la liquidazione
delle spese in quella sede e, se del caso, richiedere al giudice penale
l’integrazione della sentenza di patteggiamento.
Passando
ora alla quantificazione dei danni subiti dagli attori, iure proprio,
ciascuno dei familiari prossimi congiunti può far valere per il risarcimento
un autonomo diritto, sicché il danno non patrimoniale deve essere liquidato
in rapporto al pregiudizio da ciascuno di essi patito per effetto dell’evento
lesivo e, pertanto, il giudice non potrà limitarsi ad una liquidazione
complessiva ed unitaria, ma deve provvedere alla ripartizione per l’intero in
modo proporzionale tra tutti gli aventi diritto (cfr. Cass. 8.01.2001 n.
116).
I prossimi congiunti possono dedurre un loro
danno biologico proprio, allorquando l’evento delittuoso abbia scatenato una
malattia nel soggetto richiedente (si pensi alla complessa problematica delle
malattie di matrice psichica, nevrosi, depressioni ecc.) capace di arrecare
menomazione all’integrità psicofisica del soggetto, posto che nella nozione
di danno biologico rientrano tutte le figure di danno non reddituale. La
Corte Costituzionale, con sentenza n. 372/94, ha affermato, in linea di
principio, che il danno biologico da morte non sia un danno evento, ma solo
danno conseguenza, sicché il medesimo non è indennizzabile iure hereditario,
pur affermando che il risarcimento per diritto proprio è ammissibile quando
il trauma per la perdita del prossimo congiunto non si sia limitato ad un
“patema d’animo transeunte” ma sia degenerato in una patologia psichica
permanente.
In definitiva ai tre attori va riconosciuto il
danno non patrimoniale, comprensivo del danno morale in senso stretto, il
quale viene liquidato in conformità alle tabelle milanesi in uso presso
questo ufficio giudiziario in relazione al grado di parentela o al rapporto
di coniugio, mediante una frazione del danno morale che sarebbe spettato al
deceduto qualora fosse sopravvissuto con una invalidità pari al 100% (la
legittimità di una valutazione del danno morale quale frazione variabile
dell’importo riconosciuto per il danno biologico è già stata più volte riconosciuta
dalla Suprema Corte, poiché siffatto criterio consente di evitare liquidazioni
troppo diverse ed arbitrarie e permette di graduare il danno morale al caso
concreto e al grado vicinanza del richiedente con il soggetto deceduto); alla
sola Bonacini va riconosciuto altresì il danno biologico iure proprio come
accertato dal consulente dott. Gilberto Grossi.
Ai genitori della vittima vanno altresì
riconosciuti, a titolo di danno patrimoniale, gli esborsi per le spese
funeratizie, non contestate dalla compagnia assicuratrice, e a Giorgio
Bianchi il valore del veicolo incidentato in conformità al valore espresso
in citazione e non contestato.
Quantificando in concreto il danno, si osserva
che a Giorgio Bianchi nato il g. 8.06.1971 e deceduto il 10.10.98 sarebbe
spettato un danno morale di € 289.467 (pari alla metà del biologico riportato
in caso di sopravvivenza con invalidità al 100% di € 578.935 - soggetto di
anni 27, valore punto € 6.654,43 per coefficiente di demoltiplicazione pari a
0,870 in ragione dell’età). A ciascuno dei due genitori, in ragione dell’età
della vittima e della convivenza, si stima equo attribuire un importo pari ad
un terzo del danno morale di spettanza del de cuius, ovvero € 96.489, da
incrementare da interessi e rivalutazione monetaria secondo il dettato
impartito dalle sezioni unite della Suprema Corte con la nota pronuncia
17.02.1995 n. 1712, la quale ha confermato la legittimità del cumulo, nei
debiti di valore, tra rivalutazione della somma e gli interessi, pur
precisando che gli interessi non vanno calcolati sulla somma già rivalutata o
liquidata in moneta attuale, ma sul valore iniziale dovuto al momento del
verificarsi dell’illecito e sui progressivi adeguamenti di valore stesso,
corrispondenti alla sopravvenuta inflazione.
Alla sorella convivente Benedetta Bianchi,
tenuto conto dell’unico fratello e della giovane età, si stima equo assegnare
un importo pari ad un nono del danno morale spettante alla vittima, ovvero €
32.163.
Ne consegue che ai tre attori spettano
complessivamente € 225.141 in moneta attuale (secondo un rapporto
proporzionale di 3,3,1), devalutati all’epoca del sinistro divengono €
197.204; su detto nuovo ammontare devono essere calcolati gli interessi e la
rivalutazione maturati sino alla corresponsione dell’acconto di £.
230.000.000, id est € 118.875,09 risalente al 22.12.99.
Gli acconti o la provvisionale erogati in favore
del danneggiato non sono imputabili agli interessi, non essendo applicabile
il criterio previsto dall’art. 1194 c.c. che presuppone l’esistenza di un
debito pecuniario, inesistente sino al momento della liquidazione del danno;
i versamenti in acconto devono imputarsi al capitale e riducendo l’ammontare
del danno vanno parallelamente rivalutati perché elidono il fenomeno della
svalutazione rispetto ad una parte del danno medesimo, mentre gli interessi
devono essere calcolati sull’importo liquidato con decorrenza dalla data
dell’evento dannoso sino alla corresponsione dei singoli acconti (cfr. Cass.
14.03.1996 n. 2115, Cass. 10.03.1990 n. 1982).
In applicazione dei predetti criteri, al 22.12.99
erano maturati sul capitale di € 197.204, € 4.382 per rivalutazione ed €
7.082 per interessi legali; alla data dell’acconto, l’originario capitale era
pertanto asceso ad € 201.586 (197.204 + 4.382) e decurtato dell’anticipo
di € 118.785,09 discende a €
82.800,91.
Su questo capitale residuo, dalla data
dell’acconto ad oggi, sono maturati € 9.675,09 per rivalutazione monetaria ed
€ 11.708 per interessi legali, da incrementare con gli interessi legali
maturati prima della dazione dell’acconto stesso.
Il danno complessivo non patrimoniale da
risarcire ulteriormente ai tre attori, al netto dell’acconto, assomma quindi
ad € 111.266 (82.800,91 + 9.675.09 + 11.708 + 7.082), oltre interessi legali
dal 20.06.2004 al saldo. Tale importo, tenuto conto della proporzione sopra
specificata, va così ripartito: € 47.682 a ciascuno dei genitori ed € 15.894
alla sorella.
Ai
genitori competono altresì le spese funeratizie, pari a complessivi €
2.861,17 da incrementare di € 405 per rivalutazione monetaria ed € 515,83 per
interessi legali per complessivi € 3.782 da dividere in due quote uguali di €
1.891.
A
Giorgio Bianchi va risarcito il valore del veicolo e spese di
immatricolazione per complessive £. 14.400.000, ora € 7.436,98, da
incrementare dal dì dell’illecito ad oggi di rivalutazione monetaria per €
1.053,02 e di interessi legali per € 1.342 per totali € 9.832.
Infine,
con riguardo alla posizione di Maria Rosa Bonacini, il dott. G.G.
accertava che la periziata non aveva elaborato il lutto per la prematura
scomparsa del figlio, di talché erano rimasti disturbi di natura psichica
consistiti nel tono triste dell’umore, nella tendenza al pianto, in uno stato
di tensione associato a momenti di angoscia nell’affrontare i temi legati
all’evento luttuoso; il consulente aggiungeva che il processo di reazione al
lutto era fallito e quindi era insorta una patologia inquadrabile quale
“disturbo post traumatico da stress” associato a segni clinici di patologia
depressiva. Quantificava nella misura del 15% il danno biologico con
incidenza in pari grado sulla capacità lavorativa specifica.
Applicando il criterio del punto flessibile
indicato dalle tabelle milanesi 2004, in luogo del vetusto e superato sistema
del triplo della pensione sociale, il danno biologico da invalidità permanente,
accertato nella misura del 15%, va liquidato in € 24.262 (valore punto €
2.231,05 per percentuale di invalidità, coefficiente di demoltiplicazione
0,725 in relazione all’età di anni 56 della madre al momento della morte del
figlio); il danno morale viene equitativamente determinato, tenuto conto
dell’entità delle lesioni, nella misura di 1/3, ovvero in € 8.087.
Il danno complessivo di € 32.349, liquidato in
moneta attuale, ha prodotto interessi legali in ossequio ai principi sopra
esposti interessi legali pari € 5.114 per un debito complessivo di € 37.463.
Con riguardo alla problematica dell’invalidità
specifica, non viene riconosciuto alcun risarcimento in difetto di prova. La
riduzione della capacità lavorativa generica, quale potenziale attitudine
all’attività lavorativa da parte di un soggetto che non svolga attività
produttive di reddito, né è in procinto di svolgerla, è risarcibile quale
danno biologico, il cui ambito comprende tutti gli effetti negativi del fatto
lesivo che incidono sul bene salute in sé considerato; qualora, invece a detta riduzione si
associ una limitazione della capacità lavorativa specifica che, a sua volta,
dia luogo ad una riduzione della capacità di guadagno, detta diminuzione integra
un danno patrimoniale che va accertato nel caso concreto e la cui prova incombe
sul danneggiato (cfr. ex multis Cass. 18.04.2003 n. 6291).
In tale prospettiva, la casalinga, pur non
percependo un reddito monetizzato, svolge comunque un’attività suscettibile
di valutazione economica, sicché la presenza di una riduzione della capacità
lavorativa specifica - come accertata dal consulente - integra un danno patrimoniale
da liquidare in via autonoma (cfr. Cass. 11.12.2000 n. 15580) allorquando sia
data dimostrazione che la danneggiata era componente di un nucleo familiare
stabile e l’evento abbia determinato una privazione di tale ausilio o
comunque un qualche pregiudizio economico.
Nella fattispecie, tuttavia, l’interessata non ha
allegato, e a fortiori dimostrato, l’incapacità di attendere alle ordinarie
mansioni domestiche o la necessità di avvalersi della collaborazione di terze
persone, sicché non consegue alcun risarcimento alla pur riconosciuta invalidità
specifica.
Conclusivamente
competono:
- a Giorgio Bianchi € 59.405, pari alla somma
di € 47.682 per danno non patrimoniale, € 1.891 per spese funeratizie ed €
9.832 per il veicolo;
- a Maria Rosa Bonacini competono € 87.036, pari
alla somma alla somma di € 47.682 per danno non patrimoniale, € 1.891 per
spese funeratizie ed € 37.463 per danno biologico proprio;
- a Benedetta Bianchi competono € 15.894 per
danno non patrimoniale.
Le
spese di consulenza, liquidate con decreto 10.09.2003 ed anticipate
dall’attrice Bonacini, vengono definitivamente poste a carico dei convenuti in
solido; le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
Il Tribunale di Mantova, seconda sezione
civile, definitivamente decidendo sulla domanda risarcitoria proposta da
Giorgio Bianchi, Bonacini Maria Rosa e Benedetta Bianchi, con atto di
citazione ritualmente notificato, disattesa ogni contraria istanza, eccezione
e deduzione, così provvede:
1) accertata l’esclusiva responsabilità civile di
Salvatore Verdi, di Giovanni Rossi e di R.A.S. Assicurazioni s.p.a.,
e tenuto conto dell’anticipo già corrisposto, condanna i convenuti in solido
a versare:
a) a Giorgio Bianchi l’importo di € 59.405,
oltre interessi legali dal 20.06.2004 al saldo;
b) a Maria Rosa Bonacini l’importo di € 87.036,
oltre interessi legali dal 20.06.2004 al saldo;
c) a Benedetta Bianchi l’importo di € 15.894,
oltre interessi legali dal 20.06.2004 al saldo;
2) rigetta ogni altra richiesta;
3 pone le spese di consulenza definitivamente a
carico di parte convenuta:
4) condanna i convenuti in solido alla rifusione
delle spese di lite in favore di parte attrice, liquidate in liquidate in
complessivi € 10.513, di cui € 513 per spese ed anticipazioni, € 2.400 per
diritti di procuratore, € 7.600 per onorari di avvocato, oltre per rimborso
spese generali, I.V.A. e C.P.A.
Così
deciso in Mantova, lì 19.06.2004
IL GIUDICE
dott. Vittorio Carlo Aliprandi |