Concessione edilizia rilasciata
in contrasto con le norme di cui agli artt. 873 e segg. cod. civ. -
Responsabilità del progettista per mancato adeguamento degli edifici alla
normativa vigente - Sussistenza - Danno prodotto dal concorso di più cause
autonome - Responsabilità concorsuale del danneggiato - Sussistenza. Tribunale di Mantova, Sez. II –
Giudice unico Dott. Mauro Bernardi - Sentenza del giorno 12 novembre 2003. il
testo integrale: Svolgimento
del processo Con
atto di citazione notificato in data 28-7-1997 l’attore sosteneva a) di avere
conferito al geom. Bianchi l’incarico di redigere un progetto di costruzione
relativo a cinque fabbricati posti in X nonché di dirigerne i lavori e di
avere ottenuto la concessione edilizia il 15-2-1994 cui aveva fatto seguito
una concessione in variante in data 23-9-1994; b) che il progetto prevedeva
la costruzione degli edifici su due piani con quello sovrastante ampliato a
sbalzo rispetto al piano terra e che tale sbalzo sarebbe stato
progettato in violazione delle norme urbanistiche in quanto non avrebbe
tenuto conto delle distanze legali dai confini e dalle vie di comunicazione;
c) che l’impresa costruttrice di cui l’attore era titolare aveva dato inizio
ai lavori e solo al momento di posare i solai sul piano terra si era accorta
dell’errore progettuale relativo alle distanze nonché della impossibilità di
realizzare l’opera per ragioni di ordine statico; d) di avere
conseguentemente revocato l’incarico al convenuto (il cui compenso veniva
interamente saldato) officiando altro professionista (il geom. Verdi) per la
prosecuzione dei lavori e per rimediare agli errori progettuali; e) che il
nuovo progetto non era stato approvato a causa degli sporti esistenti sui tre
lati del fabbricato e che ciò aveva indotto gli organi comunali ad emettere in
data 12-2-1997 un provvedimento di annullamento parziale delle concessioni
edilizie già emanate cui era seguita la sanatoria con l’esborso, da parte di
esso istante, di £ 46.000.000; f) che, in conseguenza della redazione del
progetto redatto dal geom. Bianchi affetto dagli errori progettuali sopra
evidenziati, aveva subito danni consistenti nell’esborso delle somme per
ottenere la sanatoria degli abusi nonché di quelle versate per saldare le
competenze del geom. Verdi e dell’avv. A. cui era stata chiesta assistenza
alla luce delle determinazioni assunte dal Comune. Il
convenuto, costituitosi, chiedeva il rigetto della domanda assumendo a) che
non era assolutamente provata l’irrealizzabilità dell’opera dal punto di vista
statico; b) che la progettazione degli sporti, le cui proiezioni erano state
chiaramente evidenziate nei disegni, era conforme all’orientamento da sempre
espresso in proposito dagli organi comunali i quali, evidentemente, avevano
successivamente al rilascio della concessione, mutato indirizzo; c) che il
geom. Bianchi, reso edotto della non conformità alla normativa edilizia degli
sporti, aveva proposto di cambiare il progetto con l’eliminazione delle parti
non a norma, rimedio ancora possibile dal momento che la parte superiore non
era ancora stata costruita ma che a ciò il Rossi aveva opposto un netto
rifiuto atteso che era in possesso della concessione edilizia; d) che la
collaborazione era venuta meno quando l’attore aveva deciso di eseguire lavori
in difformità anche delle concessioni ottenute; e) che, da quanto risultava
dagli atti, il geom. Verdi non si sarebbe discostato dall’originario progetto
posto che il Comune aveva rilevato l’esistenza di sporti non a distanza
legale sicché nessuna responsabilità poteva addebitarsi al convenuto posto
che l’attore, pur consapevole dell’illegittimità del progetto, aveva
continuato a realizzarlo. Esperita
l'istruttoria orale e disposta una consulenza tecnica la causa veniva
trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate. Motivi La
domanda è parzialmente fondata e va accolta nei limiti che seguono. Premesso
che l’iter amministrativo della pratica edilizia concernente il progetto in
questione è quello sopra descritto, va rilevato che dalle foto dimesse (il
cui scatto al momento della cessazione dell’incarico è stato confermato dal
teste Formigoni e che documentano lo stato dei luoghi in quel tempo, come
riconosciuto dal geom. Verdi), dagli accertamenti svolti dal c.t.u. e dal
tenore della parcella redatta dal geom. Bianchi emerge come, durante la
direzione del convenuto, fossero state realizzate (sia pure non
completamente) tre villette sino al tetto e quindi con l’edificazione degli
sporti ritenuti abusivi dal Comune. Solo
successivamente e quando lo stesso costruttore aveva avuto cognizione del
problema concernente il rispetto delle distanze (v. atto di citazione) venne
edificata la quarta villetta sulla base di un progetto di variante redatto
dal geom. Verdi parimenti ritenuto dagli organi comunali non conforme alla
normativa in vigore e sempre per le stesse ragioni. Posto che
l’importo preteso per la sanatoria delle opere abusive è stato richiesto in
relazione a quattro villette (vedasi docc. sub 10 e 11 prodotti dall’attore)
ne deriva che nessuna responsabilità può addebitarsi al convenuto in
relazione agli abusi riguardanti la quarta villetta in quanto realizzata
dall’attore nella consapevolezza della sua irregolarità, in un momento in cui
era ancora possibile effettuare una diversa scelta progettuale e con
l’assistenza di altro professionista. Quanto
alle irregolarità va osservato che le indagini effettuate dal c.t.u., i
riscontri anche documentali ottenuti e le considerazioni svolte dal geom.
Verdi (v. lettera datata 25-9-1996 allegata alla memoria tecnica di parte
convenuta) consentono di affermare come il Comune di X in precedenza fosse
solito rilasciare le concessioni edilizie tenendo conto, quanto alle distanze
dai confini nel caso di fabbricati a sbalzo, dell’appoggio della costruzione
a terra e non della proiezione del massimo ingombro. Alla luce
di ciò e pur non essendo stato rinvenuto nel fascicolo di parte attorea il
progetto redatto dal geom. Bianchi (che risultava essere stato depositato in
corso di causa) occorre rilevare che il c.t.u. ed il c.t. di parte attorea
hanno affermato che tale progetto non conteneva l’indicazione della distanza
dello sbalzo dal confine: non è però necessario rimettere gli atti in
istruttoria per acquisire tale documento posto che il c.t.u. (in ciò
confortato dalle sopra menzionate osservazioni del geom. Verdi) ha dato atto
che la prassi in uso era nel senso che le misurazioni dal confine non
tenevano conto dello sbalzo, orientamento a cui il geom. Bianchi si era
chiaramente ispirato e che, d’altro canto, nessuno ha messo in discussione
che il progetto evidenziasse gli sporti in questione sicché deve ritenersi
che gli organi tecnici del Comune fossero comunque in grado di rendersi conto
della diversa distanza dal confine del corpo di fabbrica sito al primo piano
rispetto a quello edificato al piano terra. Premesso
che la responsabilità del professionista sussiste anche in caso di
colpa lieve (cfr. Cass. 5-8-2002 n. 11728; Cass. 23-4-2002 n. 5928; Cass.
13-7-1998 n. 6812), che gli errori di progettazione concernenti il mancato
adeguamento degli edifici previsti alla normativa vigente, compromettendo il
rilascio della concessione, integrano un grave inadempimento e sono fonte di
responsabilità per il danno subito dal committente (cfr. Cass. 16-2-1996 n.
1208) e che, nel caso di specie, non è stato dedotto e, comunque, va
positivamente escluso che venissero in questione problemi di speciale
difficoltà, occorre rilevare che, secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità, gli sporti non computabili ai fini della
determinazione delle distanze dal confine sono solo quelli che hanno funzione
ornamentale mentre attingono le caratteristiche del corpo di fabbrica,
costituente parte integrante dell’edificio, le sporgenze di particolari proporzioni
atte ad estendere e ad ampliare l’edificio di superficie e volume, ipotesi
ricorrente nel caso di specie come si desume dalle foto in atti nonché dai
rilievi delle porzioni considerate abusive effettuati dagli organi comunali
(in tal senso vedasi Cass. 15-2-2001 n. 2228; Cass. 2-10-2000 n. 13001; Cass.
0-6-1998 n. 5719; Cass. 29-8-1997 n. 8240; Cass. 12-4-1995 n. 4195; Cass.
6-3-1992 n. 2703). Orbene la
precedente erronea interpretazione della disciplina edilizia da parte degli
organi comunali stante il suo contrasto con le norme di cui agli artt. 873 e
segg. c.c., non può costituire motivo per escludere ogni responsabilità in
capo al professionista anche se certo lo ha indotto a redigere un progetto in
conformità alla prassi in uso, nel convincimento che lo stesso non avrebbe
trovato ostacoli in sede amministrativa: ritenuto pertanto che il danno sia
stato prodotto dal concorso di più cause autonome (va ribadito che il
progetto originario era stato concessionato e che, successivamente, era stata
anche approvata una variante e quindi ponendo in essere tutte le condizioni
affinché l’attore iniziasse a costruire), tenuto altresì conto che il Rossi è
un costruttore edile e, come tale, non certo completamente ignaro della
normativa in materia di distanza fra le costruzioni, appare equo ex art. 1226
c.c. (cfr. Cass. 11-8- 1982 n. 4544) determinare la responsabilità del
professionista (relativamente alla edificazione abusiva delle tre villette)
nella misura del 60%. Ne
consegue che il convenuto deve rimborsare all’attore la somma di euro
10.690,66 (£ 34.500.000x60%=20.700.000) quanto all’importo versato per sanare
gli abusi di tre villette. In ordine
poi ai compensi pagati al geom. Verdi occorre osservare che la parcella
prodotta riguarda le spese affrontate per ottenere la sanatoria che, nella
medesima percentuale di cui sopra e relativamente a tre villette e, quindi,
nell’importo di € 951,75 (£ 3.071.400x60%=1.842.840) vanno rimborsate. Quanto
alle deduzioni circa l’inadeguatezza del progetto dal punto di vista statico
va osservato che il c.t.u. sul punto si è espresso in senso dubitativo
sicché non emerge con certezza che il convenuto abbia commesso un errore
progettuale: in ogni caso non sono state documentate le ulteriori spese
affrontate per rimediare a tale presunto errore sicchè nessuna somma in
proposito può essere liquidata. Quanto
infine agli onorari versati all’avv. A. il quale, sentito come teste, ha
chiarito l’oggetto delle sue prestazioni, strettamente connesse con i fatti
per cui è causa, vanno parimenti rimborsati nella misura sopra determinata,
pari pertanto ad euro 940,31 (£ 3.034.500x60%=1.820.700). Il
convenuto va quindi condannato a corrispondere all’attore la somma
complessiva di euro 12.582,72 che, rivalutata secondo gli indici Istat ex
art. 409 c.p.c. dalla data della mora - coincidente con la notifica dell’atto
di citazione - alla data della sentenza corrisponde ad euro 14.451,68: su
tale importo vanno riconosciuti gli interessi legali dalla data della
sentenza sino al saldo definitivo. In proposito va infatti osservato che l'obbligazione di risarcimento del danno, ancorché derivante da inadempimento contrattuale, configura un debito di valore, in quanto diretta a reintegrare completamente il patrimonio del danneggiato, sicché resta sottratta al principio nominalistico, e deve, pertanto, essere quantificata dal giudice, anche d'ufficio, tenendo conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla data della liquidazione: ne consegue che, qualora in relazione alla domanda del creditore di riconoscimento del maggior danno, si provveda alla integrale rivalutazione del credito fino alla data della liquidazione, non possono essere accordati gli interessi legali sulla somma rivalutata dal giorno della mora, dovendosi questi essere calcolati solo dalla data della liquidazione, poiché altrimenti si produrrebbe l'effetto di far conseguire al creditore più di quanto lo stesso avrebbe ottenuto in caso di tempestivo adempimento della obbligazione (cfr. Cass. 4-10-1999 n. 11021; Cass. 9-1-1996 n. 83; Cass. 14-3-1995 n. 2930). Le spese,
stante la reciproca soccombenza, sono compensate nella misura del 50% e
liquidate come da dispositivo. P.Q.M. il Tribunale di Mantova, in composizione monocratica,
definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione reietta, così
provvede: condanna
il convenuto a pagare all’attore la somma di euro 14.451,68 oltre agli
interessi legali su tale somma a far data dalla sentenza sino al saldo
definitivo; condanna il convenuto a
rifondere all'attore le spese di lite compensandole nella misura del 50% e,
per l’effetto, liquidandole in complessivi euro 4.425,67 di cui € 1.506,02
per spese (comprese quelle di c.t.u.), € 1.104,65 per diritti ed €
1.815,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese ex art.
15 T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge. |