Contratto
denominato 4You - Truffa contrattuale, usura, violazione degli artt. 27,28 e
29 del regolamento Consob n. 11522/98, nullità per mancata traditio della
somma mutuata - Insussistenza. Tribunale di Mantova, Sez. II – Giudice, Dr.
A. Dell’Aringa, Presidente, Dr. Mauro Bernardi, Giudice relatore, Dott. Laura
De Simone, Giudice - Sentenza del giorno 24 marzo 2005. il testo integrale: Svolgimento
del processo Con atto di citazione notificato
in data 6-4-2004 D. C. assumeva a) di essere stata indotta, dal direttore
della filiale di Mantova del Monte dei Paschi di Siena, ad aderire al piano
di risparmio previdenziale denominato “4You” e di avere sottoscritto il
modulo contrattuale il 27-2-2001; b) che, in dipendenza di ciò, a partire dal
marzo dello stesso anno e sino al 29-2-2004 le era stata addebitata, sul
conto corrente, la somma mensile di euro 309,87 per un totale di euro
11.155,32; c) che il prodotto, lungi dall’essere un piano di risparmio previdenziale
(come ingannevolmente presentato tanto che in proposito sarebbero intervenute
la Consob e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), comportava
la stipula di un mutuo per la durata di 15 anni con il quale in parte
venivano acquistate obbligazioni zero coupon emesse dal Monte dei Paschi o da
altre società del gruppo che avrebbero garantito alla scadenza il pagamento
del loro valore nominale e, con la rimanente parte, quote dei fondi comuni
della SGR Ducato, anch’essa facente parte del gruppo Montepaschi, titoli
tutti che rimanevano costituiti in pegno presso la banca a garanzia del
rimborso del finanziamento; e) che, per effetto di tale contratto, il
sottoscrittore i) deve pagare gli interessi sul mutuo (corrispondenti ad un
tasso superiore al rendimento derivante dai titoli obbligazionari), le spese
di tenuta del conto corrente, nonché le commissioni di ingresso nel fondo
Ducato, ii) a propria insaputa, viene segnalato per l’esposizione derivante
dal mutuo alla Centrale Rischi della Banca d’Italia, iii) in caso di recesso
è tenuto a corrispondere una penale di importo elevato in base ad un calcolo
desumibile da una formula matematica di oscuro contenuto, iiii) non viene
avvertito che, interrompendo il piano, il controvalore dei titoli potrà,
secondo le condizioni di mercato, essere anche notevolmente inferiore al
residuo debito contratto per il finanziamento, con conseguente obbligo per
l’investitore di versare la differenza; f) che l’obbligazione zero coupon non
è trattata nei mercati regolamentati ed è vendibile unicamente al gruppo
Montepaschi che ne determina unilateralmente il prezzo e che, al termine del
contratto, per effetto del fenomeno inflattivo, le obbligazioni avranno un
valore assai inferiore rispetto a quello originariamente versato dal cliente;
g) che, con raccomandata in data 23-3-2004, essa aveva contestato la validità
del contratto e comunicato la volontà
di recedere dallo stesso. Alla luce di tale esposizione in
fatto la difesa dell’istante sosteneva che il contratto doveva ritenersi 1) nullo
ex art. 1418 c.c. con riferimento all’art. 640 c.p. ovvero annullabile ex
art. 1439 c.c. essendo stato pubblicizzato in forma ingannevole ed essendo
state sottaciute le pregiudizievoli conseguenze sopra elencate; 2) nullo o
annullabile ex art. 1418 c.c. in relazione all’art. 644 c.p. stante la
manifesta sproporzione esistente fra i vantaggi derivanti alla banca ed i
molti oneri facenti invece capo all’investitore; 3) nullo per violazione a)
del disposto di cui all’art. 27 reg. Consob 11522/98 non essendo state
graficamente evidenziate le clausole relative alla sussistenza del conflitto
di interessi e, comunque, del disposto di cui all’art. 21 t.u.l.f. non
essendo stato assicurato l’equo trattamento; b) dell’art. 28 reg. cit. non
avendo la banca fornito adeguate informazioni sulla natura ed i rischi
dell’operazione; c) dell’art. 29 reg. cit. trattandosi, per l’impegno
finanziario assunto e per il protrarsi nel tempo di tale impegno, di
operazione sicuramente inadeguata e, in relazione alla quale, non era stata
richiesta la specifica autorizzazione imposta dalla normativa di settore.
L’istante evidenziava ulteriormente l’invalidità del contratto 4) per
contrasto con le norme di cui agli artt.1175 e 1375 c.c. nonché 5) per
violazione della norma di cui all’art. 21 d. lgs. 58/98 in relazione agli
obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza imposti alla banca e, da
ultimo, 6) rilevava che il contratto di finanziamento non si era perfezionato
per mancata traditio della somma mutuata: chiedeva quindi che venisse
dichiarata la nullità, l’annullabilità ovvero la risoluzione del contratto
oltre al risarcimento dei danni anche non patrimoniali con il riconoscimento
degli accessori e, in via subordinata, la restituzione della somma addebitata
nonché, comunque, la riduzione della penale. La convenuta si costituiva
eccependo preliminarmente l’irritualità della domanda in quanto non
introdotta con il rito di cui al d. lgs. 5/03 e, nel merito, ne chiedeva il
rigetto. In particolare la difesa
dell’istituto bancario sottolineava che l’istante, sia perché titolare di un
patrimonio investito in azioni o in fondi azionari sia in quanto rivestiva o
aveva rivestito la carica di amministratore in varie società di capitali
(tanto da possedere i requisiti per essere considerata operatore qualificato
ex art. 31 reg. Consob cit.), era perfettamente in grado di comprendere la
complessità delle pattuizioni essendogli anche stato consegnato il documento
sui rischi degli investimenti di cui all’art. 28 I co. lett. b) reg. Consob
cit.; che le condizioni concernenti il conflitto di interessi e la
stipulazione di un mutuo erano chiaramente esplicitate nel testo negoziale;
che si trattava di una operazione equilibrata atteso che i titoli a reddito
fisso consentivano di acquisire a scadenza un capitale certo e
predeterminato, maggiore di quello anticipato dalla banca; che si trattava
all’evidenza di un prodotto previsto per il medio-lungo periodo e che il
costo del finanziamento era coperto dal rendimento dei titoli obbligazionari
e che, a tale valore, doveva aggiungersi quello della componente azionaria;
che il contratto non prevedeva una penale ma un corrispettivo per il recesso
calcolato secondo una formula normalmente applicata in materia finanziaria;
che improprio era il riferimento alla disciplina concernente la segnalazione
alla Centrale Rischi atteso che l’obbligo di segnalazione deriva dalla
normativa e, comunque, nel caso di specie, ciò non era avvenuto e non sarebbe
potuto avvenire trattandosi di operazione inferiore ai 150 milioni di lire;
che si trattava di un contratto di finanziamento in relazione al quale ed a
differenza di quanto si verifica nel mutuo, la consegna di una determinata
quantità di denaro costituisce l’oggetto di un’obbligazione del finanziatore
e non l’elemento costitutivo del contratto; che, conclusivamente, non poteva
ravvisarsi la violazione di alcuna norma né di diritto comune né derivante
dalla disciplina speciale prevista dal d. lgs. 58/98 e dal regolamento Consob
n. 11522/98. Disposta la cancellazione dal ruolo
ex art. 1 del d. lgs. 5/03, le parti si scambiavano le memorie di cui
all'art. 6 d. lgs. cit. ed, il Collegio, confermato il decreto emesso in data
2-9-2004 dal Giudice Relatore, dava ingresso alla consulenza tecnica
affidandola al dott. Luca Carra: la causa veniva quindi discussa all’udienza
del 2-9-2004 sulle conclusioni in epigrafe riportate. Motivi
La domanda è infondata e deve essere rigettata. Premesso che lo strumento finanziario denominato 4You è un prodotto
strutturato composto da obbligazioni bancarie zero coupon e da fondi
azionari, va innanzitutto rilevato che non è stata dedotta prova alcuna che
l’attrice sia stata indotta con artifizi o raggiri a stipulare il contratto
oggetto del giudizio essendosi la banca limitata a sottoporle per la sottoscrizione
la scheda negoziale e gli altri documenti allegati e dovendosi altresì
rilevare che non è stato neppure provato che i funzionari dell’istituto di
credito avessero consigliato l’operazione in questione. Va poi aggiunto che nel testo dell'accordo era indicata la durata
del vincolo negoziale, specificato, quanto alla componente azionaria, che non
vi era alcuna garanzia di rendimento per il futuro ed inoltre esplicitato che
il sottoscrittore avrebbe ottenuto un finanziamento a titolo oneroso per l’acquisto
di strumenti finanziari i quali sarebbero stati costituiti in pegno a favore
dell’istituto bancario (si vedano in proposito le parti A, B, C e D della
premessa nonché i successivi articoli 2, 3, 4). Non è risultato invece provato che la convenuta avesse presentato
all'attrice lo strumento in questione come prodotto previdenziale, dovendosi
in proposito osservare, da un lato, che il provvedimento n. 11792 emesso in
data 6-3-2003 dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato -
depositato dalla difesa attorea a sostegno del carattere ingannevole del messaggio
pubblicitario -concerne un depliant diffuso nel 2002 (laddove il contratto è
stato stipulato nel 2001) e, dall'altro, che, come sopra espresso, il
documento sottoscritto dall'attrice non fa alcun riferimento alla previdenza
mentre, pur figurando nello stesso l'espressione piano previdenziale (oggetto
della censura da parte dell'A.G.C.M.), va rilevato che in più punti risulta
indicato che il vincolo contrattuale avrebbe comportato la concessione di un
finanziamento per l'acquisto di strumenti finanziari. Quanto alla mancata menzione della circostanza che la sottoscrizione
del contratto avrebbe determinato la segnalazione della posizione alla
Centrale Rischi presso la Banca d’Italia va detto che siffatta formalità
costituisce una conseguenza direttamente imposta dalla normativa
sull’erogazione del credito e che, nel caso di specie, atteso l’importo del
contratto (pari ad euro 35.079,61) tale formalità (prevista in relazione ad
affidamenti superiori ad euro 77.468,53) non doveva essere effettuata (né in
concreto risulta essere stata espletata). Infine non può ritenersi provato che il cliente avrebbe in ogni caso
subito una perdita patrimoniale atteso che, mentre il prezzo di rimborso
delle obbligazioni alla fine del piano (euro 44.000,00) è superiore a quello
di sottoscrizione, la valorizzazione della componente azionaria dipende
dall’andamento dei mercati e rientra nella comune esperienza che, nel periodo
medio-lungo, il rendimento dei titoli azionari è superiore a quello delle
obbligazioni: peraltro dalla esperita c.t.u. emerge come, ipotizzando
l’assenza di incremento della componente azionaria, il break even point per
il risparmiatore (calcolato tenendo conto anche dell’andamento storico dei
fondi) sarebbe stato raggiunto dopo 4/5 anni (in proposito va sottolineato
che lo strumento finanziario in questione per sua stessa natura è stato predisposto
in una prospettiva di investimento di medio-lungo periodo). Né può andare sottaciuto che il contratto prevedeva comunque la
facoltà di recedere a favore del cliente (v. art. 8) dovendosi evidenziare,
quanto alla formula utilizzata che, pur avendo indubbiamente una struttura
sofisticata, nondimeno essa viene comunemente utilizzata in matematica
finanziaria e non avrebbe potuto essere esplicitata diversamente: va inoltre
aggiunto che la predetta clausola contrattuale non contiene solo una formula
matematica ma anche l’indicazione di tutte le voci prese in considerazione ai
fini del calcolo del corrispettivo per il recesso, la precisa specificazione
dei singoli fattori nonché i criteri impiegati, anche in via sostitutiva, per
la loro determinazione. Nemmeno l’osservazione secondo cui il cliente, alla conclusione del
contratto, riceverebbe una somma di denaro erosa dall’inflazione appare
pertinente atteso che l’importo per l’acquisto dei prodotti viene erogato
dall’istituto e non è tratto dal patrimonio del primo e che, inoltre, il
rimborso del mutuo avviene gradualmente con rate mesili di uguale importo già
predeterminato, sicché anche il rimborso a favore della banca sconta
l’effetto inflattivo. Dalle considerazioni sopra svolte unitamente alla circostanza che
all’attrice erano stati consegnati il documento sui rischi generali degli
investimenti su strumenti finanziari, il prospetto informativo relativo
all’offerta al pubblico di quote di fondi comuni d’investimento mobiliare gestiti
da Ducato Gestioni s.p.a.. ed infine il regolamento del prestito
obbligazionario zero coupon deriva che, nel caso in esame, non è possibile
ravvisare né la truffa contrattuale nè il dolo ex art. 1439 c.c. per difetto
degli elementi sia oggettivi che soggettivi richiesti per l’integrazione di
tali fattispecie, non potendosi ritenere che siano stati posti in essere comportamenti
omissivi o commissivi che abbiano ingenerato nella cliente una
rappresentazione alterata della realtà (cfr. Cass. 3-4-2003 n. 5166; Cass.
11.3.1996 n. 1955). Le valutazioni sopra espresse circa i rapporti di dare ed avere fra
le parti, la circostanza che il finanziamento fosse garantito da una polizza
assicurativa (gratuita) a favore della cliente e la misura dell’interesse
(pari al 6.67% fisso annuo) che essa doveva corrispondere alla banca
impediscono inoltre di ritenere che quest’ultima, dalla pattuizione in
questione, abbia tratto vantaggi usurari, non risultando neppure provato che
l’istituto di credito abbia tenuto un comportamento diretto ad incidere sulla
determinazione della volontà contrattuale della cliente (cfr. Cass. 22-1-1997
n. 628). Quanto alla prospettata violazione delle norme del regolamento
Consob n. 11522/98 va premesso che dagli atti si evince che l’attrice è stata
ed era, al momento della stipula, amministratrice di alcune società di
capitali e che aveva un capitale investito in titoli e fondi azionari nonché
in una polizza united linked (diversi da quelli oggetto del contratto) pari
complessivamente ad euro 41.790,83: tali circostanze se pure non valgono a
farla considerare operatore qualificato ex art. 31 reg. cit. (nel qual caso
non potrebbero trovare applicazione le norme di cui agli artt. 27, 28 e 29
reg. cit.) come sostenuto dalla difesa della convenuta, non emergendo dagli
atti di causa la sussistenza in capo all'attrice di tutti i requisiti di
professionalità ed onorabilità prescritti dal D.M. 11-11-1998 n. 468,
escludono tuttavia che essa possa considerarsi una risparmiatrice del tutto
ignara dei meccanismi dei mercati mobiliari: dalla tipologia degli
investimenti sopra menzionati può per contro dedursi una sua propensione al
rischio definibile come medio-alta. In considerazione di ciò, del tenore sufficientemente chiaro delle
clausole contrattuali, della avvenuta consegna sia del modulo di cui all’art.
28 I co. lett. b reg. cit., sia degli altri allegati al contratto sopra
menzionati, deve escludersi che all’istante non fossero state fornite adeguate
informazioni sull’acquisto dello strumento finanziario denominato 4You. Non può inoltre ritenersi che l’operazione in questione fosse inadeguata in considerazione della media
conoscenza del mercato finanziario rivelato dall’investitrice, del profilo di
rischio dalla medesima evidenziato, della componente mista azionaria ed
obbligazionaria del prodotto acquistato ed avuto altresì riguardo alle
dimensioni dell’investimento anche in rapporto al patrimonio complessivo: si
trattava infatti di un finanziamento di originari euro 35.079,61 da
rimborsare in rate mensili di euro 309,87. Quanto alla pretesa violazione dell’art. 28 reg. cit., occorre
evidenziare che le clausole B) e C) del contratto contenevano l’indicazione
che l’operazione veniva svolta in condizioni di conflitto di interessi sia in
relazione alla componente obbligazionaria sia con riguardo a quella azionaria
essendo specificato che i titoli a reddito fisso erano emessi da società facente
parte del medesimo gruppo bancario così come i fondi Ducato: avendo la
sottoscrittrice del piano rilasciato specifica e separata autorizzazione
scritta ad effettuare comunque l’operazione, non sussiste la denunciata
violazione dell’art. 27 reg. Consob. Quanto poi alla circostanza che
l’esistenza del conflitto non fosse stata graficamente evidenziata (non apparendo
a tal fine sufficiente la circostanza che le indicazioni relative
all’esistenza dello stesso fossero precedute dal trattino - posto all’inizio
di una frase inserita in un più ampio contesto espositivo avente la medesima
evidenza grafica), va detto che si tratta certo di irregolarità, non tale da
comportare però l’invalidità del contratto non potendosi ritenere che tale
omissione abbia avuto rilievo determinante nella decisione di aderire al
piano in questione. In ordine poi al mancato rispetto degli artt. 21 t.u.l.f. e 1175
c.c., va rilevato che si tratta di precetti di carattere generale che trovano
dettagliata specificazione negli artt. 27, 28 e 29 del regolamento Consob n.
11522/98 la cui inosservanza, come sopra precisato, nel caso di specie non
sussiste. Siffatta conclusione vale anche in relazione all'assunto difensivo
secondo cui la banca non avrebbe assicurato all’attrice equo trattamento come
prescritto dall’art. 21 del t.u.l.f. non risultando comunque che,
nell’eseguire l’operazione, la banca (portata a conoscenza la situazione di
conflitto di interessi in cui versva) abbia anteposto un proprio ulteriore
interesse o quello di un altro cliente a danno di quello dell'attrice. Non merita adesione neppure l’assunto secondo cui il finanziamento
non si sarebbe perfezionato per mancata traditio della somma mutuata:
premesso che il prodotto denominato 4You va qualificato come contratto di finanziamento
atteso che esso prevede l’erogazione da parte della banca di somme destinate
unicamente all’acquisto dei titoli obbligazionari e dei fondi azionari, va
infatti condiviso l’orientamento giurisprudenziale secondo cui in tale contratto
(o mutuo di scopo che integra una
fattispecie negoziale consensuale, onerosa, regolata ora dall’art. 47 reg.
Consob cit., diretta ad assolvere
essenzialmente una funzione creditizia), la consegna della somma da
corrispondere rappresenta non un elemento costitutivo del contratto bensì
l’esecuzione dell’obbligazione a carico del finanziatore (in tal senso vedasi
Cass. 19-5-2003 n. 7773; Cass. 21-7-1998 n. 7116; Cass. 27-11-1967 n. 2845)
sicché tale figura negoziale si perfeziona con il mero consenso. In ordine alla domanda, svolta in via di estremo subordine, volta ad
ottenere la riduzione della penale, occorre chiarire che il contratto non
prevedeva una penale (consistente nel corrispettivo per l’inadempimento o il
ritardo nell’adempimento delle obbligazioni: cfr. art. 1382 c.c.) bensì la
facoltà di recesso a favore del risparmiatore (v. art. 8 ove è detto che “il
cliente ha diritto di esercitare, in qualsiasi momento, la facoltà di
estinguere anticipatamente il finanziamento”) la cui funzione è del tutto
diversa dalla prima (cfr. art. 1373 c.c.): poiché la norma di cui all’art.
1384 c.c. ha carattere eccezionale e non può applicarsi al di fuori delle
ipotesi previste (v. App. Cagliari 16-1-1998 in Riv. Giur. Sarda, 1999, 399;
Cass. 30-12-1997n. 13120; App. Roma 30-11-1993 in Rass. Dir. Civ.,1996,193;
Cass. 24-2-1982 n. 1143), l’istanza attorea non può trovare accoglimento. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da
dispositivo, precisandosi che vengono poste definitivamente a carico di parte
attrice quelle di consulenza tecnica. P.Q.M. il Tribunale di Mantova, in composizione collegiale, definitivamente
pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede: rigetta la domanda; condanna l’attrice a rifondere alla convenuta le spese del presente
giudizio liquidandole in complessivi euro 5.950,00 di cui euro 1.700,00 per
spese (compresa la quota provvisoriamente anticipata dalla banca in favore
del c.t.u.), euro 1.500,00 per diritti ed euro 2.750,00 per onorari, oltre al
rimborso forfetario delle spese ex art. 15 T.P., IVA e CPA come per legge. |