Investimenti
in strumenti finanziari derivati – Responsabilità per violazione delle norme
sull’intermediazione finanziaria – Risarcimento del danno subito dagli investitori
– Natura contrattuale della responsabilità – Nesso di causalità – Onere della
prova – Richiesta di sequestro conservativo – Utilizzabilità degli atti
ispettivi della Banca d’Italia. Sequestro conservativo nei confronti di
soggetto in amministrazione straordinaria – Ammissibilità. Artt. 21,
23, 26, 27, 29, 56 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 Reg.
Consob 11522/1998 Tribunale di Mantova, Sez. II – Dr. Attilio
Dell’Aringa, Presidente; Dr. Luigi Bettini, Giudice relatore, Dr. Mauro
Bernardi, Giudice - provvedimento del giorno 15 marzo 2005. La massima: Sono
utilizzabili nell'ambito del giudizio civile di risarcimento danni e quindi anche
nella fase cautelare finalizzata all'instaurazione dello stesso gli atti
relativi al procedimento ispettivo promosso dalla Banca d'Italia nei
confronti di una SIM. E' ammissibile la misura del
sequestro conservativo nei confronti di una SIM nei cui confronti sia stata
disposta l'amministrazione straordinaria. Il testo integrale: letti gli atti ed a scioglimento della riserva di
cui all’udienza del 3/3/05; rilevato che: -
con ricorso del 17/2/05 la X SIM s.p.a., in amministrazione
straordinaria, reclamava il provvedimento di sequestro conservativo reso dal
Tribunale di Mantova il 16/1/05 con il quale le erano sequestrati beni e
crediti per il complessivo valore di €. 353.000,00 a favore di S. A., L. C., D. G., G. L. e F. R. a tutela di loro
crediti aventi natura risarcitoria in conseguenza dell’inadempimento di
contratti di investimento conclusi con la Y per il tramite della reclamante; -
nel primo grado della fase cautelare del giudizio
i ricorrenti, odierni reclamati, affermavano la sussistenza del fumus boni
iuris in relazione alla condotta della società, generatrice dell’asserito
illecito in loro danno; -
in particolare affermavano di avere versato,
ciascuno di loro per importi differenti, somme di denaro su un conto corrente
intestato alla società svedese presso l’Unicredit banca s.p.a., filiale di
Milano, in adempimento di altrettanti contratti di investimento in strumenti
finanziari derivati collegati a materie prime, valute, indici azionari e
titoli obbligazionari; -
tali investimenti erano stati suggeriti loro da
parte della X SIM s.p.a. - società di intermediazione in Italia per conto di
quella svedese - della quale erano già clienti, tanto che ciascuno di loro
aveva disinvestito titoli azionari ed obbligazionari depositati in gestioni
presso la società italiana per compiere i nuovi investimenti; -
tali investimenti, dopo qualche oscillazione di
valore, avevano subito perdite consistenti, peraltro tardivamente comunicate
dalla società svedese che era stata costretta a chiudere il proprio ufficio
in Italia, ed essi avevano così ricevuto la restituzione di somme irrisorie
rispetto a quelle investite; -
inoltre l’investimento da loro compiuto era stato
comune a moltissime altre persone tanto che la società di intermediazione
italiana aveva raccolto circa tre milioni di euro, depositati su un conto
corrente bancario acceso presso l’Unicredit Banca s.p.a. ed intestato alla
società svedese, denaro peraltro sottratto da quest’ultima che aveva
rinunciato ad operare in Italia ed era stata successivamente dichiarata
fallita dal Tribunale di Stoccolma; -
in
conseguenza di tale vicenda la Banca d’Italia aveva disposto un’ispezione
amministrativa presso la X s.p.a. che si era conclusa con la sua ammissione
all’amministrazione straordinaria ex art. 56 D.l.vo n. 58/98 con decreto del
MInistero dell’Economia e delle Finanze che, facendo propria la relazione
ispettiva, aveva riscontrato gravi violazioni di tale legge; -
sempre i ricorrenti affermavano infine che il
periculum in mora era evincibile dalla condotta pregressa della X s.p.a.,
così aspramente criticata, e dal fatto che a breve sarebbe terminata la
procedura amministrativa; pur senza censurare l’operato dell’amministratore
straordinario nominato dalla Banca d’Italia, la condotta gravemente colposa
della società nella gestione del rapporto con la società svedese rendeva
attuale e concreto il pericolo che si disfacesse della garanzia patrimoniale,
anche in considerazione del fatto che era rappresentato essenzialmente da
denaro, come tale facilmente occultabile ai creditori; -
nel primo grado del giudizio si costituiva in
giudizio la X SIM s.p.a., in amministrazione straordinaria, chiedendo il
rigetto del ricorso; negava la sussistenza del fumus boni iuris perché era
stata una semplice agente senza rappresentanza della società svedese e quindi nulla poteva esserle direttamente
imputato; negava altresì la sussistenza del periculum in mora durante il
periodo dell’amministrazione straordinaria, non essendo censurata in alcun
modo l’attività dell’amministratore; -
il giudice di primo grado accoglieva il sequestro
ravvisando il fumus boni iuris nella condotta della resistente, odierna
reclamante, così come evidenziata dalla proposta degli ispettori della Banca
d’Italia che costituiva il fondamento del decreto di ammissione emanato dal
Ministero dell’Economia ed il periculum in mora nel fatto che all’esito
dell’amministrazione la suddetta società poteva esser affidata nuovamente ai
medesimi amministratori, la cui gestione aveva dato luogo alla procedura
amministrativa, e che gli ingenti crediti degli istanti, insieme a quelli
prevedibili di molti altri ex clienti, avrebbe reso insufficiente il suo
patrimonio; -
con l’odierno reclamo la società censura
l’ordinanza del giudice di primo grado sotto il duplice profilo
dell’insussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora; -
da un
lato, infatti, non vi sarebbe alcuna prova del nesso causale fra la condotta
della società ed il danno cagionato ai ricorrenti, odierni reclamati, che il giudice
del primo grado avrebbe dato per implicito richiamando le violazioni del
D.lvo n. 58/98 evidenziate dalla proposta della Banca d’Italia; il suo
giudizio si sarebbe peraltro basato sulla base dei soli documenti di quel
procedimento amministrativo che, pur se prodotti in giudizio, non sarebbero utilizzabili
nel giudizio civile; -
dall’altro non vi sarebbe nemmeno il periculum in
mora: in pendenza della procedura amministrativa il pericolo di dispersione
della garanzia patrimoniale non sarebbe in alcun modo attuale e comunque
anche alla sua scadenza non potrebbero più essere nominati i precedenti amministratori; -
si costituivano anche nel presente grado gli
originari ricorrenti chiedendo il rigetto del reclamo e la conferma
dell’impugnato provvedimento; -
la gravità delle condotte della società come
evidenziate dalla stessa Banca d’Italia, da un lato, e l’imminenza della
cessazione dell’amministrazione straordinaria facevano ritenere fondate le
argomentazioni poste a base dell’ordinanza di concessione del sequestro; ritenuto che: -
il reclamo è infondato e deve essere rigettato; -
circa il fumus boni iuris deve rilevarsi
anzitutto come risultino utilizzabili i documenti prodotti dai reclamati
perché non coperti dal segreto d’ufficio; ed infatti l’invocata sentenza della
Corte costituzionale n. 32/05, da un lato, si pronuncia, sull’art. 4/10
D.l.vo n. 58/98 che attiene solo ai documenti relativi al procedimento
ispettivo della CONSOB e non della Banca d’Italia e, dall’altro, esclude la
censura di illegittimità costituzionale della citata disposizione con riferimento
alla prospettazione concreta della questione; -
nel caso preso in considerazione del Giudice
delle leggi, la censura di incostituzionalità risulta infondata perché il suo
accoglimento avrebbe determinato una disparità di posizione processuale delle
diverse parti nel giudizio; -
se fosse stata data la facoltà di ottenere dalla
CONSOB i documenti del procedimento amministrativo - poi archiviato - al
soggetto che l’aveva subito, e ciò per poterli produrre nel giudizio civile
di danni intentato da un terzo contro di esso (questo il caso concreto), si sarebbe
creata una disparità di poteri processuali in danno dell’altra parte del
processo; chi li avesse ottenuti non sarebbe stato poi tenuto a produrli
integralmente, ben potendo farlo solo con quelli che avrebbero sostenuto le
sue tesi difensive, con ciò alterando le facoltà processuali dell’altra parte
cui la CONSOB avrebbe potuto opporre il segreto; -
ciò peraltro non significa che anche tali
documenti non possano essere di per sé legittimamente utilizzati nel giudizio
civile, purché accessibili ad entrambe le parti; -
ciò trova conforto anche nell’interpretazione che
degli artt. 70 D.l.vo n. 385/93 e 4 D.l.vo n. 58/98 danno le autorità
amministrative interessate (Banca d’Italia, CONSOB e Ministero dell’Economia
e delle Finanze), come risulta dai documenti prodotti, che ritengono di
negare l’accesso a chi non abbia un concreto interesse a possederli,
interesse che ravvisano sussistente nell’aver già iniziato un giudizio
risarcitorio, cui può essere equiparato - a parere del Tribunale - la domanda
cautelare prodromica all’instaurazione del giudizio risarcitorio di merito,
qual è quella presente; -
alla luce di tali documenti, ed in particolare
della proposta della Banca d’Italia così come peraltro anche dei contratti
conclusi dalle parti e prodotti dai reclamati, emergono plurime violazioni
del D.l.vo n. 58/98 e del regolamento CONSOB di attuazione n. 11522/98; -
in particolare risultano ripetute violazioni
dell’art. 21 D.l.vo n. 58/98 con riferimento all’art. 26 del regolamento
sull’adeguatezza delle operazioni fornite, propria o di terzi, con riferimento
all’art. 28 sugli obblighi informativi ai clienti e con riferimento all’art.
29 sull’adeguatezza delle operazioni, con riferimento all’art. 62/2
sull’obbligo di rendiconto delle gestioni dei titoli; ed ancora è emersa la
violazione degli artt. 27 D.l.vo n. 58/98 e 23 del regolamento in relazione
al difetto di autorizzazione a vendere quegli specifici prodotti finanziari e
degli artt. 21 D.l.vo n. 58/98 e 56 in relazione all’obbligo di adottare
adeguate procedure interne per assicurare sia la corretta gestione dei
servizi che la ricostruzione dei comportamenti posti in essere anche con
riferimento all’attività svolta dal personale; -
tali sono i fatti che hanno determinato
l’ammissione all’amministrazione straordinaria ex art. 56 D.l.vo n. 58/98
perché valutati come sussistenti dalla Banca d’Italia e dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze; a ciò occorre peraltro aggiungere che ex art.
23/6 D.l.vo n. 58/98 è il prestatore del servizio che deve dare prova
dell’assenza di colpa da parte sua; -
alla luce di questi elementi può ritenersi
sussistente il fumus boni iuris del diritto invocato, e dunque in questa fase
la semplice verosimiglianza della sua sussistenza; -
le condotte della società reclamante sono tali da
poter invocare la nullità dei contratti conclusi dai reclamati ex artt. 21 e
23 D.l.vo n. 58/98 con i conseguenti obblighi restitutori del denaro
investito e, con riferimento alla
reclamante, costituire fatti generatori del danno ex art. 23/6 D.l.vo n.
58/98; -
tale danno deve essere qualificato come
contrattuale - ed a prescindere dalla natura del rapporto come mediazione o
mandato, secondo le diverse prospettazioni compiute dalla dottrina più
autorevole – e quantificato, in relazione al danno emergente (ed dunque anche
a tacere del lucro cessante), nelle perdite del capitale investito subite dai
diversi ricorrenti, quantomeno con riferimento all’inadeguatezza delle operazioni
compiute ed alla violazione degli obblighi informativi; -
a tale proposito non può ritenersi insussistente
il nesso causale fra le condotte della società e le perdite cagionate ai
clienti; -
è vero infatti che di regola tra i fatti
costitutivi del diritto al risarcimento è compreso il nesso di causalità fra
il danno che la parte lamenta di avere subito ed il comportamento che si
assume causativo dello stesso danno e che la mancata dimostrazione di tale
rapporto di causalità comporta il rigetto della domanda (così Cass. civ.,
III, n. 7026/01); e tuttavia secondo un’autorevole opinione dottrinale ex
art. 23 D.l.vo n. 58/98 il cliente è onerato solo della prova della condotta
del soggetto che presta il servizio di investimento e di quella del danno subito,
restando a carico di tale soggetto quella di un fatto che elida il nesso di
causalità sussistente fra illecito e conseguenze dannose, il quale si presume
esistente fino a prova contraria; -
nel caso di specie le condotte della società con
riferimento all’omesso controllo delle condizioni di affidabilità della
società svedese, alla mancata informazione dell’adeguatezza delle operazioni
poste in essere ed al ritardo nella comunicazione del loro andamento hanno costituito
(quantomeno) le (con-) cause del danno derivato ai reclamati in relazione
alle perdite subite; e ciò anche a non voler aderire all’opinione dottrinale
sopra riferita, con riferimento alla quale la reclamante non ha peraltro
offerto alcuna prova di fatti che facciano ritenere insussistente il citato
nesso di causalità; -
l’invocata garanzia deve quindi essere accordata
per le somme già ottenute nel primo grado del giudizio, non essendo rilevante
- almeno nella fase cautelare - la valutazione allo stato solo ipotetica di
eventuali rimborsi agli stessi reclamati;
-
più complessa è invece la valutazione della
sussistenza del periculum in mora; -
anzitutto deve rilevarsi come il legislatore non
abbia escluso la facoltà di chiedere ed ottenere l’invocata misura cautelare
nel corso dell’amministrazione straordinaria e dunque non abbia escluso, in
astratto, la possibilità che il pericolo di dispersione della garanzia possa
nascere anche nel corso della procedura; ne fa fede il dato testuale del
rinvio del citato art. 56 alle norme di cui al D.l.vo n. 385/93, ed in
particolare all’art. 74 che prevede sì, al secondo comma, l’impossibilità di compiere atti cautelari
sui beni della banca (e dunque della società di intermediazione) ma solo nei
casi di cui al primo comma relativi alla sospensione del pagamento delle
passività o alla restituzione degli strumenti finanziari che i commissari
possono prevedere “qualora ricorrano circostanze eccezionali”; da ciò si
deduce, a contrario, che in tutti gli altri casi gli atti cautelari possano essere
compiuti; -
nel merito della sua sussistenza afferma a tale
proposito la società che i ricorrenti non muovono alcun rilievo agli organi
della procedura e che, in pendenza di essa (com’è ora) nessun pericolo
attuale può ravvisarsi; e se vi è solo un pericolo futuro esso si risolve nel
pericolo di un pericolo, come tale non sufficiente per l’accoglimento della
misura cautelare -
la difesa, pur suggestiva e solidamente
argomentata, non merita però condivisione; -
secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato
e che merita condivisione il periculum in mora che fonda la concessione di un
sequestro conservativo consiste nel pericolo che il debitore disperda la
propria garanzia patrimoniale, si spogli cioè di beni a lui appartenenti
nelle more del giudizio di merito, rendendo così difficile la fruttuosità
dell’eventuale futura esecuzione forzata; - l’invocato sequestro conservativo, insomma, non mira a porre
rimedio al pericolo da tardività, e cioè da ritardo nell’inadempimento, ma a
quello da infruttuosità; esso è cioè volto a conservare l’integrità del
patrimonio del debitore in modo da garantire la fruttuosità - appunto - della
successiva esecuzione forzata, fruttuosità che potrebbe essere pregiudicata
da possibili atti di disposizione di costui (per tutte Cass. civ., n.
6336/98); - tale pericolo deve essere attuale e valutato alla luce di elementi
sia oggettivi, relativi alla consistenza economica del patrimonio oggetto
della garanzia, che soggettivi, riferiti al comportamento processuale ed
extraprocessuale del debitore (così fra le altre Cass. civ., n. 6042/98 e
Cass. civ., n. 2139/98); -
nel caso di specie è vero che nessuna doglianza è
stata mossa all’operato del commissario giudiziale, ma anche che
l’amministrazione è prossima alla scadenza (nel mese di aprile) e che la sua
proroga, peraltro consentita una sola volta e per soli sei mesi, è prevista
dall’art. 70/5 D.l.vo n. 385/93 unicamente in casi eccezionali; non può
quindi allo stato ritenersi che sia probabile la sua concessione da parte
della Banca d’Italia; -
a ciò occorre aggiungere che se pure non è in
sostanziale contestazione l’attuale capienza del patrimonio della società –
benché in presenza di qualche contraddizione difensiva della reclamante la
quale in primo grado ha affermato che l’asserito credito dei ricorrenti è
ingente rispetto alla liquidità complessiva ed invece con il reclamo che ha
scarsa incidenza su di essa – è la qualità della garanzia che viene in
rilievo nella valutazione del periculum in mora; -
non è sostanzialmente contestato che il
patrimonio della società sia costituito da denaro liquido, essendo stato
venduto l’unico suo ramo d’azienda, peraltro dalla gestione decaduta cui
l’amministratore è subentrato; -
se così è, non può non rilevarsi da un lato che
il denaro è facilmente occultabile – ed anche in tempi molto rapidi – e
dall’altro che la pregressa condotta della debitrice fa ritenere sostanzialmente
fondato il timore dei reclamati (il pericolo può infatti essere anche solo
temuto); -
a tale proposito dalla stessa proposta della Banca
d’Italia emerge che la società era già stata oggetto di ispezione a causa di
irregolarità e che, nonostante ciò, i soci avevano sostituito gli
amministratori allora in carica con quelli la cui gestione ha dato luogo
all’amministrazione straordinaria; -
è vero che ora i precedenti organi sociali non
possono più essere nominati, almeno immediatamente, ex art. 2 D.M. n. 468/98,
ma la condotta precedente della società, assolutamente insensibile rispetto
alla condotta dei suoi organi, compresi quelli poi dichiarati decaduti, non
dà alcuna garanzia di una diversa gestione della stessa, una volta che
l’amministrazione dovesse terminare; -
inoltre la gravità delle conseguenze di tale
inerzia è proporzionale alla gravità delle condotte degli organi di
amministrazione e, nel caso di specie, le reiterate e gravi violazioni del
D.l.vo n. 58/98 da parte di tali organi non possono che fondare più di un
dubbio sulla futura gestione della reclamante; e ciò anche a prescindere
dalla valutazione – in questa sede – circa i rapporti fra soci ed i
precedenti organi sociali; -
da un lato la qualità della garanzia patrimoniale
offerta consistente, almeno in larga misura, in denaro e, dall’altro,
l’imminenza della cessazione dell’amministrazione straordinaria ed il ritorno
della gestione societaria in capo ai soci rendono attuale il pericolo di
depauperamento del patrimonio; -
l’attualità del pericolo non può, a parere di
questo Tribunale, essere intesa solo nel senso che l’atto di disposizione del
patrimonio può essere immediatamente compiuto rispetto al momento in cui è
adottata la decisione, così giustificando la concessione della misura cautelare;
-
essa deve necessariamente essere intesa nel senso
che l’atto di disposizione del patrimonio può essere compiuto anche solo in
un momento successivo rispetto a quello della decisione, purché il timore del
suo compimento sia attuale e l’atto non possa essere efficacemente impedito
da un’eventuale successiva domanda cautelare; -
se la finalità del sequestro è quella di
garantire la fruttuosità dell’esecuzione futura nel caso di accoglimento
della domanda nel giudizio di merito, il pericolo deve ritenersi attuale
tutte le volte che la proposizione della domanda cautelare consente di
scongiurare tale infausta evenienza ed una sua proposizione successiva, e
dunque anche una decisione successiva, non sia più in grado di farlo; -
l’attualità del pericolo, insomma, sussiste in
ogni caso in cui il timore della perdita della garanzia può essere desunto da
elementi di fatto che facciano ritenere che il debitore possa disfarsi della
garanzia patrimoniale con modalità tali per cui l’unica possibilità di
impedirlo è quella di chiedere ed ottenere il sequestro; -
nel caso di specie pare a questo Tribunale
sostanzialmente irrilevante la presenza dell’amministrazione straordinaria
non tanto perché vi siano irregolarità in essa e quindi la garanzia
patrimoniale possa disperdersi ad opera dell’amministratore, nel corso della
procedura, quanto perché, essendo prossima a scadere, la dispersione della
garanzia può verificarsi immediatamente dopo la procedura stessa e la misura
non potrebbe essere più efficacemente concessa; -
tali circostanze rendono attuale già ora, il
paventato periculum in mora; -
per tutti questi motivi il provvedimento di
sequestro deve essere confermato; -
la qualità delle parti e la natura della
controversia costituiscono giusti motivi per compensare interamente le spese
processuali; P.Q.M. Il Tribunale di Mantova, così come sopra composto, pronunciando sul reclamo
proposto dalla X SIM s.p.a., in amministrazione straordinaria, contro S. A.,
L. C., D. G., G. L. e F. R., così decide: - rigetta il reclamo e compensa le spese. Si comunichi. |