Domain name - Nozione - Equiparabilità
all'insegna - Applicabilità della normativa a tutela dei marchi - Esclusione.
Utilizzazione come domain name di parole di uso comune - Tutela ex art. 2598
n. 1 c.c. - Esclusione. Tribunale di Mantova – Giudice designato Dott.
Alessandra Venturini - Ordinanza del giorno 5 giugno 2004. La massima: Per
“domain name”, versione alfanumerica dell’indirizzo IP, deve intendersi “il
segno che consente l’identificazione e l’accesso ad un determinato computer
dalla rete Internet e quindi il collegamento con un certo utente da parte
della generalità di tutti gli altri computer ed utenti connessi in rete”. In ragione
della sua funzione, il domain name può essere assimilato, quale segno
distintivo atipico, all’insegna. Al domain name, composto
unicamente da una parola di uso comune corrispondente alla denominazione del
prodotto venduto (“cartucce”), non può riconoscersi la tutela ex art. 2598 n.
1 c.c. in assenza di un sufficiente carattere distintivo. il testo integrale: ORDINANZA Con il ricorso sopra indicato e-Picuro S.r.l.
esponeva di essere proprietaria del domain name “cartucce.com”, registrato in
data 1.10.1999 ed acquistato dalla ricorrente in data 30.5.2003; che il sito
Internet “cartucce.com” pubblicizza in rete la compravendita di cartucce
originali e rigenerate per stampanti, toner ed inchiostro, la cui
commercializzazione è gestita da e-Picuro S.r.l.; che in data 21.9.2002 è
stato registrato il dominio “cartuccie.com” ed in data 22.11.2002 il dominio
“cartuccie.it”, entrambi relativi a siti Internet aventi ad oggetto la
pubblicizzazione e la vendita on-line di cartucce per stampanti e toner,
domini che risultano oggi di proprietà di Cartucce Point S.r.l.; affermando
che l’utilizzo dei domini cartucce.it e cartuccie.com aveva determinato
gravissimo stato di confusione nei confronti del consumatore finale che, come
poteva evincersi dalla documentazione dimessa, convinto di trattare con la
ricorrente, in realtà a sua completa insaputa, si era obbligato nei confronti
di un soggetto terzo, non voluto né cercato, e l’esistenza di gravi danni
patrimoniali e non, subiti a causa della concorrenza sleale posta in essere
da Cartucce Point S.r.l., la ricorrente concludeva chiedendo in via d’urgenza
l’inibizione immediata all’uso del domain name “cartuccie.it” e
“cartuccie.com”. Con comparsa depositata all’udienza del 6.5.2004
si costituiva Cartucce Point S.r.l., chiedendo il rigetto della domanda di
controparte, ed allegando l’insussistenza, nella fattispecie dei presupposti
del fumus boni iuris (non essendo salvaguardabile il dominio
cartucce.com a sensi della normativa a tutela dei marchi, contenendo parola
di uso corrente) e del periculum in mora (non confermando i documenti
prodotti lo sviamento della clientela). Assunti sommari informatori, il Giudice concedeva
alle parti termine per deposito di note conclusive sino al 31.5.2004. Ciò premesso, osserva quanto segue: i fatti dedotti da parte ricorrente in ordine a
registrazione e proprietà dei domini oggetto di causa ed all’attività
commerciale esercitata dalle parti costituiscono circostanza pacifica. Parte resistente ha contestato che nel caso possa
trovare applicazione analogica la normativa posta a tutela del marchio,
costituendo la parola “cartucce”, inserita nel dominio della ricorrente,
termine di uso comune, così come l’applicazione dell’art. 2598 c.c., per le
medesime ragioni. La tesi è fondata. Come sostenuto da parte ricorrente per “domain name”,
versione alfanumerica dell’indirizzo IP, deve intendersi “il segno che
consente l’identificazione e l’accesso ad un determinato computer dalla rete
Internet e quindi il collegamento con un certo utente da parte della generalità
di tutti gli altri computer ed utenti connessi in rete”; va quindi condiviso
il principio, affermato dalla giurisprudenza di merito, secondo il quale il
domain name assume, nella rete, le caratteristiche e le funzioni di un segno
distintivo dell’impresa che opera su tale mercato, configurandosi il sito
corrispondente come luogo (virtuale) in cui l’imprenditore contatta il
cliente e con esso conclude contratti. In ragione della sua funzione, il domain name può
essere assimilato, quale segno distintivo atipico, all’insegna, da cui la sua
idoneità ad entrare in conflitto con altri segni distintivi. Non si pone nel caso un problema di applicazione
analogica della normativa speciale a tutela dei marchi (che troverà
applicazione diretta qualora un domain name riproduca un marchio registrato o
un marchio di fatto, in precedenza utilizzato da altro soggetto), ma bensì di
verificare se sia stato posto in essere dalla resistente un atto di
concorrenza sleale, in violazione della normativa generale a tutela dei segni
distintivi di un’impresa, ed in particolare dell’art. 2598 n. 1 c.c. – Come è noto, secondo i principi generali in
materia, una parola od un segno possono ricevere tutela esclusiva come ditta,
marchio od insegna solo qualora possiedano in grado sufficiente capacità
distintiva, ossia quando venga utilizzato dall’imprenditore a tal fine un elemento
caratteristico che abbia potere individualizzante, con esclusione pertanto di
una denominazione generica del commercio svolto o dalla merce venduta. Nella fattispecie al domain name utilizzato dalla
ricorrente, composto unicamente da una parola di uso comune corrispondente
alla denominazione del prodotto venduto (“cartucce”), non può quindi
riconoscersi l'invocata tutela in assenza di un sufficiente carattere
distintivo, così come nel mondo reale non riceverebbe tutela il commerciante
che utilizzi come insegna del proprio locale di vendita esclusivamente il
nome generico del prodotto offerto (“pane”, “ferramenta”, ecc.). Non può pertanto configurarsi come atto di
concorrenza sleale, da parte della resistente, l’utilizzo del termine
“cartucce” nel proprio domain name, che pur costituendo “storpiatura” del
termine corretto “cartucce”, risulta del pari usato in Internet come
corrispondente al primo ; non può infatti sussistere confusione, nel senso di
cui all’art. 2598 c.c., quando una parola usata da due imprenditori per i
loro prodotti sia la parola generica usata da tutti per contraddistinguere
non già i prodotti specifici che provengono da una data fonte produttiva (o,
in modo analogo, commerciale), ma tutti i prodotti di quel genere, da
chiunque fabbricati e messi in commercio (v. Cass. Civ. N.
6557/86). L’insussistenza del fumus boni iuris, come
sopra esposto, rende superfluo l’esame della sussistenza, nella fattispecie,
dell’ulteriore requisito del periculum in mora. Il ricorso, per i motivi esposti, va rigettato,
con conseguente condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese di
lite sostenute dalla resistente, che vengono liquidate, in assenza di nota
relativa, come indicato in dispositivo. P. Q. M. Visti gli artt. 669 bis e
ss. E 700 c.p.c. Rigetta la domanda proposta da e-Picuro S.r.l.
nei confronti di Cartucce Point S.r.l. con ricorso depositato il 20.4.2004; dichiara tenuta a condanna parte ricorrente alla rifusione
delle spese di lite sostenute da parte resistente che liquida in complessivi
€ 1.350,00 (di cui € 30,00 per spese, € 400,00 per diritti, € 800,00 per
onorari ed € 120,00 per rimborso spese generali), oltre IVA e CPA come per
legge. Si comunichi. |