Cessione a
risparmiatori di obbligazioni Cirio già quotate sull’euromercato – Sollecitazione
all’investimento – Esclusione. Operazione in contropartita diretta -
Conflitto di interessi – Insussistenza. Cessione di titoli privi di rating –
Informazione relativa al grado di solvibilità dell’emittente – Necessità.
Onere di allegazione del cliente e onere probatorio in capo
all’intermediario. Acquisto di titoli destinati a deposito contestato a più
risparmiatori – Onere di valutare l’adeguatezza dell’operazione per ogni
cointestatario – Sussistenza. Tribunale di Mantova, Sez. II Civile –
Giudice Unico Dr. Mauro Bernardi - Sentenza del giorno 5 aprile 2005. La massima: Deve escludersi che la cessione ai risparmiatori di titoli
obbligazionari (nella specie obbligazioni Cirio 21DC05 8% Eur)
originariamente quotati sull’euromercato rientri nell'ambito di disciplina
della sollecitazione all'investimento di cui all’art. 94 t.u.l.f., ricorrendo
invece l’ipotesi della negoziazione su base individuale disciplinata dagli
artt. 1 co. V lett. a) e b) del
t.u.l.f. e 32 del regolamento Consob n. 11522/98. Non sussiste il conflitto di interessi nell’ipotesi in cui
l'operazione sia avvenuta in contropartita diretta e l’ordine d’acquisto sia
stato spontaneamente conferito dal cliente ed ove non emerga che
l'intermediario abbia perseguito una propria ed ulteriore finalità in
contrasto con l'interesse del cliente. Va ravvisata la violazione degli artt. 21 lett. a) e b) del d. lgs.
24-2-1998 n. 58 e 28 del regolamento Consob 1-7-1998 n. 11522 nel caso di
cessione a risparmiatori non esperti di titoli obbligazionari privi di rating
in mancanza di prova che essi siano stati adeguatamente informati del rischio
dell’operazione, costituendo il grado di solvibilità del debitore dato
essenziale onde poter effettuare una scelta consapevole di investimento. Ove il cliente abbia allegato in fatto ed in diritto gli elementi da
cui desumere la violazione della regola comportamentale asseritamente
commessa deve ritenersi che egli abbia assolto al proprio onere probatorio
ricadendo sull’intermediario, ex art. art. 23 u.c. del d. lgs. 58/98, quello
di avere agito con la specifica diligenza richiesta (nel caso di specie di
avere adeguatamente informato il cliente della natura speculativa delle
obbligazioni). In ipotesi di acquisto di titoli destinati a confluire su un
deposito cointestato a più risparmiatori l’intermediario è tenuto a valutare
l'adeguatezza dell'operazione separatamente in relazione al profilo di
ciascuno di essi. Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in data 4-8-2003 G. M. affermava a) di essere pensionata e
di avere intrattenuto presso la Cassa di Risparmio di Carpi (appartenente al
gruppo Unicredito Italiano s.p.a.)- filiale di Moglia un conto corrente di
corrispondenza; b) che, nel marzo del 2001, unitamente alla propria cugina A.
R. era stata consigliata dai funzionari della predetta banca ad investire i
propri risparmi in un titolo, garantito come sicuro, e la sola A. R. il
15-3-2001 aveva sottoscritto un ordine di acquisto di obbligazioni Cirio
21DC05 8% Eur per un controvalore di € 27.892,48; c) che, dopo qualche
giorno, era pervenuta la comunicazione che i titoli in questione erano stati
immessi nel deposito titoli n. 022/00006400/8 intestato ad entrambe e che l'operazione
era stata eseguita in contropartita diretta; d) che il 28-3-2001 le esponenti
avevano sottoscritto un ordine di vendita di obbligazioni Cirio 21DC05 8% Eur
per un controvalore di euro 2.150,49; e) che, successivamente, dalla stampa
erano venute a conoscenza che il gruppo Cirio si dibatteva in una gravissima
crisi finanziaria e che non avrebbero ottenuto né il pagamento degli
interessi né il rimborso del capitale; f) che il “gruppo” Cirio nel 2000
aveva accumulato pesanti perdite con forti esposizioni nei confronti delle
banche, circostanza che aveva indotto talune di esse (fra cui UBM- Unicredit
al cui gruppo appartiene la Cassa di Risparmio di Carpi) a dare assistenza
finanziaria per l’emissione di bond riservati ad investitori istituzionali. Alla luce di tali fatti le attrici convenivano in giudizio la banca
onde ottenere la restituzione delle somme investite nonché il risarcimento
dei danni patiti per effetto dell’operato della banca deducendo 1)
l’invalidità o comunque la risolubilità del contratto per violazione degli
artt. 21 t.u.l.f., 28 e 29 del regolamento Consob n. 11522 avendo la banca a)
agito in conflitto di interessi senza essersi curata o né di segnalarlo né di
avere richiesto la specifica autorizzazione al compimento delle operazioni;
b) omesso di informare le
risparmiatrici sulla rischiosità dell’investimento; c) evitato di evidenziare
l’inadeguatezza dell’operazione; 2) la nullità o l’annullabilità degli ordini
d’acquisto ai sensi degli artt. 1418 e 1439 c.c.. Da ultimo il difensore delle attrici evidenziava che l’ordine
d’acquisto del 15-3-2001 era stato sottoscritto dalla sola A., non munita di
procura scritta, sicché, essendo prescritta tale forma dall’art. 23 t.u.l.f.,
l’ordine in questione doveva ritenersi inopponibile a G. M. cui, pertanto,
avrebbe dovuto essere in ogni caso restituita la metà delle somme investite. La banca, costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda sostenendo
di avere osservato tutte le prescrizioni di legge e regolamentari, negando di
avere serbato un silenzio malizioso sulla vicenda Cirio e, in particolare,
affermando a) che le clienti avevano sottoscritto il contratto di
negoziazione e ricezione/trasmissione di ordini su strumenti finanziari e
quello di deposito titoli; b)
che le investitrici si erano avvalse della facoltà di non dare informazioni
circa la propria propensione al rischio e gli obiettivi di investimento e
che, comunque, avendo sottoscritto il documento esplicativo sui rischi
generali connessi con gli investimenti in strumenti finanziari, avevano
accettato quanto in esso scritto; c) che il titolo negoziato era stato
collocato da un pool di istituti di credito fra i quali non figurava alcuna
azienda del gruppo Unicredito Italiano: la Cassa di Carpi aveva infatti
acquistato i c.d. Cirio bond da Arcadia Securities il 15-3-2001 rivendendoli
poi alle attrici laddove, in relazione alla obbligazione oggetto della
presente vertenza, UBM (UniCredit Banca Mobiliare s.p.a.) non aveva
partecipato neppure al collocamento; d) che, all’epoca dell’emissione, il
gruppo Unicredito non vantava crediti nei confronti di società del gruppo
Cirio; e) che l’ordine del 15 marzo era stato sottoscritto proprio da G. M. e
che il contratto di negoziazione su strumenti finanziari era stato
sottoscritto da entrambe le clienti sicché l’operazione era riferibile ad
entrambe. Rigettata l’istanza di ammissione della prova orale dedotta dalla
convenuta e disposta c.t.u., affidata al dott. Luca Carra, la causa veniva
trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate. Motivi La domanda è fondata e merita accoglimento. In via preliminare occorre ribadire la valutazione negativa già
espressa in ordine all'ammissione delle prove orali dedotte da parte
convenuta e per il cui ingresso la stessa ha nuovamente insistito in sede di
precisazione delle conclusioni atteso che i capitoli formulati appaiono
superflui ovvero di contenuto valutativo; va inoltre rigettata l'istanza di
rinnovazione della c.t.u. espletata stante la genericità delle censure alla
medesima rivolte ed apparendo essa, per contro, esaustiva e congruamente
motivata alla stregua di molteplici elementi di valutazione (puntualmente
indicati) e di corretta analisi economico-finanziaria. Per una completa comprensione della vicenda occorre preliminarmente
descrivere la natura degli strumenti finanziari oggetto del giudizio nonché
le modalità seguite per la loro cessione alle attrici. Sotto il primo profilo va rilevato che i titoli oggetto del giudizio
sono obbligazioni "corporate" (emesse cioè da una società
industriale), con scadenza dicembre 2005, senza l’attribuzione di alcun
rating da parte di agenzie specializzate; occorre inoltre aggiungere che le
attrici avevano entrambe sottoscritto il contratto di negoziazione,
trasmissione e ricezione degli ordini su strumenti finanziari e che l'art. 4
di tale documento prevedeva che "nel caso in cui il rapporto sia
intestato a più persone, salvo diversa pattuizione, ciascuna di dette persone
può impartire separatamente gli ordini, con piena liberazione della Cassa
anche nei confronti degli altri cointestatari": non essendo intervenuta
alcuna pattuizione derogatoria ne deriva che l'acquisto dei titoli in
questione è divenuto efficace nella sfera giuridica di entrambe le istanti. In ordine alle modalità seguite per la cessione di tali prodotti
finanziari alle risparmiatrici va osservato (come si evince dalla consulenza
tecnica) che i bond in questione erano stati emessi in Lussemburgo e ceduti poi sul mercato secondario non
regolamentato (c.d. over the counter) alla clientela retail (cioè agli
investitori non professionali) dopo che i titoli avevano superato oltre alla
fase del c.d. grey market anche quella del c.d. mercato primario nel quale
essi vengono emessi e trovano collocamento presso i portafogli degli
investitori istituzionali che compongono il consorzio di collocamento e/o
garanzia i quali, a loro volta, vengono ricercati dai c.d. lead managers
(costituiti di regola da banche d'investimento) sulla base di uno specifico mandato
loro conferito dalla società emittente. Va ulteriormente precisato che, secondo la disciplina delle
emissioni in questione sull'euromercato (che avviene secondo uno schema
comune in tutta Europa ed in base ai regolamenti delle associazioni di
categoria internazionali riconosciute come organi di autoregolamentazione
Ipma e Isma), una volta formato il consorzio di collocamento i lead mangers
fissano il prezzo del bond unitamente alla data del lancio e redigono
l'offering circular che contiene una serie di informazioni sull'emittente (in
particolare sulla composizione della compagine sociale, sull'indebitamento
complessivo, sul patrimonio e l'ebtda), l'indicazione dei soggetti che
garantiscono l'emissione nonché il regime giuridico della stessa (in particolare
le modalità del rimborso, le condizioni per il rimborso anticipato, i
presupposti per il default ed il cross-default, il regime fiscale, i diritti
ed i doveri degli obbligazionisti). In relazione alla osservazione svolta dalla difesa delle attrici, peraltro
contenuta solamente nella memoria conclusionale di replica, circa il mancato
rispetto delle regole di cui agli artt. 94 e segg. del t.u.l.f., deve
escludersi che l'emissione del prestito obbligazionario (denominato anche
"notes") sull'euromercato, avvenuta secondo le modalità sopra
descritte, rientri nell'ambito di disciplina della sollecitazione
all'investimento (in tal senso vedasi Trib. Monza sent. n. 218/05 del
16-12-2004 in www.ilcaso.it) la quale viene definita dall'art.
1 lett. t) del t.u.l.f. come "ogni offerta, invito ad offrire o
messaggio promozionale, in qualsiasi forma rivolti al pubblico, finalizzati
alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti finanziari", si
caratterizza per il fatto di essere destinata ad una pluralità indistinta di
soggetti e, in relazione ad essa, l'art. 94 del t.u.l.f.. prevede l'obbligo
in capo agli offerenti di redigere il prospetto informativo e di comunicarlo
preventivamente alla Consob. Le modalità di cessione degli strumenti finanziari in concreto
seguite rientrano invece nell'ambito della negoziazione su base individuale
disciplinata dagli artt. 1 co. V lett. a) e b) del t.u.l.f. e 32 del regolamento Consob n. 11522/98 in
relazione alla quale non è previsto un obbligo di prospetto (va inoltre
segnalato che la Banca d'Italia nel bollettino n. 41 del novembre 2003 ha
affermato che la sequenza "assunzione a fermo" -cioè acquisto da
parte della banca di obbligazioni quotate sull'euromercato e collocate agli
investitori professionali in esenzione della procedura sulla sollecitazione
al pubblico risparmio ai sensi dell'art. 100 I co. lett. a) del t.u.l.f.-
"negoziazione sul mercato secondario" non integra violazione
dell'obbligo di prospetto neanche in presenza di attività propositive da
parte degli intermediari). Ciò premesso va rilevato, con riguardo all’emissione in questione,
che il consorzio di collocamento era costituito da Euromobiliare Investment
Bank, Banca Akros s.p.a., Banca Commerciale Italiana, Banca Intermobiliare
s.p.a., Caboto-Gruppo Intesa ed infine Meliorbanca s.p.a. (vedasi stralcio
della offering circular prodotta dalla convenuta) dovendosi subito precisare
che, secondo quanto risultato dalle indagini svolte dal c.t.u., nessuno di
tali istituti appartiene al gruppo bancario Unicredito né alcuna società
dello stesso ha svolto l'attività di lead manager ovvero di co-lead manager:
ne consegue che l'invocato conflitto di interessi non può ritenersi
sussistente. Né la lamentata violazione di legge può rinvenirsi in considerazione
del fatto che l'operazione sia avvenuta in contropartita diretta atteso che
la documentazione contabile dimessa ha consentito di acclarare che la
convenuta aveva provveduto ad acquistare i titoli (in relazione ai quali non
è stato provato né chiesto di provare che l'ordine fosse stato consigliato da
funzionari della banca) dalla Arcadia Securities (di cui pure è risultata, a
seguito delle indagini svolte dal c.t.u., l'insussistenza di alcun rapporto
rilevante ex art. 27 reg. Consob n. 11522/98 con il gruppo Unicredito) a
seguito però della richiesta da parte delle investitrici (in proposito, va
rammentato che la Consob con comunicazione DAL 97006042 del 9-7-1997 ha
ritenuto insussistente il conflitto di interessi nel caso di ordine conferito
spontaneamente dal cliente), non emergendo peraltro dalla documentazione in
atti che l'intermediario avesse perseguito una propria ed ulteriore finalità
in contrasto con l'interesse delle clienti. Quanto poi alla circostanza che i bond negoziati potessero reperirsi
ad un prezzo inferiore va detto che tale domanda attiene alla diversa
fattispecie concernente la violazione della c.d. best execution rule non
dedotta però nell'atto introduttivo della lite e che, pertanto, non può
comunque essere esaminata. Deve invece ritenersi che la banca abbia violato le disposizioni di
cui agli artt. 21 lett. a) e b) del d. lgs. 24-2-1998 n. 58 e 28 del
regolamento Consob 1-7-1998 n. 11522 che impongono all’istituto di credito di
prestare i servizi di investimento con diligenza e di operare in modo che i
clienti siano sempre adeguatamente informati. In proposito va ribadito che i titoli in questione erano stati
emessi in assenza di rating da parte di agenzie specializzate (laddove il
rating misura la capacità dell'emittente di pagare puntualmente le cedole e
rimborsare il capitale a scadenza), mancanza che non consente di evidenziare
il grado di solvibilità del debitore laddove tale elemento costituisce un
dato essenziale onde poter effettuare una scelta consapevole di investimento. Va inoltre aggiunto che, secondo quanto dichiarato dal dott.
Alessandro Profumo - amministratore delegato del gruppo bancario Unicredito
Italiano - alle Commissioni del Senato VI e X nella seduta congiunta del
20-2-2004 il rating assegnato all’interno del gruppo era passato da “BB-
(cioè da sub-investment grade all’origine) a tripla C, corrispondenti a
rischi di default a un anno, rispettivamente del 2,3% e del 23,5% e a tre
anni del 11% e del 48%” (in proposito va rammentato che secondo la
classificazione dell’agenzia
Standard & Poors i titoli con rating BB- (cui corrisponde la
dicitura Ba3 di Moody’s) vengono considerati come obbligazioni caratterizzate
da elementi speculativi (non-investment grade), che nel lungo periodo non
possono dirsi garantite bene, laddove la garanzia di rimborso di interessi e
capitale è limitata e può venire meno in caso di future condizioni economiche
sfavorevoli (v. pg. 9 e segg. c.t.u.): neppure tale giudizio di affidabilità,
conosciuto dai funzionari secondo quanto riferito nella sede sopra menzionata
dal dr. Profumo, risulta peraltro essere stato portato a conoscenza delle
clienti (peraltro va sottolineato che nella lettera inviata il 19-12-2003
alle attrici dal direttore generale della banca convenuta si ammette, con
riguardo ai bond Cirio, che "trattandosi di titoli corporate privi di
rating, la loro rischiosità potrebbe non essere stata immediatamente
percepita"). A ciò va aggiunto che, secondo gli accertamenti svolti dal c.t.u.,
dall’analisi del bilancio della società capogruppo relativo all'anno 1999
(l'unico conoscibile al pubblico prima della operazione oggetto del giudizio)
“si potevano scorgere alcune gravi distonie e notevoli squilibri di natura
finanziaria che avrebbero dovuto allertare l’operatore, quantomeno in relazione
al rischio non indifferente che il risparmiatore si prendeva nell’atto di
sottoscrizione di un titolo obbligazionario, si badi bene, di durata
quadriennale”. Più specificamente il dott. Carra ha evidenziato che il bilancio
Cirio s.p.a. relativo all'anno 1999 aveva chiuso con un utile di oltre £ 114
miliardi ma con proventi straordinari (plusvalenze per cessioni di
partecipazioni e rami aziendali) per oltre £ 353 miliardi sicché, in assenza
di tali operazioni straordinarie, l’esercizio (che l’anno precedente aveva
chiuso in perdita per oltre 75 miliardi di lire) avrebbe presentato una
perdita di £ 239 miliardi, superiore al capitale sociale di £ 151 miliardi e
che, anche alla luce degli indici di bilancio (rapporto di indebitamento,
copertura finanziaria delle immobilizzazioni, indice di liquidità-acid test e
redditività capitale investito-r.o.i.), la situazione appariva “fortemente
squilibrata, con scarsa capacità di autofinanziamento” ed evidenziava “una
sostanziale incapacità di finanziare il proprio attivo immobilizzato con
capitale proprio, una forte dipendenza dal sistema bancario ed una incapacità
di produrre redditi operativi". Al riguardo va osservato che la banca doveva fornire una completa
informazione circa i rischi connessi a quella specifica operazione che il
cliente intendeva porre in essere (obbligo imposto dall’art. 28 co. II del
regolamento Consob n. 11522/98), informazione che, trattandosi di soggetto
tenuto ad agire con la diligenza dell’operatore particolarmente qualificato
(cfr. artt. 21 lett. a) d. lgs. 58/98, 26 lett. e) reg. Consob cit. e 1176 II
co. c.c.) nell’ambito di un rapporto in cui gli è imposto di tutelare
l’interesse dei clienti (v. artt. 5 e 21 lett. a) del d. lgs. 58/98 nonché
l'art. 47 Cost. che impone la tutela del risparmio), necessariamente
comprendeva l’indicazione della natura altamente rischiosa dell’investimento
desumibile dall'essere i titoli originariamente destinati ad investitori
qualificati, dall'assenza di rating e dall'esame del bilancio del gruppo Cirio
che evidenziava una criticità nota all'interno dell'istituto, secondo le
dichiarazioni rese in sede parlamentare dall'amministratore delegato del
Gruppo, dovendosi ritenere, sotto tale profilo, che la banca sia obbligata a
conoscere tali dati e, conseguentemente, a riferirli al cliente laddove, per
contro, la convenuta neppure ha chiesto di essere ammessa a provare di avere
fornito alle investitrici adeguate informazioni circa la rischiosità
dell'investimento che si accingevano ad effettuare (pacifico poi che non sia
stata consegnata l'offering circular, che deve contenere dettagliate
informazioni sull'emittente e di cui la convenuta ha prodotto in giudizio
un'unica pagina, dovendosi sottolineare che si tratta di documento che va
messo a disposizione degli investitori professionali). Occorre poi aggiungere che l’art. 23 u.c. del d. lgs. 58/98 pone a
carico dei soggetti abilitati all’esercizio dei servizi di investimento
l’onere di provare di avere agito con la specifica diligenza richiesta (nel
caso di specie di avere adeguatamente informato il cliente della natura
speculativa delle obbligazioni) e tale onere probatorio, per quanto sopra
osservato, non è stato assolto dalla banca laddove invece il cliente, avendo
allegato in fatto ed in diritto gli elementi da cui desumere la violazione
della regola comportamentale asseritamente commessa ha, per contro,
pienamente assolto al proprio. Né merita adesione la deduzione difensiva dell’istituto secondo cui
le risparmiatrici sarebbero comunque state in grado di valutare la
pericolosità dell’operazione alla luce delle indicazioni contenute nel
documento sui rischi degli investimenti di cui all'art. 28 I co. lett. b) reg. Consob
n. 11522/98 stante la natura generale e standardizzata di tali indicazioni
laddove la banca avrebbe dovuto fornire precise indicazioni circa la
pericolosità di quello specifico investimento, né la consegna del documento
informativo può ritenersi idonea a determinare una presunzione di conoscenza
dei rischi dell’investimento in capo a risparmiatrici non professionali come
quelle agenti nel presente giudizio. In ordine all'ulteriore rilievo secondo cui l’istituto avrebbe
comunque dovuto segnalare l’inadeguatezza dell’operazione ai sensi dell’art.
29 del regolamento sopra menzionato in applicazione della c.d. suitability
rule, occorre osservare che l’intermediario non è esonerato dall’obbligo di
valutare l’adeguatezza dell’operazione anche ove (come nel caso di specie) i
clienti abbiano rifiutato di fornire le informazioni di cui all’art. 28 I co.
lett a) del regolamento Consob n. 11522/98 dovendo in tal caso tenere conto
di tutte le informazioni comunque in suo possesso (ad esempio “età,
professione, presumibile propensione al rischio anche alla luce della
pregressa ed abituale operatività, situazione del mercato”: in tal senso
vedasi comunicazione Consob n. DI/30396 del 21-4-2000 dettata in tema di
trading on line): tanto si desume sia dai principi generali in tema di
correttezza, diligenza e trasparenza dei comportamenti negoziali imposti
dalla normativa generale e speciale (cfr. artt. 1175 e 1176 II co. c.c., 21
d. lgs. 58/98) ma anche dal testo l’art. 29 del citato regolamento Consob che
impone all’intermediario finanziario di astenersi dal compiere per conto
degli investitori operazioni non adeguate e prevede che lo stesso utilizzi
ogni altra informazione disponibile anche diversa da quella fornita, ex art.
28 reg. cit., dai clienti, autorizzandolo solo in caso di conferma scritta
dell’ordine d’acquisto a darvi (correttamente) esecuzione (la diversa regola
contenuta nell’art. 19 co. V della direttiva europea 2004/39/CE del 21-4-2004
non può trovare applicazione al caso di specie sia ratione temporis sia
perché le direttive non attuate -e purchè ricorrano gli altri requisiti- non
hanno efficacia nei rapporti interprivati: cfr. Cass. 25-2-2004 n. 3762;
Corte Giust. CE 29-5-2004 n. 194). Poichè l'acquisto, per le considerazioni sopra svolte, era destinato
a diventare efficace in relazione al patrimonio di entrambe le clienti, deve
ritenersi che la banca dovesse separatamente valutare l'adeguatezza
dell'operazione in relazione al profilo di ciascuna di esse (qualificate come
consumatrici nella documentazione negoziale e risultanti essere pensionata la
G. e operatrice sanitaria la A.). Va ulteriormente precisato che G. M., alla data del 15-3-2001, oltre
ad avere un deposito cointestato con A. R. era titolare con S. C. e S. N. di
altri due depositi per un controvalore complessivo di euro 109.940,95 (sicché
la sua quota ammontava ad euro 54.970,47) mentre A. R. era contitolare del
solo deposito titoli sul quale erano stati immessi i bond Cirio. In particolare i depositi rispettivamente 1) G.-A., 2) G.- S. C.
e 3) G.-S. N. al momento
dell'operazione oggetto del giudizio erano composti dagli strumenti finanziari che di seguito vengono descritti
unitamente all'indicazione della misura percentuale sull'intero patrimonio
mobiliare: sul primo vi erano obbligazioni Cirio 21-12-05 (corporate bond) per
€ 26.000,00 (23,65%) nonché obbligazioni Kpn 04-10-05 (corporate bond
relativi ad una società con forte partecipazione statale) per € 5.000,00
(4,55%); sul secondo vi erano MCR Fond 02-03-03 (bond bancario) per €
5.165,00 (4,69%), BCA Medioc. 01-10-03 (bond bancario) per € 15.493,00
(14.10%), Medioc. Centr. 24-12-18 (bond bancario) per € 10.329,00 (9,39%),
azioni Seat P.G. ord. (azioni it.) per € 54 (0.05%), azioni Fiat ord. (azioni
it.) per € 2.521,00 (2,29%), azioni Telecom risp. (azioni it.), per euro
4.422,00 (4,02%); sul terzo vi erano C. Carpi 12-12-03 (bond bancario) per € 6.000,00
(5,46%), IMI 01-05-01 (bond bancario) per € 30.987,00 (28,19%), Fondo IAM az.
P. emerg. (fondo comune d'investimento azionario), per € 1.056,00 (0,96%),
Carifondo Europa (fondo comune d'investimento azionario) per € 1.839,00
(1,67), Fondo IAM az. tecn. av. (fondo comune d'investimento azionario) per
euro 1.056,00 (0,96%), azioni Seat PG. ord. (azioni it.) per € 18,00 (0.02%). Con riguardo ad A. R. deve ritenersi che l’operazione di acquisto
delle obbligazioni in questione non fosse adeguata in considerazione della
sua dimensione (comportando l’impiego pressoché dell’intero suo patrimonio
mobiliare), della natura altamente rischiosa dei titoli acquistati (anche in
relazione alla loro durata), della circostanza (già evidenziata) che la cliente
non era un investitore professionale, nonché per la mancata indicazione del
suo profilo di rischio (dato questo che non può far presumere una profonda
conoscenza del mercato), elementi questi tutti convergenti e chiaramente a
conoscenza dell’istituto. Ad identiche conclusioni deve pervenirsi in relazione alla posizione
di G. M. atteso che non può valutarsi operazione adeguata l'impiego di quasi
un quarto del suo patrimonio in un titolo qualificabile come speculativo ed
in concreto assai rischioso, patrimonio che era largamente caratterizzato
dalla componente conservativa.
La domanda attorea risulta quindi fondata essendo stata dimostrata
la violazione, da parte della banca, delle prescrizioni contenute negli artt.
21 t.u.l.f., 28 e 29 reg. Consob n. 11522/98 da considerarsi come norme
imperative ex art. 1418 c.c. in considerazione degli interessi tutelati
(tutela del risparmio, diligenza degli intermediari, integrità dei mercati:
cfr. art. 47 Cost.; artt. 5 -riguardante le finalità dei poteri di vigilanza
attribuiti alla Banca d’Italia ed alla Consob- 21 lett. a) e 190 -che prevede
sanzioni amministrative per le violazioni all’art. 21 del t.ul.f.- del
decreto legislativo 58/98, direttiva 93-22 UE del 10-5-1993 ora sostituita da
quella n. 2004/39 CE) e della natura generale di siffatti interessi (in tal
senso vedasi Trib. Firenze 30-5-2004 in www ilcaso.it; Trib. Monza
16-12-2004/27-1/2005 n. 218/05, ibidem, in considerazione del carattere
sufficientemente specifico delle prescrizioni di cui agli artt. 28 e 29 reg.
cit; Trib. Venezia 22-11-2004 n. 2654 in Contratti, 5,2005; per l'affermazione di tale principio
con riguardo all’analoga disciplina contenuta nella legge 1/91 vedasi Cass.
7-3-2001 n. 3272; Cass. 5-4-2001 n. 5052; Trib. Torino 19-4-1998 in Foro Padano,1998,387;
Trib. Milano ord. 11-5-1995 in Banca Borsa Tit. Cred.,1996,II,442). Poiché l'obbligazione di restituzione dell'importo versato in
conseguenza della dichiarazione di nullità dell'ordine di acquisto
costituisce debito di valuta, avendo ad oggetto, sin dal suo sorgere, il
pagamento di una somma di denaro e non avendo le attrici provato di avere
subito un danno ex art. 1224 II co. c.c., ad esse va restituito l'importo di
euro 25.831,99 cui debbono aggiungersi, ai sensi dell’art. 2033 c.c., gli interessi
al tasso legale dal 1-10-2001 (in conformità della richiesta attorea) sino al
saldo definitivo non potendosi ritenere che la convenuta, in relazione ai
comportamenti sopra censurati, fosse in buona fede. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da
dispositivo. P.Q.M. il Tribunale di Mantova, in composizione monocratica,
definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così
provvede: dichiara la nullità dell’ordine d’acquisto delle obbligazioni Cirio 21DC05
8% Eur impartito il 15-3-2001; condanna la Cassa di Risparmio di Carpi s.p.a. a corrispondere alle
attrici la somma di euro 25.831,99 cui debbono aggiungersi gli interessi al
tasso legale dal 1-10-2001 sino al saldo definitivo; condanna la convenuta a rifondere alle attrici le spese di lite liquidandole in complessivi euro
9.774,38 di cui € 4.074,38 per spese (comprese quelle di c.t.u.), € 1.900,00
per diritti ed € 3.800,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle
spese ex art. 15 T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge. |