Revocatoria fallimentare -
Cessione di credito con funzione di garanzia - Delegazione di pagamento - Versamenti
sul conto del fallito - Notifica della cessione al debitore ceduto -
Conoscenza dello stato di insolvenza. Corte d'Appello di Brescia -
Sentenza del giorno 15 maggio 2002 Sul punto si veda anche: Cass. 30 gennaio 2003, n. 1391 Cass. 19 novembre
2002, n. 16261 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1- Con atto di citazione notificato il 17 settembre 1994
il Fallimento della S.d.f. Esposito Ivano e Bigotti Maria Rosa e il
Fallimento personale dei soci illimitatamente responsabili convenivano
davanti al Tribunale di Brescia la Banca Agricola Mantovana. Esponevano che
il Tribunale di Brescia con sentenza 7 aprile 1992 aveva dichiarato i
fallimenti della S.d.f. Esposito Ivano e Bigotti Maria e quello personale dei
soci di fatto; che la Banca Agricola Mantovana nel periodo 27 settembre – 18
ottobre 1991 aveva ricevuto dai falliti alcuni versamenti, per complessive £.
308.000.000, i quali avevano ridotto la loro esposizione debitoria relativa
al conto corrente n. 48735/2, aperto presso la Filiale 29 di Castiglione
delle Siviere; e che la Banca era a conoscenza dello stato di insolvenza
dell’Esposito e della Bigotti, perché essa aveva chiuso il conto precitato
con lettera 20 agosto 1991, revocando l’autorizzazione ad emettere su di essa
assegni. Chiedevano quindi la dichiarazione di inefficacia dei citati pagamenti,
ai sensi dell’art. 67, primo e/o secondo comma, L.F. e la condanna della
Banca Agricola Mantovana alla restituzione della somma sopra menzionata. Si
costituiva la Banca Agricola Mantovana, la quale chiedeva il rigetto della
domanda, affermando che i versamenti dei quali era stata richiesta la
revocatoria fallimentare – effettuati il 20 giugno 1991, il 4 luglio 1991 e
il 26 luglio 1991 – non erano pagamenti, ma delle cessioni di credito, aventi
data certa, fatte a suo favore dalla società di fatto poi fallita. In sede
di precisazione della conclusioni gli attori chiedevano la dichiarazione di
inefficacia dei “pagamenti” a norma dell’art. 67, secondo comma, L.F.. 2- Il
Tribunale di Brescia, con sentenza 8-21 ottobre 1998, dichiarava inefficaci
nei confronti della massa del Fallimento della S.d.f. Esposito Ivano e
Bigotti Maria Rosa, ai sensi dell’art. 67, secondo comma, L.F., i pagamenti
di £. 151.000.000 del 9 ottobre 1991, di £. 102.000.000 del 9 ottobre 1991 e
di £. 55.000.000 del 18 ottobre 1991; e condannava la Banca Agricola
Mantovana a restituire al Fallimento la somma di £. 308.000.000, con gli
interessi legali dal 18 aprile 1994. Affermava
che: -
l’Esposito aveva personalmente versato sul suo conto corrente passivo degli
assegni emessi a suo favore da terzi; essi integravano quindi pagamenti
diretti del fallito alla Banca, revocabili ex art. 67, secondo comma,L.F.; - se i
versamenti avessero potuto essere qualificati quali cessioni di credito,
queste ultime non sarebbero state opponibili al Fallimento – giusta la
disposizione dell’art. 2914 n. 2 cod. civ. – perché non erano state
notificate al debitore ceduto; - la
Banca Agricola Mantovana conosceva lo stato di insolvenza, perché essa, con
lettera 20 Agosto 1991, essendo stati protestati vari assegni, aveva revocato
l’autorizzazione all’Esposito ed alla Bigotti di emettere sul conto
corrente ulteriori assegni. Avverso
la sentenza interponeva impugnazione la BAM proponendo tre motivi di gravame e
chiedendo la riforma della efficacia esecutiva della stessa. Si
costituivano in giudizio i Fallimenti resistendo ai motivi avversari e
concludendo per il rigetto dell’appello e dell’istanza di inibitoria. Il
consigliere istruttore, con ordinanza 25 febbraio 1999, sospendeva
l’esecutività della sentenza impugnata. Con
reclamo al collegio ex art. 357 c.p.c. del 16 marzo 1999 i Fallimenti
appellati chiedevano la revoca dell’ordinanza del consigliere istruttore. Con
provvedimento del 29 aprile 1999 la Corte rigettava il reclamo. Precisate
dai procuratori delle parti le conclusioni sopra trascritte la causa veniva
trattenuta a sentenza all’udienza collegiale del 15 maggio 2002. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo di gravame l’appellante si
lamenta che il primo giudice abbia ritenuto che le cessioni di credito
intervenute tra l’Esposito e la BAM sarebbero in opponibili al Fallimento in
quanto mai notificate o comunicate al debitore ceduto. Al
riguardo l’appellante assume che il Tribunale avrebbe confuso il profilo di
cessione del credito tra cedente e cessionario con quello della sua efficacia
nei riguardi del debitore ceduto. Infatti la cessione di credito è un negozio
giuridico è un negozio giuridico bilaterale che, in quanto tale, produce
l’effetto traslativo in conseguenza del solo consenso dei contraenti, essendo
irrilevante, ai fini della validità, il consenso del, o la notifica al,
debitore ceduto. L’assunto
è fondato. Con
dichiarazioni del 28 giugno 1991, 4 luglio 1991 e 26 luglio 1991 l’Esposito cedeva
alla BAM i diritti di credito vantati nei confronti della MAROFER
S.r.l. e della ditta Basagli Luigi come garanzia per le anticipazioni
richieste alla Banca e versate, per l’importo di tali crediti, dedotti
interessi e spese, sul c/c ordinario n. 41981/8, e cui corrispondeva un
addebito, per lo stesso importo, sul c/c anticipi n. 48735/2. In questo
momento si perfezionava il contratto di cessione del credito, con il
trasferimento della posizione attiva del cedente Esposito al cessionario BAM
e detti documenti erano opponibili a terzi nel momento in cui recavano la
data certa rappresentata dal timbro di raccomandata postale apposto sul retro
delle singole lettere. La
conoscenza dell’avvenuta cessione da parte del debitore ceduto non influisce
sul perfezionamento dell’accordo essendo rilevante solo ai fini
dell’efficacia liberatoria del pagamento effettuato dal creditore cedente. L’Esposito,
avendo legittimamente ricevuto dai debitori ceduti i pagamenti con assegni,
ha girato gli stessi alla BAM, in tal modo estinguendo l’obbligazione di
restituire le somme oggetto del finanziamento ricevuto. Con il
secondo motivo di gravame l’appellante censura la decisione del primo giudice
nella parte in cui afferma che non risulta provato che i versamenti siano
stati effettuati secondo lo schema contrattuale proprio della cessione dei
crediti in quanto “i pagamenti risultano effettuati direttamente dal
fallimento Esposito attraverso l’accreditamento sul suo conto corrente di
assegni emessi in suo favore dal debitore ceduto”, mentre la girata dei
titoli era semplice esecuzione del contratto di cessione già perfezionatosi
tra le parti nelle date di cui alle lettere che recavano il testo
dell’accordo. Il motivo
è fondato. Lo schema
contrattuale della cessione del credito con funzione di garanzia di un
finanziamento richiesto dal creditore cedente alla Banca è stato descritto
trattando del precedente motivo. In questo
caso si verifica una soluzione di continuità tra il contratto di cessione e
l’esecuzione dello stesso, in quanto la mancata notifica dell’accordo al
debitore ceduto comporta che questo paga al credito cedente che quindi versa
l’importo al cessionario, estinguendo il finanziamento ricevuto. Qualora
si scompongono i due momenti il secondo, può apparire un semplice pagamento,
con funzioni solutorie, su un conto in sofferenza, ma tenuto conto della
schema contrattuale e della sua funzione unitaria appare che il secondo
momento è mera esecuzione dell’accordo precedente. Con il
terzo motivo di gravame l’appellante si duole che, con la decisione
impugnata, il primo giudice abbia ritenuto che la BAM, all’atto del
ricevimento dei pagamenti, fosse a conoscenza dello stato di insolvenza in
cui versava la S.d.f. Esposito e Bigotti per avere ad essa revocato, con
decorrenza 20 agosto 1991, l’autorizzazione ad emettere assegni a seguito del
protesto, per carenza di provvista, di precedenti assegni, mentre occorreva
aver riguardo alla data non dei pagamenti, ma delle cessioni di credito,
tutte anteriori alla data di revoca dell’autorizzazione, quando lo stato di
insolvenza non si era ancora manifestato. Anche
questo motivo è fondato. Non è
stata provata la conoscenza, da parte della banca, di elementi sintomatici
dello stato di decozione della S.d.f. alla data di stipulazione delle singole
cessioni (giugno e luglio 1981), essendo stata invece evidenziata la data
della revoca dell’autorizzazione ad emettere assegni (20 agosto 1981), che
tuttavia è successiva alla data delle cessioni. Né la
natura giuridica del soggetto banca consente da sola di presumere la
conoscenza dei sintomi rilevatori dello stato di insolvenza, soprattutto
quando la stessa banca pone in essere comportamenti, come la concessione di
finanziamenti all’imprenditore poi fallito, che sono antitetici alla
conoscenza di significative difficoltà economiche del debitore. Esclusa
pertanto la funzione meramente solutoria dei versamenti effettuati e non
provata la conoscenza dello stato di insolvenza della S.d.f. Esposito e
Bigotti da parte della BAM, deve essere rigettata la domanda proposta dai
Fallimenti di declaratoria di inefficacia, ex art. 67, comma secondo, legge
fallimentare dei pagamenti ricevuti dalla BAM, per un importo di lire
308.000.000, con assegni negoziati da Bigotti Maria Rosa ed Esposito Ivano. La
riforma della sentenza impugnata comporta che il regolamento delle spese di
lite deve avere riguardo anche al giudizio di primo grado. Poi il
principio della soccombenza i Fallimenti appellati devono essere condannati
alla rifusione, in favore della BAM, delle spese del giudizio liquidate in
euro 7.746,85, di cui euro 2.295,50 per diritti di procuratore e euro
4.648,11 per onorari di avvocato, e in euro 6.938,62, di cui euro 1.639,75
per diritti di procuratore ed euro 4.000,00 per onorari di avvocato,
rispettivamente per il primo ed il presente grado. P.Q.M. La Corte,
definitivamente decidendo, così provvede: in
riforma della sentenza 21 ottobre 1998 del Tribunale di Brescia rigetta la
domanda proposta dai Fallimenti della S.d.f. Esposito Ivano e Bigotti Maria
Rosa e personale dei medesimi nei confronti della Banca Agricola Mantovana
ora S.p.A., già s.c.a.r.l., con citazione notificata il 17 settembre 1994; condanna
i Fallimenti appellati alla rifusione, in favore dell’appellante, delle spese
del giudizio liquidate in euro 7.746,85 ed in euro 6.938,62 rispettivamente
per il primo ed il presente grado. Così deciso in Brescia il giorno
15 maggio 2002. |