Diritto
all'immagine - Diffusione di fotografie di minorenne per fini di lucro - Successiva
revoca del consenso alla diffusione - Illegittimità della divulgazione per
violazione del disposto dell'art. 96 r.d. 633/41. Tribunale
di Mantova, Sez. I Civile – Giudice unico Dott. Luigi Pagliuca - Sentenza del giorno
3 febbraio 2004. La
massima: L’art.
10 c.c. vieta non solo la esposizione o pubblicazione non consentita
dell’immagine di una persona, ma anche la divulgazione che, sebbene
consentita, sia lesiva del decoro o della reputazione del soggetto ritratto. Gli
artt. 96 e 97 L. 633/41 (c.d. legge
sul diritto d’autore) autorizzano la pubblicazione e diffusione dell’immagine
altrui, in generale, quando vi sia il consenso della persona ritratta (art.
96), ed eccezionalmente anche in mancanza di consenso in ragione della
notorietà della persona o delle particolari circostanze in cui l’immagine
viene acquisita. Anche in questi casi, comunque, la pubblica diffusione
dell’immagine deve avvenire con modalità tali da non pregiudicare l’onore, la
reputazione o il decoro dell’individuo, attesa la prevalenza di detti interessi
rispetto a quello pubblico come sopra individuato (in tal senso Cass.
1557/78). La
miglior dottrina e la giurisprudenza (Cass. 5175/97, Trib. Roma 2.11.94,
Pret. Milano 19.12.89) hanno specificato che il consenso di cui parla la
norma può essere sia esplicito che implicito; in questo secondo caso deve
accertarsi, avuto riguardo al contesto di tempo e di luogo in cui l’immagine
è stata acquisita, se il soggetto ritratto fosse o meno a conoscenza
dell’utilizzo che di essa sarebbe stato successivamente fatto; nel caso di
ritenuta consapevolezza, pertanto, il semplice fatto di aver accettato di
essere fotografati, potrà essere interpretato quale comportamento concludente
con cui, implicitamente, il soggetto ritratto ha acconsentito all’utilizzo
della sua immagine per la finalità dichiaratagli. In
ogni caso la successiva pubblicazione dell’immagine può ritenersi lecita solo
se rispettosa dei limiti soggettivi ed oggettivi del consenso prestato; la
pubblicazione è infatti consentita solo se effettuata dai soggetti a ciò
autorizzati dalla persona ritratta (limite soggettivo) e, comunque, per le
finalità e con i limiti resi noti ed accettati dall’interessato (limite
oggettivo); Pertanto,
se la pubblicazione dell’immagine viene effettuata da soggetto diverso da
quello che ha materialmente scattato le foto, è necessario che questi si
premunisca del necessario consenso o, comunque, si accerti del fatto che la
persona ritratta aveva consentito la cessione della propria immagine a terzi. Inoltre
conformemente alla migliore dottrina ritiene questo giudice che, pur nel
silenzio della legge sul punto, debba ammettersi la possibilità per il
soggetto ritratto di revocare il consenso alla pubblicazione dell’immagine
originariamente prestato. Difatti, la revocabilità del consenso è la logica
conseguenza della natura personale ed indisponibile del diritto in questione;
consentendo alla pubblicazione, infatti, non si dispone del diritto bensì,
più semplicemente, si rende lecito un comportamento che altrimenti sarebbe
vietato. L’assolutezza del diritto implica perciò la possibilità da parte del
titolare di decidere in ogni momento se consentire o vietare la diffusione
della propria immagine. In caso di revoca, quindi, è inibita all’utilizzatore
la possibilità di pubblicare l’immagine, salvo, però, il suo diritto ad
ottenere il risarcimento dei danni conseguenti alla sopravvenuta
impossibilità di sfruttamento dell’immagine del soggetto ritratto. SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO Con
ricorso ex art. 700 cpc depositato in data 29.7.99 P. M. e M. M., nella loro
qualità di genitori esercenti la potestà sulla figlia minore X Y (d’ora in
poi, per brevità, gli attori), esponevano che il Calzificio Alfa spa, a
partire dal settembre 1997, aveva posto in commercio propri prodotti
confezionati in scatole di cartone riproducenti l’immagine della figlia
minore Y, senza a ciò essere mai stato autorizzato ai sensi degli artt. 10
c.c. e 96 L. 633/41 e, quindi, del tutto abusivamente. Ritenendo, perciò, che
detto comportamento integrasse grave pregiudizio del diritto all’immagine
della figlia, chiedevano l’emissione di provvedimento d’urgenza con cui fosse
inibita al Calzificio Alfa spa l’ulteriore diffusione delle immagini della
figlia, nonché fosse ordinato l’immediato ritiro di tutte le confezioni già
poste in distribuzione sul mercato nazionale. Previa
regolare notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di
comparizione delle parti, il g.d. con ordinanza in data 6.8.99 accoglieva integralmente
il ricorso ordinando al Calzificio Alfa spa quanto richiesto dai ricorrenti e
fissava il termine di 30 giorni per l’inizio del giudizio di merito. Con
citazione tempestivamente notificata in data 2.9.99 gli attori convenivano in
giudizio il Calzificio Alfa spa e, oltre a ribadire quanto già asserito nel
ricorso ex art. 700 cpc, specificavano: 1)
che le foto apparse sulle confezioni erano state scattate nel corso di un
saggio ginnico presso la palestra frequentata dalla bambina, su richiesta di
un fotografo; 2)
che l’attrice M. M. aveva in detta occasione richiesto informazioni al
fotografo circa l’utilizzazione delle foto e che questi l’aveva
tranquillizzata promettendole la restituzione dell’intero servizio
fotografico e dei negativi, garantendole che delle immagini scattate non
sarebbe stato fatto alcun uso; 3)
che, nonostante ciò, le foto erano successivamente apparse sulle confezioni
dei prodotti del Calzificio Alfa spa, in assenza di qualsiasi autorizzazione
allo sfruttamento commerciale delle immagini in esse riprodotte. Ciò
premesso, gli attori concludevano chiedendo l’inibitoria all’ulteriore
utilizzazione dell’immagine della figlia, nonché la condanna del Calzificio
Alfa spa all’immediato ritiro di tutte le confezioni ancora in commercio oltre
al risarcimento dei danni patiti da quantificarsi, anche in via equitativa,
in importo non minore di lire 500.000.000. Il
Calzificio Alfa spa (d’ora in poi, per brevità, il convenuto), costituitasi
in giudizio, contestava in fatto e diritto la pretesa attorea, ed in
particolare affermava: 1)
di aver commissionato il servizio fotografico all’agenzia pubblicitaria Omega
srl la quale, a sua volta, si era avvalsa dell’opera dello studio fotografico
AAA di Cecconi Umberto; 2)
che detta agenzia, sia al momento del pagamento che successivamente, le aveva
garantito la piena liceità dello sfruttamento commerciale delle immagini
della minore; 3)
che, conseguentemente, era da escludersi ogni responsabilità del convenuto
avendo esso agito in evidente buona fede, ignorando la mancanza di assenso
allo sfruttamento delle immagini; 4)
che gli eventuali responsabili dell’accaduto erano da individuarsi
nell’agenzia pubblicitaria o nel fotografo; Tutto
ciò premesso il convenuto dichiarava di voler chiamare in causa la Omega srl
e lo studio fotografico AAA per essere da essi manlevato e, in via
pregiudiziale, eccepiva che la causa doveva essere assegnata alla sezione
staccata dell’adito Tribunale, nella cui circoscrizione era situata la sede
della convenuta; nel merito, concludeva
chiedendo il rigetto delle domande attoree e, in via riconvenzionale, la
condanna degli attori al risarcimento dei danni patiti in conseguenza del
ritiro dal mercato delle confezioni in esecuzione dell’ordinanza del g.d. In
subordine, per il caso di sua soccombenza, chiedeva di essere manlevato e
garantito da parte dei terzi chiamati, nonché la condanna degli stessi al
risarcimento dei medesimi danni richiesti in via riconvenzionale agli attori. A
seguito di regolare chiamata in causa si costituiva in giudizio la Omega srl,
la quale dichiarava di essere stata dichiarata fallita prima dell’inizio del
giudizio con sentenza del Tribunale di Cremona in data 12.2.99 e chiedeva
perciò in via preliminare l’interruzione del giudizio. Nel merito, confermava
di aver ricevuto incarico dal convenuto di predisporre un servizio fotografico
per pubblicizzare collants per bambine ed affermava che le foto erano state
materialmente scattate, su suo incarico, da Rossi Umberto, titolare dello
studio fotografico AAA, col consenso degli attori i quali avevano
espressamente autorizzato lo sfruttamento commerciale delle immagini. Ciò
premesso, concludeva chiedendo il rigetto delle domande attoree, nonché di
quelle svolte nei suoi confronti dal convenuto. Con
ordinanza in data 22.9.00 il g.i., rilevato che il fallimento della Omega srl
era intervenuto prima dell’inizio del giudizio, riteneva che ai fini di una
valida instaurazione del rapporto processuale dovesse essere citato in
giudizio il fallimento della OMEGA srl ed ordinava perciò a parte convenuta
la rinnovazione della chiamata nei suoi confronti. A
seguito di regolare chiamata in causa il fallimento della Omega srl ometteva
di costituirsi in giudizio e veniva perciò dichiarato contumace con ordinanza
in data 16.1.01. Da
ultimo, a seguito di regolare chiamata in giudizio, si costituiva Rossi
Umberto, titolare dello studio fotografico AAA il quale negava di aver
realizzato le foto della minore e precisava di essersi semplicemente limitato
a mettere a disposizione, su richiesta della Omega srl, i locali del proprio
studio fotografico. In particolare, asseriva che il servizio fotografico era
stato effettuato da altro fotografo, su incarico della stessa Omega srl. Ciò
premesso chiedeva il rigetto delle domande proposte nei suoi confronti dal
convenuto. Con
decreto in data 5.2.02 il Presidente del Tribunale di Mantova, rigettava la
richiesta del convenuto di attribuzione della causa alla cognizione della
sede staccata di Castiglione delle Stiviere, disponendo la sua prosecuzione
presso la sede centrale dell’adito Tribunale La
causa, istruita oralmente e documentalmente, veniva trattenuta in decisione
all’udienza del 4.11.2003, sulla base delle conclusioni delle parti
costituite come riportate in epigrafe. MOTIVI
DELLA DECISIONE 1)
Premessa L’art.
2 della Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo
tra i quali, in primo luogo, vengono in rilievo quelli relativi alla sua
personalità, cioè quelli che attengono all’essenza stessa della persona e che
ne connotano il modo di essere e le caratteristiche più intime. Tra questi è
pacificamente ricompresso anche il diritto all’immagine, inteso non solo come
interesse a non vedersi attribuiti comportamenti od opinioni non conformi
alla realtà (ipotesi generalmente ricondotte ai concetti di onore, reputazione o, più in generale, di identità
personale), ma anche, in un’accezione più generale, quale semplice interesse
dell’individuo ad escludere o limitare la diffusione stessa della propria
raffigurazione (mediante qualsiasi mezzo di riproduzione, ivi compresa la
fotografia), per scopi informativi o di lucro (ed in tal caso il diritto in
esame coincide, sostanzialmente, con l’interesse dell’individuo a veder tutelata
la propria privacy, intesa quale sfera intima della persona ad essa
riservata, di cui soltanto questa può disporre). Ad
entrambe le accezioni ora evidenziate fa evidentemente riferimento anche
l’art. 10 c.c. Detta norma, infatti, vieta non solo la esposizione o
pubblicazione non consentita dell’immagine di una persona, ma anche la
divulgazione che, sebbene consentita, sia lesiva del decoro o della
reputazione del soggetto ritratto. In
particolare, quanto alla mera pubblicazione ed esposizione dell’immagine
altrui, dalla semplice lettura della norma si deduce che detto comportamento,
in astratto illecito, è tuttavia consentito solo nei casi “dalla legge
consentiti”. Il
riferimento è, evidentemente, agli artt. 96 e 97 L. 633/41 (c.d. legge sul diritto d’autore) che autorizzano la
pubblicazione e diffusione dell’immagine altrui, in generale, quando vi sia
il consenso della persona ritratta (art. 96), ed eccezionalmente anche in
mancanza di consenso nell’ipotesi in cui, in ragione della notorietà della
persona ritratta o delle particolari circostanze in cui l’immagine viene
acquisita, deve ritenersi che la pubblicazione sia funzionale all’interesse
pubblico all’informazione, considerato prevalente rispetto all’interesse
dell’individuo ritratto a non vedere violata la propria privacy (art. 97).
Anche in questi casi, comunque, la pubblica diffusione dell’immagine deve
avvenire con modalità tali da non pregiudicare l’onore, la reputazione o il
decoro dell’individuo, attesa la prevalenza di detti interessi rispetto a
quello pubblico come sopra individuato (in tal senso Cass. 1557/78). Atteso
che la bambina ritratta nelle confezioni oggetto del presente giudizio non è
personaggio noto è in primo luogo evidente che non ricorre l’ipotesi
legittimante la pubblicazione di cui al citato art. 97, mentre l’indagine deve
tendere alla verifica della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 96
cit. Sul
punto la miglior dottrina e la giurisprudenza (Cass. 5175/97, Trib. Roma
2.11.94, Pret. Milano 19.12.89) hanno, in modo del tutto condivisibile,
specificato che il consenso di cui parla la norma può essere sia esplicito
che implicito; in particolare, in questo secondo caso deve accertarsi, avuto
riguardo al contesto di tempo e di luogo in cui l’immagine è stata acquisita,
se il soggetto ritratto fosse o meno a conoscenza dell’utilizzo che di essa
sarebbe stato successivamente fatto; nel caso di ritenuta consapevolezza,
pertanto, il semplice fatto di aver accettato di essere fotografati, potrà
essere interpretato quale comportamento concludente con cui, implicitamente,
il soggetto ritratto ha acconsentito all’utilizzo della sua immagine per la
finalità dichiaratagli. In
ogni caso la successiva pubblicazione dell’immagine può ritenersi lecita solo
se rispettosa dei limiti soggettivi ed oggettivi del consenso prestato; la pubblicazione
è infatti consentita solo se effettuata dai soggetti a ciò autorizzati dalla
persona ritratta (limite soggettivo) e, comunque, per le finalità e con i
limiti resi noti ed accettati dall’interessato (limite oggettivo); Pertanto,
se la pubblicazione dell’immagine viene effettuata da soggetto diverso da
quello che ha materialmente scattato le foto, è necessario che questi si
premunisca del necessario consenso o, comunque, si accerti del fatto che la
persona ritratta aveva consentito la cessione della propria immagine a terzi. Inoltre
conformemente alla migliore dottrina ritiene questo giudice che, pur nel
silenzio della legge sul punto, debba ammettersi la possibilità per il
soggetto ritratto di revocare il consenso alla pubblicazione dell’immagine
originariamente prestato. Difatti, la revocabilità del consenso è la logica
conseguenza della natura personale ed indisponibile del diritto in questione;
consentendo alla pubblicazione, infatti, non si dispone del diritto bensì,
più semplicemente, si rende lecito un comportamento che altrimenti sarebbe
vietato. L’assolutezza del diritto implica perciò la possibilità da parte del
titolare di decidere in ogni momento se consentire o vietare la diffusione
della propria immagine. In caso di revoca, quindi, è inibita all’utilizzatore
la possibilità di pubblicare l’immagine, salvo, però, il suo diritto ad
ottenere il risarcimento dei danni conseguenti alla sopravvenuta
impossibilità di sfruttamento dell’immagine del soggetto ritratto. Quanto
alla tutela apprestata dall’ordinamento in caso di violazione del diritto in
questione il soggetto ritratto ha diritto di chiedere la cessazione del fatto
lesivo, oltre al risarcimento del danno. In particolare, la cessazione della
pubblicazione consegue al mero accertamento della mancanza del consenso,
mentre ai fini del risarcimento è altresì necessario che ricorra il dolo o la
colpa dell’autore della violazione (in tal senso Cass. 2426/91, in
riferimento ad un’ ipotesi di lesione del diritto al nome). Concretamente,
quindi, l’autore della pubblicazione potrà andare esente da responsabilità
solo nel caso in cui sia accertato che egli, prima della pubblicazione,
ignorava per fatto a sé non imputabile l’assenza del consenso alla diffusione
da parte del soggetto ritratto. Così
individuati i principi giuridici che regolamentano la materia oggetto del
presente procedimento è ora in primo luogo necessario accertare quali siano
stati i rapporti intercorsi tra le parti e, in particolare, verificare se la
pubblicazione dell’immagine della piccola Y sulle confezioni dei prodotti del
convenuto fosse o meno stata acconsentita dagli attori. 2)
Sopravvenuta revoca del consenso alla diffusione delle immagini L’espletata
istruttoria ha consentito di ricostruire l’intera vicenda nei termini che
seguono. Il
Calzifico Alfa spa, avendo bisogno di immagini di una bambina da apporre
sulle confezioni dei collants da esso prodotti, commissionava a tal fine un
servizio fotografico all’agenzia Omega srl (cfr interrogatorio formale di
Stefano Rossi, già legale rappresentante della Omega srl). A sua volta la
Omega srl conferiva incarico a tale BBB di reperire una bambina da utilizzare
quale modella, nonché di scattare materialmente le fotografie (cfr
interrogatorio del Rossi nonché, quanto al nome del fotografo, le
dichiarazioni della teste M.). Il BBB individuava quindi nella piccola M. il
soggetto adatto e contattava, dapprima per il tramite dell’insegnante di
ginnastica e poi personalmente, i genitori per verificare se vi fosse la
disponibilità all’effettuazione del servizio (cfr teste Porcu). A questo
punto, secondo quanto dichiarato dall’attrice M. M. ai testi M. e CCC, gli
attori avrebbero autorizzato le foto della figlia a condizione che di esse
non venisse fatto alcun uso. Sennonché
detta versione dei fatti mal si concilia con la circostanza, riferita dal
teste Arrighi, secondo cui le foto della piccola Y erano state
successivamente scattate presso lo studio fotografico AAA di Umberto Rossi,
ove la bambina era stata accompagnata dal padre (e non, invece, durante un
saggio ginnico, come sostenuto dagli attori in citazione). Non si comprende
infatti quale interesse avrebbe avuto il BBB, fotografo professionista, a
scattare delle fotografie, talaltro presso uno studio fotografico e quindi in
un ambiente professionale e con accollo delle relative spese, senza avere poi
la possibilità di sfruttare le immagini e, quindi, quantomeno recuperare le
spese sostenute. Non è cioè credibile che il BBB avesse accettato di scattare
le foto per mero diletto personale, senza alcuna ulteriore finalità. E
del resto lo stesso contesto in cui le foto sono state scattate ed il fatto
che il servizio fosse stato effettuato anche con la supervisione di Michele
Arrighi, direttore creativo della Agenzia Fotografica Mondo Wilkens, dimostra
inequivocabilmente che i genitori della bambina non potevano non essere a
conoscenza del fatto che le foto della propria figlia erano successivamente
destinate ad essere diffuse e, quindi, utilizzate per finalità di lucro. Le
risultanze istruttorie, quindi, portano a ritenere che i genitori fossero a
conoscenza del fatto che le foto della figlia erano destinate ad essere
diffuse; conseguentemente, dati questi presupposti, lo stesso fatto di aver
acconsentito all’effettuazione del servizio fotografico deve essere
interpretato quale comportamento concludente con cui gli attori, quantomeno
tacitamente, avevano prestato in questa prima fase il loro assenso alla
successiva diffusione delle foto della figlia. Sennonché
i testi M. e CCC hanno riferito di aver personalmente ascoltato una
telefonata, avvenuta in momento successivo all’effettuazione del servizio
fotografico ma prima della pubblicazione delle foto sulle scatole dei
collants prodotti dal convenuto, tra il BBB e l’attrice M. M., con cui
quest’ultima aveva richiesto la restituzione di tutte le fotografie scattate
e dei negativi. Comportamento, questo, che dimostra inequivocabilmente che
gli attori avevano successivamente avuto un ripensamento ed avevano perciò
deciso di revocare il proprio consenso alla diffusione delle foto della
figlia. Sulla
scorta dei principi di diritto sopra evidenziati, quindi, deve ritenersi che
a fronte della revoca del consenso al BBB ed a tutti i soggetti che
successivamente hanno ottenuto le fotografie della piccola Y era interdetta
la pubblicazione delle immagini per sopravvenuta carenza dei presupposti di
cui all’art. 96 L. 633/41. 2)
Domande attoree – accoglimento;
Domande di garanzia e risarcimento danni del convenuto nei confronti
della Omega srl – improcedibilità; Domanda riconvenzionale del convenuto: rigetto Sulla
scorta di quanto affermato al punto precedente deve in primo luogo rilevarsi
l’illiceità della pubblicazione delle foto della figlia degli attori sulle
scatole dei collants prodotti dalla convenuta, per mancanza del necessario
consenso ex art. 96 cit. Conseguentemente,
accertata l’oggettiva illegittimità della pubblicazione, deve per ciò solo inibirsi
al convenuto l’utilizzazione delle immagini di Y, nonché ordinarsi allo
stesso l’immediato ritiro di tutte le confezioni riportanti l’effige della
piccola ancora esistenti sul mercato nazionale. Quanto
alla domanda di risarcimento dei danni svolta dagli attori, il convenuto
contesta la propria responsabilità affermando che, al momento del pagamento
del servizio commissionato alla Omega srl, le era stato garantito che le foto
erano liberamente utilizzabili per finalità commerciali; il convenuto
afferma, sostanzialmente, di essere stato incolpevolmente ignaro, al momento
della pubblicazione delle foto, dell’assenza del necessario consenso dei
genitori; ne deriverebbe perciò l’esclusione di ogni sua responsabilità
risarcitoria nei confronti degli attori, la quale dovrebbe semmai gravare
unicamente sulla stessa agenzia Omega srl o, in subordine, sul fotografo che
ha scattato le foto. In
proposito deve però rilevarsi che all’esito dell’istruttoria non è risultato
affatto provato che la Omega srl, prima della pubblicazione delle foto,
avesse garantito la libera utilizzabilità delle stesse per finalità
commerciali (id est: avesse garantito al convenuto che i genitori avevano
prestato il loro consenso alla diffusione). Il
documento n. 4 di parte convenuta (in cui la Omega srl garantisce al
convenuto la libera utilizzabilità delle immagini) reca infatti la data del 20.11.97
ed è quindi successivo alla pubblicazione delle foto della piccola Y
(avvenuta in momento certamente anteriore al 30.10.97, data in cui gli attori
hanno per la prima volta contestato al convenuto l’illegittima utilizzazione
delle foto della figlia: doc. 2 di parte convenuta). In
assenza, quindi, della prova della buona fede del convenuto al momento della
pubblicazione, sulla scorta dei principi di diritto enunciati in premessa,
deve essere accolta anche la domanda risarcitoria svolta nei suoi confronti
dagli attori. Non
possono invece essere oggetto di indagine in questa sede le domande di
garanzia e risarcimento danni proposte dal convenuto nei confronti della
Omega srl. Difatti,
poiché la Omega srl è stata dichiarata fallita, il rispetto del principio
della par conditio creditorum impone che ogni pretesa creditoria nei sui
confronti debba essere avanzata davanti al Tribunale fallimentare mediante
insinuazione al passivo, con conseguente declaratoria di improcedibilità
della domande di garanzia e risarcimento danni proposte in questa sede dalla
convenuta nei confronti del fallimento della Omega srl (in tal senso Cass.
1893/96, Cass. 3685/99, Cass. 13584/99). All’accoglimento
delle domande degli attori consegue infine il rigetto della domanda riconvenzionale
formulata nei loro confronti dal convenuto. 3)
Quantificazione del danno Gli
attori hanno prodotto alcuni esemplari delle confezioni di collants in cui è
ritratta la figlia . Conformemente a quanto affermato dal convenuto rileva
questo giudice come in tutte le foto la bambina appaia in atteggiamento
sorridente e sbarazzino, con abbigliamento del tutto decorso e confacente
all’età della persona ritratta. Deve perciò in primo luogo escludersi che la
natura delle fotografie scattate fosse tale da determinare un pregiudizio
alla reputazione o all’onore della bambina ritratta. D’altro
canto gli attori non hanno neppure dimostrato che la piccola Y sia stata
oggetto della morbosa curiosità di conoscenti ed amici con conseguente turbamento
allo svolgimento della nomale vita infantile. Di
conseguenza la bambina ha diritto al risarcimento del solo danno conseguente
all’oggettiva diffusione della propria immagine in assenza di consenso.
Trattandosi, infatti, di diritto assoluto della personalità deve ritenersi
che la sua semplice violazione sia in re ipsa produttiva di danno, a
prescindere dalle ulteriori conseguenze di tipo patrimoniale o non che, ove
sussistenti, integrerebbero un’ulteriore voce di danno autonomamente
risarcibile. Inoltre,
trattandosi di danno di natura non patrimoniale, risarcibile ex art. 10 e
2043 c.c., la relativa liquidazione non può che avvenire in via equitativa,
tenuto conto delle particolarità del caso concreto. Pertanto,
considerato il periodo di tempo in cui le foto sono state diffuse (autunno
1997 – autunno 1999) nonché il fatto che, sebbene in esecuzione
dell’ordinanza del g.d., le confezioni riproducenti l’immagine della piccola
ormai da tempo sono state ritirate dal mercato (come risulta dalla copiosa
corrispondenza intervenuta tra il convenuto ed i propri distributori: docc.
11-44 di parte convenuta) appare equo quantificare il danno patito da X Y per
la lesione del proprio diritto all’immagine nell’importo, liquidato
all’attualità, di euro 10.000,00. Ritiene
infine questo giudice che, per gli stessi motivi ora evidenziati, non ricorra
alcuna attuale esigenza riparatoria che giustifichi e renda opportuna la
pubblicazione del dispositivo della presente sentenza su un quotidiano ai
sensi dell’art. 166 L. 633/41, come richiesto dagli attori. 4)
Domanda di garanzia nei confronti di Rossi Umberto – rigetto. Dall’espletata
istruttoria è emerso che non vi era stato alcun rapporto contrattuale diretto
tra il convenuto e Rossi Umberto, titolare dello studio fotografico AAA in
cui sono state fatte le foto per cui è causa. Il Rossi, infatti, aveva agito
unicamente su incarico dell’agenzia fotografica Omega srl, mettendo a
disposizione il proprio studio fotografico per la realizzazione del servizio
fotografico. Conseguentemente
non sussistono i presupposti della garanzia c.d. impropria che presuppone,
appunto, l’esistenza di un autonomo rapporto contrattuale tra il terzo
chiamato ed il chiamante, dal cui inadempimento derivi l’obbligo di manleva
del primo nei confronti del secondo. In
ogni caso deve rilevarsi che l’obbligo di acquisire il consenso alla
diffusione delle foto gravava unicamente sul fotografo che le aveva
realizzate; e dall’istruttoria è emerso che il servizio era stato
materialmente effettuato dal BBB e non, invece, dal Rossi. Ne
deriva, il rigetto delle domande di garanzia e risarcimento danni proposte
dal convenuto nei confronti del Rossi. 4)
Spese La
quantificazione del danno patito da X Y in misura di molto inferiore a quella
richiesta dagli attori giustifica la compensazione di metà delle spese di
lite sostenute da questi ultimi. Il convenuto, perciò, va condannato al
pagamento della residua metà delle spese, che si liquidano per l’intero in
complessivi euro 8.000,00 di cui euro 1.000,00 per spese (comprensive di
quelle forfettarie), euro 2.500,00 per diritti, euro 4.500,00 per onorario,
oltre iva e cpa. Quanto
alle spese di lite sostenute dal Rossi, tenuto conto che, nonostante il
rigetto delle domande svolte nei suoi confronti dal convenuto, la sua
partecipazione al giudizio si palesava comunque utile ai fini
dell’accertamento dei fatti di causa, sussistono anche in questo caso
giustificati motivi per compensare meta delle spese di lite da questi
sostenute, mentre la residua metà va posta a carico del convenuto che lo ha
chiamato in causa, con distrazione a favore dei procuratori dichiaratisi
antistatari (vedi memoria di replica in data 23.1.04). Le spese sostenute dal
Rossi (che non ha depositato nota spese) si liquidano per l’intero nel
complessivo importo di euro 4.600,00, di cui euro 600,00 per spese
(comprensive di quelle forfettarie), euro 1.500,00 per diritti, euro 2.500,00
per onorario, oltre cpa (esclusa cpa, detraibile dal Rossi). PQM pronunciando
definitivamente, disattesa e respinta ogni diversa domanda, istanza ed eccezione: -
inibisce al Calzificio Alfa spa l’utilizzazione delle immagini di X Y; -
ordina al Calzificio Alfa spa l’immediato ritiro dal mercato di tutte le
confezioni di propri prodotti riportanti l’immagine di X Y; - condanna il
Calzificio Alfa spa al pagamento in favore di P. M. e M. M., nella loro
qualità di genitori legali rappresentanti della figlia minore X Y,
dell’importo di euro 10.000,00, oltre interessi legali dalla pubblicazione
della presente sentenza al saldo. -
rigetta la domanda riconvenzionale proposta dal Calzificio Alfa spa nei
confronti degli attori; -
dichiara l’improcedibilità delle domande di garanzia e risarcimento danni
proposte dal Calzificio Alfa spa nei confronti del Fallimento della Omega
srl; -
rigetta le domande di garanzia e risarcimento danni proposte dal Calzifico
Alfa spa nei confronti di Umberto Rossi, titolare dello studio Fotografico
AAA; -
condanna il Calzificio Alfa spa al pagamento in favore di P. M. e M. M., nella loro qualità di
genitori legali rappresentanti della figlia minore M. P., della somma di euro
4.000,00 oltre iva e cpa, a titolo di rimborso di metà delle spese di lite;
spese compensate per la residua metà; -
condanna il Calzificio Alfa spa al pagamento in favore di Rossi Umberto,
titolare dello studio fotografico AAA, della somma di euro 2.300,00 oltre
cpa, a titolo di rimborso di metà delle spese di lite, con distrazione a
favore dei procuratori antistatari; spese compensate per la residua metà; Così
deciso in Mantova il 3.2.2004 |