Impugnazione
di delibera assembleare - Arbitrato irrituale - Esclusione - Mancata identificazione
dei partecipanti alla assemblea - Invalidità - Esclusione - Ordine del giorno
- Indicazione delle materie da trattare ex art. 2484 c.c. - Invalidità -
Sussistenza - Motivo assorbente. Tribunale di Mantova – Sezione
II - Dott. A. Dell'Aringa, Presidente, Dott. M. Bernardi, Giudice relatore,
Dott. Laura De Simone, Giudice - Sentenza del 16 gennaio 2003. Svolgimento
del processo La
società attrice, con atto di citazione notificato in data 16-2-2000, assumeva
di essere socia al 33% della Gamma s.r.l. in liquidazione la quale da un lato
deteneva una partecipazione del capitale della Alfa, società di diritto
tunisino, e, dall’altro, ne era creditrice per l’importo di £ 753.033.120 a
seguito della politica di finanziamento perseguita dal cessato organo
amministrativo. L’istante
assumeva che la deliberazione ordinaria adottata dalla Gamma il 19-11-1999 in
seconda convocazione ed alla quale essa non aveva partecipato era illegittima
e ne chiedeva l’annullamento. Innanzitutto
essa deduceva la violazione del disposto di cui agli artt. 2375 e 2486 c.c.
difettando nel verbale ogni indicazione della sua mancata partecipazione
all’assemblea atteso che nel medesimo si dava unicamente atto della presenza
di soci portatori di quote per £ 13.400.000 su £ 20.000.000 e, quindi, del
67% del capitale sociale. In
secondo luogo la medesima assumeva la violazione dell’art. 2484 c.c. e
dell’art. 12 dello statuto sociale in quanto nell’avviso di convocazione non
sarebbe stato adeguatamente indicato l’argomento costituito dalla rinuncia ai
crediti nei confronti della Alfa di cui l’assemblea si era poi occupata,
deliberando così su materia non inclusa nell’ordine del giorno e violando in
tal modo il diritto di informazione del socio assente. Nella
rinuncia ai crediti verso la società tunisina veniva poi rinvenuta la
violazione del combinato disposto di cui agli artt. 2279 2452 e 2497 c.c.
essendo vietato al liquidatore di intraprendere nuove operazioni in tale
ambito dovendo ricomprendersi la menzionata rinuncia: si sosteneva altresì
che eccessivamente ampio fosse stato il mandato conferito al liquidatore che
poteva fissare il prezzo di vendita e le sue modalità, in tal modo
esautorando l’assemblea dei soci. Inoltre
premettendo che l’assemblea, fatta propria la valutazione della Alfa operata
dal sig. XX della YY di Tunisi, aveva deciso di cedere la partecipazione
nella società tunisina al miglior prezzo e comunque ad un prezzo non
inferiore a £ 100.000.000 e, nel contempo, per consentire siffatta
operazione, aveva statuito di rinunciare a tutti i crediti vantati nei
confronti della partecipata tunisina, l’attrice sosteneva che la
deliberazione de quo era affetta da eccesso di potere per contraddittorietà e
difetto di motivazione. Essa rilevava infatti che la valutazione operata dal
sig. XX non era suffragata da riscontri documentali e non riportava i criteri
utilizzati per la stima sicché la rinuncia ai crediti risultava essere del
tutto immotivata, che il prezzo minimo di vendita era da considerare
incongruo in considerazione dell’ammontare dell’indebitamento e del fatto che
la Alfa era titolare esclusiva di una concessione per lo sfruttamento di una
cava di sabbia e che la fissazione nella misura indicata del prezzo di
vendita avrebbe attribuito al liquidatore una eccessiva discrezionalità nella
determinazione del corrispettivo della cessione. Ancora veniva sostenuto che
la rinuncia ai crediti, motivata dalla necessità di consentire la vendita
della partecipazione, non trovava logico fondamento posto che in alcun atto
societario si era fatto riferimento a trattative di vendita naufragate per
l’indisponibilità dell’acquirente a sobbarcarsi l’esposizione debitoria della
compagine tunisina, cosicchè parimenti la decisione adottata appariva del
tutto irrazionale. Infine
l’esponente lamentava che non vi era alcun supporto documentale che
giustificasse la decisione di richiedere ai soci un finanziamento per fare
fronte ai debiti sociali. La
convenuta, costituitasi in giudizio, eccepiva in via preliminare
l’improponibilità della domanda attorea atteso che l’art. 33 dello statuto
sociale conteneva una clausola di arbitrato irrituale ed evidenziava che
tutti i motivi addotti a sostegno della pretesa illegittimità della
deliberazione impugnata attenevano alla tutela di un interesse personale
dell’istante e non invece generale. Nel
merito chiedeva il rigetto della domanda rilevando, quanto all’omessa
indicazione del socio assente, che in relazione alle deliberazioni di
s.r.l. non è necessario che il verbale sia analitico e che le indicazioni in
esso riportate erano sufficienti per la sua validità. Quanto
alla pretesa violazione del disposto di cui all’art. 2484 c.c. la difesa
della Gamma sosteneva che si trattava di un assunto del tutto infondato posto
che l’ordine del giorno faceva riferimento alla valutazione della
partecipazione detenuta nella società tunisina ed ai provvedimenti da
adottare nonché all’opportunità della cessione della quota di partecipazione
sicché nessuna menomazione poteva avere subito il suo diritto all’informazione. Parimenti
infondata veniva poi considerata l’asserita violazione degli artt. 2279, 2452
e 2479 c.c. posto che, da un lato, il liquidatore non aveva rinunciato al
credito nei confronti della società tunisina (nei cui confronti anzi era
stata avviata un’azione legale) e che, dall’altro, la vendita della quota in
partecipazione non poteva considerarsi nuova operazione bensì attività
rientrante in quella ordinaria di liquidazione. In ordine
poi alla violazione per eccesso di potere la società convenuta sosteneva, da
un lato, che tale fattispecie ricorre unicamente nel caso in cui la delibera
risulti preordinata unicamente allo scopo di perseguire interessi divergenti
da quelli societari e lesivi di quelli della minoranza, finalità del tutto
assente nel caso di specie e, dall’altro, che le ulteriori censure sollevate
comportavano un’inammissibile sindacato sulle scelte gestionali degli organi
societari laddove al giudice è preclusa ogni valutazione di merito: in ogni
caso respingeva, per la genericità degli assunti, i rilievi sollevati sotto
il profilo dell’opportunità dell’operazione di cessione. Rigettate le istanze istruttorie
formulate, la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione sulle
conclusioni delle parti sopra riportate. Motivi Preliminarmente
occorre esaminare l’eccezione di improponibilità della domanda sollevata con
riguardo alla clausola dello statuto della società convenuta che prevede il
deferimento ad arbitri irrituali delle controversie insorte fra la società ed
i soci. Sul punto
va osservato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la deroga della
competenza a favore degli arbitri opera in materia societaria allorquando,
tenuto conto della prospettazione delle parti, vengano in gioco
esclusivamente interessi personali dei soci e non invece l’interesse della
società in quanto tale considerato dalla legge (vedasi Cass. 30-3-1998 n.
3322; Cass. 7-10-1991 n. 10444; Cass. 18-2-1988 n. 1739). Alla
stregua di siffatto criterio deve ritenersi che la vertenza oggetto del
presente giudizio involga direttamente anche l’interesse della società atteso
che i motivi di impugnazione attengono alla valida formazione ed esternazione
della volontà dell’ente, alla censura di un atto (rinuncia al credito)
astrattamente confliggente con l’interesse alla tutela del patrimonio sociale
ed infine ai limiti, variamente coinvolti, del potere di procedere alla
liquidazione sicché va esclusa l’operatività della clausola arbitrale. Quanto al
primo dei sollevati profili di illegittimità della delibera va rilevato che è
ormai assolutamente prevalente (cfr. Cass. 20-6-2000 n. 8370; Trib. Roma
22-10-1996 in Giur. Comm.,1997,II,589; Trib. Napoli 6-12-1996 in Le
Società,1996,467; Trib. Genova 3-11-1987 in Le Società,1988,83; App. Genova
24-4-1986,ivi,1986) la tesi secondo cui il verbale dell’assemblea di società
di capitali deve avere carattere analitico in considerazione del preminente
interesse pubblico al trasparente funzionamento di tali enti. Va però
osservato che la mancata identificazione dei partecipanti implica nulla più
che l’astratta possibilità di un vizio della delibera per difetto di
costituzione dell’organo deliberante ma affinché sia possibile dichiararne
l’invalidità occorre che la difformità della stessa dalla legge o dall’atto
costitutivo sia concretamente dimostrata (cfr. Cass. 2-3-1976 n. 693; App.
Firenze decr. 13-12-1989 in Società,1990,781; Trib. Lecce 21-3-1992 in Giur.
Comm.,1993,II,126) laddove, nel caso di specie, non solo siffatta eventualità
non è stata ipotizzata nemmeno dall’attrice ma appare positivamente esclusa
ove si consideri che l’istante - rimasta assente all’assemblea e la cui
legittimazione all’impugnazione non è stata contestata - ha affermato di
essere detentrice del 33% delle quote (e cioè esattamente di quella parte del
capitale non intervenuto alla riunione) e che l’art. 18 dello statuto sociale
prevede che le assemblee anche ordinarie deliberino validamente con il voto
favorevole di tanti soci che rappresentino almeno il 51% del capitale
sociale. In ordine
alla censura sollevata con riguardo all’art. 2484 c.c. in relazione all’art.
12 dello statuto sociale ed osservato che l’ordine del giorno indicava quali
punti dello stesso “la valutazione della partecipazione detenuta nella
società Alfa s.a.r.l. ed eventuali provvedimenti da adottare” nonché “l’esame
dell’opportunità di cessione della partecipazione nella Alfa s.a.r.l.”, va
rilevato che l’indicazione delle materie da trattare può anche essere
sintetica purché sia chiara e non ambigua, tale da non sorprendere la buona
fede degli assenti (cfr. Cass 27-4-1990 n. 3535; Cass.16-3-1990 n. 2198) e
consenta la discussione e l’adozione anche di deliberazioni consequenziali ed
accessorie (cfr. Cass. 12-3-1981 n. 1408). Nel caso
di specie deve ritenersi che la decisione assunta non rispecchi siffatto
parametro non esistendo un nesso di conseguenzialità necessaria fra la
decisione di cedere la quota e la rinuncia al credito (peraltro di importo
assai rilevante) rivestendo, ciascuna di tali operazioni, una propria
autonomia e non essendo stato fatto alcun accenno al possibile collegamento
fra le stesse, rilevandosi inoltre che la previsione “degli eventuali
provvedimenti da adottare” era ricollegata solamente alla valutazione della
partecipazione, sicché deve dedursi che il socio, dall’esame
dell’o.d.g., non avrebbe potuto ragionevolmente dedurre che la decisione in
questione (di considerevole impatto sul patrimonio della Gamma sia perché
l’attivo circolante era stimato in complessive £ 932.923.593 sia perché il
bilancio relativo all’anno 1998, pur includendo il credito in questione, si
era chiuso in perdita) sarebbe stata affrontata dall’assemblea. In proposito
occorre altresì rilevare, da un lato, che la tesi difensiva secondo cui non
sarebbe stata sorpresa la buona fede del socio assente atteso che delle
precarie condizioni patrimoniali della Alfa l’assemblea avrebbe trattato in
precedenti occasioni, non può essere condivisa posto che altrimenti verrebbe
frustrata la finalità stessa dell’ordine del giorno come sopra evidenziata:
tale asserzione, in ogni caso, non trova riscontro negli atti posto che, in
precedenza, si era discusso non tanto delle difficoltà finanziarie della
società tunisina bensì di quelle dei suoi soci. L’accoglimento
di tale motivo di impugnazione rende superfluo dare ingresso alle istanze
probatorie reiterate in sede di precisazione delle conclusioni e determina
l’assorbimento delle ulteriori censure sollevate che pertanto non occorre
esaminare, dovendosi da ultimo evidenziare che la decisione di richiedere
finanziamenti ai soci risultava sufficientemente giustificata alla luce delle
condizioni economiche della società risultanti dal bilancio ed illustrate in
assemblea. Le spese seguono la soccombenza
e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. il Tribunale di Mantova, in composizione collegiale,
definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così
provvede: annulla
la deliberazione dell’assemblea ordinaria adottata dalla società Gamma s.r.l.
in liquidazione in data 19-11-1999; condanna la Gamma s.r.l. in
liquidazione in persona del liquidatore a rifondere alla società attrice le
spese di lite liquidandole in complessivi euro 6.963,79 di cui e.
514,81 per spese, e. 586,27 per spese generali, e. 1.742,71 per diritti ed e.
4.120,00 per onorari, oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge. Così deciso in
Mantova, lì 16-1-2003. |