Tribunale
di Mantova, Sez. I civ. – Pres. G. Villani, Rel. L. Pagliuca – 22 marzo 2005.
(208) Redazione del bilancio - Mancato accantonamento di oneri futuri
per illegittima applicazione di interessi anatocistici – Impugnazione della
delibera di approvazione del bilancio d’esercizio da parte di soci con quota
inferiore al 5% del capitale sociale – Inammissibilità – Disparità di
trattamento – Questione di incostituzionalità – Manifesta infondatezza. E' manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 157 d. lgs. 58/98 in relazione
agli artt. 3, 24, 46, 47, 76, 101 e 102 della Costituzione. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Alfa & C. srl, con atto
di citazione notificato in data 19.7.2001 alla Banca Agricola Mantovana spa,
impugnava le delibere assembleari approvate dall’ assemblea ordinaria dei
soci della banca in data 23.4.01 con cui era stato approvato il bilancio di
esercizio relativo all’anno 2000 e con cui l’assemblea aveva respinto la
proposta formulata dall’attrice stessa di promozione dell’azione sociale di
responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci. In particolare la società
attrice eccepiva che il bilancio relativo all’esercizio dell’anno 2000 era
stato redatto in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 2423, 2423
bis n. 1, 2, 3 e 4, 2424 bis comma terzo, 2426 n. 3, 4 e 8 c.c., in quanto in
esso non era stato previsto alcun accantonamento per oneri futuri a fronte
dell’illegale applicazione di interessi anatocistici sui crediti alla
clientela attuata costantemente nel corso degli ultimi dieci anni dalla
banca. Affermava inoltre l’attrice di
aver illustrato all’assemblea dei soci tutti i profili di illegittimità rilevati
nel corso della discussione preliminare all’approvazione del bilancio e di
avere altresì proposto la promozione dell’azione sociale di responsabilità
nei confronti degli amministratori e dei sindaci per avere, rispettivamente,
predisposto un bilancio illegittimo ed omesso di effettuare il controllo
prescritto dalla legge. Nonostante ciò l’assemblea aveva
approvato a larga maggioranza il bilancio, respingendo la proposta di
promozione dell’azione sociale di responsabilità. Tutto ciò premesso l’attrice
concludeva chiedendo fosse dichiarata la nullità delle due delibere
impugnate. Si costituiva ritualmente in
giudizio la Banca Agricola Mantovana spa eccependo in via pregiudiziale
l’inammissibilità dell’impugnazione proposta in quanto l’attrice non era in
possesso della partecipazione azionaria minima (5% del capitale sociale)
necessaria ai sensi dell’art. 157 Dlgs 58/98 per essere legittimati alla
proposizione dell’impugnativa. Nel merito la convenuta
affermava la piena legittimità del bilancio d’esercizio dell’anno 2000 e
chiedeva perciò il rigetto della domanda attorea. A verbale dell’udienza del
4.6.02 l’attrice eccepiva l’illegittimità costituzionale dell’art 157 Dlgs
58/98, per contrasto con gli artt. 3, 24, 56, 47, 76, 101 e 102 della
Costituzione. Nella memoria ex art. 183, c. 5
cpc depositata in data 3.7.02 la convenuta prendeva posizione sulla questione
di incostituzionalità formulata dalla controparte rilevandone la manifesta
infondatezza. La causa, istruita solo
documentalmente, veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti riportate in
epigrafe come precisate all’udienza del 28.9.2004. MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Premessa
Il presente giudizio ha ad oggetto l’impugnazione
di due distinte delibere approvate dall’assemblea ordinaria degli azionisti
della Bam spa in data 23.4.01: l’una relativa all’approvazione del bilancio
di esercizio dell’anno 2000, l’altra inerente invece alla promozione
dell’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori e
dei sindaci ex artt. 2393 e 2407 c.c..
Per comodità espositiva le due deliberazioni
saranno prese in esame distintamente, iniziando da quella di approvazione del
bilancio di esercizio dell’anno 2000.
2) Delibera di approvazione del bilancio di
esercizio dell’anno 2000 – inammissibilità dell’impugnazione
2.1 - Ai sensi dell’art. 157 Dlgs 58/98 (Testo
unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria: d’ora in
poi, per brevità, il TU) nell’ipotesi di società con azioni quotate in
mercati regolamentati e sottoposte all’obbligo di revisione contabile da
parte di società comprese nell’albo speciale tenuto dalla Consob e di cui
all’art. 161 del medesimo TU “la deliberazione dell’assemblea che approva il
bilancio d’esercizio può essere impugnata, per mancata conformità del
bilancio alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione, da tanti soci
che rappresentano almeno il cinque per cento del capitale sociale”.
Nella fattispecie è incontroverso che la Bam spa è
compagine sociale con azioni quotate in borsa e sottoposta all’obbligo di
revisione contabile, nonché che la società attrice non è in possesso di una
partecipazione azionaria pari almeno al 5% del suo capitale. Di conseguenza,
in applicazione della suddetta disposizione, dovrebbe affermarsi la carenza di
legittimazione dell’attrice ad impugnare la delibera di approvazione del
bilancio di esercizio dell’anno 2000 della Bam spa.
2.2 - A verbale dell’udienza del 4.6.02 la società
attrice ha tuttavia eccepito l’illegittimità costituzionale della
disposizione de qua, per contrasto con gli artt. 3, 24, 46, 47, 76, 101 e 102
della Costituzione. Ciò al fine, evidentemente, di evitare la declaratoria di
inammissibilità della domanda proposta, necessariamente conseguente
all’accertamento della sua carenza di legittimazione all’impugnazione.
Nel precisare le conclusioni parte attrice non ha
insistito espressamente nell’eccezione di incostituzionalità proposta.
Tuttavia, essa non può ritenersi rinunciata atteso che la parte ha riproposto
la domanda di declaratoria di nullità della delibera di approvazione del
bilancio, il cui accoglimento presuppone la possibilità per il Collegio di
vagliare nel merito l’impugnazione proposta e, quindi, la declaratoria di
incostituzionalità dell’art. 157 Tu che detta indagine nella fattispecie non
consentirebbe di effettuare. In sostanza, valutato il complessivo
comportamento processuale della parte, ritiene il Collegio che debba
escludersi che l’attrice, non riproponendola in modo espresso, abbia
rinunciato all’eccezione di legittimità costituzionale sollevata.
2.3 - Essendo del tutto evidente la rilevanza ai
fini della decisione della norma di cui all’art. 157 TU (atteso che, come
rilevato, dalla sua applicabilità dipende la possibilità per questo Collegio
di vagliare nel merito l’impugnativa proposta da parte attrice) è quindi
necessario procedere alla valutazione dei singoli profili di illegittimità
costituzionale evidenziati dall’attrice, onde valutare se la questione appaia
anche fondata.
Ebbene, ritiene il collegio che la questione sia
manifestamente infondata sotto tutti i profili di illegittimità evidenziati
da parte attrice.
2.4 - Quanto all’eccepito contrasto con gli art. 3
(ingiustificata disparità di trattamento tra i soci possessori di una quota
di capitale inferiore al 5% e quelli in possesso di azioni per quota
superiore a detto limite) e 24 (ingiustificata compressione del diritto del
socio di minoranza ad agire in giudizio per la tutela del proprio interesse,
rilevante e giuridicamente tutelato, a che il bilancio di esercizio sia
redatto nel rispetto dei criteri previsti dalla legge) della Costituzione
rileva il Collegio che la limitazione del diritto di impugnazione ai soci
avverso la delibera di approvazione dei bilanci delle società quotate in
borsa trova la sua ragione giustificatrice nell’introduzione, per questa
categoria di società per azioni, di tutta una serie di specifici controlli ed
in particolare dell’obbligo di provvedere alla certificazione dei bilanci da
parte di qualificate società di revisione, nonché del generale potere di
controllo attributo alla Consob, la quale può denunciare al Tribunale ex art
2409 c.c. le gravi irregolarità nell’attività di vigilanza commesse dagli
organi sociali preposti alla sorveglianza ed al controllo sulla gestione
sociale (art. 152, c. 2 TU), ha l’obbligo di provvedere d’ufficio al
conferimento dell’incarico di revisione del bilancio d’esercizio ad una delle
società iscritte nell’albo di cui all’art 161 TU nell’ipotesi in cui a ciò
non abbia provveduto l’assemblea della società quotata (art. 159, c. 6 TU),
deve essere immediatamente informata dalla società di revisione in caso di
rilievo di irregolarità (art. 155, c.2 e 156, c. 4 TU) e, soprattutto, è essa
stessa abilitata (art. 157, c. 2 TU) all’impugnazione della delibera di approvazione
del bilancio d’esercizio rispetto alla quale opera invece la limitazione
all’impugnazione per il singolo socio di cui all’art. 157 TU.
Tutto ciò consente di escludere, sotto un primo
profilo, che sussista una ingiustificata disparità di trattamento tra i soci
delle società per azioni quotate e di quelle non quotate (profilo di
illegittimità peraltro neppure eccepito da parte attrice), essendo le
rispettive posizioni ontologicamente diverse (atteso che solo per le società
quotate i bilanci sono assistiti dalla presunzione di legittimità derivante
dalla certificazione obbligatoria da parte della società di revisione) e tali
da autorizzare, nell’ambito di un principio di eguaglianza sostanziale, un
differente trattamento.
Sotto altro profilo si rileva poi che la disparità
di trattamento riservata ai soci che siano titolari di quote di capitale
diverse (superiori o inferiori al minimo previsto dall’art 157 TU) è
giustificata sul piano costituzionale proprio dalla diversa misura della loro
partecipazione alla società e, quindi, dal diverso rilievo che il legislatore
riconosce all’interesse di cui sono portatori, anche in contrapposizione con
l’interesse della società e dei terzi a
che non vengano continuamente posti in discussione i dati di un bilancio
al quale la certificazione ha conferito una presunzione di conformità alle
risultanze ed alle disposizioni di legge. Nell’immanente conflitto tra i due
indicati interessi appare cioè corretta e conforme ad un principio di
sostanziale eguaglianza la scelta del legislatore di conservare una piena
possibilità di impugnare le delibere di approvazione dei bilanci delle
società soggette a certificazione solo ai soci che vi abbiano investito un
consistente capitale (e rispetto ai quali non si giustificherebbe quindi la
limitazione del diritto di agire direttamente in giudizio ex art. 24 Cost),
assicurando invece la tutela degli altri soci solo in via mediata e
indiretta, ossia per il tramite della Consob, la quale sarà senz’altro
obbligata (nell’esercizio della funzione di controllo e garanzia della
legittimità dell’operato delle società per azioni quotate in borse che la
legge le assegna) ad impugnare ex art 157, c. 2 TU la delibera di
approvazione del bilancio d’esercizio
qualora il socio di minoranza (non legittimato all’impugnazione diretta)
abbia provveduto a denunciare alla Consob stessa la commissione di
irregolarità da parte degli amministratori nella redazione del bilancio che
appaiano fondate.
Detto regime di impugnabilità della delibera di
approvazione del bilancio di esercizio delle società quotate, oltre a
modulare del tutto ragionevolmente l’intensità della tutela sulla
partecipazione azionaria più o meno rilevante del singolo socio e, quindi,
sull’oggettiva maggior consistenza (e, conseguentemente, maggior necessità di
tutela) dell’interesse sostanziale del socio di maggioranza alla legittimità
dell’operato della società, a parere del Collegio garantisce comunque anche
al socio di minoranza un livello di tutela che non appare contrastare con il disposto
dell’art 24 Cost., tenuto conto anche del fatto che spetta comunque in via
esclusiva al legislatore selezionare gli interessi tutelabili, fissarne i
limiti di compressione e, soprattutto, graduarne le forme di tutela. Invero, poiché la Consob è senz’altro
tenuta ad impugnare la delibera nel caso in cui le irregolarità denunciate
dal socio di minoranza appaiano prima facie fondate, di fatto la possibilità
di impugnazione per il socio di minoranza (seppur in via indiretta attraverso
la Consob) della delibera verrebbe ad essere esclusa solo nelle ipotesi in
cui il profilo di censura denunciato sia ritenuto manifestamente infondato
dalla Consob stessa, ossia da un organo indipendente, dotato di
particolari competenze in
materia e la cui funzione è proprio quella di garantire la legittimità
dell’operato delle società con azioni ammesse nei mercati regolamentati. Il
che, nell’ottica dell’equo contemperamento tra l’interesse generale a che i
bilanci delle società che svolgono un ruolo di primo piano nell’economia
nazionale (ruolo che generalmente compete alle società quotate in borsa, in considerazione della
loro dimensione) - già sottoposti a revisione contabile con esito positivo -
non siano messi in continua discussione, e quello del singolo socio alla verifica
giudiziale della legittimità del bilancio sotto ogni possibile profilo e per
ogni ipotizzabile ragione, giustifica la limitazione della tutela del singolo
socio di minoranza che il legislatore di fatto ha posto attribuendo in
sostanza alla Consob un ruolo di filtraggio delle denunce di illegittimità
manifestamente pretestuose (e molto spesso strumentali alla tutela di ben
altri interessi rispetto a quello alla legittimità dell’operato della
società) e quindi non meritevoli di ulteriore approfondimento dinanzi
all’autorità giudiziaria.
Soluzione che appare tanto più equilibrata e
rispettosa dei diritti costituzionalmente riconosciuti al socio, in
considerazione del fatto che ai sensi dell’art. 157, c. 2 TU (che esclude
l’applicabilità della norma nelle ipotesi di cui all’art. 156, c. 4 TU) la limitazione all’impugnazione
diretta della delibera da parte del socio non in possesso della
partecipazione azionaria pari almeno al 5% del capitale non opera nel caso in
cui la società di revisione abbia attestato l’impossibilità di esprimere un
giudizio sul bilancio o abbia espresso un giudizio negativo, atteso che in
questo caso, mancando la certificazione, il bilancio di esercizio non risulta
assistito dalla presunzione di legittimità e pertanto non si giustifica la
limitazione al diritto di impugnativa del singolo socio, il quale potrà adire
direttamente l’autorità giudiziaria anche se in possesso di una
partecipazione azionaria inferiore al 5%.
2.5 - Non sussiste neppure l’ipotizzato contrasto
tra l’art 157 TU e l’art. 46 Cost. Invero la norma costituzionale si limita a
contemplare in generale la possibilità per i lavoratori di partecipare alla
gestione delle società di cui sono dipendenti, rimettendo al legislatore la
determinazione dei modi e dei limiti in cui detta partecipazione può
avvenire.
In primo luogo, appare dubbio che il costituente
con la disposizione de qua avesse inteso riferirsi alle prerogative dei
lavoratori che siano anche titolari di quote di capitale della società di cui
sono dipendenti (atteso che in questo caso la possibilità per il lavoratore
di partecipare alla gestione sociale gli deriva dalla stessa qualità di
socio, senza necessità di previsione del relativo diritto addirittura a
livello costituzionale), apparendo maggiormente plausibile che il riferimento
fosse da intendersi alla possibilità di introdurre anche nell’ordinamento
societario italiano moduli di partecipazione dei lavoratori, magari per il
tramite di loro rappresentanti, alla diretta gestione amministrativa della
società, secondo schemi già sperimentati in ordinamenti stranieri ed in
particolare in quello tedesco (ove è prevista la presenza di rappresentanti
dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza delle grandi imprese, con il
potere di concorrere nella nomina degli amministratori).
In ogni caso, anche a voler ritenere che l’art. 46
Cost si riferisca pure alla partecipazione dei lavoratori alla gestione della
società a mezzo dell’acquisto della posizione di socio, potrebbe predicarsi
il contrasto dell’art. 157 TU con la previsione costituzionale solo
nell’ipotesi in cui la norma escludesse del tutto il diritto del
socio-lavoratore alla partecipazione alla gestione sociale, mediante
l’esercizio delle prerogative che gli competono in quanto socio.
Tuttavia, la norma non vieta affatto al
socio-lavoratore di partecipare all’assemblea degli azionisti e quindi di
fornire il suo fattivo contributo alla discussione sulle questioni all’ordine
del giorno. E, del resto, la limitazione della possibilità per il socio-lavoratore
di impugnare la delibera di approvazione del bilancio (al pari di qualsiasi
altro socio di minoranza), ove intesa quale limitazione del diritto del socio
alla partecipazione alla gestione della società, sarebbe certamente conforme
al disposto dell’art. 46 Cost, il quale come sopra rilevato conferisce in
modo espresso al legislatore proprio il compito di individuare i limiti della
partecipazione del lavoratore alla gestione sociale.
2.6 - Va poi escluso anche il contrasto dell’art
157 TU con l’art 47 Cost.
Invero, come già più sopra rilevato, a fronte
della limitazione del diritto di impugnativa della delibera di cui all’art
157 TU, il legislatore ha previsto la sottoposizione del bilancio d’esercizio
alla verifica di qualificate società di revisione e, più in generale, la
sottoposizione dell’attività della società al controllo della Consob.
Trattasi di guarentigie che con tutta evidenza appaiono in grado di garantire
la trasparenza e legittimità dell’operato di dette società in misura ben
maggiore rispetto a quella assicurata per tutte le altre società per azioni
dalla possibilità per il singolo socio di impugnare le delibere anche se in
possesso di una partecipazione al capitale limitata. A ben vedere il piccolo
risparmiatore è certamente più invogliato ad investire nell’acquisto di
partecipazioni in società il cui bilancio è sottoposto a rigorosi controlli
di conformità alla legge ed alle risultanze contabili, piuttosto che in
società in cui il controllo è solo eventuale e rimesso all’iniziativa del singolo
socio il quale ben difficilmente in caso di illegittimità deciderebbe di
esperire l’azione giudiziale, anche solo in considerazione dei rilevanti
costi che essa comporta, il più delle volte non giustificati dall’entità
dell’investimento azionario effettuato.
Per effetto del complesso di controlli, rimedi e
limiti in cui si inserisce la previsione di cui all’art 157 TU l’accesso del
risparmio popolare all’investimento dei grandi complessi produttivi del paese
risulta quindi addirittura incentivato, con conseguente insussistenza di ogni
contrasto con l’art 47 Cost.
2.7 - Inconferente appare poi il richiamo agli
artt. 101 e 102 Cost, atteso che è fin troppo evidente che il regime di
impugnazione differenziato previsto dall’art 157 TU non sottrae la materia
dei bilanci alla cognizione del giudice ordinario (attribuendola
impropriamente alle società di revisione), ma semplicemente si limita a
disciplinare le condizioni ed i limiti per l’esercizio dell’azione di
impugnazione giudiziale della delibera. Limiti che per quanto sopra riferito
appaiono del tutto rispettosi del dettato costituzionale.
2.8 - Neppure sussiste l’incostituzionalità della
norma per contrasto con l’art 76 Cost, in quanto emanata eccedendo i limiti
della delega legislativa di cui agli artt. 1, 8 e 21 della legge n. 52 del
1996.
In proposito osserva il Collegio che con detta
legge (legge comunitaria per l’anno 1996) il Governo era stato delegato a
dare attuazione a tutta una serie di direttive tra cui la 93/6/CEE e la
93/22/CEE relative, rispettivamente, “all’adeguatezza patrimoniale delle
imprese di investimento e degli enti creditizi” e “ai servizi di investimento
nel settore dei valori mobiliari” (cfr art. 1 legge 52/96). In particolare la
normativa di attuazione di dette direttive avrebbe dovuto essere contenuta in
appositi decreti legislativi, da emanarsi nel rispetto dei principi e criteri
direttivi previsti dall’art. 21 legge 52/96.
Inoltre, ai sensi dell’art. 8 della medesima
legge, il Governo avrebbe dovuto altresì provvedere a compendiare le
disposizioni dettate in attuazione della delega di cui si è detto in appositi
testi unici, “coordinandovi le norme vigenti nelle stesse materie ed
apportando alle medesime le integrazioni e modificazione necessarie al
predetto coordinamento”.
In sostanza, per dare completa attuazione alla
delega il Governo avrebbe dovuto: a) emanare la normativa di attuazione delle
due direttive CEE nel rispetto dei principi e criteri di cui all’art. 21; b)
fare una cernita delle norme già vigenti nelle stesse materie ed apportare
alle medesime le modifiche necessarie per renderle compatibili con la
normativa d’attuazione di cui al punto a); c) compendiare il tutto in
apposito testo unico.
Ebbene, ritiene il collegio che il Governo,
attraverso l’emanazione del Dlgs 58/98 (testo unico delle disposizioni in
materia di intermediazione finanziaria), abbia senz’altro dato piena attuazione alla delega
legislativa, nel pieno rispetto dei limiti posti dall’art. 76 Cost, .
In particolare l’art. 157 TU qui in esame non
rientra all’evidenza nel novero delle nuove disposizioni emanate dal Governo
per dare attuazione alle due direttive CEE (e quindi nel rispetto dei criteri
di cui all’art 21 legge 52/96). Detta norma si limita infatti a riprodurre
sostanzialmente inalterato il disposto dell’art. 6 del DPR 216/74, che già in
precedenza prevedeva appunto la possibilità di impugnazione della delibera di
approvazione del bilancio solo per i soci in possesso di determinate quote di
partecipazione al capitale sociale. In sostanza l’art. 157 TU è stato
introdotto nel testo unico (al pari di tutta la normativa relativa
all’attività di revisione contabile già contenuta nel DPR 216/74: cfr artt.
155 ss TU) in attuazione di quella parte della delega (sopra individuata con
la lettera b) che imponeva al Governo di procedere alla ricognizione della normativa vigente ed alla sua
modifica e coordinamento
all’interno del TU con quella di nuova emanazione in esecuzione delle
direttive CEE.
Il che è peraltro comprovato anche dal fatto che l’art.
214, lett. t del TU dispone appunto l’abrogazione del DPR 216/74 (e quindi
anche del previgente art. 6 DPR 216/74, oggi sostituito dall’art. 157 TU con
le modifiche rese necessarie dal esigenza di coordinamento con le altre
disposizioni del TU) per effetto dell’entrata in vigore del TU medesimo.
In conclusione il Governo riproducendo nel TU il
testo dell’art 6 DPR 216/74 con le modifiche rese necessarie dal
coordinamento con le altre disposizioni ha dato piena attuazione alla delega
di cui all’art. 8 legge 52/96 e non sussiste perciò alcuna illegittimità
dell’art. 157 TU per violazione dell’art. 76 Cost.
2.9 - All’accertata legittimità costituzionale
dell’art 157 TU e, quindi, all’applicabilità alla fattispecie della norma de
qua consegue il rilievo da parte del Collegio della carenza di legittimazione
della società attrice ad impugnare la delibera di approvazione del bilancio
di esercizio della Bam spa relativo all’anno 2000 e, per l’effetto, la
pronuncia di inammissibilità dell’impugnazione proposta.
3) Delibera con cui è stata respinta la proposta
dell’attrice di esperimento dell’azione sociale di responsabilità nei
confronti degli amministratori e dei sindaci – legittimità – rigetto della
domanda attorea
L’art. 157 TU più volte citato pone limitazioni
all’impugnativa da parte dei soci con esclusivo riferimento alla delibera di
approvazione del bilancio per mancata conformità del medesimo alle norme che
ne disciplinano i criteri di redazione. Rispetto a tutte le altre delibere,
quindi, trovano applicazione le norme generali di cui agli art 2377, c. 2 e
2379 c.c. (a cui l’art 157 Tu pone un’implicita deroga che, in considerazione
della sua natura eccezionale, non può evidentemente trovare applicazione al
di fuori dell’ipotesi contemplata) e la delibera annullabile o nulla potrà
essere quindi impugnata dal socio assente, dissenziente o astenuto, a
prescindere dall’entità della sua partecipazione al capitale sociale.
La società attrice in questo caso era quindi
senz’altro legittimata ad impugnare la delibera con cui l’assemblea ordinaria
aveva respinto la proposta da lei formulata di proposizione dell’azione
sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci.
Tuttavia, nel merito l’impugnazione proposta è
senz’altro infondata e va perciò respinta. Invero tutti i profili di
illegittimità denunciati dall’attrice in atto di citazione attenevano
all’evidenza alla delibera di approvazione del bilancio di esercizio, mentre
in riferimento alla ulteriore delibera qui in esame non è stato evidenziato
alcun contrasto con disposizioni di legge o di statuto. E del resto, qualora
con l’impugnazione proposta l’attrice avesse inteso contestare la opportunità
della scelta dell’assemblea di non proporre l’azione sociale, la censura
atterrebbe evidentemente al merito della delibera, non sindacabile da questo Collegio pena la violazione
della sfera di autonomia decisionale che l’ordinamento riconosce alle
assemblee degli enti, sempre che la delibera non abbia un oggetto illecito e
la volontà assembleare si venga a formare nel rispetto delle modalità
previste dalla legge.
In conclusione, in assenza di profili di
illegittimità della delibera in esame, essa va senz’altro considerata
legittima esplicazione della volontà dell’assemblea dei soci e la domanda di
declaratoria della sua nullità proposta dall’attrice va senz’altro rigettata.
4) Spese
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano
nell’importo complessivo di euro 10.300,00, di cui euro 1.400,00 per spese
(comprese quelle forfetarie), euro 1.700,00 per diritti ed euro 7.200,00 per
onorario, oltre cpa (esclusa iva, detraibile da Bam spa).
PQM
pronunciando definitivamente, disattesa e
respinta ogni diversa domanda, istanza ed eccezione: - dichiara improponibile la domanda volta alla declaratoria
di nullità della delibera di approvazione del bilancio di esercizio dell’anno
2000 adottata dall’ assemblea ordinaria dei soci in data 24.4.2001, proposta
dalla Alfa & C. srl nei confronti della Banca Agricola Mantovana spa; - rigetta la domanda volta alla declaratoria di
nullità della delibera relativa alla promozione dell’azione sociale di
responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci adottata
dall’ assemblea ordinaria dei soci in data 24.4.2001, proposta dalla Alfa
& C. srl nei confronti della Banca Agricola Mantovana spa;
- condanna la Alfa & C. srl al pagamento in
favore della Banca Agricola Mantovana spa dell’importo di euro 10.300,00,
oltre cpa a titolo di rimborso delle spese di lite. |