Divulgazione
a mezzo stampa di dati personali - Carattere non essenziale delle notizie diffuse
- Violazione della legge 675/96 -
Sussistenza. Tribunale
di Mantova, Sez. II – Giudice unico Dott. Mauro Bernardi - Sentenza del giorno 13 maggio
2004. La
massima: La
diffusione di dati personali nell’esercizio di attività giornalistica costituisce
trattamento ai sensi della l. 675/96 ed è subordinata al consenso da parte
dell’interessato. Il consenso non è però necessario quando il trattamento è
effettuato nell’esercizio della suddetta professione e per l’esclusivo
perseguimento delle relative finalità, nel rispetto del codice di deontologia
di cui all’art. 25, norma che ribadisce la non necessità del consenso purché
il trattamento dei dati sia contenuto nei limiti del diritto di cronaca ed in
particolare dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse
pubblico. Nel
caso di specie, si è ritenuto che la divulgazione a mezzo stampa delle
generalità del soggetto rapinato, della sua età e della città di residenza,
avuto riguardo al tipo di attività esercitata (agente di commercio di
preziosi), pure effettuata nell’ambito dell’esercizio del diritto di cronaca,
abbia ecceduto i limiti di quest’ultimo nel senso che la diffusione dei dati
in questione (obiettivamente idonea a mettere in pericolo l’incolumità
dell’attore) non era giustificata da alcuna finalità informativa essenziale il
testo integrale: Svolgimento
del processo Con
atto di citazione notificato in data 12-3-2002 l’istante assumeva a) di
svolgere l’attività di agente di preziosi e che, a causa dei valori che era
costretto a portare con sé per mostrare ai clienti, doveva muoversi con
estrema riservatezza; b) che il 15-4-1999 era stato rapinato e che, il giorno
successivo, sul giornale “AAA” veniva pubblicato un articolo che oltre a
menzionare quanto accaduto, rendeva noti nome, cognome, età, luogo di
provenienza e valore dei preziosi trasportati; c) che, il giorno prima il
medesimo giornale, nel dare conto della notizia, aveva omesso di pubblicare i
suoi dati personali con la motivazione che la Polizia non li aveva divulgati per
motivi di sicurezza; d) che la pubblicazione di quei dati costituiva una
grave violazione del diritto alla riservatezza ed al trattamento dei dati
personali ai sensi della legge 675/96 ed esponeva esso attore a pericolo per
la propria incolumità tanto che egli aveva abbandonato l’attività di agente;
e) che la divulgazione della notizia con le riportate modalità non poteva
farsi rientrare nel diritto di cronaca sicché non avrebbe operato la scriminante
di cui all’art. 25 l. 675/96; f) che altro giornale locale aveva parimenti
pubblicato tutti i suoi dati personali in occasione del medesimo evento e che
il direttore responsabile e la società editrice erano stati condannati al
risarcimento dei danni; g) che, falliti i tentativi per una definizione
bonaria, aveva adito le vie legali onde ottenere il risarcimento di tutti i
danni patiti convenendo in giudizio sia la società editrice che il direttore
del giornale. Mentre
Bianchi A. rimaneva contumace, la società editrice del quotidiano si
costituiva assumendo a) che la diffusione dei dati personali del Verdi era
avvenuta nell’esercizio del diritto di cronaca sicché avrebbe operato la
scriminante di cui all’art. 25 l. 675/96; b) che il Verdi, essendo stato
ristorato del danno dall’editrice della BBB
per la medesima vicenda e non potendo ottenere una duplicazione del
risarcimento, difetterebbe della legittimazione attiva; c) che l’attore non
aveva fornito alcun elemento per dimostrare il nesso di causalità fra la pubblicazione e la cessazione
dell’attività di rappresentante e, quindi, il danno subito tanto più che la
divulgazione della notizia non poteva imputarsi al quotidiano AAA che il 16-4-1999 aveva venduto solo
2.050 copie a fronte della ben altra diffusione raggiunta dalla BBB. Esperita
l'istruttoria orale la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni
delle parti in epigrafe riportate. Motivi La
domanda è fondata e merita accoglimento. In
primo luogo va peraltro precisato che l’attore in sede di precisazione delle
conclusioni ha espressamente limitato le proprie richieste risarcitorie nei
confronti della sola Editoriale Alfa s.r.l. ribadendo tale scelta processuale
anche in comparsa conclusionale: la domanda nei confronti di Bianchi A. deve quindi intendersi validamente
rinunciata essendo quest’ultimo rimasto contumace. In
ordine al fatto va rilevato che, in data 16-4-1999, il quotidiano AAA aveva
dedicato l’intera pagina di cronaca cittadina al tema delle rapine in città e
provincia e che, in un breve trafiletto, nel riprendere la notizia della
vicenda veniva riportata la seguente frase:”Quel che è certo è che il bottino
è stato ingente: la ditta di Reggio Emilia per la quale il rappresentante, A.
Verdi, 42 anni, di X, lavorava ha denunciato un danno di 300 milioni ma è
chiaro che, una volta venduti, avrebbero fruttato ben di più”. In
proposito va rilevato che, ai fini della legge 675/96, costituisce
“trattamento” qualunque operazione o complesso di operazioni concernente, fra
l’altro, la diffusione di dati, laddove per “dato personale” si intende
qualunque informazione relativa a persona fisica identificata o identificabile,
anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione
mentre nella “diffusione” rientra il dare conoscenza dei dati personali a
soggetti indeterminati in qualunque forma (cfr. art. 1 l. cit.) sicché anche
la diffusione di dati personali nell’esercizio di attività giornalistica
costituisce trattamento ai sensi della l. 675/96 (in tal senso vedasi Cass.
30-6-2001 n. 8889). Va
poi aggiunto che tale normativa dispone che i dati personali debbano essere
trattati in modo lecito e secondo correttezza subordinatamente alla espressione del consenso da parte
dell’interessato che non è però richiesto quando il trattamento è effettuato
nell’esercizio della professione di giornalista e per l’esclusivo
perseguimento delle relative finalità, nel rispetto del codice di deontologia
di cui all’art. 25 (v. artt. 9 e 11 l. cit.), norma questa che ribadisce la
non necessità del consenso purché il trattamento dei dati effettuato nell’esercizio
della professione di giornalista sia contenuto nei limiti del diritto di
cronaca ed in particolare dell’essenzialità dell’informazione riguardo a
fatti di interesse pubblico (vedasi altresì l’art. 6 del codice di
deontologia nell’esercizio dell’attività giornalistica - di cui al provvedimento
del Garante del 29-7-1998 in G.U. 3-8-1998 n. 179 - secondo cui la
divulgazione di notizie dettagliate è consentita quando l’informazione sia
indispensabile in ragione dell’originalità del fatto e della relativa
descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione
dei protagonisti). Nella
fattispecie in esame deve ritenersi che la divulgazione a mezzo stampa delle
generalità del soggetto rapinato, della sua età e della città di residenza,
avuto riguardo al tipo di attività esercitata (agente di commercio di
preziosi), pure effettuata nell’ambito dell’esercizio del diritto di cronaca,
abbia ecceduto i limiti di quest’ultimo nel senso che la diffusione dei dati
in questione (obiettivamente idonea a mettere in pericolo l’incolumità
dell’attore) non era giustificata da alcuna finalità informativa essenziale
(cfr. Trib. Roma, 10-1-2003 in Diritto dell’Informazione e Informatica,
2003,532; Trib. Milano 13-4-2000 in Foro It., 2000,I,3004) posto che la
notizia ben poteva essere data, soddisfacendo così l’interesse generale alla
conoscenza del fatto di indubbio rilievo sociale, senza l’aggiunta di quei
particolari atti a consentire la possibilità di individuare il rapinato,
dovendo far posto il diritto di cronaca all’interesse alla riservatezza
ampiamente giustificato dalle ragioni evidenziate (sul bilanciamento fra
diritto di cronaca e diritto alla riservatezza v. Cass. 9-6-1998 n. 5658). La
gravità di tale comportamento inoltre tanto più si apprezza ove si consideri
che la medesima testata, il giorno precedente, aveva evidenziato che gli
organi inquirenti, per ragioni di sicurezza, non avevano divulgato il
nominativo della vittima della rapina. Né
vale a giustificare la pubblicazione dei dati personali la circostanza che
essi fossero già stati diffusi da altro quotidiano: a prescindere dal fatto
che tale asserzione non trova riscontro negli atti dimessi in giudizio, va
osservato che l’illecito commesso da altri non fa venire meno
l’antigiuridicità del proprio comportamento. Parimenti
destituito di fondamento è l’assunto secondo cui l’attore difetterebbe di
legittimazione attiva essendo stato già risarcito da altro editore
proprietario di quotidiano che avrebbe pubblicato le medesime notizie. In
proposito va osservato che l’illegittima pubblicazione dei dati personali è
avvenuta in momenti ed in giornali diversi e destinati a raggiungere una
distinta cerchia di lettori (in tal modo amplificandosi l’effetto dannoso)
sicchè, stante l’autonomia di ciascun fatto, anche la convenuta deve
rispondere dell’illecito commesso, salvo tener conto in sede di liquidazione
del danno anche di tale elemento. Alla
stregua del disposto di cui all’art. 29 l. 675/96 all’attore va e
riconosciuto il danno non patrimoniale che viene determinato in via
equitativa, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto (modalità del
fatto, grado di consapevolezza dell’illecito, diffusione del giornale, avvenuta
corresponsione di una somma in relazione alla diffusione della medesima
notizia da parte di altro quotidiano, nocumento arrecato), nella somma di
euro 8.500,00 , rivalutazione monetaria ed interessi legali compresi alla
data della sentenza. Per
quanto attiene al danno patrimoniale va osservato che, pur non potendosi
escludere che le dimissioni volontarie dal lavoro (intervenute in data
31-3-2000: vedasi dichiarazioni del teste Sempronio) siano state determinate
dalla divulgazione della notizia per cui è causa (in tal senso possono
positivamente valutarsi le dichiarazioni rese al riguardo dal datore di
lavoro dell’attore mentre l’intervallo temporale trascorso fra tali due
eventi trova ragionevole spiegazione nel decorso del tempo necessario sia per
il maturare di una tale decisione sia per trovare una nuova occupazione), va
tuttavia rilevato che l’istante non ha provato di avere subito alcuna
riduzione del reddito, essendosi egli limitato a produrre una busta paga
consegnata dalla società presso cui lavorava. In
ordine poi al danno biologico va detto che i vari certificati medici prodotti
(fra cui un ricovero presso il pronto soccorso) attestanti l’esistenza di uno
stato ansioso e di un esaurimento psico-fisico, le dichiarazioni rilasciate
nel corso dell’istruttoria dal medico curante, la prescrizione di farmaci
ansiolitici, la vicinanza temporale di siffatte attestazioni e la
compatibilità di tali condizioni con l’evento per cui è causa, fanno ritenere
che lo stress psichico subito dall’attore sia stato determinato, almeno in
parte, anche dalla illegittima divulgazione dei suoi dati personali in
considerazione delle costanti preoccupazioni per la prosecuzione
dell’attività lavorativa in questione e per la prospettiva di abbandonarla:
tale danno, di cui la convenuta deve rispondere ex art. 18 l. 675/96, viene
liquidato in via del tutto equitativa nella somma (comprensiva di interessi e
rivalutazione) di euro 500,00 e, pertanto, il risarcimento viene liquidato
nell’importo totale di euro 9.000,00 cui debbono aggiungersi gli interessi
legali alla data della decisione sino al saldo definitivo. Le
spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. il
Tribunale di Mantova, in composizione monocratica, definitivamente
pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così provvede: dichiara
rinunciata la domanda proposta dall’attore nei confronti di Bianchi A.; condanna
la società Editoriale Alfa s.r.l. a pagare all’attore, a titolo di
risarcimento dei danni patiti, la somma di euro 9.000,00 oltre agli interessi
legali dalla data della sentenza sino al saldo definitivo; condanna
la convenuta a rifondere all'attore le spese di lite liquidandole in
complessivi euro 2.818,38 di cui € 211,64 per spese, € 996,74 per diritti ed
€ 1.610,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese ex art. 15
T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge. |