Chiamata in causa di terzo ex art. 183 c.p.c. non
autorizzata dal giudice - Interesse alla speditezza del giudizio - Violazione
dell'art. 111 Cost. - Nullità - Sussistenza. Tribunale di Mantova, Sez. I Civile – Giudice unico
Dott. Luigi Pagliuca - Sentenza del giorno 19 febbraio 2004. La massima: La chiamata in causa di terzo effettuata dall'attore in
mancanza dell'autorizzazione del giudice prevista dall'art. 183 c.p.c. è
affetta da nullità radicale. La norma citata devolve, infatti, alla valutazione del
giudice la tutela dell'interesse alla rapidità del giudizio, interesse che ha
rilevanza costituzionale, atteso che l'art. 111 Cost. impone espressamente
che sia assicurata la ragionevole durata del processo. Il testo integrale: omissis... REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI MANTOVA SEZIONE PRIMA CIVILE in persona
del dott. Luigi Pagliuca, in funzione di giudice unico, all’esito della
discussione orale ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c tenutasi all’udienza
del 19.02.04 ha pronunziato la seguente SENTENZA
nella
causa civile iscritta al n. 3559 del ruolo generale degli affari contenziosi
dell'anno 2002 e
vertente tra omissis MOTIVI DELLA DECISIONE L’iter
processuale Con
citazione notificata in data 1.10.02 Rossi Dino, Verdi Nadia e Rossi Sarah nella
loro qualità di usufruttuari (Rossi Dino e Verdi Nadia) e nuda proprietaria
(Rossi Sarah) del fabbricato ad uso di civile abitazione sito nel Comune di
Castel d’Ossi e censito in catasto fabbricati al foglio 8, mappale 266 sub 1
convenivano in giudizio Giorgi Giliano asserendo che: 1)
l’immobile di loro proprietà godeva di servitù di passaggio sui fondi censiti
in catasto al foglio 8 mappale 265 e 267; 2)
che detta circostanza risultava espressamente nell’atto di compravendita con
cui avevano acquistato l’immobile dai precedenti proprietari dello stesso; 3)
che il convenuto, proprietario del mappale 265, impediva loro di esercitare
il passaggio. Tutto
ciò premesso gli attori chiedevano fosse accertata l’esistenza della suddetta
servitù di passaggio sui mappali 265 e 267 con condanna del Giorgi a
consentirne il libero esercizio. Alla
prima udienza si costituiva in giudizio il Giorgi contestando la sussistenza
del diritto vantato dagli attori e chiedendo perciò il rigetto della domanda
ex adverso proposta. Alla
medesima udienza interveniva volontariamente in giudizio Leda Bianchi la
quale, premesso di essere proprietaria del mappale 267, contestava anch’essa
la sussistenza in capo agli attori del diritto di passaggio sul suo fondo
e concludeva perciò chiedendo il rigetto delle domande formulate dagli
attori.
All’udienza
ex art. 183 cpc del 25.2.03 gli attori chiedevano l’integrazione del
contraddittorio nei confronti della madre del Giorgi, comproprietaria del
mappale 265, nonché di essere autorizzati alla chiamata in causa di Terzi
Vanda e Terzi Gustavo, loro danti causa, al fine di essere manlevati e
garantiti per il caso di soccombenza.
Con
ordinanza in data 1.3.03 il GI rigettava la richiesta di autorizzazione alla
chiamata in causa di Terzi Vanda e Terzi Gustavo ed ordinava invece
l’integrazione del contraddittorio nei confronti della madre del Giorgi.
Alla
successiva udienza in data 11.6.03 interveniva volontariamente in giudizio
Castelli Iole, madre del Giorgi e comproprietaria del mappale 265, la quale
aderiva alle difese del figlio e concludeva anch’essa per il rigetto delle
domande degli attori. Alla medesima udienza gli attori reiteravano nuovamente
la richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa di Terzi Vanda e
Gustavo, richiesta alla quale tutte le altre parti si opponevano.
Con
atto di citazione notificato in data 24.7.03, in assenza di autorizzazione da
parte del giudice, gli attori provvedevano lo stesso alla chiamata in
giudizio di Terzi Vanda e Gustavo spiegando nei loro confronti domanda di
garanzia e manleva.
I
chiamati si costituivano in giudizio contestando in fatto e diritto la
domanda formulata dagli attori e chiedendo, in via riconvenzionale,
l’accertamento dell’intervenuto acquisto della servitù per usucapione.
All’udienza
in data 11.11.03, immediatamente successiva alla chiamata, il convenuto e gli
intervenuti Castelli e Bianchi eccepivano l’inammissibilità della chiamata in
quanto non autorizzata dal giudice e dichiaravano espressamente di non
accettare il contraddittorio rispetto alla domanda riconvenzionale formulata
dai chiamati.
Con
ordinanza in data 10.2.04 il giudice, ritenuta l’opportunità di decidere
preliminarmente la questione relativa alla validità della chiamata in causa
dei terzi chiamati, nonché in ordine alla ammissibilità delle domande
formulate dagli attori nei loro confronti fissava per la precisazione delle
conclusioni e per la discussione orale l’udienza del 19.2.04.
A
detta udienza le parti precisavano le conclusioni come da verbale e
provvedevano alla discussione orale della causa.
Nullità
della chiamata in causa e inammissibilità delle domande proposte nei
confronti dei terzi chiamati
Ai
sensi dell’art. 183 cpc la chiamata in causa di un terzo ad opera dell’attore
è espressamente subordinata all’autorizzazione del giudice, che potrà
consentirla solo nel caso in cui l’interesse all’estensione del giudizio ad
altro soggetto sia conseguita alla domanda riconvenzionale o alle eccezioni
formulate dalle parti già presenti nel giudizio. Detti limiti sono evidentemente
posti a tutela del superiore interesse, trascendente quello delle stesse
parti e dei terzi, all’economia del giudizio. L’estensione soggettiva ed
oggettiva del giudizio, che necessariamente comporta un appesantimento dello
stesso e conseguentemente una sua maggior durata, può cioè giustificarsi solo
nel caso in cui, tenuto conto delle difese delle controparti, emerga
l’opportunità di estendere il giudizio al terzo per evitare possibili contrasti
di giudicati o, quantomeno, per consentire la partecipazione a soggetti che
potrebbero anche solo indirettamente patire pregiudizio dall’eventuale
accoglimento delle domande spiegate da alcuna delle parti già costituite.
Il
mero interesse dell’attore ad essere garantito dal terzo non può pertanto in
ogni caso prevalere sull’interesse generale alla speditezza del giudizio.
Spetterà quindi al giudice contemperare i due interessi e valutare se,
tenuto conto delle particolarità del caso sottoposto al suo esame ( e sempre
che l’interesse sia conseguito alle difese delle altre parti), sia opportuno
consentire all’attore di proporre la domanda di garanzia nel giudizio già
pendente.
Quanto
alle conseguenze derivanti dalla chiamata in causa non autorizzata, pur
dovendosi rilevare che il codice non prevede alcuna espressa sanzione, deve
ritenersi che l’oggettiva violazione della previsione di cui all’art. 183 cpc
non possa essere qualificata quale mera irregolarità, non comportante alcun
pregiudizio per il chiamante.
In
proposito è sufficiente rilevare che l’interesse alla rapidità del giudizio
ha attualmente addirittura rilevanza costituzionale, atteso che l’art. 111
cost impone espressamente che sia assicurata la ragionevole durata del
processo.
Trattasi
quindi di interesse pubblico, in quanto tale sottratto alla disponibilità
delle parti.
E’perciò
evidente che l’interpretazione che qualificasse la chiamata non autorizzata
quale mera irregolarità si porrebbe in evidente contrasto con il principio,
immanente nell’ordinamento, secondo cui deve privilegiarsi un interpretazione
delle norme che attribuisca loro un significato non contrastante con il
dettato costituzionale.
Se
infatti si ritenesse in ogni caso valida la chiamata in causa operata
dall’attore di fatto si consentirebbe alla parte di disporre a suo piacimento
di un interesse che, per quanto detto, è dall’ordinamento espressamente
sottratto alla disponibilità delle parti. Del tutto coerentemente, quindi,
l’art. 183 cpc rimette alla discrezionalità del giudice la valutazione in
merito all’esistenza di un contrapposto interesse della parte (o di altro
interesse generale) che, nel caso di specie, possa prevalere su quello
generale alla rapidità del giudizio.
Pertanto,
pur dovendosi rilevare che a norma dell’art. 156 cpc la nullità di un atto
dovrebbe essere pronunciata solamente in caso di espressa comminatoria di
legge (nella specie insussistente), deve ritenersi che da analoga invalidità
siano affetti pure quegli atti che comportino quale conseguenza la violazione
di una norma costituzionale, trattandosi di fonte sovraordinata rispetto alla
stessa legge.
Ne
deriva che la chiamata in causa operata dagli attori, in quanto non
autorizzata, è affetta da radicale nullità; né può ritenersi che detta
nullità sia rimasta sanata per il fatto che i terzi chiamati, evidentemente
primi interessati al suo rilievo, non abbiano provveduto ad eccepirla nella
prima difesa, rifiutando il contraddittorio rispetto alle domande formulate
nei loro confronti dagli attori.
Così
opinando infatti si consentirebbe ad una parte – in questo caso ai
terzi chiamati - di disporre dell’interesse pubblico alla rapidità del
giudizio in chiara violazione del dettato di cui all’art. 111 cost.
La
sanatoria di detta nullità non potrebbe infine neppure conseguire
all’accoglimento dell’istanza, formulata dagli attori in sede di precisazione
delle conclusioni, di revoca dell’ordinanza in data 1.3.03 con conseguente
rilascio dell’ autorizzazione alla chiamata in giudizio dei terzi. Detta
autorizzazione, infatti, produrrebbe i suoi effetti solamente ex nunc
dal momento della pronuncia dell’ordinanza di revoca e non sarebbe quindi
idonea a sanare l’invalidità della chiamata non autorizzata, i cui effetti si
sono ormai compiutamente e definitivamente verificati.
Conseguentemente,
attesa la nullità della chiamata, deve dichiararsi l’improponibilità di tutte
le domande formulate dagli attori nei confronti di Terzi Vanda e Gustavo.
Spese
Le
spese di giudizio sostenute dai terzi chiamati vanno poste in via solidale ad
integrale carico degli attori che li hanno chiamati in giudizio senza
autorizzazione.
Dette
spese si liquidano nell’importo complessivo di euro 1.015,00 di cui euro
115,00 per spese (comprensive di quelle forfetarie), euro 450,00 per diritti
ed euro 450,00 per onorario, oltre iva e cpa.
Separazione
del giudizio
Atteso
che le domande proposte dagli attori nei confronti dei terzi chiamati sono
oggetto di sentenza definitiva, mentre le ulteriori domande svolte dagli
attori nei confronti del convenuto e degli intervenuti necessitano di
ulteriore istruttoria va disposta ai sensi degli artt. 104, c. 2 e 279, n. 5
cpc la separazione di dette cause da quella oggetto di pronuncia definitiva
con la presente sentenza, separazione cui si provvederà con separata
ordinanza.
PQM
pronunciando definitivamente, disattesa e respinta ogni
diversa domanda ed istanza: - dichiara la nullità della chiamata in giudizio di
Terzi Vanda e Terzi Gustavo e, per l’effetto, dichiara inammissibili tutte le
domande proposte nei loro confronti dall’attore; - condanna Rossi Dino, Verdi Nadia e Rossi Sarah al
pagamento, in solido, dell’importo di euro 1.015,00 oltre iva e cpa a titolo
di rimborso delle spese di lite; - provvede con separata ordinanza alla separazione delle
cause non oggetto di pronuncia e necessitanti ulteriore istruttoria. Così
deciso in Mantova il 19.02.04 |