Calunnia – denuncia-querela contenente
dichiarazioni false – procedimento penale già instaurato a carico
dell’incolpato – carattere meramente accessorio delle dichiarazioni false
rispetto al fatto reato poi contestato – accertamento veridicità fatto reato contestato
– insussistenza reato di calunnia. L’aver
reso in sede di denuncia - querela una dichiarazione presumibilmente e
coscientemente falsa non integra - di per sé - gli estremi del reato di
calunnia, ove tale dichiarazione non sia stata la causa del procedimento
penale a carico del soggetto querelato ed ove tale circostanza falsa abbia
carattere meramente accessorio rispetto al fatto reato poi contestato – ed
accertato – a carico del querelato. (Nella
specie, il datore di lavoro aveva denunciato per un tentativo di truffa
all’INAIL una propria dipendente, non assunta regolarmente, che aveva fatto
pervenire copia di una denuncia di infortunio, negando che la stessa potesse
aver subito un infortunio sul lavoro in quanto mai assunta. Sennonché, il procedimento a carico
della lavoratrice era già stato instaurato, in quanto si era già accertato
che la lavoratrice non si era infortunata sul lavoro, come da denuncia, ma a
causa di un incidente stradale, come risultava dagli accertamenti della
Polizia Municipale intervenuta. La lavoratrice, tra l’altro, era stata poi
condannata con decreto penale per il reato di cui all’art. 483 c.p.). TRIBUNALE DI MANTOVA Sezione GIP/GUP Sentenza n° 158/03 MOTIVI S.M. era tratta avanti questo GUP per l’udienza preliminare del
24/09/03 in relazione al fatto di cui all’imputazione. Si costituiva parte civile G.R. Il PM e la parte civile chiedevano il rinvio a giudizio
dell’imputata mentre il difensore ne chiedeva il proscioglimento Effettivamente deve ritenersi insussistente l’ipotesi delittuosa. Sulla scorta degli atti contenuti nel fascicolo del PM il fatto può
brevemente riassumersi come appresso. S.M. presentava, il 30/04/99, una denuncia – querela alla Procura
della Repubblica presso il Tribunale di Mantova nella quale esponeva: -
di essere il legale rappresentante della ditta J.
Di Mantova -
che nei primi giorni di aprile del 99 si era
presentata presso la ditta tale G.R. che chiedeva di essere assunta per
lavori di pulizia -
che volendo essere assunta a tempo indeterminato l’offerta
di lavoro non veniva accettata e dunque la G. era allontanata dalla sede
della ditta; -
che in data 13/04/99 tuttavia la G. si
ripresentava in ditta e lasciava sopra un armadietto una denuncia di
infortunio; -
che in tale documento essa affermava di aver
subito un infortunio, il giorno precedente, “ scivolando dalle scale”
all’interno della J. E di aver riportato le lesioni elencate nella denuncia
INAIL; -
che tale circostanza era del tutto falsa posto
che la G. si era in realtà infortunata in località Cittadella, alle ore 8 del
12.04.99, cadendo del proprio motorino ed in tale occasione era soccorsa dal
V.U. O. che aveva steso apposito verbale -
- che di tale circostanza la S. aveva tempestivamente informato
l’INAIL. Dalle successive indagini disposte dal PM si accertava che
effettivamente la G. era caduta dal motorino lungo la via V. a Cittadella e,
soccorsa dal V.U., dichiarava di avere molta fretta in quanto doveva recarsi
sul posto di lavoro – nel suo primo giorno di lavoro – presso la ditta J. Ove
era stata appena assunta. Nel corso della visita al Pronto Soccorso e nel
corso di ulteriori accertamenti la stessa dichiarava invece di essere “ caduta dalle
scale” presso la ditta ove prestava servizio fin dal 2.02.998 senza mai
essere stata assicurata dal suo titolare M.E. Soltanto in una seconda
dichiarazione all’INAIL ( in data 27.5.99) la G. ammetteva di essere caduta
dal motorino e di aver in precedenza dichiarato il falso solo per il
particolare stato emotivo in cui si trovava poiché il M. non aveva mantenuto
la promessa di assumerla regolarmente ed anzi per averla, proprio quel
giorno, licenziata. Il M. , presso l’abitazione privata del quale la donna si
recava settimanalmente a fare le pulizie, era in realtà soltanto un
collaboratore della J. , società che era rappresentata dalla S. L’INAIL accertava che effettivamente la G. aveva prestato la propria
attività quale addetta alle pulizie, presso la ditta J. Seppur
saltuariamente, due volte la settimana, ma comunque fin dal 1998. Sulla base di questi presupposti il PM chiedeva il rinvio a giudizio
della S. in quanto essa aveva, con la denuncia del 30/4/99, falsamente
incolpato la G. di un reato – la tentata truffa ai danni dell’INAIL – che
viceversa sapeva non aver commesso ( posto che doveva essere infatti a
conoscenza che la G. aveva prestato servizio “in nero” presso la J).
Riferendo che la stessa non era propria dipendente, la S. – a detta del PM –
avrebbe commesso il reato di calunnia provocando l’inizio di un procedimento
penale a carico della G. a causa dell’artifizio posto in essere da
quest’ultima ( falsa dichiarazione di infortunio) allo scopo di ottenere un
indebito indennizzo da parte dell’INAIL. Il reato di calunnia va totalmente escluso, posto che la circostanza
che si assume quale elemento materiale del reato ( l’aver cioè accusato la G.
di un reato inesistente) è invece risultata vera avendo effettivamente – per
sua stessa ammissione – la G. dichiarato il falso al V.U. che la soccorreva
e, in successione, ai medici del Pronto Soccorso, all’INAIL nella denuncia
che presentava il 13/4/99 ed infine agli ispettori dell’INAIL che la
interrogavano il 6/5/99: in tutte queste occasioni la lavoratrice aveva
falsamente dichiarato di essere caduta dalle scale della ditta J. Al fine di
lucrare un risarcimento che , viceversa, non le era dovuto non avendo affatto
subito un infortunio sul lavoro ma essendo semplicemente caduta dal motorino
il giorno stesso del licenziamento. Per questo reato ( art. 483 c. p. : falsità ideologica commessa dal
privato in atto pubblico) è iniziato un procedimento penale che si è concluso
con l’emissione di un decreto penale non opposto in data 26.11.02; quindi la
G. è stata condannata proprio per quel reato che la S. aveva, non falsamente,
denunciato e che l’imputata stessa aveva confessato. Si assume che la semplice dichiarazione, questa si presumibilmente
falsa, che la G. non fosse dipendente della ditta J. Integrerebbe, di per sé
sola, il reato di calunnia.. La circostanza è da escludere posto che: -
non è questo il fatto che ha fatto iniziare un
procedimento a carico della G. ma, viceversa, il fatto che, come si accertava
in contrario attraverso il verbale del V.U. – la donna fosse caduta dal
motorino e non dalle scale della ditta; -
tale circostanza, seppure in ipotesi falsa, era
accessoria e secondaria rispetto al fatto, ben più rilevante ( e segnalato
proprio dalla S.) che l’incidente non aveva nulla a che vedere con l’attività
lavorativa della G. essendo avvenuto all’esterno dell’azienda ( se era stata
licenziata poi proprio quel giorno nemmeno poteva parlarsi di infortunio in
itinere); -
sotto il profilo soggettivo non è certo che la S.
fosse a conoscenza dell’esistenza di un rapporto di lavoro formale fra la
ditta J. E la G. posto che quest’ultima era stata “ assunta” dal M., collaboratore
o gerente di fatto della J. E presso la cui casa la lavoratrice prestava già
attività quale donna delle pulizie -
il fatto fondamentale denunciato dalla S. ( e
cioè che la G. avesse falsamente denunciato un infortunio sul lavoro allo
scopo di ottenere le previste indennità) è in definitiva risultato
assolutamente vero. L’evidenza dell’insussistenza del reato contestato, emergente già
dagli atti di indagine acquisiti, impone un’immediata pronuncia di non luogo
a procedere senza necessità di alcuna verifica dibattimentale P.Q.M. Visto l’art. 425 c.p.p.
dichiara non luogo a procedere nei confronti dell’imputata per il
reato ascrittole perché il fatto non costituisce reato. Mantova, 24/09/03 il
GUP Dott. Marcello Bortolato |