Mutuo fondiario – Utilizzo dell’importo
per coprire una pregressa esposizione debitoria in conto corrente –
Simulazione parziale - Sussistenza. Corte d’Appello di Brescia, Sez.
I civile - Sentenza del giorno 21 aprile 2004. SVOLGIMENTO DEL
PROCESSO Con ricorso ai sensi dell'art. 98
l.fall. depositato il 13 febbraio 1999 la Banca Agricola Mantovana, soc.
coop. a r.l., proponeva opposizione contro lo stato passivo del Fallimento
della società Casa Musicale Giovanelli Idelfonso e Figli di Giovanelli
Idelfonso e C. s.n.c. e dei soci illimitatamente responsabili, dichiarato
esecutivo il 28 gennaio precedente, lamentando l'esclusione, in sede di
verifica, del credito privilegiato ipotecario per lire 354.844.492 di cui era
stata chiesta l'ammissione "quale residuo di un mutuo ipotecario
fondiario" erogato in favore della società in bonis con atto in data 23
maggio 1996. L'opponente contestava il
fondamento delle ragioni addotte dal giudice delegato a sostegno del
provvedimento di esclusione (revocabilità della garanzia, ai sensi
dell'art.67, 1 ° comma n.2, in quanto "per artificio simulatorio"
ex art. 1414 e seg. c.c., l'ipoteca risultava diretta a garantire un debito
preesistente; mancanza di prova della ricorrenza delle condizioni previste
dalla Banca d'Italia "per la sussistenza del mutuo fondiario")
osservando: che in base alle nuove disposizioni del T.U. in materia bancaria
non era più possibile riferire al mutua fondiario le caratteristiche di
sostanza proprie del mutuo agevolato edilizio di cui alla normativa previgente;
che la curatela (che ne aveva l'onere ex art.1417 c.c.) non aveva fornito elementi
di prova dell'allegata simulazione, né elementi atti alla individuazione del
negozio dissimulato; che il negozio di mutuo era assolutamente conforme alla
normativa "di vigilanza"; che il riferimento alla revocabilità del
mutuo ex art.67, comma 1, n.2, l.fall. era errato dal momento che non era
ravvisabile alcuna anormalità del pagamento di lire 50 milioni effettuato in
data 5 luglio 1996 a favore del Credito Agrario Bresciano su precisa
disposizione del mutuatario e che il rapporto di conto corrente n.70062/0
aveva presentato un'operatività del tutto ordinaria, anche dopo il
perfezionamento del contratto di mutuo. Il curatore del fallimento,
costituitosi con comparsa in data 15 aprile 1999, contestava la fondatezza
dell'opposizione e ne chiedeva il rigetto con vittoria di spese. Premesso, in fatto, che
dall'esame degli estratti conto relativi al rapporto di conto corrente n.
160/002/0070062/0 intrattenuto dalla società fallita presso la filiale dì
Mantova della Banca Agricola Mantovana era emerso che la somma erogata in
forza del contratto di mutuo fondiario era stata interamente versata su detto
conto e utilizzata per ripianare lo scoperto di oltre lire 257.000.000 che
esso presentava a quella data, senza che la mutuataria ne avesse avuto la
disponibilità, eccepiva la natura relativamente simulata del contratto, deducendo
che la reale volontà delle parti era stata quella di costituire una garanzia
ipotecaria per un debito preesistente, revocabile ex art.67 (comma 1, n.4)
l.fall.. Ponendo in evidenza la giuridica
impossibilità dì ammettere al passivo del fallimento, anche solo in via
chirografaria, un credito che traeva origine da un rapporto nullo, sono un
diverso profilo rilevava che l'operazione conclusa dall'istituto bancario integrava
l'ipotesi di un negozio in frode alla legge e ai creditori, ex art.216
l.fall.; in subordine l'ipotesi di un negozio revocabile ai sensi
dell'art.67, comma 1, l. fall., ovvero ai sensi dell'art.2901 c.c.. Ravvisando nella descritta linea
difensiva la proposizione di domande riconvenzionali introdotte oltre il
termine dell'art.167 c.p.c. o, comunque, di domande nuove rispetto alle
ragioni fatte valere in sede di verifica, la società opponente ne eccepiva
l'inammissibilità, dichiarando di non accettare, in ordine ad esse, il
contraddittorio. In via subordinata ne eccepiva la nullità ai sensi
dell'art.164, comma 4, c.p.c., in ragione della genericità del titolo della
domanda, in rapporto alle varie e distinte ipotesi di revocatoria previste
dall'art.67, comma 1,l.fall. Con sentenza n.343/01 del 27
marzo 2001 il Tribunale, dato atto, in via preliminare, della tempestività
dell'opposizione, nonché dell'infondatezza dei dubbi espressi dal giudice
delegato in ordine alla regolarità dell'operazione (ex art.38, comma 2,
T.u.l.b. e disposizioni regolamentari della Banca d'Italia), in presenza di
risultanze documentali comprovanti che il secondo finanziamento non aveva
superato i limiti di legge in rapporto al valore dei cespiti dati in garanzia;
considerato, quanto al merito, che la circostanza, pacifica in punto di
fatto, che la società avesse uno scoperto di conto corrente pari a lire
257.176.229 (tale documentato dall'estratto al 31 maggio 1996) e che dei 300
milioni oggetto del contratto di mutuo affluiti su detto conto passivo solo
lire 50 milioni fossero stati concretamente utilizzati per un bonifico a
favore di altro istituto di credito, valeva a dimostrare che il reale intento
perseguito delle parti era stato quello di trasformare un preesistente
credito chirografario in un credito garantito da ipoteca. - per modo da
renderlo inattaccabile di fronte al possibile futuro esercizio dell'azione
revocatoria - e, quindi, la natura fittizia dell'operazione per la parte
eccedente l'importo di lire 50 milioni; rilevato che la prova della
simulazione relativa parziale del negozio, ravvisabile qualora l'accordo
simulatorio investa solo uno degli elementi del contatto, emergeva, oltre che
dal rapporto fra l'importo del mutuo, la precedente esposizione e la somma
effettivamente messa a disposizione, dall'esplicita volontà manifestata in
tal senso dalle parti nella domanda di concessione del mutuo, che indicava,
come finalità, il "consolidamento". dell'esposizione debitoria in
conto corrente (il cui significato nel linguaggio economico e bancario era inequivoco
nel senso della trasformazione di un debito a breve in uno a lungo termine
assistito da garanzia reale), nonché dall'illimitata discrezionalità in
ordine alla destinazione della somma mutuata attribuita alla banca attraverso
il richiamo, nel rogito, all'art.1 del capitolato; ritenuto che a conclusioni
analoghe si sarebbe dovuti comunque pervenire configurando il procedimento
negoziale come anormale strumento di pagamento del debito preesistente, ai
sensi dell'art.b7, comma 1, n.2, l.fall. (secondo l'ipotesi alternativamente
prospettata dalla curatela già in sede di formazione dello stato passivo), in
una situazione caratterizzata dalla
sicura conoscenza dello stato di insolvenza della debitrice in capo
all'istituto di credito, gravato dall'onere della prova dell'inscientia
decoctionis; ritenuto che non potesse trovare accoglimento neppure la domanda
(formulata in via subordinata solo con l'atto di opposizione) di ammissione
dell'intero credito in via chirografaria in virtù del pregresso scoperto di
conto, trattandosi di richiesta fondata su una diversa causa petendi; in
parziale accoglimento dell'opposizione così disponeva: ammetteva la Banca
Agricola Mantovana al passivo del fallimento della società per lire 50
milioni in via chirografaria e al passivo del fallimento dei soci
illimitatamente responsabili in via privilegiata ipotecaria oltre interessi
nella misura convenzionalmente pattuita da 24 agosto 1996 al 24 agosto 1998 e
al tasso legale da tale ultima data sino a quella di trasferimento degli
immobili; compensava in ragione di un quinto le spese di lite, ponendo la
parte residua a carico della società opponente. La sentenza, notificata il 12
luglio 2001, veniva tempestivamente appellata dalla Banca Agricola Mantovana,
con atto di citazione notificato il 26 luglio seguente, affidato a tre
motivi. Il Fallimento della società Casa
Musicale Giovanelli e il Fallimento dei soci illimitatamente responsabili
Giovanelli Alfonso, Spagnoli Carla e Sala Maria Gloria, costituitisi,
resistevano al gravame, chiedendone il rigetto con rifusione di spese. All'udienza del 21 gennaio 2004,
esaurita la fase di 'trattazione, le parti precisavano le conclusioni sopra
trascritte, sulle quali la causa veniva trattenuta in decisione, previa assegnazione
alle parti dei termini di legge per
il deposito degli scritti difensivi finali. MOTIVI DELLA
DECISIONE Si è ricordato nell'espositiva di
fatto che il Tribunale è pervenuto all'accoglimento parziale dell'opposizione
(limitatamente all'importo di lire 50 milioni di cui ha reputato certa l'erogazione)
sulla base di due distinte rationes decidendi. Per un verso ha ritenuto la
natura parzialmente simulata del negozio di mutuo fondiario ipotecario
stipulato dalla Banca Agricola Mantovana con i soci illimitatamente
responsabili della società in data 23 maggio 1996, sul rilievo che le
modalità di erogazione e di utilizzazione del relativo importo (mediante
accredito sul conto corrente n.70062/0 intrattenuto dalla società presso lo
stesso istituto di credito, che a quella data portava un saldo passivo di
oltre lire 250 milioni per ripianare, appunto, la suddetta passività), in uno
con la volontà "di consolidamento della esposizione debitoria in conto
corrente" esplicitata nella domanda di concessione, valeva a dimostrare
che le parti avevano effettivamente voluto soltanto la garanzia reale, a
difesa dei crediti della banca discendenti dai precedenti contratti. Per
altro verso ha considerato che, anche a volere escludere l'ipotesi
simulatoria, il procedimento negoziale seguito dalle parti (accensione di un
mutuo assistito da ipoteca, con utilizzo della somma mutuata per coprire una
pregressa esposizione debitoria) si configurava come anormale strumento di
pagamento del debito preesistente e risultava revocabile ai sensi
dell'art.67, comma 1, l. fall., in difetto di prova dell'inscientia
decoctionis (peraltro esclusa da molteplici elementi contrari, quali:
l'entità dello scoperto di conto; la richiesta di prestazione di garanzie ai
soci; lo stesso meccanismo negoziale utilizzato per pervenire all'immediato
consolidamento dell'ipoteca). Con il primo motivo di gravame
l'appellante, senza svolgere alcuna censura in critica all'inquadramento
giuridico della fattispecie in termini di negozio simulato, contesta la valenza
degli elementi probatori sulla cui base il primo giudice ha ritenuto che le
parti avessero in effetti voluto soltanto la garanzia reale e non anche la
stipulazione del contratto di mutuo, osservando che essi non solo difettano
dei requisiti di gravità precisione e concordanza richiesti dall'art.2729
c.c., ma integrano una palese violazione del divieto di doppia presunzione. Con particolare riferimento alla
circostanza relativa all'espressa indicazione della finalità di
consolidamento dell'esposizione debitoria in conto corrente contenuta nella
domanda di mutuo, dopo avere ribadito che tale domanda era stata liberamente
sottoscritta dal legale rappresentante della società poi fallita, il quale
aveva fornito le indicazioni necessarie per il suo completamento, osserva che
la riconduzione della sua paternità in capo alla banca rappresenta una
deduzione presuntiva, cui viene aggiunta la presunzione del
"dirottamento" della somma mutuata al ripianamento di pregresse
esposizioni in conto corrente, contro la reale portata dell'operazione,
consistita nella concessione, all'affidato, "della facoltà di
reintegrare le. linee di credito concesse e già saturate", e non già
nell'intento di trasformare un debito a breve in uno a lungo termine assistito da garanzia reale (nel
quale caso il risultato finale sarebbe stato, comunque, quello di finanziare
e non di "rientrare", con conseguente esclusione dell'asserito
perseguimento di interessi solutori). Quanto alla base deduttiva
rappresentata dall'art 1 del capitolato allegato al negozio di mutuo, osserva
che le relative disposizioni ("La Banca renderà disponibile la somma
accreditata sul conto corrente o consentirà l'utilizzo della stessa dopo che
il cliente avrà fornito: a) la prova che le obbligazioni e le garanzie siano
state validamente assunte e presentate dal Cliente e dagli eventuali garanti;
b) i dupli delle formalità comprovanti l'avvenuta iscrizione, relativa alle
garanzie reali che assistono l'operazione; c) la prova dell'inesistenza, per
i beni concessi in garanzia, di altre iscrizioni, trascrizioni, annotazioni e
annotamenti comunque pregiudizievoli ...; d) ogni ulteriore documentazione
... idonea a comprovare la piena proprietà e disponibilità dei beni concessi
in garanzia ...;) non rappresentano altro che le condizioni oggettive
dell'erogazione, secondo precise istruzioni dell'A.b.i. e della Banca
d'Italia. La censura, così circoscritta e
per estrema sintesi riassunta, si rivela senza alcun dubbio infondata. Va premesso che il principale
argomento dal quale il Tribunale ha ritenuto di trarre la prova della natura
simulata del contratto di mutuo, risiede nelle modalità intrinseche
dell'operazione, e cioè nell'utilizzo della somma oggetto del contratto per
coprire una pregressa esposizione debitoria in conto corrente, mediante
versamento dell'intero importo sul conto, senza che il mutuatario ne avesse
mai acquisito la disponibilità giuridica. Trattasi di un argomento univocamente
significativo di una volontà indirizzata a conseguire effetti diversi da
quelli propri del contratto di mutuo e, quindi, di indiscutibile rilevanza
probatoria, tanto più in presenza dell'espressa enunciazione di tale
specifica finalità nella relativa domanda. Né può indurre a diversa
conclusione la circostanza che questa rechi la sottoscrizione del solo
mutuatario, potendo ritenersi per certo, in mancanza di diverse allegazioni,
che non per diverse finalità essa sia stata accolta dalla banca, la quale,
riversata la somma apparentemente mutuata sul conto corrente, ha di fatto
considerato la relativa provvista come già utilizzata per l'importo corrispondente
al debito pregresso che il conto stesso a quella data presentava. Il rilievo ha carattere decisivo
e certamente assorbente delle ulteriori ragioni alle quali l'appellante
affida le sorti del motivo dal momento che anche a voler escludere il valore
indiziario della locuzione di cui all'ultimo capoverso dell'art.1 del
contratto ("il cliente autorizza altresì la banca a rendere
indisponibile sul conto corrente di cui sopra la suddetta somma cosi come
previsto dall'art.1 del capitolato allegato"), alla stregua del
contenuto dell'art.1 del capitolato cui esso espressamente rinvia, resta il
fatto che in concreto la società poi fallita non ha avuto la disponibilità
della somma oggetto del mutuo, se non per l'importo di lire 50 milioni utilizzato
ad estinzione di un'esposizione debitoria verso altro istituto di credito. Né
è possibile trarre argomenti di segno contrario dal divario cronologico tra
la data di stipulazione del contratto e quella della dichiarazione di
fallimento, ovvero dal fatto che dopo la stipulazione del contratto
l'operatività del conto è rimasta sostanzialmente immutata, ovvero ancora
dalla contestualità dell'iscrizione ipotecaria rispetto al contratto,
trattandosi di circostanze tutte inconferenti ai fini della dimostrazione
della realità del contratto, che non valgono ad inficiare la contrapposta
valenza probatoria degli elementi sopra considerati. La ricostruzione della
fattispecie in termini di negozio simulato (non voluta l'erogazione di nuova
e autonoma provvista, né la costituzione della garanzia per l'apparente
debito contestualmente creato, ma unicamente il consolidamento della
pregressa esposizione debitoria previa concessione della garanzia ipotecaria
- negozio dissimulato), con esclusione, in concreto, della dedotta
inconcludenza degli elementi di prova a tal fine considerati dal primo giudice,
comporta l'assorbimento del secondo motivo, con il quale l'appellante pone in
discussione la correttezza della ricostruzione del rapporto come negozio
indiretto (concretatosi nell'utilizzo del mutuo ipotecario con il fine di
conseguire il risultato ultimo di eludere la par condicio creditorum
attraverso il consolidamento di un credito preesistente, sotto la copertura
dell'ipoteca di nuova costituzione) operata dal primo giudice, in via
logicamente subordinata, per inferirne la revocabilità del pagamento del
debito preesistente, aí sensi dell'art.67, comma 1, n.2, l.fall., in quanto
attuato attraverso l'anomala operazione di finanziamento in una situazione di
non comprovata inscientia decoctionis. Dall'accertamento della natura
simulata del negozio di mutuo discende evidente l'infondatezza del terzo ed
ultimo motivo, con il quale l'appellante, in via subordinata, si duole del
mancato accoglimento della domanda di ammissione dell'intero credito al
passivo del fallimento della società e a quello particolare dei soci in via
chirografaria. Ed invero, la decisione negativa
assunta al riguardo dal primo giudice rappresenta la coerente conseguenza
della riscontrata nullità, per simulazione, dell'unico titolo allegato a
sostegno dell'istanza di ammissione al passivo, vale a dire del contratto di
mutuo ipotecario, fondandosi, al contempo, sulla corretta applicazione del
principio dell'immutabilità, nel giudizio di opposizione, della causa petendi
fatta valere con l'istanza ex art.93 l.fall.. Per le suesposte considerazioni
l'appello va rigettato, con le conseguenze di legge in ordine al pagamento
delle spese del grado che si liquidano, in favore delle parti appellate, in
euro 6.187,71 (comprensivi di euro 1.461,59 per diritti e euro 4.450,00 per
onorari). P.Q.M. La Corte, definitivamente
pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, rigetta l'appello
proposto dalla Banca Agricola Mantovana s.p.a. contro la sentenza del
Tribunale di Mantova n.343/01 del 27 marzo 2001; condanna l'appellante, in persona del suo
legale rappresentante pro tempore, a rifondere alle parti appellate le spese
del grado nella misura di euro 6.187,71 come sopra liquidata. Così deciso in
Brescia, il 21 aprile 2004. |