Revocatoria fallimentare e cessione di azienda bancaria - Art. 58
T.U. l. bancaria - Natura costitutiva della sentenza di revoca - Inesistenza
del debito al momento della cessione - Responsabilità della banca cessionaria
- Insussistenza. Tribunale di Genova –
Sentenza del Giudice Unico Dott. Marcello Castiglione 4 novembre 2002. CONCLUSIONI DELLE PARTI PER L’ATTORE:
“Dichiarare inefficaci nei confronti del Fallimento ai sensi dell’art. 67
L.F. le rimesse aventi natura solutoria effettuate sui conti correnti della
società nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento a favore del
Banco di Napoli; condannare la Banca convenuta a restituire al fallimento
l’importo percepito nella misura da accertarsi in corso di causa, comunque
non inferiore a £ 795.496.263, oltre interessi e rivalutazione monetaria fino
all’effettiva restituzione; condannare la Banca convenuta alla rifusione
delle spese di causa”. PER LA
CONVENUTA: “ Respingere la domanda attrice, in quanto la Banca convenuta non
è legittimata passivamente rispetto all’azione revocatoria proposta dalla
curatela; in via subordinata respingere la domanda attrice, perchè
indeterminata, infondata e non provata; in via di ulteriore subordine
condannare il Banco di Napoli a tenere indenne e manlevare la banca
Bipop-Carire da ogni somma eventuale che quest’ultima fosse condannata a
versare al fallimento; con vittoria delle spese di lite”. PER IL
TERZO CHIAMATO: “In via preliminare dichiarare il difetto di legittimazione
passiva della convenuta principale e conseguentemente respingere la domanda
proposta dalla Curatela nei confronti della stessa, con conseguente venir
meno della chiamata in garanzia del Banco di Napoli; in via subordinata
dichiarare la nullità di citazione; in via ancora più subordinata dichiarare
l’inammissibilità, l’improponibilità e l’infondatezza della domanda proposta
dal Fallimento contro la convenuta principale e conseguentemente, anche sotto
questo profilo, assolvere la conchiudente dalla domanda di manleva proposta
dalla convenuta stessa; in via ulteriormente subordinata respingere anche la
chiamata in garanzia dell’esponente. Vinte le spese e gli onorari di causa”. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto
di citazione notificato alla Banca Popolare di Brescia in data 27/06/2000 il
fallimento della VE.CAM. SIRIO S.r.l., in persona del suo curatore, munito
della prescritta autorizzazione abilitativa chiedeva al Tribunale di
dichiarare l’inefficacia ai sensi dell’art. 67 co.2 L.F. dei pagamenti
effettuati dalla società a favore del Banco di Napoli – nell’anno anteriore
alla dichiarazione di fallimento – corrispondenti all’importo – non inferiore
a £ 795.496.263 – delle rimesse aventi carattere solutorio affluite sul conto
corrente della società: siccome la Banca Popolare di Brescia era subentrata
nell’esercizio della filiale – presso la quale esisteva il conto corrente in
questione – che faceva parte del ramo d’azienda cedutole dal Banco di Napoli
con atto a rogito not. Sabatino Santangelo di Napoli in data 21/10/96,
chiedeva la condanna della Banca cessionaria alla restituzione dei pagamenti
soggetti a revocatoria. Questa, costituendosi in giudizio, eccepiva il
proprio difetto di legittimazione passiva, siccome i pagamenti che il
fallimento intendeva assoggettare all’esercizio dell’azione revocatoria erano
stati effettuati a favore del Banco di Napoli; sempre in via pregiudiziale
contestava le genericità – ed indeterminatezza – della domanda attrice, che
non indicava con precisione le rimesse revocabili; nel merito contestava la
mancanza delle condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria: intanto –
ed in ogni caso – si opponeva all’accoglimento della domanda attrice. Per
cautela chiedeva il differimento dell’udienza di prima comparizione delle
parti per chiamare in causa il Banco di Napoli per manleva e garanzia.
Quest’ultimo, costituendosi a sua volta in giudizio, dichiarava di aderire alle
eccezioni della convenuta principale: intanto chiedeva al Tribunale di
dichiarare il difetto di legittimazione passiva della BIPOP–CARIRE; in
subordine dichiarare la nullità della citazione; nel merito respingere perché
infondata – e comunque prescritta – la domanda attrice. In via
ulteriormente subordinata chiedeva anche il rigetto della domanda di manleva
proposta con la chiamata in garanzia del terzo. Costituito
il contraddittorio delle parti, il Giudice, ritenuto necessario decidere la
questione preliminare, attinente alla legittimazione passiva della convenuta,
prima di istruire la causa nel merito, invitava i procuratori delle parti a
precisare le conclusioni e tratteneva la causa in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE L’eccezione
è fondata sul fatto che i pagamenti, che costituiscono l’oggetto e la materia
dell’azione revocatoria, sono stati effettuati dalla società VE.CAM. SIRIO a
favore del Banco di Napoli, che ne ha tratto vantaggio, acquisendo il
risultato utile delle rimesse. Inoltre l’azione postula la sussistenza
dell’elemento psicologico, vale a dire la conoscenza dello stato di
insolvenza del debitore, che deve essere accertato - e verificato - a carico
di chi subisce l’esercizio dell’azione: intanto non pare ammissibile che gli
effetti della revocatoria debbano ricadere su di soggetto diverso da quello
nei cui confronti si verificano –e devono essere accertati- i presupposti
dell’azione, che sono gli stessi fatti costitutivi della domanda attrice, sui
quali si fonda la legittimazione passiva del convenuto. D’altra parte il
contratto di conto corrente era già chiuso – ed il rapporto era estinto –
all’epoca del subentro della Banca cessionaria: intanto s’era consolidato –
sulla base del saldo di chiusura del conto – il credito – verso la società
fallita – per il quale la Banca cessionaria s’è insinuata nel passivo del
fallimento. La difesa del fallimento – per superare l’eccezione della
convenuta – richiama l’art. 58 del T.U. delle leggi in materia bancaria e
creditizia, a mente del quale in caso di cessione di rapporti giuridici tra
banche, quando avviene la sostituzione di un banca ad un’altra nell’esercizio
di una sede o di una filiale per effetto della cessione di un’azienda
bancaria o di un ramo di azienda, la banca cessionaria risponde in vai
esclusiva di tutti i debiti inerenti all’azienda ceduta, derivanti dai
rapporti intercorsi con le sedi e filiali, non distinguendo – la legge – tra
rapporti in corso e rapporti già chiusi. Pertanto in questa fattispecie –
qualificata – di cessione di azienda tra soggetti bancari la legislazione
speciale, che deroga alla disciplina di diritto comune contenuta nel Codice
Civile, attribuisce alla banca cessionaria una legittimazione passiva
esclusiva ed indifferenziata per tutti i debiti, anche risalenti a rapporti
pregressi e ad atti compiuti prima della cessione. Secondo la difesa attrice
la previsione e la ratio della legge speciale – che risponde alla necessità
di assicurare la certezza e la stabilità dei rapporti bancari – fonda
l’obbligazione della cessionaria – nascente dall’accoglimento della domanda
revocatoria – di restituire i pagamenti fatti alla sua dante causa. Come
replica giustamente la difesa della convenuta, l’argomento giuridico –
addotto dall’attore a sostegno della sua domanda – non è conferente alla
fattispecie. Invero – secondo l’interpretazione pià accreditata della legge
bancaria – non tutti i debiti imputabili alla banca ceduta sono accollati a
quella subentrante, ma solo quelli inerenti all’esercizio di sedi o filiali,
oggetto della sostituzione, esistenti al momento della cessione e dotati dei
requisiti della certezza e liquidità: lo si desume dalla previsione dell’art.
58 T.U. cit., il quale prevede che, - appunto – in caso di cessione di
rapporti giuridici tra banche “i creditori ceduti” hanno facoltà, entro tre
mesi dall’adempimento delle forme di pubblicità previste dalla legge, di
esigere dal cedente o dal cessionario l’adempimento delle obbligazioni
oggetto della cessione. Trascorso il termine di tre mesi, il cessionario ne risponde
in via esclusiva. Diversamente il debito, relativo alla restituzione dei
pagamenti assoggettati alla revocatoria fallimentare, non esiste ancora – e a
maggior ragione non è ancora certo, nè liquido nè esigibile – quanto vengono
in essere i presupposti per l’esercizio dell’azione a seguito dell’apertura
del fallimento: quale azione – come è noto – ha natura costitutiva: per cui
il debito – restitutorio – nasce soltanto dall’accoglimento della domanda,
che fa venir meno – dalla data della domanda stessa – l’efficacia dei
pagamenti assoggettati all’esercizio dell’azione revocatoria. Ne consegue che
la massa non vanta alcun diritto di credito prima della dichiarazione di
fallimento – ovvero al momento della dichiarazione dello stesso –
indipendentemente dalla domanda giudiziale, ma è titolare soltanto di un
diritto protestativo a promuovere l’azione revocatoria, dal cui accoglimento
deriva la modifica della situazione giuridica preesistente. E’ evidente che
il meccanismo in esame esula dalla previsione e dalla ratio stessa della
normativa che regola la cessione dei rapporti giuridici tra banche: pertanto
può affermarsi che la responsabilità per le azioni revocatorie non è compresa
nel coacervo di crediti e debiti che costituisce oggetto della cessione di azienda
bancaria: perciò la banca cessionaria difetta di legittimazione passiva per
le azioni revocatorie relative a rimesse revocabili prevenute alla banca
credente. Non è rilevante – per la decisione della questione in esame –
l’acquisizione del contratto col quale è avvenuta – ed è stata regolata tra
le parti – la cessione del ramo aziendale dal Banco di Napoli alla Banca
Popolare di Brescia. Infatti il fallimento è terzo rispetto ai rapporti
intercorsi tra le parti del contratto: intanto le condizioni per l’esercizio
dell’azione revocatoria, che risponde all’interesse della massa, sono
previste inderogabilmente dalla legge fallimentare e devono essere accertate
in base alla legge stessa, rispetto alla quale sono indifferenti i rapporti e
le pattuizioni particolari intercorse tra banca cedente e banca cessionaria.
Mentre accoglie l’eccezione – intanto respinge la domanda attrice – liquida a
favore della convenuta le spese di causa in applicazione del principio di
soccombenza. Dichiara non luogo a pronunciare sulla domanda di manleva,
proposta dalla convenuta principale contro la terza chiamata,
subordinatamente all’accoglimento della domanda attrice. Compensa le spese di
causa tra la convenuta e la terza chiamata, non ravvisando nemmeno valide
ragioni per porle a carico dell’attore, che non ha proposto alcuna domanda
diretta nei confronti del terzo. P.Q.M. definitivamente
pronunciando nella causa promossa da: FALLIMENTO
VE.CAM. SIRIO S.r.l.
- attore- c o n t r o BIPOP-CARIRE
S.p.a.
- convenuta - e BANCO DI
NAPOLI
S.p.a.
- terzo chiamato - così
decide: 1.
Accoglie l’eccezione della convenuta: intanto dichiara il suo difetto di
legittimazione passiva e respinge la domanda attrice; 2.
Condanna il Fallimento a rimborsare alla convenuta le spese di causa, che
liquida in complessivi € 2.600,00 (di cui € 300,00 per esborsi, €.800,00 per
diritti, € 1.500,00 per onorari), oltre rimborso spese generali, I.V.A. e
C.P.A.; 3.
Dichiara non luogo a provvedere sulla domanda in manleva proposta dalla
convenuta contro il terzo chiamato; 4. Dichiara interamente
compensate le spese di causa tra la convenuta ed il terzo chiamato. |