Tribunale di Mantova – G. Designato Dr. Andrea Gibelli – 5
settembre 2005. (190) E' di competenza del giudice ordinario la
controversia avente ad oggetto l'impugnativa dell'atto col quale il
concessionario della riscossione tributi abbia sottoposto un'autovettura al
fermo amministrativo di cui all'art. 86 del D.P.R. n. 602/73. Deve ritenersi nullo il procedimento di fermo attuato sulla
scorta dell’ art. 86 del D.P.R. n. 602/1973, a causa della mancata emanazione
del decreto ministeriale attuativo che indichi le modalità, i termini e le
procedure per l’attuazione di quanto previsto da detta norma. (omissis) Pare potersi condividere
l'orientamento secondo cui non sussiste nella materia de qua la giurisdizione
del Giudice amministrativo specie alla luce della sentenza 6/7/2004 n. 204
della Corte Costituzionale (Cons. Stato Sez .V, ord. 24/9/2004 n. 7181). Invero la tesi della
giurisdizione di tale Giudice si basava sostanzialmente sul riferimento
all'art. 33 del D. Lvo 31/31998 n. 80 come sostituito dall'art. 7 della legge
21/7/2000 n. 205 relativo alla materia dei pubblici servizi che comprendeva
in base al comma 2 della lett. e) anche le controversie riguardanti "(.
. .) le attività (. . . ) di ogni genere (. . . ) rese nell'espletamento di
pubblici servizi (. . . )". La Corte Costituzionale come
è noto con la sentenza n. 204/2004 ha dichiarato tra l'altro l'illegittimità
del comma secondo della citata norma. Vero è che si è fatto anche
riferimento all'attrazione delle controversie relative alla legittimità del
fermo alla sfera della giurisdizione amministrativa generale di legittimità. La Suprema Corte a Sezioni
Unite pronunciandosi in relazione all'art. 69 sesto comma del R.D. 18/11/1923
n. 2440 ha avuto modo di affermare che : ". . . a fronte di una norma di
legge che dia alla pubblica amministrazione la possibilità di comprimere e
degradare per scopi istituzionali il diritto altrui assume influenza, ai fini
della giurisdizione, la distinzione tra la problematica inerente all'ambito
di applicazione della norma stessa, con l'identificazione dei rapporti cui si
riferisca e dei presupposti ai quali subordini il sacrificio di quel diritto,
e la problematica, rispetto a vicenda inclusa nelle relative previsioni,
circa il conformarsi del provvedimento in concreto adottato ai requisiti
formali e sostanziali all'uopo fissati. L'una riguarda la sussistenza del
potere autoritativo, l'altra la legittimità dell'atto che ne esprime
esercizio. La controversia che investa la prima problematica, con domanda
rivolta ad ottenere l'accertamento e la protezione del diritto soggettivo,
previo riscontro dell'inidoneità a degradarlo dell'atto amministrativo reso
in carenza di potere, e la consequenziale disapplicazione di esso, spetta
alla cognizione del giudice ordinario o del giudice speciale preposto alla
tutela del diritto medesimo; la controversia che investa la seconda
problematica, con la denuncia di vizi e la richiesta di annullamento del
provvedimento, fa valere una posizione d'interesse legittimo (anche se mira,
attraverso detto annullamento, alla riespansione dell'interesse legittimo al
livello di diritto soggettivo), ed è devoluta alla giurisdizione di
legittimità del giudice amministrativo. . . . (Cass. Civ. Sez. Unite
7/2/2002. n. 1733). Si è però osservato anche che
la giurisdizione si determina sulla base della domanda e, ai fini del riparto
tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la
prospettazione delle parti, bensì il suo "petitum" sostanziale, il
quale deve essere identificato non tanto e non solo in funzione della
concreta situazione richiesta al giudice, ma anche e soprattutto in funzione
della "causa petendi", ossia dell'intrinseca natura della posizione
soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice, con riguardo ai
fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale sono manifestazione: la
giurisdizione del giudice ordinario non è pertanto esclusa neppure in
presenza di una domanda giudiziale che contenga la richiesta di annullamento
di un atto amministrativo, ove tale richiesta si ricolleghi alla tutela di
una posizione di diritto soggettivo, in considerazione della dedotta
inosservanza di norme di relazione da parte della p.a., fermo restando
l'obbligo del giudice ordinario di disapplicare l'atto amministrativo
(Consiglio Stato Sez. IV 27/12/2004 n. 8211; Consiglio Stato Sez. IV 27/12/2004
n. 8219). Una volta esclusa la
giurisdizione del giudice amministrativo si tratta di valutare se sussista la
giurisdizione del Giudice ordinario o quella delle Commissioni tributarie. Per sostenere la
giurisdizione delle Commissioni tributarie si è osservato che la stessa viene
meno solo ove si tratti di controversie afferenti atti della esecuzione
forzata successivi alla notifica della cartella di pagamento. Essendo il provvedimento di fermo
atto successivo alla notifica della cartella di pagamento si dovrebbe
determinare se esso sia anche atto della esecuzione forzata. Atteso che, come è stato
osservato, il fermo previsto dall'art. 86 del D.P.R. n. 602/1973 come
modificato dall'art. 1 lett. q) del D. Lvo n. 193/2001 non è un atto col
quale si inizia l'esecuzione - che inizia col pignoramento - ma una forma di
misura cautelare preordinata all'esecuzione si è sostenuta la sussistenza
della giurisdizione delle Commissioni tributarie le quali ai sensi dell'art.
7 comma 5 del D. Lvo 31/12/1992 n. 546 possono eventualmente anche non
applicare l'atto amministrativo senza che lo stesso sia preventivamente
valutato dal Giudice amministrativo. Perché sussista la
giurisdizione delle Commissioni tributarie occorre però che la controversia
abbia natura tributaria (art. 12 comma 2 legge 28/12/2001 n. 448) e quindi
rientri tra quelle che,con o senza impugnazione di un atto dell'accertamento
o della riscossione, attengono in via diretta ed immediata all'esistenza
dell'obbligazione tributaria. Nel caso di specie si tratta
di entrate non tributarie per le quali vige la normale disciplina dei crediti
sottesi alla riscossione che sono crediti previdenziali e quindi la
giurisdizione è del Giudice ordinario. La ricorrente sostiene
anzitutto che il provvedimento di fermo sarebbe illegittimo in difetto del
regolamento di attuazione cui rinvia l'art. 86 del D.P.R. 602/73. L'assunto è fondato. Il fermo amministrativo sugli
automezzi è stato introdotto dal D.L. 3/12/1996 n. 669 il quale all'art. 5
comma 4 lett. E dispone: "dopo l'art. 91 (del D.P.R. 29/9/73 n. 602) è
inserito il seguente articolo: 91 bis (fermo dei veicoli a motore ed
autoscafi). 1. Qualora in sede di riscossione coattiva dei crediti iscritti a
ruolo non sia possibile, per mancato reperimento del bene, eseguire il
pignoramento dei veicoli a motore e degli autoscafi di proprietà del
contribuente iscritti nei pubblici registri, la Direzione regionale delle
entrate ne dispone il fermo.(... ) 4. Con decreto del Ministro delle Finanze,
di concerto con i Ministri dell'Interno e dei lavori pubblici, sono stabiliti
le modalità, i termini e le procedure per l'attuazione di quanto previsto nel
presente articolo". Il D.M. 7/9/1998 n. 503 ha
dettato le norme regolamentari di cui sopra. Successivamente il D. Lvo
26/2/99 n. 46 all'art. 16 stabiliva: " 1. Qualora non sia possibile, per
mancato reperimento del bene, eseguire il pignoramento di beni mobili del
debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, la Direzione
regionale delle entrate ne dispone il fermo. 2. Il fermo si esegue mediante
iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari a cura del
concessionario, che ne da altresì comunicazione al soggetto nei confronti del
quale si procede. 3. Chiunque circola con
veicoli, autoscafi o aeromobili sottoposti al fermo è soggetto alla sanzione
prevista dall'art. 214, comma 8 del D. Lvo 30/4/1992 n. 285.4. Con decreto del Ministro
delle Finanze di concerto con i Ministri dell'Interno e dei Lavori Pubblici,
sono stabiliti modalità, i termini e le procedure per l'attuazione di quanto
previsto nel presente articolo". Da ultimo ulteriore modifica
è avvenuta col D. Lvo 27/4/2001 n. 193 il cui art. 1 comma 1 lett. Q modifica
l'art. 86 del D.P.R. 602/73 o meglio sostituisce l'intero primo comma col
seguente: "1. Decorso inutilmente il termine di cui all'art. 50 comma 1
il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei
coobbligati iscritti in pubblici registri dandone notizia alla direzione
regionale delle entrate ed alla regione di residenza". Con la nuova disciplina
quindi l'ente esattoriale può provvedere direttamente al fermo del veicolo
omettendo completamente il pignoramento semplicemente decorsi 60 giorni dalla
notifica della cartella esattoriale. Il testo attualmente in
vigore dell'art. 86 del citato D.P.R. è quindi il seguente: 1.
Decorso inutilmente il termine di cui all'articolo 50
comma 1 il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore
o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla
direzione regionale delle entrate ed alla Regione di residenza. 2.
il fermo si esegue mediante iscrizione del
provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari a cura del concessionario,
che ne dà altresì comunicazione al soggetto nei confronti del quale si
procede. 3.
Chiunque circola con veicoli, autoscafi o aeromobili
sottoposti a fermo è soggetto alla sanzione prevista dall'art.
214 comma 8 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285. 4.
Con decreto del Ministro delle finanze di concerto con
i Ministri dell'Interno e dei Lavori Pubblici sono stabiliti le modalità i
termini e le procedure per l'attuazione di quanto previsto nel presente
articolo. La nuova disciplina quindi prevede
comunque l'emanazione di un decreto di attuazione; tale decreto va ritenuto
atto di normazione secondaria senza il quale è del tutto inapplicabile anche
la norma primaria. Invero, come è stato
osservato, uno stravolgimento processuale quale quello rappresentato dalla
modifica normativa del primo comma (nella parte in cui prevede che
l'Amministrazione - ed anzi il concessionario terzo del servizio e quindi un
privato - sia esonerata dal seguire le norme della procedura civile e possa
procedere direttamente a pignoramento e senza essere soggetta ad alcun
controllo giudiziario) deve essere rigidamente disciplinato nelle sue
concrete modalità di attuazione; tanto che lo stesso legislatore prevede che
il D.M. attuativo contenga "le modalità, i termini e le procedure per
l'attuazione di quanto previsto nel presente articolo". Come pure è stato osservato,
nella precedente disciplina ossia quella istitutiva e cioè il D.L. 31/12/1996
n. 669 era parimenti prevista l'emanazione di un decreto attuativo che è stato
emanato (D.M. 7/9/1998 n. 503) e non c'è ragione di ritenere che l'attuale
disciplina, ben più profondamente innovativa sul punto, non debba seguire la
stessa regola; parimenti le conseguenze dell'inerzia dell'Amministrazione che
a distanza di anni non ha provveduto all'emanazione del decreto non possono
essere fatte ricadere sul cittadino. Non può condividersi la tesi
sostenuta anche da parte convenuta secondo cui il precedente decreto
attuativo (D.M. 7/9/98 n. 503) emanato per dare applicazione al D.L.
31/12/1996 n. 669 sia utilizzabile anche per dare attuazione alle norme
successivamente entrate in vigore. Si deve invero condividere la
tesi secondo cui i principi del nostro ordinamento consentono di ritenere
caducato un regolamento di attuazione di una norma abrogata quale è stata nel
caso di specie l'art. 5 comma 4 lett. E del D.L. n. 669/1996 (abrogata dal D.
Lvo n. 46/99) . In diversa materia ma in
fattispecie simile alla presente la Suprema Corte del resto ha statuito che
"l'obbligo della lavoratrice madre di dare comunicazione al datore di
lavoro del periodo di astensione facoltativa dal lavoro di cui all'art. 7
della legge n. 1204 del 1971, essendo stato previsto soltanto con il
regolamento esecutivo di tale legge, emanato con D.P.R. 25/11/1976 n. 1026,
non ha avuto vigore per tutto il periodo compreso tra la data di entrata in
vigore della legge stessa e quella di entrata in vigore de successivo
regolamento, al quale non può attribuirsi in parte qua efficacia retroattiva
fino alla prima di tali date, mentre è ugualmente da negare un'ultrattività
del regolamento esecutivo (di cui al D.P.R. 21/5/1953 n. 568) della
previgente legge 26/8/1950 n. 869 che pur conteneva (art. 20) analoga
disposizione, essendo conforme alla natura propria di tale fonte normativa la
cessazione della sua efficacia come conseguenza dell'abrogazione della legge
di cui regola l'esecuzione ad opera di una legge posteriore, anche
indipendentemente dall'espressa previsione di abrogazione dello stesso
regolamento ad opera dell'art. 23 del successivo D.P.R. n. 1026/1976"
(Cass. Civ. Sez. Lav. 3/1/1984 n. 9). Conclusivamente si deve
ritenere che i D. Lvi n. 46/99 e 193/2001 non siano applicabili nel nostro
ordinamento in difetto del decreto di attuazione allo stato non adottato. Quanto al periculum in mora
si devono condividere le osservazioni della difesa della ricorrente di cui
alla memoria 29/6/05 (pag. 7 e 8). Pertanto i fermi
amministrativi disposti nei confronti delle autovetture della ricorrente sono
da cancellare a spese della convenuta. P.Q.M. Visti gli artt. 669 sexies, octies e 700 c.p.c.
ordina la cancellazione del fermo amministrativo prot. N. 1264/04 del
10/03/04 emesso da Uniriscossioni ed avente ad oggetto il fermo
dell’autovettura *** (omissis) Fissa il termine di giorni 30 dalla comunicazione
della presente ordinanza per l’inizio del giudizio di merito. |