Appalto - Irregolarità nella gestione
della gara - Condotta penalmente rilevante - Patteggiamento - Giudizio civile
di risarcimento del danno - Perdita di chance – Responsabilità della società
per il fatto dei dipendenti - Danno non patrimoniale - Onere della prova. Tribunale di Mantova – 15 ottobre 2002 - Sentenza del
Giudice Unico Dott. M. Bernardi. Svolgimento
del processo Con atto di citazione notificato in data
23-24/1/1998 la società attrice affermava che, nel gennaio 1992, aveva
partecipato alla gara d’appalto indetta dal Consorzio Delta per il trasporto
dei sovvalli dall’impianto di C. alle discariche di M. e P. e che,
successivamente alla chiusura della gara, in cui la Alfa era risultata
seconda rispetto alla vincitrice Beta s.r.l., erano state accertate gravi
irregolarità nella gestione della gara tanto che era stata avviata indagine
da parte della locale Procura della Repubblica. L’istante sosteneva che il
procedimento penale aperto nei confronti di Rossi A. (amministratore della
Beta), Bianchi B. (vice presidente del Consorzio Delta) e Verdi C. (direttore
commerciale della Beta), imputati di avere - in concorso tra loro - ritirato
dalla sede del Consorzio le buste chiuse contenenti le offerte presentate
dalla Beta sostituendole con altre buste contenenti una nuova offerta avente
una percentuale di ribasso superiore a quella delle altre ditte concorrenti,
si era concluso con il patteggiamento e si era così reso necessario
promuovere il giudizio civile onde ottenere il ristoro dei danni patrimoniali
e non patrimoniali subiti in conseguenza dell’illecito comportamento dei
soggetti sopra indicati che aveva impedito ad essa istante di aggiudicarsi la
gara. Tutti i
convenuti (ivi compresa la Beta) si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto
della domanda sostenendo che la pretesa era del tutto sfornita di prova, che
l’operata quantificazione del danno patrimoniale appariva arbitraria e che
comunque non poteva esser riconosciuto il danno non patrimoniale essendo
l’attrice una persona giuridica. La difesa della Beta rilevava inoltre che il
preteso illecito, integrando un’ipotesi di reato, esorbitava dalle mansioni
conferite dalla società al Rossi ed al Verdi e che, pertanto, l’eventuale
responsabilità avrebbe dovuto gravare esclusivamente in capo agli stessi. Va
poi rilevato che il Verdi chiedeva, in via subordinata, l’accertamento delle
personali responsabilità dei soggetti coinvolti proponendo nei loro confronti
azione di manleva. Effettuate
copiose produzioni documentali, assunta la prova orale e disposta c.t.u., la
causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti in
epigrafe riportate. Motivi Premesso
che le produzioni documentali di parte attrice sono avvenute ritualmente e
che il ritardo nel deposito non è dipeso da inerzia della difesa ma da
obiettive difficoltà di reperimento, occorre dire che la ricostruzione della
vicenda contenuta in citazione trova conforto negli atti dimessi. Al
riguardo va infatti evidenziato che le dichiarazioni rese dai convenuti
al P.M. ed al G.I.P., mai revocate e sostanzialmente coincidenti per la parte
di interesse nel presente giudizio, costituiscono adeguata prova
dell’illecito commesso dal Rossi, dal Bianchi e dal Verdi che, in esecuzione
di un piano fra loro concordato, sostituirono, dopo la loro presentazione e
dopo essere venuti a conoscenza che a quelle condizioni la Beta non si
sarebbe aggiudicata l’appalto, le offerte originariamente presentate
dall’a.t.i. costituita fra la Beta s.r.l e Gamma s.p.a. (vedasi pag.
2-3-4 della c.t.u.). A ciò deve aggiungersi che il procedimento penale nei
confronti di tali soggetti si è concluso con sentenza di patteggiamento ex
art. 444 c.p.p. che costituisce ulteriore elemento positivamente valutabile
ai fini del giudizio di responsabilità. Dalla circostanza che l’a.t.i.
costituita dalla Beta risultò vincitrice della gara con un’offerta ai limiti
dell’antieconomicità (vedasi dichiarazioni del Verdi, confortata dall’entità
dell’utile derivante dall’affare come accertato dal c.t.u.) e che il
Rossi ed il Bianchi hanno dichiarato che il Verdi era venuto a sapere che le
prime offerte “non andavano bene” (nel senso che non avrebbero consentito
l’aggiudicazione) può adeguatamente desumersi che, solo per effetto
dell’illecito commesso, la predetta a.t.i. riuscì ad aggiudicarsi
l’appalto. La
domanda risulta quindi fondata dovendosi osservare che costituisce danno
risarcibile quello consistente nella perdita di chance e cioè di una
possibilità o di una opportunità di conseguire un risultato favorevole, perdita
che ragionevolmente l’istante ha subito ove si consideri che le possibili
aggiudicatarie dell’appalto erano solo le due associazioni temporanee di
impresa che comprendevano le società parti del presente giudizio e che la
P.A. non ha annullato la gara (cfr. Consiglio di Stato 18-12-2001 n. 6281;
Trib. Torino 16-2-1998 in Giur. It., 2000, 320). Va poi precisato che tutti i
convenuti vanno ritenuti responsabili in solido dell’illecito commesso
compresa la società Beta atteso che la società risponde delle conseguenze
giuridiche, compreso il risarcimento del danno non patrimoniale, della
condotta (commissiva od omissiva) dei propri dipendenti che configuri un
reato e sia stato commesso nell’esercizio delle incombenze cui essi sono
adibiti (cfr. artt. 185 c.p., 2049 e 2059 c.c.; in tal senso vedasi Cass.
15-11-1996 n. 10015; Cass. 21-11-1995 n. 12023): nel caso di specie
l’illecita condotta è stata posta in essere dall’amministratore unico della
Beta e dal suo direttore commerciale. Infine e per concludere sul punto va
detto che, dagli atti istruttori, non emergono elementi tali da far superare
la presunzione di pari responsabilità a carico degli autori dell’illecito
posta dall’art. 2055 c.c. non essendo distinguibili ruoli secondari nella
commissione del fatto (tutte le persone fisiche convenute hanno partecipato
alla fase ideativa del reato, materialmente commesso alla loro presenza)
sicché, ferma la condanna in solido di tutti i convenuti nei confronti della
società istante, non vi è spazio per una graduazione delle responsabilità nei
rapporti interni fra i coobbligati. In ordine
alla quantificazione del danno va osservato che il c.t.u., a seguito di una
analisi complessa che ha tenuto conto del prezzo offerto dalla Alfa, dei
risultati di bilancio della stessa e delle modalità di esecuzione del
contratto, ha calcolato che il guadagno netto stimato che l’attrice avrebbe
ottenuto in caso di aggiudicazione dell’appalto sarebbe stato pari a £
22.058.328 su cui non avrebbe inciso alcun prelievo fiscale. Al riguardo va
osservato che le conclusioni raggiunte dal consulente, per l’accuratezza dei
criteri adottati, meritano piena condivisione e possono essere assunte a base
della decisione, rilevandosi quanto alla determinazione del costo del
personale, che la scelta di procedere alla attribuzione analitica del costo
degli autisti in relazione al tempo complessivamente impiegato per
l’effettuazione del servizio anziché di tenere conto dell’incidenza media di
tale voce desumibile dal bilancio della Alfa, trova sicuro fondamento nella
osservazione secondo cui i tempi di effettuazione delle operazioni di
trasporto oggetto del contratto sono sostanzialmente diversi da quelli propri
del trasporto di linea e pertanto appare congruo il calcolo seguito dal
c.t.u. in quanto riferito alle specifiche ed effettive modalità di esecuzione
del servizio. Anche
l’ulteriore rilievo sollevato dalla difesa attorea in ordine alla mancata
utilizzazione del proprio prospetto di calcolo fondato sul costo chilometrico
statistico non può trovare accoglimento sia perché riferito ad un criterio
astratto che non riflette né le specifiche modalità di effettuazione dei
trasporti in questione né la specifica realtà strutturale della società
attrice sia perché il divisore utilizzato per l’operazione proposta
costituisce un dato non obiettivamente riscontrato. Peraltro
posto che la Alfa partecipò alla gara in raggruppamento temporaneo con altre
due imprese e che la stessa ha agito in proprio e non anche quale mandataria
delle medesime, non essendo stati forniti neppure al c.t.u. dati in base ai
quali desumere il criterio di ripartizione degli utili fra le medesime,
l’importo sopra determinato va riconosciuto all’attrice nella misura di un
terzo pari ad euro 3.797,39 che va rivalutato, trattandosi di debito di
valore, ed in valori attuali corrisponde ad € 5.102,63: a tale importo vanno
aggiunti gli interessi legali sulla somma rivalutata anno per anno secondo
gli indici Istat ex art. 429 c.p.c. dal 15-9-1992 (data intermedia in cui
avrebbe percepito il corrispettivo tenuto anche conto dei termini
contrattuali di pagamento) sino alla data della presente sentenza e, al
totale così determinato, vanno aggiunti gli ulteriori interessi legali dalla
data della sentenza sino al saldo definitivo. Quanto al
danno non patrimoniale preteso dall’attrice va precisato che lo stesso
consiste in qualsiasi conseguenza pregiudizievole che, non prestandosi ad una
valutazione monetaria basata su criteri di mercato, non può essere oggetto di
risarcimento bensì di riparazione e comprende anche gli effetti lesivi che
prescindono dalla personalità psicologica del danneggiato sicché è riferibile
anche ad entità giuridiche prive di fisicità (in tal senso vedasi Cass.
3-3-2000 n. 2367; Cass. 5-12-1992 n. 12951; Cass. 10-7-1991 n. 7642): nel
caso di specie peraltro tale danno non appare sussistere posto che il fatto
(sia pure avente natura di illecito penale) non risulta avere inciso
sull’andamento degli affari o comunque avere prodotto effetti pregiudizievoli
ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla perdita di chance, voce questa
però già autonomamente risarcita. Il richiamo fatto dall’attrice al criterio
di cui all’art. 1226 c.c. non la esonerava dall’onere (non assolto) di
provare il tipo di danno non patrimoniale subito. Le spese,
liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza e vanno ridotte in
relazione agli importi effettivamente riconosciuti. P.Q.M. il Tribunale di Mantova, in
composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed
eccezione reietta, così provvede: condanna
i convenuti, in solido fra loro, a pagare alla società Alfa s.p.a. l’importo
di euro 5.102,63 oltre agli interessi legali sulla somma di euro 3.797,39
rivalutata anno per anno secondo gli indici Istat dal 15-9-1992 alla data
della presente sentenza ed al totale così ottenuto vanno aggiunti gli
interessi legali dalla data della sentenza sino al saldo definitivo; dichiara
che tutti i convenuti hanno concorso in pari misura nella causazione
dell’illecito; condanna i convenuti in solido
fra loro a rifondere alla società attrice le spese di lite liquidandole in
complessivi euro 5.502,85 di cui € 1.002,85 per spese, € 2.000,00 per
diritti ed € 2.500,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle
spese ex art. 15 T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge. |