Divisione in natura del bene comune –Costituzione
di servitù di veduta e di stillicidio – Attribuzione ad una parte di una
quota maggiore del bene – Violazione del principio di divisione in natura –
Sussistenza. Corte d’Appello di Brescia, Sez. II civile –
est. Dott. Carmelo Sigillo
– Sentenza del giorno 9 giugno 2004. Se è vero che la divisione
immobiliare deve evitare la costituzione di servitù, è altrettanto vero che non
tutte le servitù sono così gravi da giustificare sostanziali espropri a favore
di uno solo dei condividenti, con grave vulnus al principio di divisione in
natura del bene secondo le rispettive quote. (Nella specie, il giudice di
primo grado aveva operato la divisione del bene comune, costituito da un’area
circostante una villetta bifamiliare, attribuendo al condividente titolare
della minor quota una parte del bene comune maggiore di quella di cui lo
stesso era titolare) IN FATTO E IN DIRITTO In Porto Mantovano via ***
esiste una costruzione bifamiliare divisa nelle proprietà di Bianchi I. (oggi
i suoi eredi) e Rossi C. da un lato, e di Verdi G. dall’altro; la costruzione
è circondata da giardino di complessivi metri quadri 1026 rimasto in comunione
dal momento dell’acquisto da parte dei coniugi Bianchi Rossi e della Verdi,
secondo una quota del 60% ai primi e
del 40% alla seconda. Nella causa sorta per lo scioglimento della
comunione sull’area verde suddetta il Tribunale di Mantova fa redigere dal
consulente d’ufficio in tempi diversi due progetti di divisione, entrambi
tendenzialmente rispettosi della situazione di fatto che vede l’uso esclusivo
di ciascuno della parte contigua alla propria abitazione, ma con alcune
differenze: il primo prospetta l’assegnazione ai coniugi Bianchi Rossi di mq
581 (su teorici 615,6) e a Verdi di mq 421 (su teorici 410,4) con conseguente
conguaglio in denaro, e viene accettato solo dai Bianchi Rossi; il secondo
segue meglio la linea di confine tra le rispettive abitazioni e prospetta per
l’effetto l’assegnazione a Verdi di un lotto di giardino ancora più ampio (ossia
mq 511,54 con corrispondente ulteriore riduzione del lotto Bianchi Rossi) al
fine di poter escludere alcune servitù di veduta nella zona sul retro del
fabbricato che la prima soluzione avrebbe comportato a carico della parte di
giardino assegnabile a Bianchi Rossi. Il Tribunale con sentenza del 18.10.2000 dichiara
lo scioglimento della comunione approvando il secondo progetto, posto che “il
primo presenta il grave inconveniente di determinare servitù di veduta
relativa a varie aperture finestrate dell’edificio della convenuta Verdi G. […] nonché una situazione di
contiguità (sempre sul retro) tra la proprietà edificata dell’una parte e il
terreno pertoccante all’altra, senza il minimo spazio di rispetto potenzialmente
idoneo a scongiurare liti e controversie tra confinanti”. Conguaglio in denaro
come determinato dal CTU, previa rivalutazione monetaria. Avverso tale sentenza notificata propongono
tempestivo appello I. Bianchi e C. Rossi
con due motivi. Resiste al gravarne G. Verdi. In corso di giudizio, venuto a morte I. Bianchi,
si costituiscono in prosecuzione volontaria gli eredi C. Rossi e le figlie Bianchi
Giuseppina e Patrizia. All’udienza 28 gennaio 2004 la causa passa in
decisione sulle conclusioni come precisate in epigrafe, assegnati alle parti
i termini di cui all’art. 190 cpc. Con il primo motivo è criticata la decisione del
Tribunale nella parte in cui deroga senza adeguata giustificazione al
principio della divisione del bene in tendenziale proporzione alle quote di
ciascun comunista, avendo attribuito eccessivo significato alle servitù passive
di veduta che si sarebbero create sulla loro porzione di giardino e ai
possibili dissidi futuri, elemento quest’ultimo di per sé irrilevante. Il motivo e fondato. Vero è che tendenzialmente la divisione
immobiliare deve evitare la costituzione di servitù, ma è altrettanto vero
che non tutte le servitù sono così gravi da giustificare sostanziali espropri
a favore di uno solo dei condividenti, con grave vulnus al principio di divisione
in natura del bene secondo le rispettive quote. Le servitù di veduta e di
stillicidio, nella zona retrostante al fabbricato, che il fondo Verdi
eserciterebbe sulla parte di giardino attribuita a Bianchi Rossi secondo la
prima soluzione sembrano rientrare in questo novero. In primo luogo il giudizio sulla gravità del peso
spetta anche al proprietario dell’eventuale futuro fondo servente, il quale
in questo caso ha perentoriamente escluso trattarsi di peso eccessivo, e la
valutazione non è priva di suffragio logico ed oggettivo ove si osservi che
il terreno gravato è pur sempre una piccola striscia di verde, in un contesto
pienamente urbano, sulla quale esercitano analoga veduta altri immobili
vicini. In secondo luogo nel giudizio non deve essere sottovalutata l’origine
convenzionale della comunione che si tende a sciogliere, costituita previo
acquisto in comune di un appezzamento allo scopo di edificarvi due abitazioni
contigue, con tutte le ovvie implicazioni in tema di rapporti di vicinato, di
beni comuni e di servitù eventuali che i compratori non potevano ignorare;
nel caso in esame poi, la diversità delle quote relative al terreno verde
corrisponde secondo la volontà delle parti alla diversa entità delle rispettive
abitazioni, scelta che può essere tenuta in considerazione dal giudice quando
da uno dei comunisti è invocato il maggior rispetto possibile del principio
della divisione in natura. Quanto poi alle temute liti future a causa della
costituenda servitù, l’argomento non assume giuridica cittadinanza essendo
legato a situazioni troppo soggettive e variabili, ed il primo giudice ne ha
fatto uso improprio legandolo alle persone degli odierni condividenti (che
l’un contro l’altro armati non dovevano essere, vista l’origine e la durata
della comunione stessa). Verdi osserva che il primo progetto di divisione
sarebbe per lei troppo penalizzante “per l’impossibilità di accedere
dall’esterno” ad un lato della sua casa “per eseguire le opere sia di ordinaria
che di straordinaria manutenzione”, come anche di accedere “ai pozzi di raccolta
delle acque”. A parte che in realtà, secondo la piantina depositata in primo
grado dell’interessata stessa, sulla parte di giardino attribuita a Bianchi Rossi
secondo la prima soluzione si trova un unico pozzo di ignota funzione, è
assorbente considerare che l’assunto non tiene conto del diritto di accesso
attribuito al vicino dall’art. 834 cc e non può dunque assumere l’importanza
voluta dalla parte, nemmeno sotto il profilo di un apprezzabile pregiudizio
economico; sotto quest’ultimo profilo sarebbe stato il progetto adottato dal
Tribunale a provocare invece un sicuro arricchimento del fondo Verdi mediante
aumento di 100 metri quadrati circa dell’area di pertinenza adibita a
giardino, come ha rilevato il CTU medesimo nella sua seconda relazione. La Corte ritiene pertanto necessario dichiarare
la divisione secondo il progetto depositato dal geometra Tellini il14 giugno
1997, in quanto più aderente alle rispettive quote di comproprietà del bene:
a Bianchi Rossi spetterebbe così una superficie di soli mq 34,6 più piccola
dei teorici mq 615,6 mentre la seconda soluzione implicherebbe una riduzione
di mq 101,14, pari a circa un sesto della quota di pertinenza. Col secondo motivo di appello è censurato il
criterio con cui è stato ragguagliato al momento della decisione il
conguaglio fissato dal CTU oltre due anni prima in lire 250.000 al metro quadro,
criterio individuato nella rivalutazione monetaria medio tempore intercorsa;
è censurata altresì la mancata considerazione del maggior valore che l’area a
giardino attribuirebbe all’immobile in sé di cui costituisce pertinenza. Il motivo non può trovare accoglimento. Il Tribunale, riconoscendo che il conguaglio
costituisce debito di valore, mediante il riferimento alla semplice rivalutazione
monetaria quale strumento minimo di adeguamento del credito al trascorrere
del tempo ha supplito all’inerzia della parte interessata la quale, pur potendo
produrre ragguagli documentali sull’andamento del mercato immobiliare in
Porto Mantovano negli ultimi due anni, si è limitata ad allegare in comparsa
conclusionale che il prezzo dei terreni al metro quadro era aumentato da
250.000 a 350.000 lire, senza fornire alcun supporto a tale apodittica
affermazione; né in grado di appello ha provveduto a colmare la lacuna, privando
così il motivo del supporto indispensabile per il suo accoglimento. Quanto poi alla seconda parte del motivo, per la
sua genericità è sufficiente rilevare che esso rimane ormai svuotato di
rilevanza pratica, avendo la Corte accolto il primo motivo di appello e
adottato il progetto di divisione che prevede una riduzione dell’area a giardino
attribuita a Bianchi Rossi di soli 34,6 metri quadri rispetto alla quota
teorica, entità dunque trascurabile ed ininfluente sul valore del residuo.
Specifiche situazioni particolari che avrebbero potuto indurre a conclusioni
diverse non sono state dedotte da parte appellante, né al CTU né nell’atto
d’impugnazione. In definitiva, il conguaglio al momento della valutazione
da parte del CTU andava determinato in lire 8.650.000 e rivalutato ad oggi in
lire 9.983.917 secondo indici ISTAT del costo della vita, pari a euro
4.467,35. Sussistono giusti motivi per l’integrale
compensazione delle spese del grado. P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunziando, disattesa
ogni contraria istanza ed eccezione, in parziale accoglimento dell’appello,
approva e dichiara esecutivo il progetto di divisione immobiliare depositato
dal geometra Tellini il 14 giugno 1997 assegnando a Rossi C. (in proprio e quale
erede di Bianchi I.), a Bianchi Giuseppina e a Bianchi Patrizia quali eredi
di Bianchi I. la piena proprietà della porzione in colore giallo e a Verdi G.
la piena proprietà della porzione in colore verde sulla planimetria allegata
al progetto stesso; condanna Verdi G. al pagamento di un conguaglio in denaro
di euro 4.467,35 oltre interessi dalla presente pronunzia all’effettivo soddisfo;
autorizza la trascrizione della presente sentenza a norma dell’art. 2646 cc;
spese di entrambi i gradi di giudizio integralmente compensate. |