Opposizione a decreto ingiuntivo proposta dal debitore in bonis del
fallito - eccezione di incompetenza ex art. 24 l.f. del giudice
dell'ingiunzione e dell'opposizione - Infondatezza. Domanda riconvenzionale
di condanna del fallimento - Specialità del rito di accertamento del passivo
- Inammissibilità della domanda. Tribunale di Mantova, Sez. II
civile – Sentenza del Giudice Unico Dott.ssa Alessandra Venturini 28 febbraio
2002. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di
citazione notificato il 31/10/96 la società Alfa S.r.l. proponeva opposizione
avverso il decreto n. 723/96 emesso dal Pretore di Mantova in data 13/9/96,
in favore del Fallimento “S. Scalori S.r.l”, con il quale le era stato
ingiunto il pagamento della somma di 3 31.913.289, con interessi e spese, per
saldo di forniture e prestazioni eseguite dalla società Scalori, in
esecuzione di contratto di fornitura e posa in opera. L’opponente
esponeva che con contratto stipulato in data 21/1/1992 la società Scalori
aveva assunto l’obbligo di eseguire prestazioni di fornitura e posa in opera
di arredi tecnici (nell’ambito di un appalto assegnato dall’Istituto
Nazionale per la Ricerca sul cancro); con specifica clausola contrattuale era
stato previsto che il 10% del corrispettivo dovuto (pari a circa 26,8 milioni
più IVA) sarebbe stato trattenuto dalla società attrice, committente a titolo
di garanzia, e che lo stesso sarebbe stato svincolato solo a seguito di
collaudo favorevole. Fin dal
gennaio 1993, continuava l’opponente, la società Scalori aveva disertato il
cantiere, tanto che nel corso delle operazioni di collaudo era emerso che
alcune lavorazioni non erano state ultimate; l’attrice aveva quindi invitato
la suddetta società a provvedere tempestivamente all’ultimazione dei lavori,
avvertendo che, in difetto, si sarebbe rivolta a terzi, con addebito dei
relativi costi; a fronte del persistente inadempimento dell’appaltatrice,
l’opponente aveva affidato ad altre ditte l’ultimazione dei lavori,
comunicando alla società Scalori , con lettera raccomandata del 3/12/93, che
il corrispettivo relativo a tali interventi sarebbe stato ad essa addebitato. Solo nel
dicembre 1993 il Curatore della Scalori aveva informato l’attrice circa
l’avvenuta dichiarazione di fallimento della società, motivo per il quale la
stessa aveva dovuto interrompere le lavorazioni intraprese; ciononostante il
Curatore aveva negato ogni addebito, ribadendo il credito della fallita e
notificando, in data 24/9/96, il decreto ingiuntivo sopra indicato. L’attrice
concludeva eccependo, in via preliminare l’incompetenza del giudice adito,
sia nell’emissione del decreto opposto, sia a pronunciarsi nell’istaurato
giudizio di opposizione, per essere competente, ai sensi dell’art. 24 l.
fall. il tribunale fallimentare. Nel
merito, l’opponente chiedeva accertarsi l’inadempimento della società
Scalori, dichiararsi le somme trattenute a garanzia definitivamente acquisite
dall’attrice, accertarsi che nulla dovuto al fallimento opposto e, per
l’effetto, revocarsi il decreto ingiuntivo; in via riconvenzionale avanzava
altresì domanda di risarcimento dei danni patiti, dedotti e compensati gli
importi delle ritenute a garanzia. Si
costituiva il fallimento opposto chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo
e contestando, in fatto ed in diritto, le eccezioni e domanda svolte da
controparte: nel merito eccepiva la decadenza dell’attrice dalla garanzia per
vizi e difetti dell’opera, non essendo stati gli stessi contestati nel
termine di legge. Verificata
la regolare instaurazione del contraddittorio, all’udienza di trattazione
parte opposta chiedeva la concessione della provvisoria in esecuzione del
decreto opposto; il giudice, previa concessione di termini per memoria,
sciogliendo la riserva assunta, con ordinaza 12/8/97, ritenuto doversi
pronunciare sulla preliminare eccezione di incompetenza del giudice adito,
rinviava per la precisazione delle conclusioni, ai sensi dell’art. 187, 3° c.
, c.p.c., all’udienza del 6/2/98. A seguito di rinvio d’ufficio , di
successivi rinvii richiesti dalle parti, e di costituzione di nuovo difensore
per l’opponente, la causa veniva trattenuta in decisione all’udienza del
19/11/99 e successivamente rimessa in istruttoria, con ordinanza 8/2/2000, al
fine di acquisire il fascicolo relativo alla fase monitoria della procedura,
non allegato agli atti. La causa,
rinviata d’ufficio, veniva nuovamente trattenuta in decisione , avanti il
nuovo giudice designato, all’udienza del 26/06/2001, sulle conclusioni
precisate dalle parti alla stessa udienza ed in epigrafe riportate. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il
credito monitoriamente azionato dal “Fallimento S. Scalori S.r.l.” è
costituito dall’importo pari al 10% del corrispettivo dovuto per i lavori
eseguiti, trattenuto dalla Alfa a titolo di “garanzia”. Nell’atto
di opposizione la ditta ingiunta ha allegato l’inesistenza di tale credito,
lo svincolo del quale era condizionato, secondo quanto previsto dal
contratto, “dall’esito favorevole del collaudo”, condizione che non si
sarebbe verificata, sempre secondo quanto dedotto, a causa dell’inadempimento
della società Scalori, che non avrebbe concluso i lavori commissionati. A tal
fine , ed allo scopo di ottenere la revoca del decreto ingiuntivo opposto,
parte attrice ha richiesto, previo accertamento dell’inadempimento della
società fallita e della conseguente legittima acquisizione delle somme
trattenute a garanzia, accertamento in ordine all’insussistenza del credito
monitoriamente azionato “vuoi perché inesigibile l’importo richiesto delle
trattenute a garanzia, vuoi perché lo stesso interamente compensato dai
maggiori danni subiti”, a seguito dell’inadempimento e costituiti dalle somme
corrisposte a ditte terze per l’ultimazione dei lavori, danni il cui
risarcimento, previa compensazione con gli importi delle ritenute a garanzia
, è stato richiesto in via riconvenzionale. L’inadempimento della società fallita viene quindi fatto valere dall’opponente sotto un duplice profilo: ai fini di paralizzare la domanda oggetto del procedimento monitorio ed al fini di ottenere il risarcimento di danni ulteriori. Tale
precisazione si è resa necessaria al fine di esaminare l’eccezione di
incompetenza del giudice adito in sede monitoria, fondata sul disposto
dell’art. 24 L.F., e di incompetenza del giudice del procedimento di opposizione,
per effetto della vis attractiva del foro fallimentare. In ordine
al primo motivo l’opponente sottolinea che la competenza del Tribunale
fallimentare è funzionale ed inderogabile e che essa si estende a tutte le
azioni che trovino origine nell’insolvenza o che risultino comunque
influenzate dal fallimento e debbano trovare il loro svolgimento della
procedura fallimentare, per assicurare l’unità dell’esecuzione concorsuale e
la par condicio creditorum, nonché a quei rapporti giuridici, preesistenti al
fallimento., che abbiano subito, a causa del fallimento, deviazioni dal loro
schema legale tipico, ipotesi tutte ricorrenti nel caso di specie. L’eccezione
non può essere accolta. Com’è
noto l’art. 24 L.F. attribuisce alla competenza del tribunale che ha dichiarato
il fallimento la conoscenza “di tutte le azioni che ne derivano”; fra queste
non rientrano, come ribadito dalla Suprema Corte (v. da ultimo Cass. Civ.
Sez. I, n. 520/1999), le azioni esperite dal procuratore per recuperare i
crediti del fallito, in quanto tali azioni, essendo già comprese nel
patrimonio del fallito (nella cui posizione, quale sostituito processuale, il
curatore subentra), non “derivano” dal fallimento; le stesse vanno quindi
esercitate o proseguite avanti il giudice ordinariamente competente. Nel caso
il curatore, che ha vantato nei confronti dell’opponente un credito pari a £
31.913,28+, per saldo di prestazione varie, fornite dalla società Scalori in
epoca anteriore al fallimento, ha legittimamente proposto ricorso per
ingiunzione avanti il Pretore di Mantova, competente per territorio e valore. Parte
attrice ha sollevato altresì eccezione di incompetenza del giudice
dell’opposizione a pronunciarsi nel presente giudizio, per effetto della vis
attractiva del foro fallimentare funzionalmente competente, operante qualora
il convenuto chieda in via riconvenzionale la condanna del fallimento, previa
compensazione di un proprio debito, al pagamento della differenza caso,
secondo l’assunto dell’opponente , verificatosi nella fattispecie. Deve
preliminarmente rilevarsi che “la competenza dell’ufficio giudiziario al
quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo, a conoscere
della relativa opposizione”, avendo “carattere funzionale ed inderogabile”, è
stata riaffermata dalla Supreme Corte anche nell’ipotesi in cui l’opposizione
venga svolta nei confronti di un credito monitoriamente azionato dal
fallimento e verso quest’ultimo il debitore in bonis proponga domanda
riconvenzionale , nel qual caso, afferma la Corte di Cassazione, il giudice,
trattenendo la causa relativa all’opposizione, deve rimettere al tribunale
fallimentare soltanto la causa relativa alla domanda riconvenzionale (Cass.
Civ. Sez. I, n. 562/1999). Questo
giudice ritiene che debba essere condiviso l’orientamento (accolto dalla
sentenza sopra indicata) che riconosce la competenza del giudice ordinario a
pronunciarsi in ordine al giudizio di opposizione proposto nei confronti del
fallimento, opposizione che, introducendo una causa a cognizione piena,
avente ad oggetto l’accertamento dell’esistenza o meno del credito
monitoriamente azionato, in nulla differisce da una causa di accertamento e
condanna per un credito del fallito, instaurata sin dall’origine dal curatore
nelle forme ordinarie, per la quale, come sopra si è ricordato, non ricorre
ipotesi di competenza del tribunale fallimentare. Non può
invece accogliersi l’interpretazione che attribuisce al tribunale
fallimentare, ex art. 24 L.F., la competenza a pronunciarsi in ordine alla
domanda riconvenzionale di condanna del fallimento, proposta dal debitore in
bonis. Tale
soluzione prescinde da un indefettibile presupposto, l’art. 52 della L.F., a
norma del quale “il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio
del fallito. Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione, deve
essere accertato secondo le norme stabilite dal capo “V” della stella legge. Il
creditore del fallito che intenda ottenere un titolo da far valere nei
confronti del fallimento, e quindi nei confronti della massa dei creditori,
può farlo solo all’interno della procedura concorsuale, mediante domanda di
ammissione al passivo, con verifica dell’esistenza, entità e
collocazione del credito da parte del giudice delegato. Solo
nell’ipotesi di esclusione del creditore dallo stato passivo e successiva
opposizione, l’ accertamento in ordine all’esistenza del credito contestato
rientra nella competenza del tribunale fallimentare. Il procedimento di
accertamento del passivo è procedimento esclusivo, volto alla tutela della
par condicio creditorum, caratterizzato da una fase a cognizione sommaria,
avanti il giudice delegato, e ad una eventuale fase successiva a cognizione
piena avanti il tribunale fallimentare. La
particolarità del rito e l’attribuzione di una speciale competenza al giudice
delegato comportano l’inclusione del procedimento di accertamento dello stato
passivo dell’ambito dei c.d. “procedimenti speciali” previsti dal nostro
ordinamento, la cui esclusività determina altresì l’inamissibilità di domande
di condanna e/o di accertamento di crediti, proposte nei confronti del
fallimento al di fuori di tale procedimento speciale, vengano esse avanzate
in via principale o in via riconvenzionale, non esistendo alcuna ragione,
sostanziale o processuale, per distinguere le due ipotesi. Ciò
premesso deve pertanto rigettarsi l’eccezione di incompetenza del giudice
adito in sede monitoria e del giudice dell’opposizione, con
prosecuzione del giudizio nel merito come da separata ordinanza (anche in
ordine alla eccezione di compensazione del credito vantato dal fallimento con
il credito derivante dal risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento
del primo, svolta in via subordinata da parte attrice, eccezione che, come
tale, può essere fatta valere indipendentemente da una preventiva istanza di
insinuazione al passivo), mentre deve essere dichiarata inammissibile la
domanda riconvenzionale svolta dall’opponente avverso il fallimento opposto,
volta ad ottenere la condanna al risarcimento dei danni ulteriori. Attesa la
natura non definitiva alla sentenza appare opportuno riservare all’esito del
giudizio ogni statuizione relativa alle spese. P.Q.M. Il
Tribunale di Mantova, in composizione monocratica, non definitivamente
pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così
giudica: -rigetta
l’eccezione di incompetenza ex art. 24 L.F. del giudice adito e la
conseguente domanda di revoca del decreto ingiuntivo opposto, formulata in
via preliminare da parto opponente; -dichiara
inammissibile la domanda di condanna al risarcimento dei danni svolta in via
rinconvenzionale da parte opponente; -spese al
definitivo; -provvede per la prosecuzione
del giudizio come da separata ordinanza. |