Azione di nullità
delle clausole che determinano il tasso di interesse e la capitalizzazione
trimestrale – Prescrizione – Insussistenza. Azione di
ripetizione degli interessi indebitamente versati – Prescrizione decennale –
Decorrenza. Tribunale di Mantova, Sez. II – Giudice
unico Dott. Mauro Bernardi - Sentenza del giorno 21 gennaio 2005. La massima: Massima : L’azione diretta a far
dichiarare la nullità di clausole contrattuali (nella specie concernente
l'anatocismo trimestrale) è imprescrittibile ex art. 1422 c.c. mentre quella
volta ad ottenere la ripetizione di quanto indebitamente versato è
soggetta alla ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.. Il dies a quo della decorrenza del
termine prescrizionale va individuato in quello della chiusura definitiva del
rapporto atteso che il contratto per la disciplina in conto corrente di
operazioni bancarie è un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto
giuridico articolato in una pluralità di atti esecutivi laddove i singoli
addebitamenti o accreditamenti non danno luogo a distinti rapporti ma
determinano solo variazioni quantitative dell’unico originario rapporto
sicché solamente con il saldo finale si stabiliscono definitivamente i
crediti ed i debiti fra le parti. Il pagamento degli interessi con
capitalizzazione trimestrale non costituisce adempimento di obbligazione
naturale: difetta infatti la spontaneità richiesta dall’art. 2034 c.c.
essendo notorio che la capitalizzazione trimestrale degli interessi veniva
imposta a tutti i clienti dall’intero sistema bancario in conformità delle
direttive impartite dall’associazione di categoria e senza possibilità di una
negoziazione individuale. il testo integrale: Svolgimento del
processo
Con atto di
citazione notificato in data 1-2-2002 l’istante assumeva 1) di avere aperto
nel 1984 (in realtà in data 1-7-1983), presso la banca convenuta, il
conto di corrispondenza n. 48779/3; 2) che gli estratti di tale conto
evidenziavano a) l’applicazione alle partite debitorie di interessi superiori
alla misura legale in difetto di valida pattuizione; b) la capitalizzazione
trimestrale di siffatti interessi; c) l’applicazione di valute ritardate
rispetto alle date contabili dei versamenti e anticipate rispetto a quelle
dei prelevamenti; d) il riconoscimento rispetto alle partite creditorie di
tassi inferiori alla misura legale; 3) che il conto era stato estinto nel
marzo del 1999. L’attore
diffusamente argomentando che gli interessi convenzionali ed anatocistici
addebitati dall’istituto di credito nel corso del rapporto così come gli
oneri conseguenti alla applicazione delle valute, secondo il criterio sopra
descritto, non erano dovuti ed evidenziando inoltre che non erano maturate né
la decadenza dalla possibilità di contestare le risultanze del conto né la
prescrizione, agiva in giudizio onde ottenere sia la restituzione
dell’indebito sia il pagamento degli interessi legali sulle partite
creditorie. La banca convenuta
si costituiva chiedendo il rigetto della domanda affermando 1) che nella
scheda negoziale del 1-7-1983 erano specificatamente indicate tutte le
condizioni applicabili al contratto segnalando in particolare che l’art. 7
delle norme che regolano i conti di corrispondenza stabiliva che gli
interessi si intendono “determinati alle condizioni praticate usualmente
dalle aziende di credito sulla piazza” venendo in tal modo assolto per
relationem il precetto di cui all’art. 1284 c.c.; 2) che, comunque, il
pagamento spontaneo di interessi ultralegali (nel caso di specie avvenuto per
circa un ventennio) non dà luogo a ripetizione come più volte riconosciuto
dalla giurisprudenza di legittimità; 3) che la domanda concernente le valute
era generica al punto da risultare affetta da nullità ex art. 164 IV co.
c.p.c. e che, comunque, tale aspetto trovava disciplina nel disposto di cui
all’art. 7 delle norme sui conti di corrispondenza ed aveva costituito
oggetto di accordi nel corso del tempo con il correntista istante (peraltro
imprenditore commerciale e quindi conoscitore delle regole del sistema
bancario il quale, benchè avesse ricevuto regolarmente gli estratti conto,
mai aveva sollevato contestazioni sul punto) e pubblicizzati dopo l’entrata
in vigore delle leggi 154792 e 385/93; 4) che l’applicazione dell’anatocismo
trovava fondamento negli usi formatisi prima dell’entrata in vigore del
codice civile, nel costante riconoscimento degli stessi da parte della
giurisprudenza di legittimità e di merito, nelle disposizioni di cui agli
artt. 1825 e 1831 c.c. analogicamente applicabili e comunque in altre norme
(quali ad esempio gli artt. 8 della legge 154/92 e 25 del d.lgs. 482/99) che
comporterebbero il riconoscimento da parte del legislatore della legittimità
dell’anatocismo trimestrale; 5) che il correntista era comunque incorso nella
decadenza dal diritto di contestare le risultanze del conto ex art. 8 delle
norme sui conti di corrispondenza; 6) che, in via subordinata, era maturata
la prescrizione decennale ex art. 2946 c.c. iniziando essa a decorrere dal
momento giorno in cui erano stati registrati i pretesi illegittimi addebiti. Esperita consulenza
tecnica, affidata al dott. Davide Sanguanini, la causa veniva dichiarata
interrotta a seguito della fusione per incorporazione della Banca Agricola
Mantovana s.p.a. nella Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.. Riassunto il
giudizio, mentre il Monte dei Paschi di Siena rimaneva contumace interveniva
volontariamente in giudizio la Banca Agricola Mantovana s.p.a. (già
denominata Nuova Banca Agricola Mantovana s.p.a.), conferitaria del ramo
d’azienda relativo all’esercizio dell’attività bancaria appartenuto
all’incorporata Banca Agricola Mantovana s.p.a., la quale faceva proprie
tutte le istanze e le difese formulate dall’originaria convenuta: contestata
da parte della difesa attorea la legittimità dell’intervento, alla stregua
della considerazione secondo cui la cessione d’azienda era intervenuta nel
marzo 2003 laddove essa non avrebbe potuto riguardare rapporti già
completamente esauriti come nella fattispecie in esame, la causa veniva
trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate. Motivi
La domanda è fondata
e va accolta nei limiti che seguono. Preliminarmente va
peraltro chiarito quale sia l’istituto di credito nei cui confronti deve
essere pronunciata la condanna al pagamento in conseguenza del verificarsi
della vicenda successoria sopra delineata. Premesso che,
avvenuta la fusione per incorporazione della B.A.M. s.p.a. in Monte dei
Paschi di Siena s.p.a. (v. atto n. 19951 rep. e n. 7123 racc. notaio dott.
Mario Zanchi del 25-3-2003) quest’ultima ha poi ceduto un ramo della propria
azienda alla Nuova B.A.M. s.p.a. che contestualmente ha preso il nome di
B.A.M. s.p.a., nella prima operazione va ravvisata una successione a titolo
universale ex art. 110 c.p.c. (stante l’estinzione
dell’ente originario: cfr. Cass. 16-1-2004 n. 554; Cass. 11-4-2003 n. 5716;
Cass. 28-6-2002 n. 9504; Cass. 2-4-2002 n. 4679) mentre, nella seconda, si è
verificata una successione a titolo particolare ex art. 111 c.p.c.. Il
processo è quindi
legittimamente proseguito nei confronti dell’incorporante e tuttavia, dopo la
riassunzione mentre essa è rimasta contumace (v. art. 303/4 c.p.c.), la
(nuova) B.A.M. s.p.a. è volontariamente intervenuta nel processo ex art.
111/3 c.p.c., quale cessionaria di un ramo d’azienda, facendo proprie le
difese originariamente svolte dalla B.A.M. poi estintasi per incorporazione:
dalla contumacia della parte non costituita in tale fase non può peraltro
inferirsi che le domande o le difese a suo tempo proposte debbano ritenersi
rinunciate o abbandonate in quanto esse attengono ad un giudizio che prosegue
e conserva tutti gli effetti processuali e sostanziali dell’originario
rapporto (in tal senso vedasi Cass. 30-7-1996 n. 6867; Cass. 4-2-1967 n. 329;
Cass. 4-4-1962 n. 704). Con l’atto di
intervento la (nuova) B.A.M. s.p.a. ha prodotto copia dell’estratto dell’atto
notarile (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale) in cui si dà atto essere
avvenuta la cessione del ramo d’azienda (autorizzata dalla Banca d’Italia)
fra le due banche avente ad oggetto fra l’altro “diritti, rapporti
contrattuali, crediti e debiti, azioni e ragioni, cause relative a giudizi
attivi e passivi (azioni giudiziali ed azioni revocatorie ed altre passività)
inerenti e correlati all’esercizio delle attività proprie del ramo aziendale
conferito” sicché deve ritenersi che il rapporto oggetto della presente
controversia sia stato trasferito a titolo particolare alla (nuova) B.A.M.,
successione avvenuta in conformità delle disposizioni contenute nell’art. 58
del d. lgs. 385/93 che consente, alle condizioni indicate dalla Banca
d’Italia, la cessione di rami d’azienda, di beni e rapporti giuridici
individuali in blocco. Ciò premesso va peraltro
osservato che, alla stregua dei commi I e III dell’art. 111 c.p.c., il
processo prosegue fra le parti originarie (e cioè l’attore e la Banca Monte
dei Paschi) salva la facoltà da parte del successore a titolo particolare di
intervenire volontariamente come accaduto nella fattispecie in esame: ne
deriva che la condanna va pronunciata nei confronti del Monte dei Paschi di
Siena (non estromesso dal giudizio) mentre la sentenza spiega i suoi effetti
anche contro la (nuova) B.A.M. ai sensi dell’art. 111 IV co. c.p.c.. Nel merito occorre
in primo luogo rilevare che la difesa della convenuta di credito ha sostenuto
l’infondatezza della domanda non avendo l’attore mai contestato le risultanze
degli estratti conto inviatigli sicché sarebbe decorso il termine semestrale
previsto a pena di decadenza dall’art. 8 delle norme sui conti correnti di
corrispondenza, clausola che ricalca il contenuto dell’art. 1832 c.c.. Tale assunto non
merita condivisione atteso che il correntista può contestare la validità e
l’efficacia dei rapporti
obbligatori da cui scaturiscono le partite inserite nel conto anche in
assenza di impugnazione dello stesso nel termine semestrale previsto in
quanto la decadenza concerne la contestazione di addebitamenti e di
accreditamenti unicamente sotto il profilo contabile (v. in tal senso Cass.
5-12-2003 n. 18626; Cass. 26-7-2001 n. 10186; Cass. 25-7-2001 n. 10129; Cass.
11-5-2001 n. 6548; Cass. 14-5-1998 n. 4846, Cass. 11-9-1997 n. 8989; Cass.
11-3-1996 n. 1978). Per quanto concerne
la clausola di rinvio agli usi su piazza e premesso che l’art. 4 della legge
154/92 ha introdotto il divieto di rinvio agli usi per la determinazione del
saggio di interesse, occorre affrontare il problema della validità di tale
tipo di clausole apposte a contratti stipulati anteriormente all’entrata in
vigore della legge 154/92, atteso che il contratto di conto corrente oggetto
del presente giudizio è stato concluso il 1-7-1983 e che, in virtù del
principio di irretroattività della legge, le condizioni di validità e di efficacia
del contratto debbono essere valutate con riferimento alle norme vigenti al
momento della sua conclusione. In proposito va
osservato che la giurisprudenza si è da tempo orientata nel senso di ritenere
che tali clausole sono nulle per contrasto con la previsione di cui all’art.
1346 c.c. poiché, riferendosi genericamente agli interessi usualmente
praticati su piazza, non distinguono fra le varie categorie di essi e dunque
non consentono di stabilire a quale previsione le parti abbiano in concreto
inteso riferirsi (Cass. 1-2-2002 n. 1287; Cass. 18-4-2001 n. 5675; Cass.
19-7-2000 n. 9465; Cass. 8-5-1998 n. 4696; Cass. 23-6-1998 n. 6247; Cass.
9-12-1997 n. 12456; Cass. 10-11-1997 n.
11042; Cass. 29-11-1996 n. 10657). In ogni caso le clausole
del tipo in esame stipulate anteriormente all’entrata in vigore della legge
154/92 sono divenute inoperanti a partire dal
9/7/92, data di acquisto dell’efficacia della legge stessa, atteso che
l’art. 4 della citata legge, poi trasfuso nell’art. 117 del d.lgs. 385/93,
laddove sancisce la nullità delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse, se non
incide, in base ai principi regolanti la successione delle leggi nel tempo,
sulla validità delle clausole contrattuali inserite in contratti già
conclusi, impedisce tuttavia che esse possano produrre per l’avvenire
ulteriori effetti nei rapporti ancora in corso poiché l’innovazione normativa
“impinge sulle stesse caratteristiche del sinallagma contrattuale, generatore
di conseguenze obbligatorie protraentesi nel tempo” (cfr. Cass. S.U. 4-11-2004 n. 21095; Cass. 18-9-2003 n.
13739; Cass. 20-8-2003 n. 12222; Cass. 28-3-2002 n. 4490; Cass. 2-5-2002 n.
6258). Da ciò deriva che al
contratto privato della clausola nulla si applicano gli interessi in misura
legale e dunque: a) quella calcolata ex art. 1284 c.c. fino all’entrata in
vigore della L. n. 154/92 (e quindi fino al 8-7-1992); b) quella calcolata ex
art. 5 L. n. 154/92 (e poi ex art. 117 L. n. 385/93) dopo l’entrata in
vigore di tale legge (nel caso di specie le norme applicabili ratione
temporis sono gli artt. 4 e 5 della legge 154/92 in considerazione della
protrazione della loro efficacia operata dall’art. 165 del d. lgs. 385/93
atteso che la delibera del CICR, cui la disposizione fa riferimento, è stata
adottata solamente il 4/3/03, con efficacia dall’1/10/03 e, pertanto, solo da
quest’ultima data è entrato in vigore l’art. 117 t.u.l.b.); da quel momento
infatti la misura legale degli interessi, per i contratti bancari, deve
ritenersi quella prevista dalle citate norme stante la specialità di tali
disposizioni rispetto alla disciplina generale contenuta nell’art. 1284 c.c..
In conseguenza della
ritenuta nullità della clausola contrattuale determinativa del tasso degli interessi
trova applicazione il criterio sostitutivo previsto dall’art. 5 l. 154/92
(sostituito poi dall’art. 117 VII co. lett. a del t.u.l.b. avente identico
contenuto) e, quindi, il tasso nominale minimo dei B.O.T. annuali
emessi nei dodici mesi precedenti ogni chiusura trimestrale del conto
trattandosi di operazione attiva (tale dovendosi qualificare quella di
erogazione del credito secondo l’elencazione contenuta nell’allegato
richiamato dall’art. 2 della l. 154/92 operante in virtù della disposizione di
cui all’art. 161 co. II t.u.l.b.). Va precisato che
l’adeguamento del tasso ad ogni chiusura trimestrale del conto (in tal senso
vedasi Trib. Roma 27-1-2003 in Giur. Merito, 2003,I,898; Trib. Monza 4-2-1999
in Foro It. 1999,I,1340) si giustifica alla stregua della considerazione
secondo cui la previsione contenuta nell’art. 5 l. 154/92 e poi nell’art. 117
t.u.l.b. si riferisce ad un contratto contemplante un’unica operazione e non
invece a quello che dà luogo (come nell’ipotesi del conto corrente) ad un rapporto
di durata caratterizzato da molteplici operazioni poste in essere nella
continua variazione dei tassi di interesse a causa delle mutevoli condizioni
del mercato (tanto che la facoltà di variazione dei tassi è prevista in via
generalizzata e con modalità semplificate dagli art. 6 l. 154/92 e 117 co. V
t.u.l.b.), dovendosi inoltre tenere conto del fatto che la finalità
sanzionatoria (per la banca) che sta alla base delle predette disposizioni,
verrebbe ad essere frustrata in caso di difformità per eccesso fra il tasso
calcolato in relazione al rendimento dei B.O.T. emessi nell’anno antecedente
alla stipula del contratto e quello in concreto applicato dall’istituto di
credito durante il corso del rapporto (eventualità che si risolve in certezza
ove si consideri la progressiva caduta, nel corso degli ultimi anni, dei
tassi di interesse, fenomeno che ha indotto il legislatore a intervenire in
materia di mutui bancari come si desume dal preambolo al d.l. 29-12-2000 n.
394): d’altro canto la finalità perseguita dal legislatore con gli artt. 5 L.
n. 154/92 e l’art. 117 t.u.l.b. è stata proprio quella di ancorare il
tasso sostituivo degli interessi ad un altro
in qualche modo legato all’andamento del mercato dei tassi. Il riferimento
temporale al trimestre trova poi la propria ragione nella previsione
contrattuale di tale termine (v. art. 7) per la chiusura periodica del conto
e la determinazione del saldo. In ordine alla
questione della capitalizzazione degli interessi merita condivisione
l’orientamento da tempo espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo
cui la clausola di un contratto bancario che preveda la capitalizzazione
trimestrale degli interessi dovuti dal cliente è invalida in quanto basata su
di un uso negoziale - e non su un uso normativo (difettando il requisito
soggettivo dell’opinio iuris che non può formarsi in capo ad una sola parte
dei consociati e cioè dei banchieri) come invece esige l’art. 1283 c.c. -
nullo in quanto anteriore alla scadenza degli interessi (cfr. Cass. S.U. 4-11-2004
n. 21095; Cass. 18-9-2003 n. 13739; Cass. 20-8-2003 n. 12222; Cass. 20-2-2003
n. 2593; Cass. 13-6-2002 n. 8442; Cass. 28-3-2002 n. 4498; Cass. 28-3-2002 n.
4490; Cass. 1-2-2002 n. 1281; Cass. 4-5-2001 n. 6263; Cass. 11-11-1999 n.
12507; Cass. 30-3-1999 n. 3096; Cass. 16-3-1999 n. 2374), indirizzo già da
tempo seguito da questo Tribunale. Affermata la nullità
della clausola regolante la capitalizzazione trimestrale ne deriva che non vi
è possibilità di inserzione automatica di clausole prevedenti capitalizzazioni
di diversa periodicità in quanto l’anatocismo è permesso dalla legge ma
soltanto a determinate condizioni e, in mancanza di valida pattuizione fra le
parti, esso rimane non pattuito fra le medesime (in tali termini vedasi App.
Milano 4-4-2003 n. 1142; App. Torino 21-1-2002 n. 64 in www.adusbef.it; Trib.
Brindisi 13-5-2002 in Foro It.,2002,I,1887; cfr. anche Cass. S.U. 17-7-2001
n. 9653 in motivazione): in proposito va specificato che non può farsi
applicazione né dell’art. 1284 c.c. che prevede l’anno solo come elemento per
la determinazione della misura del saggio degli interessi legali e, dunque,
per tutt’altra finalità, senza incidere sulla capitalizzazione degli
interessi né dell’art. 1831 c.c. in quanto non richiamato dall’art. 1857 c.c.
laddove il mancato richiamo costituisce una consapevole scelta del
legislatore effettuata in considerazione della diversa struttura del
contratto di conto corrente ordinario rispetto a quella delle
operazioni bancarie in conto corrente. In ordine alla
sollevata eccezione di prescrizione va rilevato che l’azione diretta a far
dichiarare la nullità di clausole contrattuali è imprescrittibile ex art.
1422 c.c. mentre quella volta ad ottenere la ripetizione di quanto
indebitamente versato è soggetta alla ordinaria prescrizione decennale di cui
all’art. 2946 c.c.. Quanto al dies a quo
della decorrenza del termine prescrizionale deve poi ritenersi che lo stesso
vada individuato in quello della chiusura definitiva del rapporto atteso che
il contratto per la disciplina in conto corrente di operazioni bancarie è un
contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico articolato in
una pluralità di atti esecutivi sicché i singoli addebitamenti o
accreditamenti non danno luogo a distinti rapporti ma determinano solo
variazioni quantitative dell’unico originario rapporto sicché solamente con
il saldo finale si stabiliscono definitivamente i crediti ed i debiti
fra le parti (in tal senso vedasi App. Lecce 22-10-2001 in Foro
It.,2002,I,555; Cass. 9-4-1984 n. 2262; per l’affermazione di tale principio
in tema di garanzia prestata per il rapporto di conto corrente vedasi Cass.
23-3-2004 n. 5720; Cass. 11-5-1999 n. 4659; Cass. 14-4-1998 n. 3783; Cass.
19-6-1997 n. 5481; Cass. 18-4-1996 n. 3662). Neppure può
condividersi l’assunto secondo cui il pagamento degli interessi con
capitalizzazione trimestrale costituirebbe adempimento di obbligazione
naturale e come tale non ripetibile: difetta infatti la spontaneità
richiesta dall’art. 2034 c.c. essendo notorio che la capitalizzazione
trimestrale degli interessi veniva imposta a tutti i clienti dall’intero
sistema bancario in conformità delle direttive impartite dall’associazione di
categoria e senza possibilità di una negoziazione individuale (in tal senso
vedasi Trib. Cassino 29-10-2004 in www.altalex.com). In ordine alla
decorrenza delle valute, l’attore lamenta la loro difformità dalla date delle
singole operazioni di accredito sul conto corrente: siffatta domanda deve
essere respinta non essendo state precisate a quali specifiche operazioni la
dedotta censura sarebbe da riferire, rilevandosi peraltro che le uniche norme
che impongono un preciso criterio per la decorrenza delle valute sono quelle
contenute negli artt. 7 l. 154/92 e 120 d. lgs. 385/93 laddove dalla prospettazione
attorea non è dato desumere se le dedotte violazioni siano riconducibili alle
predette disposizioni, né è possibile dare ingresso alla c.t.u. invocata sul
punto dalla difesa attorea in quanto la stessa assumerebbe carattere
esplorativo. Non merita infine
accoglimento la domanda volta ad ottenere il pagamento, sulle poste
creditorie (a favore del cliente) del conto, degli interessi legali posto che
la circostanza che il rapporto sia durato un ventennio senza che mai fossero
state sollevate contestazioni fa ragionevolmente presumere che le parti
avessero concordato il tasso nella misura risultante dagli estratti conto ed
essendo esso inferiore a quello legale, non era necessaria una pattuizione
scritta: in proposito va inoltre notato che l’art. 1857 c.c. non richiama il
disposto di cui all’art. 1825 c.c.. Alla luce delle
conclusioni sopra raggiunte i conteggi compiuti dal C.T.U. appaiono
correttamente effettuati dovendosi evidenziare che, a fronte del rifiuto da
parte della banca di mettere a disposizione la documentazione contabile
relativa al periodo 1984/1987, il dott. Sanguanini, con corretto metodo
matematico sulla base dei dati disponibili, ha potuto determinare il tasso
effettivamente applicato dalla banca provvedendo alla sua sostituzione con quello
indicatogli nel quesito peritale (v. pg. 5 della relazione nonché verbale di
operazioni peritali del 22-9-2003, criterio peraltro non attinto da censura
alcuna da parte della convenuta), rilevandosi inoltre che i rilievi critici
circa il computo complessivo formulati dalla difesa dell’istituto di credito
(che non ha redatto un proprio diverso conteggio) non sono suffragati da
elementi oggettivi di riscontro cosicché l’elaborato peritale può essere
assunto a fondamento della decisione. Sulla somma di euro
35.175,78 calcolata dal consulente, vanno riconosciuti gli interessi legali
dalla domanda atteso che, solo a far data dal 1999, è mutato l’orientamento
della giurisprudenza di legittimità sull’anatocismo nei rapporti bancari e,
pertanto, deve escludersi la mala fede dell’istituto di credito. Le spese seguono la soccombenza
e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. il Tribunale di
Mantova, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni
altra domanda ed eccezione reietta, così provvede: condanna la Banca
del Monte dei Paschi di Siena a pagare a S. F. la somma di euro 35.175,78
oltre agli interessi al tasso legale dal 1-2-2002 sino al saldo definitivo; condanna la predetta
banca a rifondere all'attore le spese di lite liquidandole in complessivi
euro 11.335,19 di cui € 2.835,19 per spese (comprese quelle di c.t.u.), €
3.000,00 per diritti ed € 5.500,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario
delle spese ex art. 15 T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge; dichiara che la
presente sentenza è efficace, ex art. 111 IV co. c.p.c., anche nei confronti
della terza intervenuta Banca Agricola Mantovana s.p.a.. |
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