Contratti con il consumatore – Clausola derogatrice del foro
della residenza o del domicilio del consumatore – Inefficacia. Compenso per l’attività
di mediazione svolta dal terzo e diretta a far ottenere il prestito al
consumatore – Carattere non necessario dell’intermediazione – Inclusione del
compenso nel calcolo del TAEG ex art. 122/3 del d. lgs. 385/73 – Esclusione. Tribunale di
Mantova, Sez. II – Giudice Unico Dott. Luigi Bettini - Sentenza del
giorno 14 settembre 2004. La massima: Al fine di verificare il superamento del cd. tasso soglia, se
pure nel calcolo vanno compresi anche i costi per l’intervento di un terzo ex
art. 122 d.lgs. 385/93, deve ritenersi che la necessità dell’interposizione
debba essere valutata sì in concreto ma con riferimento al fatto che, in
assenza di essa, il mutuatario non avrebbe potuto in nessun modo ottenere il
prestito. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato Verdi Ivan Carlo
evocava in giudizio la Banca Popolare del Materano S.p.a., in persona del
legale rappresentante pro tempore, la Ktesios Cessione del Quinto S.p.a., in
persona del legale rappresentante pro tempore, l’Impresa Finanziaria Felsinea
S.a.s, in persona del legale rappresentante pro tempore, e Bianchi Angiolino,
quale titolare dell’impresa individuale Studio Project di Bianchi, affinché
fosse accertata la nullità dell’intero contratto concluso con la banca
convenuta e fossero condannati tutti convenuti a restituirgli la somma di £.
9.345.720, oltre agli interessi ed alla rivalutazione monetaria dal 16/6/98
al saldo o, in subordine, quella di £. 1.837.349, a titolo di interessi illecitamente
percepiti, anch’essa oltre agli interessi ed alla rivalutazione monetaria dal
16/6/98 al saldo, salvo comunque il risarcimento del danno – in entrambe le
ipotesi – da liquidarsi in via equitativa. Affermava di essersi rivolto alla Studio Project di Bianchi
Angiolino per ottenere un finanziamento, che effettivamente ebbe dopo la
conclusione di un contratto di mutuo con la banca convenuta, rimborsabile con
un piano di ammortamento che prevedeva la cessione del quinto della sua
retribuzione. E tuttavia, detratti i compensi per gli intermediari - di cui £.
600.000 per Studio Project di Bianchi - e le spese di istruttoria, su £.
11.592.000 mutuate riceveva la somma di £. 7.508.371. Risolto il rapporto di lavoro il mese successivo alla
conclusione del contratto di finanziamento, l’ALFA S.p.a. suo datore di
lavoro pagava alla Ktesios Cessione del Quinto s..p.a. la somma di £.
9.345.720 corrispondente al suo trattamento di fine rapporto, essendosi risolto
anche il contratto di mutuo. Così infatti era previsto in tale ultimo contratto. La stessa società gli chiedeva poi di pagare la somma di £.
1.157.721 a saldo del suo debito. Poiché però gli interessi richiesti erano da ritenere usurari ex
artt. 1815 c.c. e 644 c.p. chiedeva la restituzione dell’intera somma pagata
o quantomeno dei soli interessi, oltre al risarcimento del danno derivatogli
dall’aver dovuto pagare tale somma. Si costituiva in giudizio la Ktesios Cessione del Quinto S.p.a.
la quale, in via pregiudiziale, eccepiva l’incompetenza territoriale del
giudice adito e, nel merito, chiedeva il rigetto della domanda perché
infondata in fatto ed in diritto. Affermava, in particolare l’estraneità dello Studio Project di Bianchi
nella conclusione del contratto di mutuo ed il rispetto del cosiddetto tasso
soglia nel calcolo degli interessi. Svolgeva poi domanda riconvenzionale volta alla condanna del Verdi
al pagamento del suo residuo debito di £. 1.157.721. Si costituiva altresì in giudizio l’Impresa Finanziaria Felsinea
s.a.s chiedendo anch’essa il rigetto della domanda perché infondata in fatto
ed in diritto. Affermava di avere agito quale mandataria dello Studio Project
di Bianchi ma di non sapere nulla dei rapporti fra tale impresa ed il Verdi,
peraltro rimasti estranei alla conclusione del contratto, cosicché non poteva
essere calcolato nella determinazione dell’interesse il compenso pagato da
costui allo stesso Studio Project. Doveva dunque ritenersi legittima la pattuizione compiuta. Si costituiva infine Bianchi Angiolino, quale titolare
dell’impresa individuale Studio Project di Bianchi, affermando che il suo
incarico era quello di verificare l’esistenza di istituti di credito in grado
di mutuargli la somma richiesta e che il compenso le era dovuto a prescindere
dal buon esito dell’affare. Attesa la sua estraneità nella conclusione del contratto, nulla
doveva all’attore. La Banca Popolare del Materano s.p.a., benché ritualmente
citata, restava contumace. Istruita la causa solo documentalmente, compiuta una CTU sulla
misura degli interessi pattuiti, all’udienza del 27/4/04 le parti precisavano
infine le conclusioni - l’attore rideterminando la misura degli interessi di
cui chiedeva la restituzione - ed il giudice tratteneva la causa in decisione
assegnando ad entrambe i termini di cui all’art. 190 c.p.c. MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve essere rigettata, in via pregiudiziale ed in senso non
ostativo ad una pronuncia sul merito, l’eccezione di incompetenza
territoriale del giudice adito. Affermano infatti i convenuti che l’art. 12 del contratto
prevede quale foro esclusivo per le controversie nascenti dalla sua interpretazione
il giudice del luogo in cui ha sede la banca che eroga il prestito, e dunque
nel caso di specie il Pretore (ora Tribunale) di Matera. Aggiungono che in ogni caso, anche a voler ritenere applicabile
l’art. 20 c.p.c., non può essere ritenuto competente il Pretore (ora
Tribunale) di Mantova, non essendo il giudice individuabile sulla base dei
diversi criteri di collegamento previsti da tale norma. Replica l’attore che ex art. 1469-bis/3 n. 19 la clausola deve
ritenersi vessatoria, e dunque inefficace: essendo egli persona fisica che ha
chiesto ed ottenuto il mutuo per esigenze affatto personali, non v’è dubbio
che debba ritenersi consumatore ai sensi della citata norma. Tale ultima difesa è fondata. Ed infatti “si presume vessatoria ed è inefficace la clausola,
che ha come oggetto o per effetto “di stabilire come sede del Foro competente
sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio
elettivo del consumatore”. La disposizione descrive due aspetti: una clausola che abbia
come contenuto quello di stabilire la sede del Foro competente per la
controversia; costituire contenuto della clausola quello per cui, come sede
del Foro competente, è stabilita località diversa da quella di residenza o
domicilio elettivo del consumatore. La clausola con questo contenuto si presume vessatoria. La disposizione si presta ad essere letta nel senso che segue. Essa pone in contrapposizione tra loro due fattori: la sede del
Foro competente, che è individuata attraverso il riferimento alla residenza
od al domicilio elettivo del consumatore, e, dall’altro lato, la deroga
attuatane mediante lo spostamento della competenza ad un Foro diverso, quindi
ad un qualsiasi Foro diverso, deroga che è bensì consentita, ma è presunta determinare
a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli
obblighi derivanti dal contratto.” Pertanto la norma “da un lato, configura il pertinente criterio
di collegamento di competenza territoriale, dall’altro, ne esclude in linea
di principio la deroga, ma, in quanto non la esclude in modo assoluto, indica
la condizione alla quale può essere ammessa: ed a questo fine richiede al
professionista di provare che, nel caso concreto, la deroga non determina
squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. … Appare, allora, più razionale l’interpretazione, che
attribuisce alla norma il prioritario significato di fissare nella sede del
consumatore un criterio di collegamento esclusivo, che si sostituisce a
quelli già previsti dal codice di procedura… Il risultato cui quest’ultima interpretazione perviene è quello
per cui, in presenza di una disciplina della competenza per le obbligazioni
da contratto, che prevedeva fori della persona del convenuto e fori collegati
alla obbligazione dedotta in giudizio, il legislatore avrebbe sentito solo la
necessità di sancire l’inefficacia di specifiche clausole di deroga del Foro
della sede del consumatore.” Se così è, nel caso di specie le società convenute non hanno
vinto in alcun modo la presunzione di vessatorietà che accompagna la clausola
contrattuale e deve pertanto ritenersi applicabile la norma in oggetto. Foro competente è quello della residenza o del domicilio del
consumatore, e dunque il Pretore (ora Tribunale) di Mantova. L’attore poi deve essere qualificato quale consumatore ex art.
1469-bis/1 c.c., essendo persona fisica che ha contratto l’obbligazione non
nell’ambito della propria attività professionale o imprenditoriale, ma per
ragioni personali, circostanza incontestata fra le parti. A lui deve quindi essere applicata la disciplina più favorevole
di cui agli artt. 1469-bis e seguenti c.c. L’eccezione di incompetenza, in definitiva, non merita
accoglimento. Nel merito tuttavia la domanda è infondata e deve essere
rigettata. Il problema della misura usuraria degli interessi - e non solo
con riferimento a quelli praticati nei rapporti di conto corrente bancario -
è sorto dopo la promulgazione della L. n. 108/96 che ha radicalmente
modificato la disciplina in materia, ponendo una serie di problemi agli interpreti. Prima di tale legge l’art. 1815 c.c. - che fra l’altro ha
novellato quest’ultima norma - prevedeva che in caso di pattuizione di
interessi in misura usuraria essi erano dovuti solo nella misura legale. Secondo l’orientamento giurisprudenziale formatosi fino a quel
momento, e dunque alla luce di quelle norme, l’usurarietà dell’interesse
richiesto doveva essere accertata sulla scorta dei parametri individuati
dall’allora vigente art. 644 c.p., anch’esso poi novellato dalla legge del
1996. Anche in sede civile era quindi necessario accertare la
sussistenza sia dell’elemento oggettivo, integrato dalla effettiva
eccessività dell’interesse pattuito, sia di quello soggettivo
dell’approfittamento, da parte del richiedente l’interesse, dello stato di
bisogno in cui si trovava colui che si era impegnato alla sua corresponsione. La prevalente dottrina aveva manifestato perplessità in ordine a
tale indirizzo giurisprudenziale ritenendo che, in presenza dei presupposti
integrativi del reato di cui all’art. 644 c.p., il rimedio esperibile da
parte del contraente fosse costituito dall’azione di rescissione di cui
all’art. 1448 c.c. E tuttavia tale orientamento dottrinale non era affatto
condiviso dalla giurisprudenza, la quale aveva reiteratamente ribadito
l’opinione già riferita. Se questo era il quadro normativo ed interpretativo prima della
L. n. 108/96, dopo la sua entrata in vigore i riferimenti sono radicalmente mutati. Anzitutto al fine di ancorare il giudizio di usurarietà a
parametri oggettivi con evidenti finalità di trasparenza e di facilitazione
dell’accertamento rimesso al giudice, si è stabilito, modificando l’art. 644
c.p., che il reato di usura si configura solo per effetto del superamento del
tasso soglia rilevato trimestralmente dal Ministero del Tesoro, secondo un
calcolo predeterminato dalla stessa legge e dalle sue norme regolamentari di
attuazione. La norma nella sua nuova formulazione punisce inoltre,
alternativamente, chi si “fa dare o promettere…interessi o altri vantaggi
usurari”. Sotto questo profilo l’interpretazione letterale legittima
l’opinione secondo cui il reato di usura possa essere integrato sia in caso
di mera pattuizione di interesse o altro vantaggio usurario, e dunque a
prescindere dall’eventuale e successiva dazione, sia nell’ipotesi di effettiva
dazione, e dunque a prescindere dall’avvenuta, e precedente, assunzione di
detto obbligo da parte del soggetto passivo del reato. Quanto, invece, all’art. 1815 c.c., il suo nuovo testo prevede
che nel caso in cui siano pattuiti interessi usurari la relativa clausola è
nulla e non sono dovuti interessi. Se dunque il contratto è stato concluso dopo la citata novella,
come nel caso di specie, l’usurarietà del tasso deve essere accertata alla
luce dell’art. 1815 c.c. nella formulazione posteriore alla modifica, e
dunque con riferimento al tasso soglia. Quanto alla determinazione di tale tasso, deve rilevarsi come
l’art. 2 L. n. 108/96 demandi al Ministero del Tesoro, sentiti la Banca
d’Italia e l’Ufficio Italiano Cambi, il compito di rilevare trimestralmente
il TEG medio, comprensivo di “commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo
e spese, escluse quelle per imposte e tasse” degli interessi praticati da
banche ed intermediari per ogni singola categoria di operazioni omogenee. Con decreto del 21/9/00 il Ministero del Tesoro ha demandato
direttamente alla Banca d’Italia e all’UIC il compito di provvedere alla
rilevazione trimestrale del tasso. La Banca d’Italia con proprio provvedimento pubblicato sulla
G.U. n. 196 del 21/8/99 ha quindi emanato istruzioni alle banche ed agli
intermediari finanziari per la rilevazione del TEGM. Con riferimento alle operazioni di finanziamento previa cessione
del quinto della retribuzione, e non solo ad esse, il citato decreto richiama
quello del 1992 di calcolo del TAEG, utilizzando la stessa formula matematica
e comprendendo nel suo calcolo le medesime voci, per evitare che la misura
degli interessi usurari sia determinata diversamente rispetto alla base di calcolo
dello stesso TAEG. Nel caso di specie il consulente tecnico ha correttamente
determinato la misura degli interessi con riferimento al tasso soglia vigente
nel momento in cui il contratto è stato concluso ed il Verdi ha restituito la
somma in seguito all’avvenuta risoluzione del contratto. Sotto questo profilo il mutuo concluso deve essere qualificato
nella categoria dei “prestiti contro cessione del quinto dello stipendio”
essendo appunto caratterizzato, rispetto agli altri contratti di
finanziamento, dal fatto che il piano di ammortamento per il rimborso della
somma mutuata è adempiuto dal mutuatario mediante la cessione del quinto
della retribuzione al mutuante o ad un suo mandatario, con la conseguente
disciplina relativa alle eventuali variazioni della retribuzione - e dunque
alla misura della rata di rimborso - o alla risoluzione del rapporto di
lavoro ed alla conseguente sorte del trattamento di fine rapporto. Lo stesso consulente, inoltre, nel calcolo del tasso di
interesse ha specificato che esso deve ritenersi usurario, perché eccedente
il tasso soglia, se in esso di considera anche il compenso pagato dal Verdi
allo Studio Project ed invece lecito, perché inferiore ad esso, se non lo si
considera. La questione nasce dall’interpretazione che deve essere data
alle citate norme regolamentari che stabiliscono che nel calcolo del TAEG, e
dunque del TEGM, deve essere compreso il compenso per l’attività di
mediazione del terzo, se necessaria ad ottenere il prestito. Secondo l’attore l’attività dello Studio Project è stata in
concreto assolutamente necessaria; nessun rapporto ha avuto con gli altri
soggetti coinvolti nel finanziamento, essendo stato il Bianchi a tenerli
personalmente. Secondo i convenuti, invece, il suo rapporto con lo Studio
Project è rimasto assolutamente estraneo alla conclusione del contratto di
finanziamento. La Ktesios Cessione del Quinto S.p.a. ha addirittura affermato
di non avere mai saputo prima della citazione in giudizio che a tale impresa
il Verdi si era rivolto, essendo sua mandataria l’Impresa Finanziaria
Felsinea s.a.s come risulta dal contratto. Quest’ultima ha poi aggiunto che il compenso per la mediazione
non è dovuto perché non è stato espressamente previsto nel contratto. Ex art. 122/3 D.l.vo n. 385/96 nel calcolo del TAEG devono
essere compresi anche i costi di interposizione di un terzo, nei casi in cui
il finanziamento può essere ottenuto solo attraverso l’interposizione di
costui. Nel caso di specie, anzitutto l’attività dello Studio Project
può essere considerato come attività di interposizione. Lo stesso convenuto ha affermato che ha prestato la sua opera
per cercare al Verdi un istituto di credito che gli concedesse il prestito di
denaro, e ciò integra l’attività prevista dalla norma. Non può rilevare a tale proposito che il compenso fosse pattuito
a prescindere dal buon esito dell’attività prestata, in difformità da quanto
previsto dall’art. 1755 c.c. con riferimento alla mediazione, non mutando per
ciò solo la natura del contratto concluso. A ciò occorre aggiungere che in concreto l’opera prestata da Studio
Project è stata determinante nella conclusione del contratto. Dall’esame dei documenti emerge infatti come effettivamente tale
impresa abbia gestito le trattative per conto dell’attore, tanto che
l’Impresa Finanziaria Felsinea s.a.s, che risulta mandataria del Verdi nel
contratto, le ha inviato l’assegno relativo alla somma mutuata, oltre alla
copia del contratto da restituirle sottoscritta dall’attore. È per tale motivo che sono state ritenute superflue le prove
testimoniali richieste dall’attore, risultando le relative circostanze già
oggetto di prova documentale o comunque non oggetto di contestazione. E tuttavia ad avviso di chi scrive non è questa
l’interpretazione corretta della citata norma. Se nel calcolo degli interessi devono essere compresi anche i
costi di interposizione di un terzo, nei casi in cui il finanziamento può
essere ottenuto solo attraverso l’interposizione di costui, deve ritenersi
che la necessità dell’interposizione debba essere valutata sì in concreto, ma
con riferimento al fatto che in assenza di essa il mutuatario non avrebbe
potuto in nessun modo ottenere il prestito. L’interposizione deve essere necessaria nel senso che in sua
mancanza il prestito non potrebbe mai essere ottenuto e non nel senso che in
concreto è stata ottenuta perché il mutuatario si è rivolto a quel terzo. La norma vuole cioè evitare che i costi di eventuali
interposizioni che il mutuatario non può evitare ricadano su di lui e
stabilisce che se ne tenga conto per determinare il TAEG e quindi il TEGM e
quindi la misura usuraria degli interessi. Non il costo di ogni attività di interposizione deve pertanto
essere compresa nel calcolo del TAEG; se così fosse stato, si sarebbe
limitata a prescrivere la comprensione nel calcolo del compenso per tale
opera, non limitandola come invece ha fatto. Nel caso di specie, quindi, non può essere ritenuta
interposizione necessaria quella svolta dallo Studio Project di Bianchi,
poiché il Verdi si è sì rivolto a tale impresa che ha curato i contatti con
le altre società per la conclusione del contratto, ma quest’opera non può
essere ritenuta tale che senza di essa il Verdi non avrebbe potuto ottenere
il prestito. L’attore si è rivolto al Bianchi per sua scelta, verosimilmente
perché l’impresa aveva sede a Mantova, ma non perché senza la sua attività
non avrebbe potuto ottenere il prestito dalla banca. Se così è, il compenso di tale impresa non deve essere compreso
nel calcolo del TEG e, quindi, della misura usuraria degli interessi. La misura degli interessi complessivamente considerata, in
assenza di tale commissione, deve pertanto ritenersi lecita, come già detto. D’altra parte gli accertamenti e le valutazioni compiute dal CTU
in relazione alla misura degli interessi, con le precisazioni sopra compiute,
appaiono immuni da vizi logici e coerentemente motivati, oltre che non
infirmati da specifiche contestazioni contrarie delle parti, e pertanto
possono essere fatte proprie da questo giudice. Le domande attoree di nullità del contratto e di conseguente
ripetizione dell’indebito devono essere rigettate. La decisione in tal senso su di esse rende superfluo l’esame
delle altre difese dei convenuti. La liceità della pattuizione della misura degli interessi
determina inoltre il rigetto dell’ulteriore domanda risarcitoria: il Verdi
non può lamentare alcun danno risultante dalla conclusione del contratto
oggetto di controversia proprio a motivo della sua liceità. Deve infine essere accolta la domanda riconvenzionale svolta
dalla Ktesios Cessione del Quinto s.p.a. Se è lecita la misura degli interessi richiesta, è incontestato
fra le parti che l’attore debba restituire a tale società la somma di £
1.207.681 in seguito alla risoluzione del contratto. Deve pertanto essere condannato al pagamento di tale somma, pari
ad €. 623,72, oltre agli interessi in misura legale dalla domanda
all’effettivo soddisfo. La novità della questione principale trattata costituisce giusto
motivo per compensare interamente far le parti le spese processuali; sono
invece definitivamente poste a carico dell’attore quelle della CTU, liquidate
come da separato decreto in atti. P.Q.M. Il Tribunale di Mantova, nella persona del giudice dott. Luigi
Bettini, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Verdi Ivan
Carlo contro la Banca Popolare del Materano S.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, la Ktesios Cessione del Quinto S.p.a., in persona
del legale rappresentante pro tempore, l’Impresa Finanziaria Felsinea S.a.s,
in persona del legale rappresentante pro tempore, e Bianchi Angiolino, quale
titolare dell’impresa individuale Studio Project di Bianchi,ogni diversa
istanza disattesa e respinta, così decide: - rigetta la domanda principale; - accoglie la domanda riconvenzionale e, per l’effetto,
condanna, Verdi Carlo Ivan al pagamento a favore della Ktesios Cessione del
Quinto S.p.a. della somma di €. 623,72, oltre agli interessi legali dalla
domanda all’effettivo soddisfo; - compensa per intero fra tutte le parti le spese processuali;
pone definitivamente a carico dell’attore quelle della CTU liquidate come da
separato decreto in atti. Mantova, 14/9/04 |