Beni immobili - Errata iscrizione di ipoteca giudiziale -
Risoluzione di promessa di vendita - Diritto al risarcimento del danno -
Sussistenza. Tribunale di Mantova, Sez. II –
Sentenza del Giudice Unico Dott. Mauro Bernardi 10 luglio 2003. Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in data 17-12-1999 il
dott. Rossi F., di professione notaio, assumeva che l'appartamento sito in
Magnacavallo, via P. n. 18, fg. 36, m.n. 638 e di cui era divenuto
proprietario (unitamente ad Verdi C.) sin dal 30-4-1993 con atto trascritto
il 25-5-1993 ai n. 4292 R.G. e 2884 R.P. fosse stato colpito da ipoteca
giudiziale iscritta dalla banca convenuta in data 3-2-1999 per effetto di
decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del geom. S. F., precedente
proprietario del cespite in questione. L'istante assumeva che, a causa dell'esistenza della
predetta formalità, era stato costretto a risolvere un contratto preliminare
stipulato il 12-1-1999 con la sig.a Bianchi V. la quale, avuta notizia
dell'esistenza dell'iscrizione, aveva manifestato l'intenzione di recedere
dal contratto di compravendita dell'appartamento il cui prezzo era stato
determinato in £ 600.000.000: di qui la richiesta di ristoro del danno
patito. La banca, premettendo che l'iscrizione era stata dovuta
ad un involontario errore, chiedeva il rigetto della domanda
evidenziando la natura strumentale del contratto preliminare (non registrato
né trascritto e quindi inopponibile ai terzi), preordinato unicamente ad
ottenere il risarcimento, nonché la colpevole inerzia del dott. Rossi il
quale avrebbe potuto accorgersi dell'esistenza del gravame prima della
stipula del definitivo fissata per il 30-6-1999 segnalando l'inconveniente
all'istituto che avrebbe subito assentito alla cancellazione della formalità
(come poi avvenuto con atto del 1-7-1999 trascritto il 23-7-1999) anziché
accettare passivamente il recesso della promissaria acquirente. Esperita l’istruttoria orale la causa veniva trattenuta
in decisione sulle conclusioni delle parti in epigrafe riportate. Motivi La domanda è parzialmente fondata e va accolta nei
limiti che seguono. Preliminarmente va rilevato che non sono controversi i fatti
materiali che hanno dato luogo alla presente controversia posto che la banca
ha espressamente ammesso di avere erroneamente iscritto, in data 3-2-1999,
ipoteca giudiziale sull'appartamento sopra descritto, divenuto di proprietà
dell'attore con atto, trascritto, del 30-4-1993 in forza di un titolo
(decreto ingiuntivo) ottenuto nei confronti del precedente dante causa del
dott. Rossi. Va inoltre osservato che l'erronea iscrizione ipotecaria
costituisce atto potenzialmente dannoso inducendo una, sia pure temporanea,
difficoltà nella circolazione dei beni (in tal senso vedasi Cass. 14-6-1967
n. 1346; Cass. 12-3-1971 n. 711; Cass. 2-4-2001 n. 4793): peraltro, non
essendo stata chiesta una pronuncia di condanna generica, occorre verificare
se l'attore, in concreto, abbia subito da tale fatto un pregiudizio
patrimoniale (cfr. Cass. 3-11-1994 n. 9039). Fatte tali premesse deve escludersi che il preliminare
stipulato dall’attore sia stato posto in essere fittiziamente atteso che la
teste Verdi (da ritenersi attendibile non emergendo dagli atti indicazioni in
senso contrario peraltro neppure adombrati dalla controparte, essendole del
tutto indifferente l’esito del presente giudizio ed avendo reso una
dichiarazione esaustiva, non contraddittoria con gli altri elementi acquisiti
e contenente l’indicazione di ulteriori persone a conoscenza della vicenda)
ha affermato di avere sottoscritto l’atto in questione per persona da
nominare già in precedenza individuata in un proprio cliente (menzionato nel
verbale d’udienza) di cui avrebbe dovuto arredare l’appartamento una volta
acquistato. Quanto alla notazione secondo cui il preliminare non era né
registrato né trascritto, premesso che tale figura negoziale è tuttora assai
diffusa nella pratica degli affari sicché, una volta ritenuta la sua realtà,
la mancata stipula del definitivo per l’esistenza dell’iscrizione ipotecaria,
deve considerarsi integrare un fatto dannoso, va comunque osservato che la
disciplina di cui all’art. 2704 c.c. è dettata per la esclusiva tutela dei terzi
ed opera, quindi, soltanto qualora dalla scrittura si vogliano, in relazione
a quella data, conseguire gli effetti negoziali propri della convenzione
contenuta nell’atto e non nel caso in cui (come nel caso in esame) la
scrittura sia invocata come mero fatto storico, del quale è consentita la
prova con qualsiasi mezzo, anche con presunzioni (in tal senso vedasi Cass.
25-1-1995 n. 868; Cass. 1-6-1993 n. 6066; Cass. 6-4-1993 n. 4112; Cass.
24-1-1986 n. 456; Cass. 15-9-1981 n. 5105). La Verdi ha poi asserito che, una volta scoperta
l’esistenza dell’iscrizione ipotecaria, il suo assistito aveva preferito
ritirarsi dall’affare né è contestato che esso non si sia mai più
perfezionato: il lasso di tempo poi intercorso fino alla cancellazione della
formalità (avvenuta il 23-7-1999 non per spontaneo riconoscimento dell’errore
commesso da parte della banca ma solo per effetto dell’intervenuto pagamento
del debito da parte del soggetto destinatario del decreto ingiuntivo) e le
complicazioni conseguenti alla scoperta dell’iscrizione, rendono plausibile
il venir meno dell’interesse all’acquisto del cespite da parte del
promissario compratore. Né può addebitarsi alcun rimprovero al dr. Rossi,
nemmeno sotto il profilo di cui all’art. 1227 c.c., per non avere controllato
prima della data fissata per la stipula del definitivo l’esistenza di
iscrizioni ipotecarie atteso che egli, ben sapendo di non essere debitore di
altri, non aveva ragionevole motivo per svolgere con largo anticipo indagini
sul proprio patrimonio e, in ogni caso, a tutto volere concedere, una
siffatta ispezione non poteva che essere effettuata in prossimità della
stipula del rogito senza pertanto che gli esiti pregiudizievoli potessero
essere evitati. Quanto alla determinazione del danno esso va individuato
nella mancata disponibilità della somma che sarebbe stata ricavata dalla
vendita e che, in considerazione della sua entità (non contestata nella
misura risultante dal preliminare e che, pertanto ex art. 116 II co. c.p.c.,
va assunta come parametro per la liquidazione) e della professione esercitata
dall’attore, sarebbe stata presumibilmente reimpiegata: tenuto conto della
natura del cespite oggetto della vendita appare equo fare riferimento al
rendimento medio netto per l’anno 1999 dei B.O.T. aventi scadenza trimestrale
(pari al 2,81%) in relazione al periodo di mesi sei, apparendo ragionevole
supporre che, entro tale lasso di tempo, l’attore avrebbe trovato un altro
acquirente e che, in difetto di diverse indicazioni sul punto e considerato
il breve intervallo temporale, egli avrebbe presumibilmente ricavato il
medesimo corrispettivo. Il danno, calcolato secondo il criterio sopra
evidenziato, corrisponde a £ 16.860.000 e va ridotto alla metà (€ 4.353,73)
essendo l’attore comproprietario dell’immobile in questione. Trattandosi di debito di valore il maggior danno va
liquidato anche d’ufficio (cfr. Cass. 20-3-2001 n. 3996; Cass. 6-11-1998 n.
11190): l’importo di euro 4.353,73 va quindi rivalutato e corrisponde in
valori attuali ad euro 4.812,95 cui debbono aggiungersi gli interessi al
tasso legale, dalla data di verificazione del danno (da individuarsi nel
30-6-1999, giorno della mancata stipula del rogito) sino al momento della
sentenza, sulla somma di euro 4.353,73 rivalutata anno per anno secondo gli
indici Istat ex art. 429 c.p.c.: al totale così ottenuto vanno aggiunti gli
interessi al tasso legale dalla data della sentenza sino al saldo definitivo. La consistente riduzione dell’entità del risarcimento
riconosciuto giustifica la compensazione nella misura della metà delle spese
di lite che vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. il Tribunale di Mantova, in
composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed
eccezione reietta, così provvede: condanna l’istituto bancario convenuto a pagare
all’attore la somma di euro 4.812,95 oltre agli interessi legali sulla somma
di euro 4.353,73 , rivalutata anno per anno secondo gli indici Istat ex art.
429 c.p.c., dal 30-6-1999 alla data della sentenza e sul totale così ottenuto
vanno ulteriormente aggiunti gli interessi legali dalla data della sentenza
sino al saldo definitivo; condanna l’istituto bancario
convenuto a rifondere all'attore le spese di lite, compensandole nella misura
della metà e, per l’effetto, liquidandole in complessivi euro 1.966,02 di cui
€ 140,55 per spese, € 675,47 per diritti ed € 1.150,00 per onorari, oltre al
rimborso forfetario delle spese ex art. 15 T.P., ed oltre ad I.V.A. e C.P.A.
come per legge. |