Morte conseguente ad imperizia dei sanitari nel
trattamento di vittima di sinistro stradale - Concorso di cause -
Insussistenza - Distinta responsabilità dell'investitore e dei sanitari rispettivamente
per le lesioni e per la morte - Comunanza di causa in presenza di vincolo di
connessione impropria - Fattispecie. Tribunale di Mantova, Sez. II Civile – Giudice unico
Vittorio Carlo Aliprandi - Sentenza del giorno 10 marzo 2004. La massima: L'errore diagnostico o terapeutico dei sanitari che abbia aggravato le conseguenze di una precedente lesione non è di per sé evento eccezionale o imprevedibile idoneo ad interrompere il nesso di causalità, a meno che una causa sopravvenuta sia tale da determinare in via esclusiva l’evento dannoso.
Il
testo integrale: SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato in date 16 e 20 dicembre 2000,
Silvana Bianchi e Bruno Verdi convenivano in giudizio la Winterthur
Assicurazioni s.p.a. e Luca Rossi, affinché previo accertamento della loro
responsabilità civile, i convenuti venissero condannati al risarcimento dei
danni subiti a causa della morte del loro congiunto Lucio Verdi. Esponevano gli attori: - che i deducenti erano rispettivamente moglie e figlio di Lucio
Verdi con il quale formavano un’unica famiglia in Magnacavallo; - che, in data 31.03.2000, alle ore 20.30 circa
in Magnacavallo, Lucio Verdi nell’attraversare il corso Garibaldi sulle
strisce pedonali, era investito dall’autovettura di proprietà e condotta da
Luca Rossi ed assicurata con la Winterthur s.p.a.; - che, dopo i ricoveri presso gli ospedali *** e di Verona, il
rag. Lucio Verdi nato il 10.02.1918 decedeva in data 11.09.2000; - che, infine, a seguito di tale evento competeva alla moglie e al
figlio il risarcimento dei danni subiti, iure proprio e iure
hereditatis, in particolare alla vedova competevano £. 35.000.000 per
ristoro danno biologico sofferto dal marito, £. 20.000.000 per il danno morale,
£. 90.000.000 per danni non patrimoniali, £. 11.471.500 per spese funerarie,
£. 414.500 per costo cartelle cliniche e costo perizia, mentre al figlio
spettavano £. 50.000.000 per danni derivanti dalla diminuzione delle entrate
di studio, £. 2.310.000 per spese di trasferimento presso gli ospedali di
*** e £. 70.000.000 per danno morale.
Si costituivano con comparsa Luca Rossi e la Winterthur s.p.a., i quali pur
non contestando la dinamica del sinistro, replicavano che l’evento morte non
era da ascrivere al sinistro stradale quanto all’insorgenza di una
tetraplegia ingravescente insorta in epoca successiva all’incidente o non
tempestivamente diagnosticata dal personale sanitario dell’Azienda Ospedaliera
“Omega” di ***, da cui la necessità di una chiamata in
giudizio del terzo a fini di manleva. Differita la prima udienza, si costituiva
l’Azienda Ospedaliera “Omega”, la quale in rito contestava la
sussistenza dei presupposti per la chiamata in giudizio e nel merito negava
qualsiasi profilo di responsabilità. Fallito il tentativo di conciliazione, ed
assegnati i termini per le integrazioni istruttorie, la lite era istruita
mediante consulenza medico - legale, affidata al prof. Nicola Cucurachi
dell’Università di Parma, e all’esito i procuratori delle parti instavano per
la precisazione delle conclusioni, definitivamente rassegnate nel corso
dell’udienza del 13.01.2004 e trascritte in epigrafe. La causa era quindi
spedita a sentenza, previa assegnazione dei termini per il deposito di
comparse conclusionali e lo scambio delle memorie di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda attorea è fondata e va, per quanto di
ragione, accolta. E’ pacifico in atti che in data 31.03.2000 la
Fiat Panda targata MN 449709, con direzione di marcia Mantova - Nogara,
condotta e di proprietà di Luca Rossi, investiva il pedone Lucio Verdi
intento ad attraversare il corso Garibaldi di Magnacavallo sulle apposite
strisce indicanti l’attraversamento pedonale. La circostanza è data per
ammessa nella stessa difesa dei convenuti e in ogni caso è suffragata dalle
dichiarazioni rese dallo stesso interessato ai Carabinieri di Bagnolo S. Vito
intervenuti in loco. Il Rossi dichiarava infatti: “Oggi
31.03.2000 verso le ore 20.45 a bordo della mia Fiat Panda targata MN 449709
percorrevo la S.S. 10 con direzione Mantova - Nogara. Giunto in Piazza
Garibaldi di Magnacavallo all’improvviso nella mia corsia mi trovavo davanti
una persona, che nonostante io guidassi ad una velocità moderata sui 40 km
orari, a causa della pioggia che offuscava la visuale, non riuscivo a
vederlo e quindi lo investivo ... “. A prescindere quindi dalla narrazione di taluni
fatti tesi ad inficiare la propria responsabilità, rimane il tenore di una dichiarazione
di natura sostanzialmente confessoria, tanto più non esiste agli atti prova
di un concorso colposo della vittima, la quale, in un centro abitato dotato
di sufficiente illuminazione, si avvaleva delle apposite strisce per
attraversare la pubblica via. Altrettanto pacifico che Verdi Lucio nato il
10.02.1918 sia stato poi trasportato presso l’Ospedale Omega di ***
con la diagnosi “Contusioni multiple. Trauma cranico con ematoma ed
emoragia subaracnoidea” e poi trasferito, a seguito di un aggravamento
delle sue condizioni generali, presso il reparto di Neurochirurgia
dell’Ospedale civile di Verona, ma in data 11.09.2000 decedeva per “Insufficienza
cardio respiratoria secondaria a frattura cervicale C2” con tetraplegia
secondaria. Diabete mellito.”. Fatte tali premesse in fatto
la difesa di parte convenuta asseriva che l’evento morte non era dipeso
dall’incidente, ma da profili di colpa del personale sanitario dell’azienda
chiamata che aveva preso in carico la vittima subito dopo l’evento del
31.03.2000, atteso che solo la lussazione dell’atlante sull’epistrofeo aveva
causato la grave lesione midollare del paziente, la tetraplegia con la
conseguente morte, di talché o la vittima era portatrice solo del trauma
cranico (come indicato nella diagnosi di ingresso) e quindi la morte era dipesa
da altri fattori estranei o vi era stato un ritardo diagnostico imputabile
all’azienda chiamata. Sull’argomento, il consulente prof. Nicola
Cucurachi, le cui conclusioni vengono recepite dal giudicante per la minuzia
e la completezza delle argomentazioni, dopo aver ripercorso l’iter della
vicenda clinica, accertava: - che i plurimi esami strumentali eseguiti presso
l’Ospedale di *** avevano escluso in un primo momento lesioni scheletriche
o versamenti pleurici o addominali; - che il peggioramento delle condizioni
respiratorie aveva determinato il trasferimento del paziente presso il
reparto rianimazione e solo con decorrenza 14 aprile era comparsa
l’ipotensione e un’insufficienza respiratoria con estensione della plegia a
tutto la parte sinistra del corpo e poi ai quattro arti; - che solo a questo punto i nuovi esami
strumentali avevano appurato l’esistenza della frattura del dente
dell’epistrofeo con dislocazione posteriore dell’atlante e focolaio
emorragico midollare esteso da C2 a C4; - che, pertanto, dal mese di aprile, la
tetraplegia del Verdi era divenuta irreversibile e il successivo sviluppo di
broncopolmoniti aveva causato il suo decesso in data 11.09.2000, di talché
era condivisibile la diagnosi finale: “Insufficienza cardio respiratoria
secondaria a frattura cervicale C2” con tetraplegia secondaria”. Spiegava inoltre il consulente che la frattura
cervicale di C2 era stata diagnosticata solo due settimane dopo l’incidente e
che con tutta probabilità ad esso era riconducibile, essendo estremamente
improbabile che nel periodo precedente il Verdi potesse aver subito un
trauma di analoga intensità cui attribuire la suddetta lesione. Aggiungeva
che una accurata indagine degli esami radiografici, e segnatamente quello del
cranio, avrebbe consentito di rilevare la frattura trasversale alla base del
dente dell’epistrofeo e che il ritardo diagnostico aveva determinato una
modificazione del decorso clinico, sebbene la natura delle menomazioni subite
in occasione del primo evento - in ipotesi di trattamento sanitario
tempestivo e idoneo - avrebbero comunque causato al Verdi un danno biologico
nella misura del 25 - 30%, un periodo di inabilità biologica assoluta non
inferiore a tre mesi, seguita da ulteriori 2 o 3 mesi di parziale al 50%. Dato conto delle risultanze
dell’indagine, non scalfite da consulenze di parte di diverso tenore, il
decidente deve quindi prendere atto dell’esistenza di condotte colpose del personale
sanitario dell’Ospedale Omega di ***, consistite in un
ritardo diagnostico tale da compromettere il successivo decorso della
malattia di Lucio Verdi e che tale ritardo nella individuazione della
frattura cervicale, prodotta a sua volta dal precedente sinistro, sia stata
la causa esclusiva dell’evento morte, poiché senza la predetta omissione e
con un più precoce intervento chirurgico di stabilizzazione cervicale,
l’infortunato sarebbe sopravvissuto, seppur con postumi di invalidità
permanente dell’ordine del 25 - 30%. Tuttavia in diritto, va aggiunto che l’eventuale
errore diagnostico o terapeutico dei sanitari che abbia aggravato le
conseguenze di una precedente lesione non è di per sé evento eccezionale o
imprevedibile idoneo ad interrompere il nesso di causalità, a meno che una
causa sopravvenuta sia tale da determinare in via esclusiva l’evento dannoso.
Infatti, in tema di nesso di causalità, la normativa civilistica va integrata
con il disposto del codice penale, sicché qualora l’evento dannoso si
ricolleghi a più azioni od omissioni il problema del concorso di cause trova
soluzione nell’art. 41 c.p. - norma di carattere generale applicabile anche
ai giudizi civili - in virtù del quale il concorso di cause preesistenti,
simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’omissione del
colpevole, non esclude il nesso di causalità tra dette cause e l’evento, a
meno di un positivo accertamento dell’efficienza causale esclusiva di una
sola di esse (cfr. Cass. 15.01.2003 n. 488). In altri termini, nel caso concreto, il sinistro
del Rossi è certamente stato causa delle lesioni del Verdi e un mero
aggravamento della malattia del danneggiato per imperizia dei sanitari non
avrebbe interrotto il nesso di causalità, ma l’evento morte, ontologicamente
diverso dalla lesione, non appare eziologicamente riconducibile alla condotta
del convenuto, di talché l’incidente non assume la dignità di antecedente
necessario dell’evento morte, ma diviene, secondo il principio della
causalità efficiente, una mera occasione. Se dunque l’evento morte è ascrivibile solo alla
chiamata, a parere del decidente, i convenuti debbono comunque concorrere nel
risarcimento limitatamente al periodo in cui l’infortunato è sopravvissuto,
posto che comunque l’investito avrebbe vissuto con un’invalidità permanente
nella misura del 25 - 30%. Sull’argomento, è ormai consolidato l’orientamento
secondo cui per liquidare il danno biologico patito dalla vittima
nell’apprezzabile lasso di tempo tra l’altrui fatto illecito e l’evento
morte, derivata da cause indipendenti, il giudice deve tener conto
dell’incidenza della durata effettiva della vita del danneggiato (cfr. da
ultimo Cass. 4.04.2003 n. 5332): per tale ragione va riconosciuto agli attori
iure hereditatis il danno subito da Lucio Verdi in relazione
all’invalidità temporanea riportata nel periodo intercorrente tra il
31.03.2000 e il giorno 11.09.2000 che si stima equo determinare in € 16.400
in moneta attuale (ovvero € 100 per 164 giorni) da dividere in due parti
uguali a favore di ciascuno dei due attori. A proposito della legittimità
della chiamata, contestata sin dal primo scritto dal procuratore dell’Azienda
Ospedaliera, basta rilevare che la giurisprudenza ritiene sussistente la comunanza
di causa ex art. 106 c.p.c. anche in presenza di un vincolo di connessione impropria
e siffatto presupposto ricorre anche allorquando la parte convenuta contesti
il suo obbligo o pretenda comunque di limitare la propria responsabilità in
presenza di un’obbligazione di natura solidale. La prospettazione dei
convenuti di una concorrente od esclusiva responsabilità dei medici che
presero in carico il Verdi dopo l’incidente è quindi tale da giustificare la
chiamata in giudizio ex art. 106 c.p.c.
Passando ora alla quantificazione dei danni subiti dagli attori, iure
proprio, ciascuno dei familiari prossimi congiunti può far valere per il
risarcimento un autonomo diritto, sicché il danno deve essere liquidato in
rapporto al pregiudizio da ciascuno di essi patito per effetto dell’evento
lesivo e, pertanto, il giudice non potrà limitarsi ad una liquidazione
complessiva ed unitaria del danno morale, ma provvedere alla ripartizione per
l’intero in modo proporzionale tra tutti gli aventi diritto (cfr. Cass.
8.01.2001 n. 116). Non è escluso che i prossimi congiunti possano dedurre un loro danno
biologico proprio, allorquando l’evento delittuoso abbia scatenato una
malattia nel soggetto richiedente (si pensi alla complessa problematica delle
malattie di matrice psichica, nevrosi, depressioni ecc.) capace di arrecare
menomazione all’integrità psicofisica del soggetto, posto che nella nozione
di danno biologico rientrano tutte le figure di danno non reddituale. La
Corte Costituzionale, con sentenza n. 372/94, ha affermato, in linea di principio,
che il danno biologico da morte non sia un danno evento, ma solo danno
conseguenza, sicché il medesimo non è indennizzabile iure hereditario,
pur affermando che il risarcimento per diritto proprio è ammissibile quando
il trauma per la perdita del prossimo congiunto non si sia limitato ad un
“patema d’animo transeunte” ma sia degenerato in una patologia psichica
permanente. L’esistenza di una malattia è stata allegata solo da Silvana Bianchi,
ma sul punto il consulente rilevava che l’attrice, pur con le ovvie
modificazioni legate alla perdita del congiunto convivente, non sembrava aver
subito una sostanziale modificazione e che pertanto la reazione psicologica
non aveva assunto i caratteri di una vera e propria patologia. In definitiva, va riconosciuto ad entrambi gli
attori il danno morale, il quale viene liquidato, in questo ufficio
giudiziario, secondo le tabelle milanesi, in relazione al grado di parentela
o al rapporto di coniugio, mediante una frazione del danno morale che
sarebbe spettato al deceduto qualora fosse sopravvissuto con una invalidità
pari al 100%. La legittimità di una valutazione del danno morale quale
frazione variabile dell’importo riconosciuto per il danno biologico è già
stata più volte riconosciuta dalla Suprema Corte, poiché siffatto criterio consente
di evitare liquidazioni troppo diverse ed arbitrarie e permette di graduare
il danno morale al caso concreto e al grado vicinanza del richiedente con il
soggetto deceduto.
Tirando le fila del ragionamento, ritiene il decidente di dover liquidare ad
entrambi gli attori il danno morale nella misura sotto determinata, in
aggiunta alle spese funeratizie per Bianchi Silvana e gli esborsi per i
trasferimenti da *** a Verona per l’attore, provati dalle produzioni
documentali in atti. Di converso, ritiene il decidente di non riconoscere le
ulteriori voci di danno, quali l’esborso per le consulenze di parte od ancora
la perdita di clientela nello studio professionale del figlio. Quest’ultima
voce di danno, già inverosimile di per sé se si tiene conto dell’età della
vittima al momento dell’incidente, è rimasta sfornita di qualsiasi riscontro
probatorio documentale o testimoniale. Quantificando in concreto il danno, va premesso che a Lucio Verdi
nato a nato il 10.02.1918 e deceduto il g. 11.09.2000 sarebbe spettato un
danno morale di € 193.580 (pari alla metà del biologico riportato in caso di
sopravvivenza con invalidità al 100% di € 387.160 - soggetto di anni 82,
valore punto € 6.506,91 per coefficiente di demoltiplicazione pari a 0,595 in
ragione dell’età). A ciascuno dei due attori, in ragione dell’età della
vittima e della convivenza, si stima equo attribuire un importo pari ad un
terzo del danno morale di spettanza del de cuius, ovvero € 64.526, da
incrementare da interessi e rivalutazione monetaria secondo il dettato
impartito dalle sezioni unite della Suprema Corte con la nota pronuncia
17.02.1995 n. 1712, la quale ha confermato la legittimità del cumulo, nei
debiti di valore, tra rivalutazione della somma e gli interessi, pur
precisando che gli interessi non vanno calcolati sulla somma già rivalutata o
liquidata in moneta attuale, ma sul valore iniziale dovuto al momento del
verificarsi dell’illecito e sui progressivi adeguamenti di valore stesso,
corrispondenti alla sopravvenuta inflazione. Ne consegue che a Silvana Bianchi, spettano € 64.526 in moneta
attuale, devalutati all’epoca del sinistro divengono € 59.600; maggiorati di
€ 5.924,54 per spese funeratizie, la somma ascende a € 65.524,54, sulla quale
alla data della presente sentenza (9.03.2004) sono maturati € 7.314 per
interessi legali e € 5.533 per rivalutazione, per un risarcimento complessivo
di € 78.371,54 oltre interessi legali dal 10.03.2004 al saldo. Quanto al figlio, spettano € 64.526 in moneta attuale, devalutati
all’epoca del sinistro divengono € 59.600; maggiorati di € 1.193,02 per
esborsi di viaggio per spese funeratizie, la somma ascende a €
60.793,02, sulla quale alla data della presente sentenza (9.03.2004) sono
maturati € 6.786 per interessi legali e € 5.134 per rivalutazione, per un
risarcimento complessivo di € 72.713,02 oltre interessi legali dal 10.03.2004
al saldo.
Le spese di consulenza vengono definitivamente poste a carico della chiamata,
mentre quelle di lite, liquidate in dispositivo e con distrazione a favore
del procuratore antistatario, seguono la soccombenza e vengono addossate in
misura di 1/4 a carico di parte convenuta e in misura di 3/4 a carico della
chiamata ex art. 97 c.p.c. non sussistendo i presupposti per una condanna
solidale. P. Q. M.
Il Tribunale di Mantova, seconda sezione civile, definitivamente decidendo
sulla domanda risarcitoria proposta da Silvana Bianchi e da Bruno Verdi, con
atto di citazione ritualmente notificato, disattesa ogni contraria istanza,
eccezione e deduzione, così provvede: 1) accerta l’esclusiva responsabilità dei
convenuti Rossi e Winterthur s.p.a. per l’invalidità temporanea riportata
da Lucio Verdi per il periodo intercorrente tra il 31.03.2000 e il giorno
11.09.2000 e per l’effetto li condanna in solido a versare a Silvana Bianchi e
a Bruno Verdi l’importo di € 8.200 a ciascun attore, oltre interessi legali
dal 10.03.2004 al saldo; 2) accerta l’esclusiva responsabilità civile della chiamata Azienda
Ospedaliera Omega per la morte di Lucio Verdi e per l’effetto la
condanna a versare a Silvana Bianchi l’importo di € 78.371,54 oltre interessi
legali dal 10.03.2004 al saldo e a Bruno Verdi l’importo di € 72.713,02
oltre interessi legali dal 10.03.2004 al saldo; 3) pone le spese di consulenza, liquidate con decreto 17.09.2002,
definitivamente a carico della terza chiamata; 4) condanna, infine, i convenuti e la chiamata, rispettivamente
nella misura di 1/4 e di 3/4, alla rifusione delle spese di lite in favore
degli attori, liquidate in complessivi € 9.159, di cui € 359 per spese ed
anticipazioni, € 2.500 per diritti di procuratore, € 5.500 per onorari di avvocato,
€ 800 per rimborso spese generali, oltre I.V.A. e C.P.A., con distrazione a
favore del procuratore antistatario.
Così deciso in Mantova, lì 10.03.2004
IL
GIUDICE
dott. Vittorio Carlo Aliprandi |