Negoziazione di obbligazioni argentine – Dovere
dell’intermediario di fornire informazioni e di valutare l’adeguatezza
dell’informazione – Sussistenza. Rischiosità dello strumento – Condizioni di
mercato ed indici di rating – Propensione al rischio, età, professione degli
investitori – Rilevanza. Tribunale di Mantova, Sez. II –
Giudice Unico Dott. Mauro Bernardi - Sentenza del giorno 12 novembre
2004. La massima: L’intermediario in strumenti
finanziari non è esonerato dall’obbligo di valutare l’adeguatezza
dell’operazione ex art. 29 reg. Consob 11522/98 anche ove i clienti abbiano
rifiutato di fornire le informazioni di cui all’art. 28 I co. lett a) di tale
normativa dovendo in tal caso tenere conto di tutte le informazioni comunque
in suo possesso, tanto desumendosi sia dai principi generali in tema di
correttezza, diligenza e trasparenza dei comportamenti negoziali imposti
dalla normativa generale e speciale (cfr. artt. 1175 e 1176 II co. c.c., 21
d. lgs. 58/98) sia dal tenore dell’art. 29 del citato regolamento. Deve ritenersi non adeguata l’operazione
di acquisto di obbligazioni argentine in considerazione della sua dimensione
(comportando l’impiego di oltre la metà del patrimonio mobiliare dei
clienti), della natura altamente rischiosa dei titoli prescelti, delle
condizioni di mercato di quei titoli (il cui rating era oggetto di
progressivo declassamento da parte delle maggiori agenzie internazionali),
della circostanza che i clienti erano investitori non professionali (entrambi
pensionati), dell’età degli stessi (ultrasettantenni come emerge dai
contratti, dovendo tale dato fare ragionevolmente presumere la preferenza per
una gestione conservativa del patrimonio), nonché della propensione al
rischio in precedenza manifestata (gli istanti avevano in passato investito i propri risparmi in obbligazioni della
banca convenuta).
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI MANTOVA - SEZIONE SECONDA - nella persona del
Giudice Unico Dott. Mauro BERNARDI ha
pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta
al N. 3693/2002 R.G. promossa da: CAMPAGNOLI EZIO e CASTALDINI BRUNA
entrambi elettivamente domiciliati in Via Frattini 7 - Mantova, presso e
nello studio dell'avv. Vassalle Roberto che li rappresenta e difende per
mandato a margine dell’atto ci citazione ATTORI contro UNICREDIT BANCA S.P.A. in persona del procuratore speciale
dott. Michele Faldella elettivamente domiciliata in Via Madonna Dell'orto 8 -
Mantova, presso e nello studio dell'avv. Soardo Paolo che la rappresenta e difende
unitamente all’avv. Antonio Formaro per mandato in calce alla comparsa di
costituzione CONVENUTA CONCLUSIONI Il procuratore degli attori chiede e
conclude: “Ogni avversa istanza, eccezione o
deduzione reietta: ritenuta la falsità delle sottoscrizioni riferite a
Castaldini Bruna in calce ai documenti allegati alla citazione quale
documenti n° 6,8 e 9, nonché la responsabilità della banca convenuta per le
violazioni di legge contestate nella medesima citazione, dichiararsi nulli o
annullarsi, ovvero dichiararsi risolti per fatto e colpa della stessa i
contratti stipulati al fine dell’acquisto dei titoli di cui ai 3 ordini 19
aprile 2001, condannarsi la medesima convenuta, in persona del suo legale
rappresentante, alla restituzione della somma di € 44.000, oltre ad interessi
legali e rivalutazione monetaria dal 19 aprile 2001 al pagamento, nonché al
risarcimento dell’ulteriore danno non patrimoniale quantificato in € 4.500,00
o nella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, con interessi e
rivalutazione. Con il favore di spese e competenze
di causa”. Il procuratore della convenuta chiede
e conclude: “Nel merito: rigettare le domande
tutte proposte dall’attrice siccome infondate in fatto ed in diritto. Con vittoria di spese, competenze ed
onorari”. Svolgimento del
processo Con atto di citazione notificato in
data 14-10-2002 gli attori, assumevano a) di essere entrambi pensionati
ultrasettantenni e di avere investito nel corso del 1999 tutti i loro
risparmi, pari a circa £ 130.000.000, in certificati di deposito emessi dalla
banca convenuta; b) che, alla scadenza del certificato di £ 80.000.000, il
Campagnoli, recatosi in banca il 19-4-2001, veniva consigliato da un
funzionario dell’istituto di credito di acquistare obbligazioni argentine in
quanto titoli sicuri perché emessi da uno stato sovrano che avrebbero
garantito un più alto rendimento; c) che, nella stessa giornata, veniva
perfezionato l’acquisto di obbligazioni argentine, in particolare, attraverso
un ordine d’acquisto di obbligazioni 8,5% - 99/04, per un controvalore di
euro 40.000,00 al prezzo di 98,6 , sottoscritto da Castaldini Bruna, un altro
ordine di titoli dello stesso tipo per un controvalore di euro 3.000,00
recante la firma apocrifa di Castaldini Bruna ed infine un terzo ordine per un
controvalore di euro 1.000,00 anch’esso recante la firma apocrifa di
Castaldini Bruna. Alla luce di tali fatti e del
successivo azzeramento del valore dei titoli a seguito della crisi finanziaria
che aveva colpito lo stato argentino, gli attori convenivano in giudizio la
banca onde ottenere la restituzione delle somme investite nonché il
risarcimento dei danni patiti per effetto dell’operato della banca deducendo
1) la nullità del contratto di negoziazione dei titoli e dei singoli ordini
d’acquisto per inosservanza dell’obbligo di forma nella loro stipulazione
mancando una manifestazione di volontà da parte della banca, costituendo tali
atti mere dichiarazioni unilaterali dei clienti; 2) l’invalidità o comunque
la risolubilità dei contratti per violazione degli artt. 21 t.u.l.f., 28 e 29
del regolamento Consob n. 11522 non avendo la banca richiesto notizie sulla
situazione patrimoniale dei clienti e sulla loro propensione al rischio, né
informato sulla rischiosità dell’investimento nonché per mancata segnalazione
dell’inadeguatezza dell’operazione; 3) la nullità del secondo e del terzo
ordine d’acquisto stante la falsità della sottoscrizione di Castaldini Bruna. La banca, costituitasi, chiedeva il
rigetto della domanda sostenendo di avere osservato tutte le prescrizioni di
legge e regolamentari in particolare affermando a) che i contratti relativi
ai servizi di investimento erano stati regolarmente sottoscritti dai clienti
e che l’invio delle conferme d’ordine e degli estratti conto periodici nonché
l’incasso delle cedole dimostravano il consenso quantomeno tacito in ordine
alle operazioni poste in essere; b) che il proprio funzionario aveva fornito
tutti i necessari ragguagli circa la rischiosità dell’investimento comunque
evincibile dall’alto rendimento previsto per l'obbligazione in questione in
rapporto a quello assicurato dai titoli di stato italiani; c) che era stato
consegnato il prescritto documento sui rischi degli investimenti in strumenti
finanziari e che gli istanti avevano rifiutato di fornire indicazioni sulla
loro situazione finanziaria; d) che non poteva configurarsi alcuna violazione
dell’art. 29 del citato regolamento atteso che, nell’attestazione degli
ordini, si trovava specificato che gli stessi venivano eseguiti “avendo i
clienti ricevuto adeguate informazioni in merito ai rischi connessi allo
strumento finanziario in oggetto”; e) di avere eseguito gli ordini impartiti
e di non avere mai agito all’insaputa degli istanti; f) di avere comunque
osservato tutte le cautele richieste al banchiere professionale. Esperita l'istruttoria orale e
disposta c.t.u., affidata alla dott.ssa Stefania Malerba, la causa veniva
trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate. Motivi Preliminarmente occorre esaminare la questione
concernente la nullità della costituzione in giudizio della convenuta stante
la mancata produzione della procura a favore del procuratore della banca,
eccezione sollevata dagli attori in comparsa conclusionale. Al riguardo va detto
che, in caso di omesso deposito della procura (pur richiamata, come nel caso
di specie, negli atti difensivi), il giudice non può dichiarare l’invalidità
della costituzione senza avere formulato l’invito ex art. 182 c.p.c. a produrre
il documento mancante, invito che può essere fatto durante tutto il giudizio
di merito (compreso quello d’appello), venendo la produzione del documento a
sanare ex tunc l’irregolarità della costituzione (cfr. Cass. 7-7-1995 n.
7490; Cass. 27-10-1986 n. 6302): poiché la difesa della convenuta unitamente
alla memoria di replica ha prodotto copia del verbale del consiglio di
amministrazione del 9-7-2002 attestante l’attribuzione del potere di
rappresentanza da parte della banca all’avv. Michele Faldella (direttore
centrale di Unicredit Banca) che ha poi conferito il mandato defensionale per
il presente giudizio, ne deriva la superfluità dell’invito a regolarizzare la
costituzione sicché la sollevata eccezione di nullità va respinta. Infondate debbono pure ritenersi le deduzioni difensive
in ordine alla nullità per difetto di forma del contratto per la
negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari
atteso che tale documento reca la sottoscrizione di un funzionario
dell’istituto di credito. Per quanto riguarda poi gli ordini d’acquisto va rilevato
che per la loro validità è sufficiente la sottoscrizione dei moduli da parte
del cliente trattandosi di atti unilaterali cui peraltro la banca ha dato
esecuzione come concordemente ammesso dalle parti. Né può trovare accoglimento l’assunto circa la nullità
del secondo e del terzo ordine in quanto recanti la firma apocrifa di
Castaldini Bruna atteso che siffatta circostanza non è stata provata dagli
attori gravati del relativo onere probatorio (sul punto va osservato che era
stata richiesta e rigettata nel corso dell’istruttoria l’istanza di
ammissione di una consulenza tecnica che, per come formulata e in difetto di
ogni elemento di comparazione, aveva carattere esplorativo, istanza peraltro
non reiterata in sede di precisazione delle conclusioni) né il difetto di
autenticità appare ictu oculi evincibile. Va altresì disatteso l’assunto attoreo secondo cui la
banca, nel caso di specie, avrebbe violato la c.d. know your customer rule
atteso che gli attori avevano manifestato nel contratto di negoziazione in
strumenti finanziari il loro rifiuto di fornire alla banca informazioni sulla
propria esperienza in materia di investimenti finanziari, sulla situazione
finanziaria, sugli obiettivi di investimento nonché sulla propensione al
rischio, facoltà ad essi consentita dall’art. 28 I co. lett. a) del reg.
Consob n. 11522/98. A questo punto va precisato in fatto che la Castaldini
aveva impartito ordini d’acquisto di obbligazioni argentine (cd. tango bond)
per un controvalore di € 44.000,00 (vedasi docc. n. 7-8-9 attorei) e, pur in
difetto di produzione degli estratti conto, deve ritenersi provato l’acquisto
nella misura indicata sia perché ciò trova conforto nelle risultanze della
consulenza tecnica sia perché ove gli ordini non fossero stati eseguiti la
banca avrebbe dovuto darne comunicazione ai clienti (cfr. artt. 32 reg.
Consob n. 11522/98 e 1 co. IV del contratto per la negoziazione di ordini) il
che non è stato non solo provato ma neppure dedotto. Va inoltre aggiunto che,
a fronte delle contrapposte versioni ed in mancanza di documentazione contabile,
non può ritenersi provato che, per effetto dell’investimento nei titoli
argentini, gli attori abbiano incassato delle cedole il cui importo peraltro
non è stato neppure indicato dalla banca. Ciò premesso deve ritenersi che la convenuta non si sia
comportata in conformità di quanto prescritto dal combinato disposto di cui
agli artt. 21 lett. a) e b) del d. lgs. 24-2-1998 n. 58 e 28 del regolamento
Consob 1-7-1998 n. 11522 che impongono all’istituto di credito di prestare i
servizi di investimento con diligenza e di operare in modo che i clienti
siano sempre adeguatamente informati. In proposito occorre osservare che,
secondo quanto risulta dall’indagine svolta dal c.t.u., ai titoli del debito
argentino le maggiori agenzie internazionali avevano attribuito, nel corso
del tempo, il rating (con andamento progressivamente negativo: cd.
downgrading) di cui al seguente prospetto: data rating S&P Fitch Moody’s 02-04-97 BB 28-05-97 BB 02-10-97 Ba3 1.
Ba3 1.
B1 01-11-00 BB 14-11-00 BB- 19-03-01 BB- 20-03-01 BB- 26-03-01 B+ 28-03-01 B+ B2 sicché, al momento dell’acquisto, i
titoli in questione erano classificati B+ sia da Standard & Poor che da
Fitch e B2 da Moody’s. Premesso che nella valutazione di
Standard & Poor’s e Fitch il rating B+ sta ad indicare un titolo “più
vulnerabile ad avverse condizioni economiche, finanziarie e settoriali, ma
capacità nel presente di far fronte alle proprie obbligazioni finanziarie, mentre
quello B2 per Moody’s esprime “obbligazioni che non possono definirsi
investimenti desiderabili. La garanzia di interessi e capitale o il puntuale
assolvimento di altre condizioni del contratto sono piccole nel lungo
periodo” laddove la cifra accanto alla lettera indica che, da 1 a 3, il
titolo occupa il secondo grado di posizionamento della classe B, va rilevato
che, per tutte le agenzie sopra menzionate, i titoli classificati con quel
tipo di rating sono considerati not investment grade (ovvero high yeld o
junk) in quanto presentano, in linea generale, un elevato rischio di non
incassare cedole e/o capitale a scadenza, tanto che molte società di gestione
dei fondi comuni di investimento sono obbligate a non includere nel proprio
portafoglio titoli con rating che appartengono alla categoria cd. speculativa
(v. pg. 10 della relazione tecnica). Ne deriva che i titoli obbligazionari
argentini al momento del loro acquisto erano già considerati ad elevato
rischio di rimborso dovendosi evidenziare inoltre che, nel corso del 2001, le
agenzie avevano rivisto in senso negativo il loro giudizio sull’affidabilità
ad onorare gli impegni da parte dello stato argentino. Orbene deve ritenersi
che la banca avrebbe dovuto fornire una completa informazione circa i rischi
connessi a quella specifica operazione che i clienti intendevano porre in
essere (obbligo imposto dall’art. 28 co. II del regolamento Consob n. 11522;
v. anche art. 11 co. I direttiva 93/22 CEE del 10-5-1993), dovendo
l’intermediario finanziario agire con la diligenza dell’operatore
particolarmente qualificato (cfr. artt. 21 lett. a) d. lgs. 58/98, 26 lett.
e) reg. Consob cit. e 1176 II co. c.c.) nell’ambito di un rapporto in cui gli
è imposto di tutelare l’interesse dei clienti (v. artt. 47 Cost., 5 e 21 lett.
a) del d. lgs. 58/98), obbligo implicante l’indicazione, non generica, della
natura altamente rischiosa dell’investimento secondo la valutazione operata
dalle maggiori agenzie specializzate in materia, dato questo che la banca è
tenuta a conoscere e, quindi, a comunicare al cliente al fine di consentirgli
di effettuare una scelta consapevole, dovendosi in proposito ritenere che la
valutazione del titolo da parte del mercato costituisca fattore rilevante
(c.d. material fact secondo l’espressione usata dalla giurisprudenza
nordamericana) in quanto idoneo ad influenzare il processo decisionale
dell’investitore. Sul punto va osservato che, nel corso
del giudizio, venivano escussi sia il genero degli attori (il quale aveva
assistito al colloquio intervenuto fra il Campagnoli ed i funzionari della
banca prima dell’operazione di acquisto dei bond) sia una dipendente della
filiale i quali, in ordine alle informazioni circa la rischiosità
dell’investimento, hanno rispettivamente affermato il primo che il funzionario
cui il Campagnoli era stato indirizzato gli avrebbe assicurato che
“l’investimento era sicuro perché i titoli erano garantiti da una banca di
Milano”, che, peraltro, una sua collega in quel frangente gli avrebbe invece
suggerito “di effettuare l’investimento come al solito ossia con libretti”
alla quale osservazione il funzionario avrebbe ribattuto che “valeva la pena
di investire in titoli argentini perché andavano molto forte e ne erano stati
piazzati in notevole misura” ed altresì che “l’unico rischio consisteva nel
fatto che se l’investitore voleva monetizzare i titoli prima della scadenza
avrebbe percepito un prezzo inferiore rispetto al prezzo d’acquisto” mentre,
la seconda, ha dichiarato: “illustrai il rischio derivante dall’investimento
in titoli di paesi emergenti e feci riferimento al recente caso dell’Ucraina.
Spiegai che il tasso molto alto si spiegava con la circostanza che si
trattava di un paese indebitato e che quindi poteva non essere in grado di
onorare il debito, anche se non era certo che ciò avvenisse”. Alla luce di tali dichiarazioni che
non appaiono essere contrastanti nel senso che evidentemente i due funzionari
della banca avevano opinioni diverse sulla rischiosità dell’operazione, non
può ritenersi superato da parte della banca, ex art. 23 u.c. del d. lgs.
58/98, l’onere di avere agito con la specifica diligenza richiesta e cioè di
avere adeguatamente informato il cliente della natura speculativa delle
obbligazioni. Né merita adesione la deduzione
difensiva dell’istituto secondo cui i risparmiatori sarebbero comunque stati
in grado di valutare la pericolosità dell’operazione alla luce delle
indicazioni contenute nel documento sui rischi degli investimenti (peraltro
non prodotto in causa sebbene le parti abbiano dato atto della sua consegna e
che deve ritenersi conforme al modello allegato al regolamento Consob n.
11522/98), atteso che tali indicazioni hanno carattere generale laddove, si
ribadisce, la banca doveva fornire precise (ed univoche) indicazioni circa la
pericolosità di quello specifico investimento, né la consegna del documento
informativo può ritenersi idonea a determinare una presunzione di conoscenza
dei rischi dell’investimento in capo al risparmiatore sia per il carattere
generale delle informazioni ivi contenute sia in considerazione del
differenziato grado di comprensione da parte degli investitori non
professionali. Quanto poi al fatto che gli ordini
d’acquisto contenessero l’indicazione prestampata secondo cui gli stessi
venivano eseguiti “avendo i clienti ricevuto adeguate informazioni in merito
ai rischi connessi allo strumento finanziario in oggetto” valgono le medesime
considerazioni sopra svolte trattandosi di mera clausola di stile tale da non
esonerare l’istituto dall’onere di fornire la prova positiva del tipo di
informazione concretamente dato, clausola peraltro inefficace alla luce del
disposto di cui all’art. 1469 bis n. 18 c.c.. In ordine al rilievo secondo cui
l’istituto avrebbe comunque dovuto segnalare l’inadeguatezza dell’operazione
ai sensi dell’art. 29 del regolamento sopra menzionato in applicazione della
c.d. suitability rule, va preliminarmente osservato che l’intermediario non è
esonerato dall’obbligo di valutare l’adeguatezza dell’operazione anche ove
(come nel caso di specie) i clienti abbiano rifiutato di fornire le
informazioni di cui all’art. 28 I co. lett a) del regolamento Consob n.
11522/98 dovendo in tal caso tenere conto di tutte le informazioni comunque
in suo possesso (ad esempio “età, professione, presumibile propensione al rischio
anche alla luce della pregressa ed abituale operatività, situazione del
mercato”: in tal senso vedasi comunicazione Consob n. DI/30396 del 21-4-2000
dettata in tema di trading on line): tanto si desume sia dai principi
generali in tema di correttezza, diligenza e trasparenza dei comportamenti
negoziali imposti dalla normativa generale e speciale (cfr. artt. 1175 e 1176
II co. c.c., 21 d. lgs. 58/98) ma anche dal testo l’art. 29 del citato
regolamento Consob che impone all’intermediario finanziario di astenersi dal
compiere per conto degli investitori operazioni non adeguate e prevede che lo
stesso utilizzi ogni altra informazione disponibile anche diversa da quella
fornita, ex art. 28 reg. cit., dai clienti, autorizzandolo solo in caso di
conferma scritta dell’ordine d’acquisto a darvi (correttamente) esecuzione
(la diversa regola contenuta nell’art. 19 co. V della direttiva europea
2004/39/CE del 21-4-2004 non può trovare applicazione al caso di specie sia
ratione temporis sia perché le direttive non attuate -e purchè ricorrano gli
altri requisiti- non hanno efficacia nei rapporti interprivati: cfr. Cass.
25-2-2004 n. 3762; Corte Giust. CE 29-5-2004 n. 194). Nella fattispecie in esame deve
ritenersi che l’operazione di acquisto delle obbligazioni in questione non
fosse adeguata in considerazione della sua dimensione (comportando l’impiego
di oltre la metà del patrimonio mobiliare dei clienti), della natura
altamente rischiosa dei titoli prescelti, delle condizioni di mercato di quei
titoli (il cui rating aveva costituito oggetto di progressivo declassamento
da parte delle maggiori agenzie internazionali), della circostanza che i
clienti erano investitori non professionali (entrambi pensionati), dell’età
dei risparmiatori (superiore ai settant’anni come emerge dai contratti,
dovendo tale dato fare ragionevolmente presumere la preferenza per una
gestione conservativa piuttosto che speculativa del patrimonio), nonché della
propensione al rischio in precedenza manifestata (gli istanti avevano in
passato investito i propri risparmi in obbligazioni della banca convenuta),
elementi questi tutti convergenti e chiaramente a conoscenza dell’istituto. La domanda attorea risulta quindi
fondata essendo stata dimostrata la violazione, da parte della banca, delle
prescrizioni contenute negli artt. 21 t.u.l.f., 28 e 29 reg. Consob n.
11522/98 da considerarsi come norme imperative ex art. 1418 c.c. in
considerazione degli interessi tutelati (tutela del risparmio, diligenza
degli intermediari, integrità dei mercati: cfr. art. 47 Cost.; artt. 5
-riguardante le finalità dei poteri di vigilanza attribuiti alla Banca
d’Italia ed alla Consob- 21 lett. a) e 190 -che prevede sanzioni
amministrative per le violazioni all’art. 21 del t.ul.f.- del decreto
legislativo 58/98, direttiva 93-22 UE del 10-5-1993 ora sostituita da quella
n. 2004/39 CE) e della natura generale di siffatti interessi (in tal senso vedasi
Trib. Firenze 30-5-2004 in www ilcaso.it per l'affermazione di tale principio
con riguardo all’analoga disciplina contenuta nella legge 1/91 vedasi Cass.
7-3-2001 n. 3272; Cass. 5-4-2001 n. 5052; Trib. Torino 19-4-1998 in Foro
Padano,1998,387; Trib. Milano ord. 11-5-1995 in Banca Borsa Tit.
Cred.,1996,II,442). Poiché l'obbligazione di restituzione
dell'importo versato in conseguenza della dichiarazione di nullità
dell'ordine di acquisto costituisce debito di valuta, avendo ad oggetto, sin
dal suo sorgere, il pagamento di una somma di denaro e non avendo gli attori
provato di avere subito un danno ex art. 1224 II co. c.c., ad essi va
restituito l'importo di euro 44.000,00 cui debbono aggiungersi, ai sensi
dell’art. 2033 c.c., gli interessi al tasso legale dal 19-4-2001 sino al saldo
definitivo non potendosi ritenere che la convenuta, in relazione ai comportamenti
sopra censurati, fosse in buona fede. Le spese seguono la
soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. il Tribunale di Mantova, in
composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed
eccezione reietta, così provvede: dichiara la nullità degli ordini
d’acquisto di obbligazioni argentine 8,5% - 99/04 impartiti da Castaldini
Bruna il 19-4-2001; condanna Unicredit Banca s.p.a. a
corrispondere agli attori la somma di euro 44.000,00 cui debbono aggiungersi
gli interessi al tasso legale dal 19-4-2001 sino al saldo definitivo; condanna la convenuta a rifondere
agli attori le spese di lite liquidandole in complessivi euro 7.826,81 di cui
€ 1.478,10 per spese (comprese quelle di c.t.u.), € 1.848,71 per diritti ed €
4.500,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese ex art. 15
T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge. Così deciso in Mantova, lì
12/11/2004. Il Giudice dott. Mauro Bernardi Il Cancelliere |